04/03/2025
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Il 1° marzo 1917 nasceva alla Cascina Morona di Bereguardo Maddalena Carini, scomparsa il 26 gennaio 1998. Ecco la straordinaria vita della prima miracolata italiana a Lourdes che guarì inspiegabilmente il 15 agosto 1948. Malgrado la guarigione, trascorse una vita di grandi sofferenze fisiche, restando inferma nell'istituto religioso da lei fondato, dal 1978 fino alla morte
Da “Puntodivista” archivio storico www.pudivi.it/archivio.html
Maddalena Carini è stata la protagonista di uno dei più strepitosi miracoli attribuiti alla Vergine Maria a Lourdes, avvenuto il 15 agosto 1948, festa dell’Assunta, e ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa il 2 giugno 1960 a opera del Cardinale Giovanni Battista Montini, allora Arcivescovo di Milano, futuro papa Paolo VI.
LA VITA INIZIATA ALLA CASCINA MORONA
Maddalena Carini, ultima di sette figli, nacque il 1° marzo 1917 alla Cascina Morona di Bereguardo da Giuseppe Carini e Francesca Bianchi Martina. Visse in una famiglia dove la pietà, il timore di Dio e la devozione alla Madonna e al Crocifisso occuparono il primo posto, per merito soprattutto dei genitori che, come ricordava lei stessa, «curavano la nostra mente e il nostro cuore, educandoci all’amore e al sacrificio».
Cominciò presto a soffrire, già dall’età di 10 anni. Aveva spesso accessi di febbre alta e, dopo la morte di suo padre, nel 1930, si ammalò di pleurite, seguita da faringite e da tubercolosi ossea a localizzazione spinale; a 13 anni le fu riscontrato il morbo di Pott alla terza e quarta vertebra; a 16 anni fu ricoverata nella clinica elioterapica di Bussana (Sanremo); a 18 anni fu operata la prof. Luigi Cattaneo di appendicite ulcerosa di natura tubercolare con peritonite specifica. Il decorso post operatorio fu complicato da pleurite secca. A queste alterazioni si associarono altri disturbi, come ingrossamento delle linfoghiandole addominali, grave anemia (perniciosiforme) e deperimento organico. A 29 anni le fu riscontrata una trocanterite destra con erosioni superficiali del margine trocanterico ove la continuità della corticale appariva interrotta di circa 1 cm.
L’ODISSEA FRA OSPEDALI E CASE DI CURA
Per vent’anni l’odissea dell’inferma fu tra ospedali e case di cura. Ovunque seppe cogliere col sorriso sulle labbra le occasioni per avvicinare al bene, alla pratica delle virtù e alla frequenza ai sacramenti, ammalati, infermieri e medici. Costretta a letto per lunghi anni, trascorse dei periodi anche in famiglia, assistita con tenerezza e sacrifici dalla buona madre che condivideva, giorno e notte, le pene e le sofferenze della figlia. Fiduciosa nella Madonna, la buona signora aveva grande desiderio di pellegrinare con la figlia inferma a Lourdes, ma la guerra lo impedì e la morte la colse prima della cessazione delle ostilità, nel 1943.
IL PRIMO PELLEGRINAGGIO A LOURDES
La figlia, terminata la guerra, realizzò il desiderio della mamma e si recò a Lourdes. Ella stessa riferì le varie fasi delle sue peregrinazioni a Lourdes e i momenti della guarigione miracolosa: «Nel 1947 partii col primo pellegrinaggio che si effettuava dopo la guerra. Non guarii. Al ritorno, alla stazione di Arma di Taggia, il dottore mi attendeva e, vedendomi tale e quale ero partita, mi domandò se erano tutti lì i miracoli della Madonna. Io risposi: “Dottore, i miracoli più belli sono quelli nascosti”. Soffrii moltissimo tutto l’anno».
IL SECONDO - E DECISIVO - VIAGGIO ALLA GROTTA
Nel febbraio del 1948, date le gravi condizioni in cui si trovava, Maddalena veniva dimessa in pericolo di vita. I congiunti la portarono a Milano in casa del fratello maggiore, Angelo, in via San Calogero, 6. «E io vivevo col desiderio di ritornare ai piedi della Vergine di Lourdes», disse Maddalena. «I medici sconsigliavano, però, un altro viaggio a Lourdes. Alcuni di essi, non credenti, dissero che avrebbero riacquistato la fede, se avessero visto il miracolo nel mio fisico. “Qui ci sono delle vere lesioni organiche”, dicevano. “Qui ci vorrebbe un miracolo”».
