PER NOI con Puntodivista

PER NOI con Puntodivista PER NOI con Puntodivista - Il giornale dei Borghi della Campagna Soprana (Alto Pavese e Basso Milanese)

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04/03/2025

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Ecco il primo numero di quest’anno! “Per Noi con Puntodivista” è diffuso online e distribuito in formato cartaceo: potete sfogliare e scaricare l’ultima edizione in PDF del giornale dei Borghi della Campagna Soprana per conoscere tante storie che arrivano dai comuni dell’Alto Pavese e Basso Milanese. La diffusione delle 12.500 copie è in corso (fino a esaurimento)

Link: www.pudivi.it/edizioni.html

Cari lettori, vi presentiamo il primo numero di quest’anno di “Per Noi con Puntodivista”, nato dall’esperienza di Puntodivista per informare i cittadini della Campagna Soprana, ovvero la vasta area compresa fra Milano, Pavia e il Ticino. L’edizione può essere sfogliata e scaricata in formato PDF in alta definizione dal nostro sito internet, cliccando su questo link: www.pudivi.it/edizioni.html.

LA VERSIONE CARTACEA IN 12.500 COPIE SUL TERRITORIO

Il giornale è in distribuzione in formato cartaceo nei comuni dell’Alto Pavese (Vellezzo Bellini, Giussago, Certosa di Pavia, Rognano, Casorate Primo) e del Basso Milanese (Binasco, Casarile, Lacchiarella, Motta Visconti) sia in punti di distribuzione oppure in modalità porta a porta, fino a esaurimento delle 12.500 copie disponibili.

Seguiteci per rimanere sempre aggiornati e intanto… buona lettura insieme a “Per Noi con Puntodivista”!

Redazione di “Per Noi con Puntodivista”
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04/03/2025

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La musica elettronica di Alessandro Groppaldi, in arte Dj Triple A It: ha mosso i primi passi in un settore non facile e ora finalmente si sta facendo apprezzare con le sue produzioni sperimentando i generi Edm, Tech- Deep-Electro House. Fra brani originali e remix, gli ascolti lo premiano «ma il pezzo che ho creato a cui tengo più di tutti è dedicato a mio padre Giorgio, perché...»

Da “Per Noi con Puntodivista” di febbraio 2025 www.pudivi.it/archivio.html

Credere nei propri sogni e lavorare duramente per realizzarli. È questa la filosofia di vita di Alessandro Groppaldi, 30 anni il prossimo 18 luglio, che pur esercitando un altro lavoro sta conducendo con successo una carriera parallela prima come dj (iniziata nel 2012) e poi come produttore musicale di musica elettronica.

«Dopo i primi quattro anni di attività come dj in feste ed eventi, ho manifestato la voglia di scrivere la mia prima canzone originale, sempre del genere di musica che più mi ispira, ovvero quella elettronica», spiega il giovane giussaghino. Nato a Milano nel 1995, aveva solo un anno quando la sua famiglia si è spostata a Lacchiarella; ancora bambino (4 anni), insieme ai suoi genitori e alle due sorelle si sarebbero poi trasferiti a Giussago, dove risiedono tuttora.

«AUTODIDATTI VA BENE, MA POI SERVONO LE IMBECCATE GIUSTE»

La passione per la musica da trasformare in una professione a tempo pieno è l’obiettivo di Alessandro: «Autodidatti va bene, però fino a un certo punto: per il salto di qualità servono le imbeccate giuste», tiene a precisare l’artista, «ma nulla è impossibile nella vita, basta avere la buona volontà e sapere come muoversi. Qui a Giussago ho iniziato da zero, facendomi conoscere in varie esibizioni ed eventi che hanno cercato di dare movimento al paese».

IL DEBUTO CON UN’ETICHETTA DISCOGRAFICA MILANESE

Dopo aver creato la prima canzone è arrivata la collaborazione con una radio di Genova e in seguito il debutto con un’etichetta discografica milanese, la Boot Recording.

«Ero appena all’inizio e avevo chiesto tempo per creare un prodotto che piacesse a me e al pubblico», ricorda Alessandro. «Evidentemente l’idea aveva funzionato e in 24 ore ho ottenuto 10mila ascolti: confortato da quel risultato, sono partito per sviluppare nuove collaborazioni con musicisti emergenti come me, col desiderio di puntare su etichette discografiche sempre più importanti».

TRACCE ORIGINALI SENZA RICORRERE AL “COPIA E INCOLLA”

Da giugno del 2019 «ho cercato di consolidare le collaborazioni, affinando sempre di più l’uso dei programmi specializzati per musica elettronica: malgrado all’inizio fossimo sostanzialmente tutti autodidatti, da subito abbiamo scelto di creare tracce originali senza ricorrere al “copia e incolla”», precisa Groppaldi.

