09/11/2025
Dalla pagina CiviglioApp un interessantissimo articolo che parla di sapori e tradizione calabra senza tralasciare la storia.
‘ U Re Pìpi, sovrano di Calabria. Da Cristoforo Colombo che lo introduce in Europa al trattato di medicina di Tommaso Campanella, il peperoncino tra storia e tradizione.
Una storia antica che viene da lontano documentata da reperti archeologici in Messico e in Perù, ci racconta dell’uso del peperoncino già 9.000 anni fa.
In Europa il peperoncino arriva a bordo delle caravelle di Marco Polo che lo menziona in una sua relazione di viaggio datata 15 gennaio 1493.
Secoli dopo si diffonde solo presso i ceti popolari meno abbienti, usato per dar sapore ai piatti dei contadini, prende il nome di “spezia dei poveri”.
Gli impieghi erano diversi: per la conservazione delle carni, per dare sapore ai cibi, per disinfettare le ferite.
In Calabria arriva grazie agli Spagnoli e le prime coltivazioni risalgono al 1500.
Il clima caldo e la terra fertile danno alla spezia quel sapore particolare che non si trova in altre varietà.
Rosso fuoco, piccantezza (a seconda della specie) che tocca intensità altissime, la forma a cornetto, diventa icona della regione, protagonista indiscusso della nostra cucina.
Tra Calabria e peperoncino c’è una storia di grande amore, difficile da prima ma maturata nei secoli.
Se ne ha traccia in un trattato di medicina di Tommaso Campanella risalente al 1600, nel quale è descritto come alimento dalle proprietà medicinali del quale però non bisognava abusare nell’arte culinaria perchè ritenuto nocivo e ulcerativo.
Come spesso accade però nelle vere storie d’amore, le sorti della relazione possono cambiare e quella che era considerata una spezia dannosa alla salute diventa nei secoli successivi oro di Calabria.
Nel 1994 il giornalista e gastronomo Enzo Monaco fonda l’Accademia italiana del peperoncino, composta da membri specializzati in vari settori e soprattutto appassionati , impegnata a proporre la diffusione e la “cultura del piccante”.
E’ Diamante, una piccola perla che si affaccia sul Tirreno, la cittadina dove ha luogo il famoso “Festival del peperoncino”, una rassegna gastronomica e culturale che accoglie e unisce persone provenienti da ogni dove, amanti dell’ “oro rosso di Calabria”.
Le varietà di peperoncino calabrese sono diverse, quattro delle quali certificate dal marchio IGP.
Ciliegino, Naso di cane, Pizzitano, Tondo, A sigaretta, Diavulicchio, Guglia, ogni varietà presenta caratteristiche diverse dalle quali prende nome.
In tutta la regione ‘u pìpariaddru è sovrano della tavola, fresco, sott’olio, secco, in polvere, sotto forma di liquore, nei dolci, nelle confetture, nei salumi, nel cioccolato, sott’aceto, come farcitura di tonno e acciughe, dolce o piccante il Re accende i palati e a detta dei contadini, anche la passione.
Una bomba di vitamina C, antiossidante, alleato delle difese immunitarie, è stato anche dimostrato che aumenta il metabolismo, riduce il rischio di malattie cardiache, riduce il rischio di cancro e migliora la digestione.
I vecchi contadini consigliano, per chi ne abusa o non ne sopporta la piccantezza, di mangiare della mollica di pane con un pizzico di sale sopra.
Nell’antichità era usato per il mal di denti, ridotto in polvere le contadine lo usavano negli armadi e nei cassetti come antitarme, curava le febbri terzane e quartane e per gli scaramantici aveva il potere di proteggere dal malocchio.
Un frutto di fuoco che ha messo radici nella nostra terra e che ne incarna in toto carattere e caratteristiche, definito ‘u Re, fa parlare di sè e di noi in tutto il mondo.
Un’interessantissima lettura da fare per appassionati e cultori è “La storia del peperoncino. Cibi, simboli e culture tra Mediterraneo e mondo” di Vito Teti dal quale prendiamo in prestito quanto segue:
“Quando un Calabrese chiede il peperoncino e lo versa religiosamente e in maniera sacrale su tutte le pietanze non compie soltanto un atto alimentare: egli sta parlando della storia e della cultura della sua regione.” Vito Teti.
di Francesca Mirabelli