No Alla Violenza Psicologica Sulle Donne

No Alla Violenza Psicologica Sulle Donne Questa pagina nasce per informare e confrontarsi sulla violenza psicologica. A questo punto la domanda che dovremmo porci è: come può avvenire un tale processo?

Non è una pagina di auto-aiuto, quindi, è sempre consigliato rivolgersi alle autorità di competenza ed ai servizi specializzati dislocati su tutto il territorio nazionale. Capire cosa sia la violenza psicologica su una donna rimane ancora oggi un tema arduo da
affrontare: nell'immaginario collettivo la violenza viene ancora identificata soltanto con quella fisica o
sessuale, dove "violare" signi

fica prevaricare i confini del corpo, abusare di quello spazio vitale che
delimita l'io dal tu. Eppure la stessa violazione è ancor più facile da attuare a livello psichico: infatti non essendo questa
esplicita non presenta sintomi abbastanza evidenti da poter essere facilmente individuata neanche
dalla vittima stessa. Da un rapporto dell'ISTAT del 2007 risulta in effetti che:7.134.000 donne hanno subito o subiscono
violenza psicologica di cui le forme più diffuse sono l'isolamento(46,7%), controllo(40,7%),
svalorizzazione(23,8%). Di queste il 43,2% ha subito violenza dal partner attuale, di cui 3.477.000 l'ha
subita sempre o spesso, 1.042.000 hanno subito oltre a quella psicologica anche violenza sessuale e
fisica. La violenza psicologica agisce talmente in profondità che i sintomi, quali perdita dell'autostima, senso
di inutilità, depressione, malessere generalizzato, ansia, attacchi di panico, vengono sottovalutati o
annoverati alle cause più disparate. Infatti è proprio l'incapacità di dare un nome a questo senso
generale di disagio che procura la maggiore sofferenza e alimenta i sensi di colpa una volta che la
vittima ne sia divenuta cosciente: la violenza può avere tante forme più sottili ma non per questo
meno dannose. Tutti quei comportamenti che minano l'autostima, la dignità personale, la voglia di vivere sono
comportamenti violenti, anche se non comportano un danno fisico. Ci sono parole "non vali niente",
"non sei capace", comportamenti ( la minaccia, il silenzio che evade le risposte e la comunicazione, la
derisione, il ricatto, la privazione della libertà, la provocazione continua, l'offesa, la disistima) che
nessuna legge punisce e che possono uccidere psichicamente una persona o almeno ferirla in modo
grave e spesso irreversibile. Solitamente la violenza psicologica accompagna quella fisica ma può anche essere totalmente
sconnessa da quest'ultima, in entrambi i casi il messaggio che viene veicolato alla vittima è che essa è
un oggetto privo di valore. Da cui la parola "svalorizzare": se pensiamo per un attimo alla definizione della parola
"valorizzazione", il dizionario recita più o meno così: consentire ad una persona di esprimere
completamente le proprie qualità, capacità e simili"; partendo da questo il suo esatto contrario
sarebbe: non consentire ad una persona di esprimere completamente le proprie qualità, capacità e
simili".. Come si
può rendere una donna vittima di tale forma di violenza? Come si può "non consentire"? Strettamente connessa alla violenza da svalorizzazione è l'isolamento. Esso di fatto è sia il fine sia il
mezzo che prepara e permette il perpetuarsi della violenza sulla donna, in quanto l'uomo inizia a
screditare la donna tra amici e parenti, a litigare e far litigare con loro esprimendo continuamente
pareri negativi su quanti stanno vicino alla partner. Lo scopo è quello di fare in modo che lei non abbia
la possibilità di confidarsi con nessuno, cosicché lui possa agire il suo controllo in modo indisturbato. Infatti una volta rimasta sola la donna senza nessuna possibilità di confidarsi e soprattutto, vedendo
l'ostilità intorno a lei, comincia a insinuarsi in lei il dubbio che effettivamente è una persona "cattiva",
che non vale niente: se tutti l'hanno allontanata un motivo deve pur esserci! Ma le modalità violente arrivano ad essere ancora più subdole, facciamo un esempio: il partner manda
spesso messaggi espliciti usando l'aggressione diretta, "sei un'incapace", "non vali niente", oppure
utilizzando il sarcasmo e la derisione, ad esempio farsi beffe delle sue convinzioni, dei suoi gusti,