Tuttavia «mancava ancora la parte vocale, che abbiamo trovato successivamente grazie al talento canoro di un ragazzo spagnolo residente in provincia di Torino. Una volta completata la traccia musicale e la colonna cantata, abbiamo mandato la prima canzone “collettiva” all’etichetta discografica Blanco Y Negro Music di Barcellona, che l’ha subito presa».

CON I REMIX «È SOLO L’ARTISTA PRINCIPALE CHE CI GUADAGNA»

Nonostante ascolti inizialmente promettenti, «le aspettative sono andate un po’ deluse: l’etichetta, infatti, non ha spinto la canzone sui suoi canali, ma l’ha rilasciata come Spitfire Music, una sottoetichetta della Blanco. E questo ha fatto la differenza presso il pubblico», dice Alessando.

Dopo la Blanco Y Negro «è saltato fuori un grosso progetto: abbiamo curato il remix di un autore importante che, non a caso, è uscito come Sony Music Italia superando in pochi giorni i 52.000 ascolti. Peccato che, essendo un remix, sia solo l’artista principale a prendersi il guadagno, mentre agli autori della rielaborazione non è andato nemmeno un centesimo. Un’altra lezione di vita per noi che cerchiamo di trovare il nostro spazio in un mondo non facile».

CON LA KEEP RECORDS, UN ULTERIORE PASSO AVANTI

Dalla Blanco alla Keep Records, Alessandro Groppaldi ha compiuto un ulteriore passo avanti: «L’etichetta ha accettato subito una delle mie canzoni e dopo appena una settimana ha iniziato a girare su radio e show internazionali: un bel motivo d’orgoglio per me, e l’inizio delle citazioni sulla stampa col mio nome».

Nel 2020, ai primi tempi del Covid, Alessandro entra in un’agenzia di management dalla quale porta a casa partecipazioni a eventi (uno a Sestriere, molto impegnativo, di ben quattro giorni), produzioni, sessioni in studio e altre svariate esperienze. Causa pandemia, l’attività nel corso dell’anno subisce un rallentamento, fino all’incontro con l’amico Matteo Saggiorato di Santa Cristina, musicista dotato di uno studio di registrazione col quale continua a sperimentare e a lavorare assiduamente.

LA DEDICA AL PADRE GIORGIO, IN TERAPIA INTENSIVA PER IL COVID

«Con Matteo abbiamo fatto prima un remix per Afrojack, arrivato quarto nella scelta dei remix creati, e altre tracce musicali. In seguito abbiamo prodotto un’altra canzone per l’etichetta Keep Records e poi un pezzo al quale tengo molto, dedicandolo a mio padre Giorgio che aveva passato ben cinque mesi in terapia intensiva a causa del Covid, dal quale fortunatamente ne è uscito. E tutto il ricavato del brano l’abbiamo destinato alla Croce Rossa Italiana».

SI RINNOVA LO STILE MUSICALE, SEMPRE ELETTRONICO

Alessandro Groppaldi si ferma completamente fino al dicembre del 2021, ma ne approf***a per rinnovare il suo stile musicale, sempre all’insegna del nome d’arte di Dj Triple A It che ha scelto dal lontano 2012, e continuando a sperimentare i generi Edm, Tech-Deep-Electro House. «Da quel momento lo sviluppo di nuovi brani non si è mai fermato, e abbiamo speso – sia da solo, sia in partecipazione con le persone con cui ho collaborato – centinaia di ore al computer, per creare qualcosa che fosse sempre all’avanguardia».

Per concludere, nel 2024 l’artista di Giussago è entrato a far parte del roster dell’etichetta Red Owl Records, dove continua a pubblicare i propri progetti musicali che si possono ascoltare sulle principali piattaforme di musica online.

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04/03/2025

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Mai sottovalutare le opere d'arte dimenticate nelle chiese di campagna: ecco come la meravigliosa “Madonna in trono col Bambino e otto santi” del Bramantino, fino al 1915 presente a Lacchiarella nella minuscola chiesetta di Cascina Birolo, sia ricomparsa nientemeno che alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Dal 1° marzo 2018 si trova esposta nelle ex Sale Blu del celebre museo

Link: www.parrocchielacchiarella.it

Nel 2018 l’Unità Pastorale di Lacchiarella e Casirate Olona con Mettone ha scelto, preannunciando la visita natalizia alle famiglie, di stampare e distribuire, come segno delle visite, un cartoncino che raffigura la “Madonna in trono col Bambino e otto santi”, un meraviglioso olio su tavola dipinto dal Bramantino (nome d’arte di Bartolomeo Suardi - Bergamo, 1465 circa - Milano, 1530), databile fra il 1515 e il 1518.

