Slow News. Buona informazione. Slow News è qui per questo. Per fotografare alcuni istanti del flusso e “salvarli”.
Il flusso di informazioni in rete ha dimensioni e velocità spropositate, tanto da rendere impossibile il tentativo di cogliere tutto: essere stimolati di continuo rischia di equivalere a non essere stimolati affatto. L'antidoto al bombardamento informativo indiscriminato è ritagliarsi del tempo per letture di qualità, filtrarle, selezionarle, rallentare. E magari, per farlo, affidarsi ai consigli
di un gruppo di professionisti che lavora sul web nel mondo dell’informazione: un gruppo di “curatori personali” (così come esistono i “personal trainer”). Per offrirvi un paio d’ore di letture valide, interessanti, da non perdere, ogni settimana. Slow News è una newsletter spedita due volte la settimana, dal costo molto contenuto, che trova per voi articoli scritti bene su argomenti interessanti e ve li sottopone: una piccola e confortevole camera insonorizzata che vi preserva dal rumore di fondo.
02/07/2025
🔥 A pagare per la crisi climatica devono essere i più ricchi. Non solo perché possono permetterselo, ma per giustizia: perché sono loro ad averla causata, ad averne tratto profitto e a continuare ad alimentarla.
A Fuoco è un progetto di Slow News Pagella Politica Facta supportato da
30/06/2025
Il nostro cofondatore Andrea Coccia è stato ospite della trasmissione di Radio Popolare "Tutto Scorre" di mercoledì 25 giugno, per parlare delle ondate di calore che colpiscono, anzi ormai caratterizzano, le nostre città. 📻
Si parlava di Milano, così come Andrea lo ha fatto nella serie "Heat-resilient cities" che ha realizzato col contributo del Journalismfund Europe l'anno scorso (link nel primo commento). È passato un anno ma il problema ovviamente è rimasto, anzi probabilmente si è acuito per la somma sempre crescente dei due fattori scatenanti: il riscaldamento globale e la cementificazione del suolo urbano.
Dal minuto 44'40" 👇
Sguardi, opinioni, vite, dialoghi ai microfoni di Radio Popolare. Condotta da Massimo Bacchetta, a cura di Massimo Alberti
30/06/2025
In 12 mesi i due jet privati del fondatore di Amazon Jeff Bezos hanno emesso tanta Co2 quanto un dipendente Amazon statunitense produrrebbe in 207 anni.
L’idea del Parco della Pace di Vicenza, per essere realizzata, ha fatto i conti con i cambiamenti politici alla guida della città. E la partecipazione di cittadini e cittadine ne ha risentito.
12 anni di percorso talvolta a ostacoli, nel dialogo tra istituzioni e società civile, hanno portato al parco di oggi, dove si fanno festival musicali e dove cresce un ginkgo biloba nato dai semi di un albero sopravvissuto alla bomba atomica di Hiroshima.
Leggi la quarta puntata della serie "Tra guerre e paci" scritta da Alberto Puliafito con il supporto del Journalismfund Europe.
Il link è nel primo commento 👇
27/06/2025
🔥 Negli ultimi 100 anni, il nostro paesaggio urbano è stato dominato dalle automobili, simbolo di libertà di movimento. Oggi, quella libertà sembra essersi trasformata in schiavitù. Ripensare le città senz'auto è possibile?
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25/06/2025
🔥 Il cambiamento non è semplice, né a costo zero, ma le sperimentazioni ci stanno dimostrando che è possibile. E se fosse venuto il momento di riprenderci le nostre città?
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23/06/2025
🔥 L’auto ci ha dato libertà. Ma oggi, soprattutto nelle città, ci ruba spazio, aria, relazioni.
Possono esistere dei centri urbani senza macchine? Nel mondo alcune sperimentazioni già esistono: dai piccoli paesi a interi quartieri di grandi metropoli. E i dati mostrano che i benefici sono molti.
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22/06/2025
🔥 I fiumi ci parlano del nostro futuro climatico. Gli stessi ecosistemi che mettiamo a repentaglio, potrebbero darci una mano a resistere al cambiamento climatico.
il Parco della Pace di Vicenza è unico, ma è anche un esempio da studiare per imparare: quando ci si trova di fronte a un progetto ambizioso di riqualificazione urbana i problemi che si possono presentare hanno radici profonde nella storia dei luoghi. La Seconda Guerra Mondiale è tornata a creare problemi a Vicenza settant’anni dopo: oltre 700 residuati bellici sono stati eliminati tra 2013 e 2020, un numero eccezionale dovuto all’intenso bombardamento subito dall’aeroporto che durante la Repubblica Sociale era un obiettivo strategico dei bombardamenti alleati.
Il bilancio della bonifica del Parco della Pace, 75 anni dopo la fine della guerra, è di 4,4 milioni di euro.
Leggi il terzo episodio della sere "Tra guerre e paci" di Alberto Puliafito, realizzata con il contributo del Journalismfund Europe, il link è nel primo commento 👇
09/06/2025
🔥 Tra nevicate in calo, temperature in aumento e portate fluviali stravolte, i fiumi diventano sentinelle della crisi in corso.
🔥 Che fine ha fatto il buco dell’ozono?
Ne parliamo molto meno per una buona ragione: quando abbiamo scoperto questo problema non abbiamo infilato la testa sotto la sabbia, ma abbiamo dato retta a chi ci metteva in guardia.
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C’era una volta un mondo in cui le notizie sui giornali urlavano sempre di cose incredibili, sconvolgenti, assurde, pazzesche. Era un mondo in cui ogni giorno una nuova polemica infiammava i luoghi della socialità collettiva, dai bar ai social network, un mondo polarizzato, diviso in tifoserie, dominato dal sarcasmo, dalle reazioni istantanee, dalla polemica, dalla furia, dalla morbosità.
In quel mondo, i sentimenti primari e gli istinti più bestiali come la paura, la rabbia, l’indignazione o il terrore venivano creati dai principali giornali per attirare l’attenzione delle persone con titoli ingannevoli, urlati e shoccanti.
L’attenzione della gente, in quel mondo, era una merce di scambio. Veniva accumulata dai giornali e venduta agli inserzionisti della pubblicità, che versavano loro in cambio i soldi che servivano per tenerli a galla e farli sopravvivere.
Poi, un giorno, alcune donne e alcuni uomini che lavoravano per quei giornali, stanchi di ingannare chi li leggeva e stufi di parlare soltanto delle cose che venivano loro dettate dall’agenda di chi metteva i soldi, ovvero della pubblicità, decisero che le cose si potevano fare in modo diverso e che era il momento di provarci.
Fu così che, in tanti luoghi diversi del mondo, senza nemmeno sapere dell’esistenza gli uni degli altri, quelle donne e quegli uomini crearono dei giornali nuovi, liberi, senza pubblicità e senza padroni che decidessero al posto loro di cosa parlare, giornali che avevano al centro i propri lettori e che non urlavano più.
Attorno a loro, piano piano, si crearono delle comunità di persone che divennero sempre più grandi. Le prime lettrici e i primi lettori, finalmente coinvolti nel giornalismo che leggevano, ne parlarono ai loro amici, ai loro parenti, ai loro conoscenti e sempre più persone iniziarono a frequentare quei luoghi virtuali e fisici che si creavano intorno a quei nuovi giornali. E alla fine…
Alla fine cosa successe? Ancora non sappiamo come andrà a finire. Sappiamo solo che una di quelle lettrici o uno di quei lettori sei tu. E Slow News, dal 2014, è uno di quei giornali.
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