mettere in dubbio le sue capacità critiche e decisionali, perchè più spesso non si tratta di quello che
viene espresso a livello verbale quanto piuttosto di messaggi contrastanti, nel senso che dice una
cosa e ne esprime un'altra a livello non verbale, mettendo in questo modo la donna in uno stato di
confusione e nell'incapacità a capire cosa sta succedendo. Nè essa ha possibilità di chiarire, perché
l'interruzione della comunicazione è un'altra delle manovre che l'aggressore instaura; facciamo un
esempio: immaginiamo un uomo che non dice alla sua donna in modo esplicito che è br**ta e
trasandata, ma le consiglia spesso di rifarsi i capelli, di truccarsi etc,etc: il messaggio che passa è
sempre denigrante, e se la donna cerca di comunicare questa percezione negativa ma latente, il
partner risponde che è troppo emotiva e che travisa sempre quello che lui dice a causa delle sue
insicurezze e che le sue intenzioni erano buone. Subentra così il dubbio( "forse sono davvero una
donna insicura", "probabilmente vedo sempre il negativo delle cose"), il senso di colpa di chi inizia a
subire e con esso un tentativo di perfezionismo per cercare di far in modo che il proprio compagno
cambi gli atteggiamenti o l'opinione che ha su di lei. Proprio in quanto si tratta di aggressioni indirette, dice la Hirigoyen, è difficile considerarle
chiaramente come tali e quindi difendersene. Per poco che le parole facciano eco ad un'identità
fragile, a una preesistente mancanza di fiducia, vengono incorporate dalla vittima, che le accetta come
verità. Con queste parole la Hirigoyen sembra tracciare una sorta di profilo della donna-vittima, quindi una
donna insicura, che ha bisogno di continue conferme dagli altri. Infatti solitamente l'aggressore
prende di mira le parti vulnerabili del soggetto, proprio lì dove si annida la sua debolezza. Ma chi non
possiede un punto debole? Chiunque può divenire vittima di violenza, poiché è proprio quello che
diviene l'aggancio per la svalorizzazione, la quale mette a confronto la vittima con le proprie carenze,
traumi irrisolti, incorporazioni negative; queste donne sono forti ma sono vulnerabili perché non
essendo sicure delle proprie capacità devono sempre dimostrare a se stesse di esserlo. Stiamo
parlando di donne naturalmente propense a colpevolizzarsi e proprio a causa di questa colpa
inconscia che cercano in tutti i modi di espiare che diviene facile farle preda di un processo di
autosvalutazione. Freud ci aiuta a capire come la vittima e l'aggressore funzionino secondo lo stesso
meccanismo: una funzione critica molto spiccata, verso l'interno nel primo caso, verso l'esterno nel
secondo. Per dirla in termini freudiani hanno un Super-Io ipertrofico: esso funge da censore e
persecutore interno, sempre pronto a giudicare e a colpevolizzare, frutto, secondo Freud, di divieti
genitoriali troppo rigidi e svalutanti. A causa di questo, le vittime tendono a giustificare il loro
aggressore, e a cercare i punti dove possono aver peccato: se qualcuno può essere così violento ed
arrabbiato con loro, sicuramente è perché hanno fatto qualcosa di sbagliato. L'immagine socialmente condivisa che viene fuori da questo stato di cose è che, la questione della
violenza sulla donna, si traduce nei termini "dell'uomo mostro e della donna masochista". Possiamo allargare i contesti di applicazione di tali dinamiche, per esempio dal contesto lavorativo,
alle violenze psicologiche e svalutanti a cui le donne sono continuamente sottoposte. Partiamo dalla definizione di "molestia sul luogo di lavoro" definita comunemente mobbing:
qualunque condotta impropria che si manifesti attraverso comportamenti, atti, parole o gesti capaci di
arrecare offesa alla personalità,dignità o integrità fisica o psichica di una persona, di metterne in
pericolo l'impiego o di degradare il clima lavorativo. Sempre la Hirigoyen ci ricorda che questa si
instaura quando un soggetto reagisce all'autoritarismo di un capo e rifiuta di asservirsi, che rifiuta un
potere che non condiviso viene imposto. Quindi come possiamo dedurre si tratta di un rapporto
asimmetrico in cui c'è qualcuno che "attivamente" agisce e qualcuno che "passivamente" subisce. Come il concetto di passivo e attivo rimandano nell'immaginario collettivo a quello di femminile e
