06/10/2025
Il 6 ottobre di ottantadue anni fa, in una piccola città d’Abruzzo sospesa tra le colline e il mare, si accese una delle prime scintille della Resistenza italiana: la rivolta di Lanciano. In quei giorni di confusione, di occupazione tedesca e di armistizio tradito, la popolazione lancianese scelse di non piegarsi. Fu un moto spontaneo, nato non da un piano militare ma dal cuore della gente, da quella rabbia che m***a quando la dignità viene calpestata, quando si vede il proprio paese invaso, le proprie case violate, la libertà negata. Fu nella notte tra il 5 e il 6 ottobre quando i primi spari risuonarono tra corso Trento e Trieste e via del Popolo, e da quel momento la storia di Lanciano si intrecciò per sempre con quella della libertà italiana.
Gli uomini e le donne di Lanciano non erano soldati di professione. Erano artigiani, studenti, contadini, farmacisti, commercianti. Si chiamavano come tanti italiani di allora: Domenico Troilo, i fratelli Ciampaglia, Mario Bianco, Vincenzo e Gaetano Florio, e tanti altri di cui spesso la memoria non conserva il volto ma solo il sacrificio. L’8 settembre aveva lasciato il paese in uno stato di abbandono: i soldati italiani sbandati cercavano rifugio, i tedeschi occupavano ogni spazio, requisivano mezzi e viveri, minacciavano ritorsioni. E fu proprio in quei giorni che nacque la decisione: resistere. Non per obbedire a un ordine, ma per orgoglio, per difendere le proprie strade e la propria gente.
La scintilla scoppiò quasi per caso, come spesso accade nei momenti decisivi della Storia. Alcuni giovani tentarono di disarmare un soldato tedesco; la tensione salì, i fucili si alzarono, partirono i colpi. In poche ore l’intera città fu travolta da una furia collettiva che non era odio ma desiderio di giustizia. Le campane suonarono a stormo, segno antico di emergenza e di battaglia, e la popolazione rispose. I tedeschi, colti di sorpresa, furono respinti in diversi punti della città. Per qualche ora, incredibilmente, Lanciano fu libera. Ma la libertà, in quei mesi, durava sempre troppo poco.
Il giorno successivo arrivò la rappresaglia. I tedeschi rientrarono con forze superiori, bruciando case, rastrellando uomini, fucilando prigionieri. Il sangue scese sulle pietre antiche del corso e tra le viuzze che ancora oggi conservano un silenzio solenne. Dieci cittadini vennero fucilati davanti al convento di Santa Chiara, altri uccisi nei campi o lungo le strade. I corpi restarono a terra per ore, monito crudele di un potere occupante che voleva schiacciare ogni ribellione. Ma la paura, invece di vincere, si trasformò in memoria.
Uno dei martiri più ricordati è Vincenzo Bianco, giovane ventenne, che secondo le testimonianze gridò prima di morire: «Viva l’Italia!». Parole semplici, gridate con la forza di chi sa che non vedrà l’alba successiva, ma anche con la serenità di chi crede che il suo sacrificio non sarà vano. E non lo fu. La rivolta di Lanciano, benché soffocata nel sangue, divenne un simbolo precoce della Resistenza in Abruzzo e in Italia, tanto che l'anno dopo l'avvocato Giuseppe Spataro, delegato del Governo, le conferì la Medaglia d’Oro al Valor Militare, riconoscendo alla città il coraggio di aver affrontato il nemico “con eroismo e fede incrollabile nella Patria”.
Eppure, al di là delle medaglie, ciò che colpisce di più è la forza umana di quei giorni. Le donne di Lanciano nascosero feriti, trasportarono messaggi, portarono cibo ai prigionieri. I preti aprirono le porte delle chiese come rifugi. I contadini offrirono riparo ai fuggitivi tra gli ulivi e le vigne. Si potrebbe dire che in quella piccola città l’Italia, quella vera, quella del coraggio silenzioso, si risvegliò per un attimo.
Oggi, quando si cammina per le strade di Lanciano, è facile immaginare quei momenti. Il vento che soffia da sud porta ancora un’eco lontana, come se le pietre ricordassero le voci di chi non tornò. Ogni 6 ottobre la città si ferma e il silenzio della commemorazione diventa più eloquente di qualsiasi discorso. È un silenzio che racconta di un popolo che seppe dire no, che seppe morire per non rinunciare alla libertà.
Come scrisse Piero Calamandrei, «dietro ogni articolo della Costituzione stanno decine di giovani morti nella Resistenza». E tra quei giovani ci sono anche i martiri di Lanciano, che non conoscevano la Costituzione ma ne incarnavano già lo spirito. Il loro gesto non fu vano, perché da quelle morti nacque l’Italia libera. E ricordarli oggi non è solo un atto di pietà, ma di gratitudine: per averci insegnato che anche una piccola città, in un giorno qualunque d’ottobre, può scrivere una pagina immortale della nostra Storia.