
22/07/2025
La vita di Laura Santi è finita ieri mattina a mezzogiorno. Lo ha scelto lei, era a casa sua, nel suo letto. Era quello che voleva e il punto finale della sua battaglia per avere il diritto di accedere al suicidio medicalmente assistito.
Ero stato con lei una giornata intera alla fine di maggio, avevamo registrato una lunga intervista podcast in cui mi ha raccontato la sua vita e la sua storia. Una specie di autobiografia di cui aveva suggerito anche il titolo: “Una fame disperata di vita”. Perché Laura, che si è battuta per avere la libertà di morire, amava moltissimo la vita .
Aveva 50 anni e da 25 il suo corpo era quasi completamente paralizzato, muoveva solo la testa e tre dita della mano destra. Non aveva più nessuna autonomia e dipendeva completamente da suo marito Stefano. La sua giornata era scandita dalla sofferenza, dal dolore, da una serie di gesti necessari per tenerla in vita, da un’immensa fatica.
Quando ci siamo visti aveva appena ricevuto il protocollo sanitario di assistenza per il suicidio assistito dall’Asl della Regione Umbria. Era molto scossa: «Mi sono messa a piangere quando l’ho saputo. Ero in un misto tra malinconia, tristezza, liberazione e trionfo. Mi sono fatta un pianto a dirotto pensando a me che schiacciavo quel pulsante. È dura dirlo, però è così: quel pensiero può essere anche vissuto come una grande liberazione».
Abbiamo continuato a scriverci in queste settimane e pochi giorni fa le ho mandato la foto di una meravigliosa alba su un’isola greca. Mi aveva risposto così: “Infinitamente grazie Mario. Beh qui c'è proprio l'infinito davvero... Grazie e un abbraccio forte!”.
Mi tengo stretto quell’abbraccio.