PRESENTE A LACCHIARELLA FINO AL 1915

Oggi, una riproduzione della stessa opera a grandezza naturale (cm 167 x 204) è stata collocata dalla Parrocchia ed è visibile in chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Lacchiarella, segno tangibile dell’antica presenza di tale opera sul territorio ciarlasco, dato che fino al 1915 il dipinto era conservato prima nel Convento dei Cappuccini a San Martino e poi in Cascina Birolo, proveniente - pare - dalla chiesa di Santa Maria del Giardino a Milano, demolita nel 1865. Ancora oggi, tale raffigurazione vuole idealmente identificare l’unità pastorale tra Lacchiarella, Casirate e Mettone.

SPARITO E POI RIAPPARSO, OGGI È AGLI UFFIZI

Cosa sia successo dopo il 1915, invece, è probabilmente destinato a rimanere disperso fra le nebbie dell’arte che "sparisce", per poi riemergere in maniere del tutto inaspettate: attualmente, infatti, il dipinto del Bramantino fa bella mostra di sé presso le ex Sale Blu (quelle un tempo dedicate alla pittura straniera) nientemeno che alla Galleria degli Uffizi di Firenze, dove dal 1° marzo 2018, è stato integrato nel normale percorso museale degli Uffizi.

APPARTENEVA ALLA COLLEZIONE CONTINI BONACOSSI

In realtà, prima di arrivare alle sale fiorentine, l’opera ha fatto parte della Collezione d’arte Contini-Bonacossi https://it.wikipedia.org/wiki/Collezione_Contini_Bonacossi, appartenuta al conte antiquario e collezionista Alessandro Contini Bonacossi (1878-1955) e alla moglie Vittoria, collezione donata allo Stato italiano nel 1969 degli eredi, eseguendo (seppur fra mille problematiche) le volontà testamentarie del conte.

Forse al conte Alessandro poco sarà importato che la pregevole opera del Bramantino fosse stata custodita da tempo immemore nel Convento Amadeita dell’Annunciata, detto di San Martino, dei Frati Francescani Amadeiti di Lacchiarella e poi in Cascina Birolo: bene ha fatto, comunque, l’Unità Pastorale di Lacchiarella a tramandarne il ricordo riproducendo l’opera in chiesa parrocchiale.

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04/03/2025

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Con l'arrivo dell'illuminazione pubblica, in sostituzione di quella tradizionale, il 1° marzo 1914 Besate voltava pagina: la lunga notte era finalmente finita! Matilde Butti racconta come dai primi cinque lampioni a gas si è passati alle centinaia di oggi e «nessun rimpianto del lume a candela né per una vita fatta di disagi... ma alcune persone di quel tempo mi hanno detto che "Epur l’èr bèl"»

Da "Puntodivista" di ottobre 2000 www.pudivi.it/archivio.html

Anno 1914: eri un paesino di mille abitanti all'incirca e il tuo cuore era la piazza. Piazza del Popolo. Ma le tue strade e la tua piazza, quando scendevano le prime ombre della sera, restavano al buio e la vita si arrestava quando appena era l'imbrunire.

QUANDO L'ILLUMINAZIONE NON ESISTEVA, NEANCHE IN CASA

Non esisteva l'illuminazione, né pubblica né domestica. E la luna chiara, se c'era, con la sua luce pallida e giallognola, faceva da lampione sul paese e nelle sere di luna piena, proprio come una lampada, penetrava con i suoi raggi nelle finestre delle case e le rischiarava. Oggi che abbiamo il magico e romantico scintillio del neon, tutto ciò sembra una fiaba.

C’ERANO LE LUCERNE CHE PENDEVANO DAI SOFFITTI

Ma non è una fiaba. Dai soffitti delle case pendevano le lucerne e se le case erano povere vi era un lume a petrolio, nero e fuligginoso: "la lum" (da pronunciarsi con la u francese). La giornata lavorativa si svolgeva dall'alba al tramonto secondo la luce naturale, al richiamo della campana che suonava l’Ave Maria al mattino e alla sera. I tuoi abitanti si coricavano all'orario "delle galline" e cominciava da lì la loro lunga notte.