maschile questo è ancor più vero in tale contesto: infatti è soprattutto la donna ad essere oggetto di
molestie. La molestia è sempre preceduta da una svalutazione della vittima, garantita e condivisa dal
gruppo… e se ci pensiamo per un attimo, quale bersaglio migliore se non la donna? Dalle dinamiche tipiche dei gruppi sappiamo che questi tendono a livellare gli individui, mal
sopportano le differenze, peggio ancora se la differenza significa "donna". In determinati ambiti
lavorativi tradizionalmente riservati agli uomini è davvero difficile per una donna farsi rispettare. I processi che si attivano sono sempre i medesimi. Si destabilizza la donna-vittima veicolando
un'aggressività implicita che mira a svalorizzare le sue competenze, in questo caso professionali, che
se si agganciano a una preesistente mancanza di fiducia, innescano il circolo della violenza: dei
comportamenti mirati dell'aggressore scatenano l'ansia nella donna, il che provoca un atteggiamento
difensivo, causa di nuove aggressioni; infatti l'ansia e la paura di non essere all'altezza provocano
comportamenti disorientati che fungono da alibi per la violenza: "ecco, l'avevo detto che prima o poi
avrebbe dimostrato la sua incapacità". Lo scopo dell'aggressore è proprio quello di mantenere a tutti i costi un potere che vede minacciato
dalla presenza di una donna. Un potere questo che, inevitabilmente, fonda le sue radici culturali e
sociali sin dalla notte dei tempi e che ha la presunzione di definire ciò che è "maschile" e ciò che è
"femminile". Facciamo un passo indietro e pensiamo all'infanzia del bambino e della bambina, pensiamo alla
nostra infanzia: sembra che a maschi e femmine attendano 2 diversi destini: la natura sembra aver
assegnato all'uno un posto di potere e all'altra il posto accanto. Ecco gettate la basi di una relazione di
potere che pende, già dagli inizi, da una parte. Possiamo, a ragione, dedurre che la violenza alle
donne è un fenomeno sociale, quindi accettato e condiviso, causato dalla subalternità delle donne
rispetto agli uomini. Torniamo per un attimo all'infanzia: la bambina viene iniziata da subito alla cura, le viene insegnato a
prendersi cura delle cose e delle persone, a giocare con le bambole, che altro non sono che un
surrogato di una persona: la bambola deve essere vestita, pettinata, fatta mangiare, insomma deve
essere curata. Le viene insegnato a farsi bella perché stasera torna papà, o perché stasera ci sono
ospiti a cena. Vediamo invece il maschietto: gli viene insegnato a fare le gare con le macchinine, a smontare e
rimontare i giocattoli, gli viene insegnato a fare la guerra con i soldatini, a combattere con i mostri, a
identificarsi con l'eroe dei fumetti di turno; quante volte avete detto da piccoli "voglio essere come
superman" o come Batman….in poche parole viene educato a esprimere liberamente le proprie
tendenze aggressive e competitive, perché altrimenti sarebbe una "fe*******ia". Sono forse degli esempi banali ma volevo rendere il più concreto possibile il concetto di educazione
al femminile e al maschile. Questo per arrivare a dire che la bambina viene educata alla repressione
dell'aggressività, e per contro educata alla relazione, come fondamento della sua vita, come
occupazione fondamentale, prima da moglie, poi da madre. La sua vita, è stato già deciso dalle attese
sociali, sarà caratterizzata dalla dedizione totale a qualcuno. Questi sono i modelli che si ripetono di generazione in generazione, che tramandati da madre in figlia
mantengono salda questo tipo di "educazione sentimentale".
È importante quindi per la donna liberarsi innanzitutto dallo stereotipo che la virtù principale di una
donna sia la lealtà nei confronti dell'uomo, l'abnegazione di sé, la sottomissione e la pazienza poiché
l'autonomia e l'affermazione di sé sembrano essere le virtù riservate ai maschi. Ciò che rende un individuo nel senso letterale del termine, cioè "essere non -diviso" è, come
ricordavo sopra, a proposito della valorizzazione come espressione delle proprie capacità, la
costruzione di un'identità propria e autonoma. Dott.ssa Patrizia Costante
(articolo tratto da www.psicologiadonna.altervista.org)