Tuttavia il dottor Bonizzi firmò il documento richiesto, stendendo con cura il referto relativo alle sue condizioni di salute. Così Maddalena poté lasciare Milano per Lourdes il 9 agosto 1948: ammalata da 21 anni e da 15 quasi continuamente degente a letto. «Il 9 agosto 1948», è sempre Maddalena che raccontava, «fui trasportata in autolettiga alla stazione di Milano e, quindi, sul treno degli ammalati che partiva per Lourdes. Durante il viaggio fui assistita da Monsignor Fasani, Vicario Generale delle Diocesi di Pavia e amico di famiglia». Nonostante tutto – riferì Monsignor Fasani – durante il viaggio si mantenne serena, tranquilla, senza lamenti, pregando continuamente con una grande corona del Rosario che il Monsignore le diede alla partenza. A Lourdes, nonostante le sue condizioni pietose e sempre allarmanti, volle partecipare a tutte le funzioni celebrate alla Grotta e sulla piazza. Era sempre sorridente.
IL MIRACOLO INSPIEGABILE
«Nel pomeriggio di sabato 14 agosto, mentre pregavo alla Grotta, provai un’indicibile gioia per una particolare presenza della Vergine accanto a Gesù e San Giuseppe nell’intimità della famiglia di Nazareth. Il giorno successivo, domenica 15 agosto, nel pomeriggio, venni trasportata in barella alla Grotta, passando davanti alla statua di Bernadette. Cominciai a recitare il Rosario. Alla Grotta, durante il Rosario, sentii degli strappi al cuore. Nel medesimo tempo una grande gioia indescrivibile, come la Madonna fosse in me. In quel momento pregai con più fervore per il bene della mia anima, per coloro che mi stavano a cuore, per la conversione dei peccatori».
«Dalla Grotta fui portata sul piazzale per la Benedizione Eucaristica», disse Maddalena. «Il Vescovo di Pavia Monsignor Carlo Allorio, dalle piscine, intonava “Mira il tuo popolo, o bella Signora”, mentre io mi sentivo come trasportata verso il cielo. La mia barella fu portata sotto una pianta dell’Esplanade, dal lato dell'Asile. Il vescovo, un irlandese, cominciò a benedire gli ammalati. Quando impartì la benedizione alla fila dov’ero anch’io, sentii nuovamente fortissimi strappi al cuore, all’addome e un tremendo formicolio in tutta la persona, uniti a un senso indescrivibile di leggerezza e a una gioia tanto intensa che vorrei che tutti provassero un attimo di questa gioia per capire che la vera vita non è questa, ma l’altra e che tutti dobbiamo aiutarci l’un l’altro per raggiungere la vera vita. Mi sentii completamente guarita. Non dissi, però, nulla per timore di far perdere quella poca fede ai medici che mi avevano detto: “Crederemo se torni guarita, perché nel tuo fisico si riscontrano lesioni organiche”. Quel benessere poteva essere un’illusione transitoria, riflesso della gioia delle grazie spirituali ricevute. Pensavo che se la Madonna mi aveva guarita, sarebbero scomparse tutte le malattie e la febbre».
«Al mio incontro, subito dopo la funzione», ricordò in seguito Monsignor Fasani, «Maddalena manifestò la nuova impressione di benessere, un senso di calore e di formicolio in tutto il corpo, il desiderio di camminare. Rimasi impressionato per la convinzione con cui si esprimeva. Ordinai al barelliere di riportarla subito nella sua grande infermeria, in quel momento deserta. Era felice. Recitammo insieme il Rosario e poi, avendo constatato che erano evidentemente scomparsi alcuni segni esteriori (ad esempio, la febbre, il gonfiore, l’ascesso alla gamba destra, che da tempo non riusciva a muovere) rimasi perplesso e alquanto impressionato. Tuttavia non comunicammo a nessuno quanto era avvenuto. Col cuore gonfio di emozioni, alle 20,00 lasciammo l’Asile, portando in cuore il nostro segreto».
LA RIPARTENZA PER L’ITALIA, GUARITA
Il treno ripartì per l’Italia all’alba del 16 agosto 1948. «Verso sera», confessò Maddalena, «l’appetito mi tradì e chiesi il cibo come gli altri. Fui accontentata». «Fu allora», scrisse Monsignor Fasani, «che non riuscii a mantenere più a lungo il silenzio, su quegli avvenimenti che, pur con molto riserbo, giudicavo prodigiosi. Ne parlai al medico Direttore del treno-ammalati il quale decise di compiere un controllo minuzioso insieme a tutti i colleghi (erano sei). Ripenso alla sorpresa e allo stupore di ciascuno dopo il controllo ed il confronto con le cartelle cliniche. Erano veramente scomparsi tutti i sintomi di ogni malanno. La paziente, dopo tanti anni, con stupore di tutti i presenti, fece i primi passi. Fu un’esplosione di gioia comune e l’entusiasmo fu trasmesso, mediante gli altoparlanti, a tutti i partecipanti al grande pellegrinaggio. Fu uno scoppio di giubilo che sfociò nel canto collettivo del “Magnificat”».