LA LUNA HA LASCIATO IL CAMPO ALLA TECNOLOGIA

Oggi... la vita comincia quando tutto intorno tace. Oggi... brillano su paesi e città le luci sfolgoranti. Oggi... tutto il popolo giovane di questo nostro mondo si mette in moto con il sopraggiungere delle tenebre secondo le leggi della nostra moda. Oggi... Besate conta 258 lampadine Enel e tre comunali (l'articolo è apparso nel 2000, n.d.r.). La luna di un tempo, tutta mistero e sogno e poesia, cantata dall'Ariosto ed esaltata dal Leopardi, ha lasciato il campo alla tecnologia, all'Apollo 11, ...14, ...17. Noi non abbiamo nessun rimpianto del lume a candela e per una vita fatta di disagi, ma alcune persone di quel tempo lontano, mi hanno detto con tenerezza: «Epur l’èr bèl».

DUECENTO LIRE PER I PRIMI 5 PUNTI LUCE

Ma torniamo a quel 1914 quando nell'aria si sentiva il vento della Prima guerra mondiale. Il Sindaco Giuseppe Ferrario, in una seduta straordinaria del 1° marzo avanzò la proposta di illuminazione pubblica con 5 lampioni a gas e acetilene, con una spesa presunta di lire 200. I consiglieri presenti, 9 su 15, votarono tutti a favore. In quell'epoca anche le principali città europee erano ancora illuminate a gas perché l'affermazione dell'elettricità per l'illuminazione pubblica fu lenta.

NEL 1931 LA MODERNITÀ: LA PRIMA CABINA ELETTRICA

A Besate arrivò nel 1931 con la costruzione della prima cabina. Una seconda cabina si costruì nel 1946 da parte dell'Esticino, società per azioni con sede in Milano, via Carducci 31. Poi, le costruzioni di centrali idroelettriche nei paesi ricchi di bacini idrici ebbero sviluppo e si arrivò anche all'illuminazione domestica. La lunga notte era finita!

Matilde Butti

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04/03/2025

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Il 1° marzo 1917 nasceva alla Cascina Morona di Bereguardo Maddalena Carini, scomparsa il 26 gennaio 1998. Ecco la straordinaria vita della prima miracolata italiana a Lourdes che guarì inspiegabilmente il 15 agosto 1948. Malgrado la guarigione, trascorse una vita di grandi sofferenze fisiche, restando inferma nell'istituto religioso da lei fondato, dal 1978 fino alla morte

Da “Puntodivista” archivio storico www.pudivi.it/archivio.html

Maddalena Carini è stata la protagonista di uno dei più strepitosi miracoli attribuiti alla Vergine Maria a Lourdes, avvenuto il 15 agosto 1948, festa dell’Assunta, e ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa il 2 giugno 1960 a opera del Cardinale Giovanni Battista Montini, allora Arcivescovo di Milano, futuro papa Paolo VI.

LA VITA INIZIATA ALLA CASCINA MORONA

Maddalena Carini, ultima di sette figli, nacque il 1° marzo 1917 alla Cascina Morona di Bereguardo da Giuseppe Carini e Francesca Bianchi Martina. Visse in una famiglia dove la pietà, il timore di Dio e la devozione alla Madonna e al Crocifisso occuparono il primo posto, per merito soprattutto dei genitori che, come ricordava lei stessa, «curavano la nostra mente e il nostro cuore, educandoci all’amore e al sacrificio».

Cominciò presto a soffrire, già dall’età di 10 anni. Aveva spesso accessi di febbre alta e, dopo la morte di suo padre, nel 1930, si ammalò di pleurite, seguita da faringite e da tubercolosi ossea a localizzazione spinale; a 13 anni le fu riscontrato il morbo di Pott alla terza e quarta vertebra; a 16 anni fu ricoverata nella clinica elioterapica di Bussana (Sanremo); a 18 anni fu operata la prof. Luigi Cattaneo di appendicite ulcerosa di natura tubercolare con peritonite specifica. Il decorso post operatorio fu complicato da pleurite secca. A queste alterazioni si associarono altri disturbi, come ingrossamento delle linfoghiandole addominali, grave anemia (perniciosiforme) e deperimento organico. A 29 anni le fu riscontrata una trocanterite destra con erosioni superficiali del margine trocanterico ove la continuità della corticale appariva interrotta di circa 1 cm.

L’ODISSEA FRA OSPEDALI E CASE DI CURA

Per vent’anni l’odissea dell’inferma fu tra ospedali e case di cura. Ovunque seppe cogliere col sorriso sulle labbra le occasioni per avvicinare al bene, alla pratica delle virtù e alla frequenza ai sacramenti, ammalati, infermieri e medici. Costretta a letto per lunghi anni, trascorse dei periodi anche in famiglia, assistita con tenerezza e sacrifici dalla buona madre che condivideva, giorno e notte, le pene e le sofferenze della figlia. Fiduciosa nella Madonna, la buona signora aveva grande desiderio di pellegrinare con la figlia inferma a Lourdes, ma la guerra lo impedì e la morte la colse prima della cessazione delle ostilità, nel 1943.