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Si tiene a precisare che questa non è una pagina femminista, ne estremista: si limita a sostenere la causa della violenza psicologica sulle donne in particolare, in quanto è stata creata e viene gestita da due donne che lottano tutt'oggi contro le loro storie nel tunnel della manipolazione.

Dottoressa Psicologa e Criminologa forense. Dottoressa Bruzzone: "Oggi, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della...
25/11/2025

Dottoressa Psicologa e Criminologa forense. Dottoressa Bruzzone:

"Oggi, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne

Oggi celebriamo (si fa per dire) la giornata internazionale dedicata al contrasto alla violenza di genere.
E dico si fa per dire perché, nonostante i riflettori accesi, la situazione nel nostro Paese rimane drammaticamente critica.
Le radici patriarcali, culturali, valoriali ed educative continuano a essere profondissime, radicate come cemento armato nel nostro tessuto sociale. Non solo non stanno tramontando, stanno resistendo con una forza inquietante.

Ogni giorno nel nostro Paese assistiamo a una conta dell’orrore che non accenna a fermarsi.
Ogni giorno migliaia di donne vengono picchiate, umiliate, minacciate, perseguitate, stuprate e, nei casi più gravi, uccise.
E ogni giorno ci ostiniamo a guardare altrove, a parlare d’altro, come se questa fosse solo una tragedia collaterale della nostra modernità.
Non lo è.
È una vera e propria emergenza strutturale.

I DATI ISTAT: LA REALTÀ CHE NON SI PUÒ PIÙ IGNORARE

E l’ultima indagine ISTAT lo chiarisce con una crudezza che non lascia spazio a interpretazioni:
• 6 milioni e 400mila donne (31,9%) tra 16 e 75 anni hanno subito almeno una violenza fisica o sessuale nella loro vita.
• Il 18,8% ha subito violenze fisiche; il 23,4% violenze sessuali.
• Il 5,7% ha subìto stupri o tentati stupri: quasi una donna su venti.
• Il 26,5% delle donne ha subito violenza da uomini conosciuti (parenti, amici, colleghi, conoscenti o sconosciuti).
• All’interno della coppia, il 12,6% delle donne è vittima di violenza fisica o sessuale.
• Dai partner si subisce anche violenza psicologica (17,9%) ed economica (6,6%).
• Gli ex partner sono responsabili delle forme più gravi: il 18,9% delle donne con un ex ha subìto violenze fisiche o sessuali da lui.
• Le giovani 16-24 anni registrano aumenti significativi delle violenze subite.
• Le molestie fisiche sessuali colpiscono il 19,2% delle donne; gli stupri e tentati stupri il 3,5%, pari a oltre 705.000 donne.
• Tra le donne attualmente in coppia, 323.530 vivono maltrattamenti fisici e 146.271 violenze sessuali.
• Il 45,9% delle donne lascia un partner violento proprio a causa delle violenze.
• Lo stalking colpisce il 14,7% da ex partner e il 9% da altri uomini.
• Solo il 10,5% delle vittime denuncia.
Ecco il dato più agghiacciante: gli stupri sono commessi prevalentemente da partner ed ex partner.

Questa è la realtà.
Questa è l’Italia oggi.

IL NODO CENTRALE: L’EDUCAZIONE PATRIARCALE

Il vero fulcro, quello che continuiamo ostinatamente a ignorare, è uno solo:
l’impianto culturale, valoriale ed educativo del nostro Paese continua a essere radicalmente patriarcale.

Un modello che pone al centro l’uomo come soggetto dominante
e relega la donna al ruolo di soggetto subordinato, sacrificabile, controllabile.
Questo è il terreno di coltura in cui nasce la violenza di genere.
È qui che inizia la spirale, nella normalizzazione del possesso, del controllo, dello svalutare tutto ciò che è femminile.

E INTANTO… FIACCOLATE, PANCHINE ROSSE, DICHIARAZIONI DI RITO…

Continuiamo a parlare, a fare fiaccolate, a inaugurare panchine rosse, a riempire le piazze di slogan.
Bene.
Ma non basta.
Non basterà mai se continuiamo a ignorare l’unico vero pilastro capace di cambiare il destino delle prossime generazioni ossia
LA PREVENZIONE.

L’EDUCAZIONE.
LA COSTRUZIONE DI MODELLI DI GENERE E DI RELAZIONE ALTERNATIVI.

