02/10/2025
QUANDO IL DESIDERIO DIVENTA RIVOLUZIONE
Riflessioni su paure, condizionamenti e interpretazioni astrologiche che ci impediscono di osare [diritti riservati].
Ieri, in un delizioso pranzo con alcuni ex studenti, sono emerse alcune paure piuttosto diffuse tra le persone, in generale.
Una riguarda il “chiedere troppo”, che cela l’ansia di dover perdere qualcosa per equilibrio energetico.
L’altra mette in luce le interpretazioni astrologiche che tendono a fare colpo, trasformandosi spesso in pericolose sentenze.
“Chiedere troppo” è figlio di “l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del Re”: una frase che i genitori di una volta spiattellavano per far tacere richieste scomode di noi figli, ovvero la versione riassunta, laica, di dettami religiosi che continuano a condizionare subdolamente la nostra vita.
Dietro a quelle parole si nasconde un doppio giudizio: chiedere troppo significa non avere merito, non essere degni. Al contrario, chi si accontenta di poco appare virtuoso, “a posto”, persino più amabile. Ma questo schema non è nato dal nulla: affonda le radici nella paura di un dio antropomorfo che punisce l’avidità, pronto a portare via ciò che abbiamo di prezioso se osiamo domandare di più.
Con il tempo, questa paura si è travestita da morale quotidiana: meglio stare zitti, meglio non chiedere, meglio non rischiare. Ma il risultato è un condizionamento che ci spinge a trattenere i desideri, a ridurli a un sussurro, come se la vita potesse concederci solo il minimo indispensabile.
C’è anche un’altra faccia della medaglia: quella del vuoto interiore. Quando sentiamo di non bastare mai a noi stessi, chiediamo senza misura, come se una quantità infinita di cose potesse colmare un’assenza che invece è qualitativa, non quantitativa. In quel caso, il “chiedere troppo” non nutre, ma toglie forza, spegne entusiasmo, annulla le capacità individuali.
E poi c’è l’esagerazione grottesca, l’incapacità di riconoscere quanto davvero possiamo gestire con dignità. Qui mi viene in mente un esempio molto concreto: chi è abituato a guidare una vecchia 500 con la doppietta e due cilindri, prima di chiedere di possedere una Ferrari dovrebbe chiedersi: so davvero come sfruttarla? So mantenerla, custodirla, guidarla senza rischiare di schiantarmi? Altrimenti, il desiderio diventa solo caricatura, un’aspirazione che si trasforma in farsa o in frustrazione.
Per ciò che riguarda le interpretazioni astrologiche, invece, occorre chiarire che siamo di fronte a una fase interessante dell’Astrologia: le descrizioni standardizzate di segni e pianeti non reggono più se non vengono messe in relazione con il grado evolutivo della persona, con il livello a cui ciascuno percepisce e vive gli archetipi.
Questo vale sia per chi si fa leggere il tema natale, sia – e soprattutto – per chi lo interpreta. Perché se l’interprete è ancora poco evoluto, poco aperto alla vastità di connessioni tra la trama di nascita e le opportunità di sviluppo personale (e credetemi, di superstiziosi è pieno il mondo, anche tra chi si proclama guidato da qualche supremo maestro), allora il rischio è altissimo: proiettare i propri limiti, le paure e le rigidità, trasformandoli in etichette che possono seriamente ferire chi ascolta.
E non parliamo poi delle interpretazioni sui pianeti lenti. In questo periodo stanno dando il meglio di sé, con la loro saggezza ciclica: tornano indietro, rivedono, correggono e solo dopo ripartono. Una lezione incredibile sul valore di aggiustare e ripensare. Eppure, troppi leggono questi movimenti come un monito a non fare, a restare fermi. Così chi ripete gli stessi errori da anni trova persino un alibi per mantenere la sua eterna impasse.
Anche quando ci si rende conto che è necessario lasciar decadere la paura – o la vergogna – di desiderare, e che certe sentenze astrologiche non sono altro che buffonate, spesso qualcosa resta a lavorare in profondità. È come un sedimento invisibile che riaffiora proprio nei momenti più critici, quando siamo emotivamente fragili o imperfetti. Ed è lì che il condizionamento mostra la sua forza: ci destabilizza, ci fa dubitare, ci fa credere che chiedere, osare o cambiare sia “troppo”.
In fondo, il vero ostacolo non è mai il desiderio in sé, né le possibilità di realizzarlo. Sono le imposizioni ereditate – dettami religiosi, frasi fatte dei genitori, interpretazioni astrologiche mal guidate – che continuano a incatenarci. Ci dicono cosa possiamo chiedere, cosa dobbiamo sopportare, cosa è “troppo”. E mentre ci inchiodano al loro copione, ci rubano entusiasmo e voglia di vivere pienamente.
Eppure, proprio in mezzo a paure, vergogne e condizionamenti, c’è sempre uno spazio per riprendersi il desiderio. Un desiderio autentico, misurato non da chi ci vuole limitare, ma da ciò che davvero possiamo vivere e integrare. Chiedere, osare, desiderare: non è mai troppo quando lo facciamo con consapevolezza e coraggio. In quel gesto, piccolo o grande che sia, risiede la nostra libertà. Chiedere troppo diventa allora non un errore, ma un atto di ribellione e di riappropriazione di noi stessi.
[di desideri e di astrologia parliamo nel percorso “LE LUNE DEI DESIDERI”]
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