IL PRIMO PELLEGRINAGGIO A LOURDES

La figlia, terminata la guerra, realizzò il desiderio della mamma e si recò a Lourdes. Ella stessa riferì le varie fasi delle sue peregrinazioni a Lourdes e i momenti della guarigione miracolosa: «Nel 1947 partii col primo pellegrinaggio che si effettuava dopo la guerra. Non guarii. Al ritorno, alla stazione di Arma di Taggia, il dottore mi attendeva e, vedendomi tale e quale ero partita, mi domandò se erano tutti lì i miracoli della Madonna. Io risposi: “Dottore, i miracoli più belli sono quelli nascosti”. Soffrii moltissimo tutto l’anno».

IL SECONDO - E DECISIVO - VIAGGIO ALLA GROTTA

Nel febbraio del 1948, date le gravi condizioni in cui si trovava, Maddalena veniva dimessa in pericolo di vita. I congiunti la portarono a Milano in casa del fratello maggiore, Angelo, in via San Calogero, 6. «E io vivevo col desiderio di ritornare ai piedi della Vergine di Lourdes», disse Maddalena. «I medici sconsigliavano, però, un altro viaggio a Lourdes. Alcuni di essi, non credenti, dissero che avrebbero riacquistato la fede, se avessero visto il miracolo nel mio fisico. “Qui ci sono delle vere lesioni organiche”, dicevano. “Qui ci vorrebbe un miracolo”».

Tuttavia il dottor Bonizzi firmò il documento richiesto, stendendo con cura il referto relativo alle sue condizioni di salute. Così Maddalena poté lasciare Milano per Lourdes il 9 agosto 1948: ammalata da 21 anni e da 15 quasi continuamente degente a letto. «Il 9 agosto 1948», è sempre Maddalena che raccontava, «fui trasportata in autolettiga alla stazione di Milano e, quindi, sul treno degli ammalati che partiva per Lourdes. Durante il viaggio fui assistita da Monsignor Fasani, Vicario Generale delle Diocesi di Pavia e amico di famiglia». Nonostante tutto – riferì Monsignor Fasani – durante il viaggio si mantenne serena, tranquilla, senza lamenti, pregando continuamente con una grande corona del Rosario che il Monsignore le diede alla partenza. A Lourdes, nonostante le sue condizioni pietose e sempre allarmanti, volle partecipare a tutte le funzioni celebrate alla Grotta e sulla piazza. Era sempre sorridente.

IL MIRACOLO INSPIEGABILE

«Nel pomeriggio di sabato 14 agosto, mentre pregavo alla Grotta, provai un’indicibile gioia per una particolare presenza della Vergine accanto a Gesù e San Giuseppe nell’intimità della famiglia di Nazareth. Il giorno successivo, domenica 15 agosto, nel pomeriggio, venni trasportata in barella alla Grotta, passando davanti alla statua di Bernadette. Cominciai a recitare il Rosario. Alla Grotta, durante il Rosario, sentii degli strappi al cuore. Nel medesimo tempo una grande gioia indescrivibile, come la Madonna fosse in me. In quel momento pregai con più fervore per il bene della mia anima, per coloro che mi stavano a cuore, per la conversione dei peccatori».

«Dalla Grotta fui portata sul piazzale per la Benedizione Eucaristica», disse Maddalena. «Il Vescovo di Pavia Monsignor Carlo Allorio, dalle piscine, intonava “Mira il tuo popolo, o bella Signora”, mentre io mi sentivo come trasportata verso il cielo. La mia barella fu portata sotto una pianta dell’Esplanade, dal lato dell'Asile. Il vescovo, un irlandese, cominciò a benedire gli ammalati. Quando impartì la benedizione alla fila dov’ero anch’io, sentii nuovamente fortissimi strappi al cuore, all’addome e un tremendo formicolio in tutta la persona, uniti a un senso indescrivibile di leggerezza e a una gioia tanto intensa che vorrei che tutti provassero un attimo di questa gioia per capire che la vera vita non è questa, ma l’altra e che tutti dobbiamo aiutarci l’un l’altro per raggiungere la vera vita. Mi sentii completamente guarita. Non dissi, però, nulla per timore di far perdere quella poca fede ai medici che mi avevano detto: “Crederemo se torni guarita, perché nel tuo fisico si riscontrano lesioni organiche”. Quel benessere poteva essere un’illusione transitoria, riflesso della gioia delle grazie spirituali ricevute. Pensavo che se la Madonna mi aveva guarita, sarebbero scomparse tutte le malattie e la febbre».

