21/09/2025
SCENDE L’INFERNO SU GAZA: IL GENOCIDIO CHE LA STORIA NON POTRÀ ASSOLVERE
C’è un punto in cui la cronaca si fa Storia, e la Storia si fa Giudizio. Gaza oggi è il contrappasso dantesco di un’umanità che ha imparato troppo bene la lezione del Novecento, ma solo per rovesciarla contro altri innocenti.
Non c’è più spazio per l’ambiguità: la Commissione d’Inchiesta dell’ONU, per la prima volta nella storia, ha scritto nero su bianco che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza. Non “presunto”, non “probabile”: genocidio, secondo la definizione della Convenzione ONU del 1948. Quattro dei cinque atti previsti dalla legge internazionale sono stati accertati: uccisione sistematica, lesioni gravi, condizioni di vita intese a provocare la distruzione fisica del gruppo, misure per impedire le nascite. L’intento? Distruggere, in tutto o in parte, il popolo palestinese di Gaza.
La responsabilità non è solo di chi preme il gr*****to, ma anche di chi applaude, di chi giustifica, di chi – nella comunità internazionale– ha scelto la complicità del silenzio o dell’accondiscendenza.
Non si tratta di negare la tragedia del 7 ottobre, né di assolvere Hamas dai suoi crimini. Ma la risposta di Israele – con la sua “pulizia” sistematica di Gaza, la fame usata come arma, la distruzione di ospedali, scuole, interi quartieri – ha superato ogni limite, ogni giustificazione, ogni diritto di difesa. È la Shoah rovesciata, il contrappasso della Storia: chi fu vittima di genocidio, oggi viene accusato di commetterlo.
Non sono solo le voci della diaspora ebraica più critica a dirlo, ma la giustizia internazionale, la Corte Penale, la Commissione ONU, le ONG israeliane e internazionali.
E mentre Netanyahu – nuovo Hi**er per molti leader mondiali, da Erdogan a Petro– tira dritto, la comunità internazionale balbetta, si divide, si rifugia dietro la retorica dell’unicità della Shoah per non vedere l’evidenza: a Gaza si consuma un genocidio, e chi tace è complice.
La Storia non assolve chi, di fronte all’inferno, si volta dall’altra parte.
Non c’è più tempo per l’equidistanza. Il genocidio è qui, ora, e porta la firma di chi avrebbe dovuto essere il primo a impedirlo.