Non ci salverà una panchina dipinta.
Ci salverà l’educazione, la competenza, la responsabilità degli adulti, dei genitori, della scuola, delle istituzioni.
Ci salverà la capacità di insegnare ai nostri figli ciò che questo Paese non ha mai veramente imparato ossia
che l’amore non è possesso,
che il rifiuto o la fine di una relazione non è un affronto da lavare con il sangue,
che la libertà femminile non è una minaccia,
che la donna non è un’estensione emotiva del partner,
che la parità non è negoziabile.

Oggi più che mai, lo ripeto con forza:

Abbiamo ancora un lavoro immenso da fare.
E ogni giorno perso è un altro giorno di sangue."

FONTE: DOTTORESSA R. BRUZZONE! .

25/11/2025

Ogni giorno è quello giusto per fermare la violenza.

Il 1522 è sempre al tuo fianco. Chiamaci o scrivici in chat.

25/11/2025

25 Novembre-Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

25/11/2025

🔍️IDENTIKIT DELLA VIOLENZA SULLE DONNE: I DATI DELL'ISTAT

Una donna su tre in Italia ha subito violenza: in totale sono circa 6,4 milioni le vittime, il 18% ha subito violenze fisiche, il 23% sessuali, il 5% tentati stupri. Roccella: è una vera emergenza globale

Solo a scorrerli con gli occhi danno l’impressione di quanto sia ormai una «vera e propria emergenza», tanto per usare le parole con cui la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Eugenia Roccella ha aperto la Conferenza internazionale sul femminicidio stamane a Roma.
Una donna su tre, infatti, nel nostro Paese ha subito almeno una volta una qualche forma di violenza, la metà dal proprio partner.
●Sono insomma circa 6 milioni e 400mila (il 31,9%) le donne italiane dai 16 ai 75 anni di età che hanno vissuto la terribile esperienza di una violenza fisica o sessuale nel corso della vita (a partire dai 16 anni di età).
●Il 18,8 ha subìto violenze fisiche e il 23,4% violenze sessuali; tra queste ultime, a subire stupri o tentati stupri sono il 5,7% delle donne.

Il nuovo report dell’Istat
“La violenza contro le donne, dentro e fuori la famiglia – Primi risultati 2025” (la versione completa uscirà nel 2026 con l’aggiunta dei dati sulle donne straniere) presentato oggi da una serie di conferme come il fatto – sottolinea il presidente dell’istituto di statistica Francesco Maria Chelli – che
🗣«la maggior parte delle violenze avviene all’interno della sfera affettiva, visto che il 26,5% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale da parenti, amici, colleghi, conoscenti».

di Alessia Guerrieri

L'approfondimento di Alessia Guerrieri: https://buff.ly/wyOx8zu

24/11/2025

“Una panchina rossa per ricordare, riflettere, cambiare” questo è il titolo dell’iniziativa promossa dalla Commissione Pari Opportunità e non discriminazione del Comune di Crispiano in occasione del 25 novembre.
L'iniziativa avrà inizio alle h. 16 dalla villa Falcone-Borsellino, per poi raggiungere a piedi, assieme, fino alls piazza Madonna della Neve, dove è presente la panchina rossa.

Ci saranno letture di testi, brani musicali (con la collaborazione dell’Accademia Puccini e di Spazio Teatro APS di Statte) e riflessioni di cittadini e associazioni e l'intervento della coordinatrice del nostro Centro Antiviolenza, Paola Cellamare.
Insieme, contro la violenza.

10/11/2025

VIOLENZA SULLE DONNE SULLE DONNE, LA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE:
VITTIMA CREDIBILE ANCHE SE RITRATTA LA DENUNCIA.

La donna vittima di violenza domestica deve essere considerata credibile, anche se ritratta le accuse nei confronti del maltrattante e torna nella relazione con l’autore degli abusi, poichè tali comportamenti rientrano nel cosiddetto “ciclo della violenza” che gli operatori sono tenuti a conoscere.

E’ quanto sancisce, in sostanza, la nuova PRONUNCIA della CORTE di CASSAZIONE, DATATA 11 SETTEMBRE 2025, che ha rigettato il ricorso presentato da un uomo, contro la condanna del tribunale di Avellino confermata dalla corte di appello di Napoli, per il delitto di maltrattamenti ai danni della convivente. Ricorso basato sulla non credibilità della persona offesa e sui suoi presunti comportamenti contraddittori: messaggi affettuosi, tentativi di riavvicinamento, ritardi nella denuncia. Argomentazioni «inammissibili e non fondate», secondo i giudici della sesta sezione penale della Cassazione – presidente Massimo Ricciarelli, relatrice Paola Di Nicola Travaglini, consigliera estensora – alla luce della giurisprudenza sui reati di maltrattamenti in famiglia e violenza di genere, che riconosce il ciclo della violenza nelle relazioni e la violenza psicologica.