«Al mio incontro, subito dopo la funzione», ricordò in seguito Monsignor Fasani, «Maddalena manifestò la nuova impressione di benessere, un senso di calore e di formicolio in tutto il corpo, il desiderio di camminare. Rimasi impressionato per la convinzione con cui si esprimeva. Ordinai al barelliere di riportarla subito nella sua grande infermeria, in quel momento deserta. Era felice. Recitammo insieme il Rosario e poi, avendo constatato che erano evidentemente scomparsi alcuni segni esteriori (ad esempio, la febbre, il gonfiore, l’ascesso alla gamba destra, che da tempo non riusciva a muovere) rimasi perplesso e alquanto impressionato. Tuttavia non comunicammo a nessuno quanto era avvenuto. Col cuore gonfio di emozioni, alle 20,00 lasciammo l’Asile, portando in cuore il nostro segreto».

LA RIPARTENZA PER L’ITALIA, GUARITA

Il treno ripartì per l’Italia all’alba del 16 agosto 1948. «Verso sera», confessò Maddalena, «l’appetito mi tradì e chiesi il cibo come gli altri. Fui accontentata». «Fu allora», scrisse Monsignor Fasani, «che non riuscii a mantenere più a lungo il silenzio, su quegli avvenimenti che, pur con molto riserbo, giudicavo prodigiosi. Ne parlai al medico Direttore del treno-ammalati il quale decise di compiere un controllo minuzioso insieme a tutti i colleghi (erano sei). Ripenso alla sorpresa e allo stupore di ciascuno dopo il controllo ed il confronto con le cartelle cliniche. Erano veramente scomparsi tutti i sintomi di ogni malanno. La paziente, dopo tanti anni, con stupore di tutti i presenti, fece i primi passi. Fu un’esplosione di gioia comune e l’entusiasmo fu trasmesso, mediante gli altoparlanti, a tutti i partecipanti al grande pellegrinaggio. Fu uno scoppio di giubilo che sfociò nel canto collettivo del “Magnificat”».

LA FONDAZIONE DELLA “FAMIGLIA DELL’AVE MARIA”

A Pavia Monsignor Carlo Allorio il 18 febbraio 1957 firmò il primo Statuto della “Famiglia dell’Ave Maria”, associazione di fedeli nonché istituzione di ispirazione mariana fondata dalla stessa Carini poco dopo la guarigione, dall’apostolato concentrato in modo specifico negli ambienti del turismo (poi riconosciuta come Fondazione di Religione e di Culto con D.P.R. il 2 marzo 1960) affidandogli la Chiesa di San Giovanni Domnarum, dove l’apostolato del Canonico Ercole Pizzocaro prima e la sua salma venerata dopo, determinarono il centro vitale di tutta la sua Opera. In seguito Maddalena, sostenuta da uno spirito di sacrificio eroico, trasferì in corso Nuvoloni 30 a Sanremo il centro dell’attività “sua” e della “sua famiglia” realizzando ardite iniziative di sedi opportune, di chiese, di case di accoglienza e luoghi di spiritualità impregnati dalla vita e dalla morte di questa eletta di grazia.

IL CALVARIO DI TUTTA LA VITA E LA MORTE

Guarita da malattie mortali nel 1948 (il 15 agosto), la mattina dell’11 dicembre 1978 Maddalena non riuscì ad alzarsi. Da quel momento non lo farà più: passerà i successivi 19 anni immobilizzata a letto nella sua camera a Villa Maria a Sanremo. Si unì eroicamente alle sofferenze del Cristo Crocifisso (11 febbraio 1979) condividendo con Lui la passione, l’agonia e la morte racchiusa in un mistero di amore e di dolore (...). Nelle ultime ore esclamò con la riconoscenza di chi condivide la povertà dell’uomo, ma apprezza le infinite risorse di Dio: «Non ho mai detto di no a Gesù. Non gli ho mai detto basta!».

Maddalena Carini, infatti, pur essendo guarita miracolosamente a Lourdes a 31 anni, godette solo per qualche tempo di una salute abbastanza buona, che il Signore le concesse per iniziare a fondare l’Opera che le ha ispirato. Ma dopo pochi anni ricominciò a soffrire di mali diversi, che i medici spesso non seppero diagnosticare e le medicine, a cui era intollerante, non poterono curare.