LA FONDAZIONE DELLA “FAMIGLIA DELL’AVE MARIA”
A Pavia Monsignor Carlo Allorio il 18 febbraio 1957 firmò il primo Statuto della “Famiglia dell’Ave Maria”, associazione di fedeli nonché istituzione di ispirazione mariana fondata dalla stessa Carini poco dopo la guarigione, dall’apostolato concentrato in modo specifico negli ambienti del turismo (poi riconosciuta come Fondazione di Religione e di Culto con D.P.R. il 2 marzo 1960) affidandogli la Chiesa di San Giovanni Domnarum, dove l’apostolato del Canonico Ercole Pizzocaro prima e la sua salma venerata dopo, determinarono il centro vitale di tutta la sua Opera. In seguito Maddalena, sostenuta da uno spirito di sacrificio eroico, trasferì in corso Nuvoloni 30 a Sanremo il centro dell’attività “sua” e della “sua famiglia” realizzando ardite iniziative di sedi opportune, di chiese, di case di accoglienza e luoghi di spiritualità impregnati dalla vita e dalla morte di questa eletta di grazia.
IL CALVARIO DI TUTTA LA VITA E LA MORTE
Guarita da malattie mortali nel 1948 (il 15 agosto), la mattina dell’11 dicembre 1978 Maddalena non riuscì ad alzarsi. Da quel momento non lo farà più: passerà i successivi 19 anni immobilizzata a letto nella sua camera a Villa Maria a Sanremo. Si unì eroicamente alle sofferenze del Cristo Crocifisso (11 febbraio 1979) condividendo con Lui la passione, l’agonia e la morte racchiusa in un mistero di amore e di dolore (...). Nelle ultime ore esclamò con la riconoscenza di chi condivide la povertà dell’uomo, ma apprezza le infinite risorse di Dio: «Non ho mai detto di no a Gesù. Non gli ho mai detto basta!».
Maddalena Carini, infatti, pur essendo guarita miracolosamente a Lourdes a 31 anni, godette solo per qualche tempo di una salute abbastanza buona, che il Signore le concesse per iniziare a fondare l’Opera che le ha ispirato. Ma dopo pochi anni ricominciò a soffrire di mali diversi, che i medici spesso non seppero diagnosticare e le medicine, a cui era intollerante, non poterono curare.
Le sofferenze, che normalmente sono vissute con un senso di rifiuto, Maddalena le accettò senza mai perdere il suo naturale ottimismo, come occasione di offerta per il bene altrui e come mezzo per la salvezza delle anime, sull’esempio di Gesù che ha sempre amato fin da bambina con insolito trasporto. Questa ansia di apostolato la portò a incontrare persone oppresse da sofferenze fisiche e morali che a lei si rivolsero fiduciose nella sua preghiera, attraverso le quali ricevettero conforto e spesso conversioni e grazie, in un clima di familiarità e amicizia che furono caratteristiche di questa donna dolce e riservata il cui unico scopo era “portare anime in Paradiso”.
L’ultimo respiro fu esalato in Villa Maria nella cameretta, divenuta per i suoi seguaci una sorta di santuario, il 26 gennaio 1998 alle ore 17,00 mentre nella ca****la iniziava la Santa Messa. Così, tra i dolori più incomprensibili e l’adesione incondizionata a Dio, Maddalena lasciò a tutti quelli che ha amato e che l’amano il suo motto, un testamento di amore che è la sintesi della sua vita e impegno di famiglia: «Un’Ave Maria, un sorriso ...e avanti!».
Nella Chiesa di Tutti i Santi (fino al 1991 anglicana) Maddalena è entrata per la prima volta per i funerali, celebrati da due vescovi e più di 50 sacerdoti il 28 gennaio 1998; l’indomani partiva dalla Chiesa di Tutti i Santi per essere sepolta nella Ca****la di famiglia a Bereguardo, dopo la Santa Messa celebrata da tre vescovi e tanti sacerdoti.
LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE
Con decreto del 24 luglio 2013, il vescovo di Ventimiglia-Sanremo ha introdotto la Causa di Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio Maddalena Carini. Chi fosse in possesso di documentazione riguardante Maddalena Carini, o avesse notizie interessanti da comunicare, o fosse a conoscenza di grazie ottenute per sua intercessione, può scrivere alla sede della postulazione: “Famiglia dell’Ave Maria” c/o Villa Maria – via Nuvoloni, 30 – 18038 Sanremo (IM). Telefono 0184 531422. E-mail: [email protected] - sito internet www.famigliadellavemaria.it.
Testo di don Vittorio Cupola e altre fonti.
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