20/08/2025
Ribalta televisiva per il libro di taglio storico-documentario "Caro al nostro cuor" curato da Nadia Bontempo. L'autrice e il libro saranno protagonisti questa sera in un servizio in onda al Tgr Piemonte alle 19.30 circa. Nell'attesa ecco un'intervista a Nadia, che ci racconta qualcosa di più del volume:
«Il libro nasce da un ritrovamento quasi miracoloso e stupefacente di 1400 lastre stereoscopiche: foto che si sono salvate e che sono tutt’oggi in ottime condizioni di qualità, come dimostrano, per nitidezza e dettaglio dei particolari, le stampe che si trovano in "Caro al nostro cuor" – spiega Nadia Bontempo – Sono immagini inedite ed esclusive dell’archivio storico fotografico della famiglia Caretto-Ceresa. E’ una raccolta familiare, ma al tempo stesso quegli scatti testimoniano la vita di un’intera comunità. Buona parte delle fotografie sono scattate en-plein air e immortalano vari momenti della vita nei paesi, a cominciare da gite e vacanze. Molte sono state fatte a Torino. Raccontano quindi un percorso che ci porta dalla grande città, ex capitale del Regno d’Italia, fino ai momenti di svago tipicamente estivi e di villeggiatura nella mezza montagna canavesana. La particolarità significativa di questo ritrovamento, oltre ovviamente al numero di foto, risiede nella stereoscopia: modalità fotografica che è stata inventata nel corso del 1800 e che ebbe una notevole diffusione in tutta Europa. Fu molto amata perché consentiva a macchine molto compatte con doppio obiettivo di realizzare praticamente due scatti praticamente identici su lastre di 4,5x10,5 centimetri in orizzontale che si presentavano come un piccolo occhiale. Applicato sul caricatore di un visore specifico consentivano di vedere le foto in formato tridimensionale. Un vero salto all’interno della realtà del tempo. Si trattava di una forma pionieristica del cinema».
Ogni pagina del libro colpisce il lettore, riportandolo come per magia indietro nel tempo: «C’è dietro "Caro al nostro cuor" parecchio lavoro di ricerca nei grandi archivi e in qualche archivio privato. Le persone raffigurate in queste immagini, in alcuni casi, non hanno avuto eredi: queste fotografie sono l’unico segno, pertanto, di questo momento di vita straordinario tra i primi del ‘900 e gli anni ’30. Alcuni documenti privati sono stati particolarmente preziosi, come, per esempio, i quaderni di Fulvio Croce, conservati dalle maestre del tempo. Grazie a loro ho potuto commentare molte foto di cui non avrei saputo l’esatta origine. Mi hanno aiutato a raccontare meglio quell’epoca in un doppio binario fotografia-scritto – aggiunge Nadia Bontempo - Ho collaborato molto con i grandi archivi a cominciare da quello dell’ordine degli avvocati di Torino, che mi ha aiutato tanto sulla vicenda umana di Fulvio Croce. Poi l’archivio di Stato di Torino, l’archivio dell’Università degli studi torinese, dalla quale ho tratto le informazioni sui tre laureati presenti nella mia storia, l’archivio della città di Torino e dell’Accademia Albertina, che ha fornito informazioni dirette su uno dei protagonisti del volume, Giuseppe Gamarra».
"Caro al nostro cuor” “fotografa”, è il caso di dirlo, un Canavese diverso da quello attuale: «Era un territorio estremamente rurale quello che emerge. Le foto raccontano di famiglie numerose. Si sbarcava il lunario in una realtà che certamente non era molto ricca dal punto di vista delle opportunità che poteva offrire. Traspare anche una grande distanza tra la popolazione comune, impossibilitata a compiere degli studi per esempio universitari, e invece le famiglie alto-borghesi – puntualizza la curatrice - Nel racconto, in effetti, la scuola ha un grosso ruolo. Nei piccoli paesi c’erano queste scuole rurali, che si differenziavano da quelle cittadine sia per la qualità dello studio sia per il numero di anni: spesso c’era solo il primo triennio delle elementari, come avveniva a Castelnuovo Nigra. Il minimo indispensabile per saper leggere e scrivere e fare di conto».
Il libro mette in luce e svela qualcosa di più di personaggi che hanno fatto la storia del nostro territorio: «Da questi documenti e foto emerge un tratto umano straordinario come quello che caratterizza la famiglia Croce, una delle protagoniste del libro – dice Nadia Bontempo - Tra questi c’era il dottor Giovanni Croce, medico condotto a Sale, Villa Castelnuovo e Campo e Muriaglio. E’ rimasto scolpito nel ricordo di tutti per la sua grande disponibilità ed umanità. Era il medico di famiglia, nel vero senso della parola, ed era il medico dei poveri. Un tratto umano ereditato anche dal figlio Fulvio Croce, molto amato in paese come sua madre, una donna generosa e coinvolgente, che compare spesso negli scatti recuperati. C’era allora un senso di comunità. C’era una grande partecipazione, il paese era vivo. Lo testimoniano le foto».
«Ho una lunga lista di ringraziamenti per il libro, perché le persone che ho contattato sono state tante davvero: l’ordine degli avvocati è stato certamente tra questi. Un grazie per il supporto va all’avvocato Riccardo Rossotto. Ho avuto la fortuna e la possibilità di parlare con suo zio, Paolo Rossotto, che ha 98 anni: conserva una grande quantità di splendidi ricordi legati alla famiglia Croce, che aveva frequentato nella sua giovinezza. Ricordo una frase e un aneddoto che ho trovato molto azzeccati per “Caro al nostro cuor”. In villeggiatura estiva a Vico Canavese, il professor Paolo Rossotto, allora studente di medicina, era andato a trovare Giovanni Croce a casa sua, ritornando incontra un conoscente salese. Si ferma a fare due chiacchiere. E alla domanda su chi fosse venuto a trovare a Sale, Rossotto risponde di essere stato in visita a casa Croce a salutare il dottore. E la persona con cui parla immediatamente ha un gesto di grande gioia e gli dice “Ah lei allora conosce il nostro sangue”. E’ un’espressione in cui c’è tanto del senso di appartenenza, del legame che si formava tra le persone allora e del modo di vivere in quell’epoca ormai lontana».