Le sofferenze, che normalmente sono vissute con un senso di rifiuto, Maddalena le accettò senza mai perdere il suo naturale ottimismo, come occasione di offerta per il bene altrui e come mezzo per la salvezza delle anime, sull’esempio di Gesù che ha sempre amato fin da bambina con insolito trasporto. Questa ansia di apostolato la portò a incontrare persone oppresse da sofferenze fisiche e morali che a lei si rivolsero fiduciose nella sua preghiera, attraverso le quali ricevettero conforto e spesso conversioni e grazie, in un clima di familiarità e amicizia che furono caratteristiche di questa donna dolce e riservata il cui unico scopo era “portare anime in Paradiso”.

L’ultimo respiro fu esalato in Villa Maria nella cameretta, divenuta per i suoi seguaci una sorta di santuario, il 26 gennaio 1998 alle ore 17,00 mentre nella ca****la iniziava la Santa Messa. Così, tra i dolori più incomprensibili e l’adesione incondizionata a Dio, Maddalena lasciò a tutti quelli che ha amato e che l’amano il suo motto, un testamento di amore che è la sintesi della sua vita e impegno di famiglia: «Un’Ave Maria, un sorriso ...e avanti!».

Nella Chiesa di Tutti i Santi (fino al 1991 anglicana) Maddalena è entrata per la prima volta per i funerali, celebrati da due vescovi e più di 50 sacerdoti il 28 gennaio 1998; l’indomani partiva dalla Chiesa di Tutti i Santi per essere sepolta nella Ca****la di famiglia a Bereguardo, dopo la Santa Messa celebrata da tre vescovi e tanti sacerdoti.

LA CAUSA DI BEATIFICAZIONE E CANONIZZAZIONE

Con decreto del 24 luglio 2013, il vescovo di Ventimiglia-Sanremo ha introdotto la Causa di Beatificazione e Canonizzazione della Serva di Dio Maddalena Carini. Chi fosse in possesso di documentazione riguardante Maddalena Carini, o avesse notizie interessanti da comunicare, o fosse a conoscenza di grazie ottenute per sua intercessione, può scrivere alla sede della postulazione: “Famiglia dell’Ave Maria” c/o Villa Maria – via Nuvoloni, 30 – 18038 Sanremo (IM). Telefono 0184 531422. E-mail: [email protected] - sito internet www.famigliadellavemaria.it.

Testo di don Vittorio Cupola e altre fonti.

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  con   -   > Gennaio 2025La bizzarra vicenda del ritratto di Gottardo Delfinoni e Rachele Barbetta, marito e moglie ben...
24/01/2025

con - > Gennaio 2025
La bizzarra vicenda del ritratto di Gottardo Delfinoni e Rachele Barbetta, marito e moglie benefattori e fondatori della Casa di Riposo di Casorate Primo: fu commissionato nel 1901 da Ernestina Barbetta, sorella di lei, che chiese al pittore Magistretti di rappresentarli al meglio. Peccato che i due coniugi non poterono posare nell'atelier dell'artista: erano già morti da parecchi anni

Link: http://www.lombardiabeniculturali.it/opere-arte/schede/3n110-00114/

Per Ernestina Barbetta era non solo una questione di principio (e di prestigio) ma soprattutto un segno di affermazione sociale, destinato a restare nel tempo: così non ci pensò due volte nel commissionare il ritratto della sorella Rachele e del di lei marito – il famoso avvocato Gottardo Delfinoni - a uno dei pittori prediletti dalla borghesia milanese di fine Ottocento, che nel 1901 realizzò il “Ritratto di Gottardo Delfinoni e Rachele Barbetta Delfinoni”.

Al pittore Emilio Magistretti, però, si presentò subito un problema non da poco: nessuno dei due soggetti da raffigurare sulla tela avrebbe potuto posare nel suo atelier d’artista, perché entrambi erano già morti da un pezzo.

I PREDEFUNTI NON POTEVANO “POSARE” NELL’ATELIER…

Ernestina Barbetta, vedova Cirio ma soprattutto unica erede dei coniugi Delfinoni, chiese comunque all’artista di procedere: Magistretti (1851-1936), già allievo di Francesco Hayez, su indicazione della sua facoltosa committente, eseguì il ritratto dei predefunti a figura intera, avvalendosi di materiale iconografico precedente, attingendo da ritratti di altri autori e rudimentali fotografie.

I DUE CONIUGI NON SI GUARDANO (E SONO VESTITI DI NERO)

Ciò che dipinse fu un ensemble “ideale” ancorché “surreale”, in cui un’elegante signora Rachele e il marito Gottardo sono rappresentati nella biblioteca di casa, a indicare l’eccezionale spessore culturale dell’avvocato milanese, colto in un momento di studio. Gli sguardi dei due, che volutamente non si incrociano, rifuggono da qualsiasi sentimentalismo: l’ambiente circostante, ridotto all’essenziale, è sobrio e dimesso (anche dal punto di vista cromatico) ma assai funzionale alla rappresentazione di un atipico “quadretto familiare con defunti” di nero vestiti (e non poteva essere altrimenti).

ERNESTINA DONÒ IL QUADRO ALL’OSPEDALE MAGGIORE

Un quarto di secolo dopo, ormai anziana, Ernestina Barbetta nominò proprio erede universale l'Ospedale Maggiore di Milano (con testamento del 5 marzo 1926, n.d.r.), esprimendo il desiderio che nella Quadreria ospedaliera fosse accolto il ritratto da lei commissionato e posseduto. Morì a 88 anni il 22 gennaio 1932: il 7 aprile dello stesso anno la Commissione Artistica accettò il dipinto (le opere infatti, spesso commissionate ad artisti esplicitamente indicati nelle disposizioni testamentarie dei benefattori, erano sottoposte all’approvazione della Commissione Artistica e al Consiglio dell’Ospedale, che potevano anche respingerli, n.d.r.).

L'opera, tuttora di proprietà delle Raccolte d'Arte della Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, «è una viva testimonianza dell’arte di Emilio Magistretti, appartenente all'attività matura dell'artista, di cui ripropone la maniera accademica, ancora legata a moduli ottocenteschi. Il dipinto, che si colloca in una f***a serie di ritratti eseguiti in quegli anni da Magistretti per un'ampia committenza aristocratica e borghese, si segnala per la felice scelta cromatica, calda ma contenuta» (Lombardia Beni Culturali).

CHI ERA L’AVVOCATO DELFINONI, AMICO INTIMO DI GARIBALDI

L’avvocato Gottardo Delfinoni, nobile e cavaliere, illuminato uomo di cultura e figura di spicco nel panorama politico dell’epoca, fu mecenate attivo anche a Casorate Primo: l’attuale casa di riposo, la R.S.A. che porta il suo nome, trae origine dall’ex Ricovero Vecchi fondato da Delfinoni e da sua moglie Rachele Barbetta, con rispettive loro disposizioni testamentarie del 6 aprile 1889 e del 10 maggio 1891.

Gottardo Delfinoni, nato nel 1818 e morto il 14 luglio 1889 (i funerali si svolsero il 16 luglio) fu finanziatore della spedizione dei Mille, assessore al Comune di Milano dal 1873 al 1888 (lo si trova a volte nelle file del partito “progressista”, a volte in quello “costituzionale”), membro dell'Associazione d'Incoraggiamento all'Intelligenza, intimo amico di Garibaldi… In una lettera inviata a Delfinoni da Caprera nel 1863, Giuseppe Garibaldi scrive: «Io andrò superbo di chiamarmi vostro amico e d'esser per la vita Vostro».

LA RACCOLTA ARCHEOLOGICA DONATA DA RACHELE A MILANO
da “La storia di Varese” di Maurizio Harari (2017)

Nel 1890 la raccolta archeologica dell’avvocato Gottardo Delfinoni, il quale aveva precedentemente acquistato molti materiali provenienti dai siti di Golasecca e Castelletto Ticino (NO), venne donata al Comune di Milano dalla sua vedova, Rachele Barbetta Delfinoni, la quale propose che fosse ordinata e allestita da Pompeo Castelfranco (1843- 1921), ispettore degli scavi e monumenti d'antichità per il Circondario di Milano, nel Museo Patrio di Brera a Milano, inaugurato ufficialmente al pubblico il 27 aprile 1867 e oggi trasformato nel Civico Museo Archeologico di Milano.

Sempre nell’ambito delle civiche raccolte milanesi, nel 1904 Castelfranco riordinò le raccolte paletnologiche dopo il loro trasferimento dal Museo Patrio di Brera e dal Museo Civico di Storia Naturale, al Museo del Castello Sforzesco, un lavoro che concluse nel 1906. Nel 1910, in seguito alla cessione al Museo della sua raccolta privata e della biblioteca, Castelfranco curò l’allestimento e la sua integrazione nelle raccolte, terminando nel 1912.

In allegato, l’immagine del “Ritratto di Gottardo Delfinoni e Rachele Barbetta Delfinoni”, conservato alla Quadreria dei Benefattori della Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico: https://www.policlinico.mi.it/beniculturali/i-nostri-beni/quadreria-dei-benefattori.

© 2025-01 , , , , , , , , , ,

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Motta Visconti

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