La pronuncia della Corte
🖊«L’apparato argomentativo delle sentenze di merito ha in sostanza ritenuto – scrive la Cassazione – che il riavvicinamento della persona offesa all’imputato nonostante le gravi violenze subite e il lungo tempo di reazione rispetto alla denuncia, non avessero inciso affatto sulla sua credibilità, ma, al contrario, fossero espressivi di canoni consolidati traducibili in massime di esperienza… fondate sulle evidenze dell’ampia casistica giurisprudenziale, circa i comportamenti tenuti dalle persone offese di reati commessi in contesti di coppia rappresentative del ciclo della violenza».
Modello , quest’ultimo, da decenni oggetto di studi a livello nazionale ed internazionale e che 🖊«aiuta a comprendere come e perché si sviluppano e si ripetono le dinamiche abusive nelle relazioni intime».

Il “ciclo della violenza”
Le condotte riferite dalla persona offesa, con le sue paure e i suoi ripensamenti, danno puntuale conto del CICLO DELLA VIOLENZA della violenza, RICONOSCIUTO IN GIURISPRUDENZA e NELLA LETTERATURA SCIENTIFICA, SCRIVONO I MAGISTRATI.
CICLO CHE SI COMPONE di TRE FASI.
La PRIMA è la FASE della tensione, in cui l’uomo mostra irritabilità, ostilità e freddezza; assume comportamenti volti a colpevolizzare, umiliare e sminuire l’identità la compagna; impone divieti rispetto alla sua vita sociale. In questo momento la donna – già vittima di violenza psicologica – cerca di evitare l’escalation della violenza, accontentando il partner e isolandosi. Nella SECONDA FASE, quella dell’esplosione, la violenza diventa fisica: si tratta del momento più pericoloso per la vita della donna.
Poi c’è la FASE DELLA LUNA DI MIELE, che coincide con il pentimento e le rassicurazioni da parte del maltrattante, il quale convince la vittima a tornare nella relazione.

Dipendenza e vulnerabilità
Il ciclo della violenza tende a ripetersi nel tempo,
🖊«in una spirale strutturata che spiega perché molte vittime di violenza domestica ritornano nella relazione maltrattante, ritrattano le accuse e non sono più in grado di uscirne, sempre più immobilizzate da paura, isolamento e dipendenza (soprattutto economica), acquisendo una condizione di particolare vulnerabilità», spiegano i giudici.

Numerosi organismi internazionali come l’Onu – Organizzazione nazioni unite -, l’Oms – Organizzazione mondiale della sanità, il Cedaw – Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne – il Consiglio d’Europa, il Grevio (gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, per la valutazione dell’effettiva applicazione della Convenzione di Istanbul) riconoscono la struttura ciclica della violenza domestica e la necessità di valutarne le specifiche dinamiche psicologiche nella risposta giudiziaria e nella protezione delle vittime. Dal punto di vista normativo, le stesse fonti sovranazionali tengono conto del ciclo della violenza e della vulnerabilità della vittima.

Attendibilità della vittima
La testimonianza della vittima è valida e utilizzabile anche senza riscontri esterni, purché il giudice ne faccia un vaglio approfondito. Al pari di qualsiasi altra testimonianza, sottolinea la Cassazione, la dichiarazione della persona offesa è assistita dalla presunzione di attendibilità, come previsto dal codice di procedura penale e comunque l’attendibilità intrinseca del racconto e la sua credibilità costituiscono questioni di merito non censurabili in sede di legittimità, se non a fronte di manifeste contraddizioni. Come già spiegato, inoltre, i momenti di riavvicinamento della donna all’imputato non minano la credibilità della vittima. Sono fenomeni coerenti con il ciclo della violenza, spesso frutto di manipolazione, paura o dipendenza affettiva. La vittima era incinta e l’uomo minacciava di toglierle il figlio.

Ritardo nella denuncia
Il fatto che la persona offesa non abbia denunciato nell’immediato le condotte maltrattanti deve essere inquadrata e contestualizzata nel tipo di relazione in cui gli abusi si sono consumati, spiegano i giudici e, soprattutto, nel momento preciso del ciclo della violenza. La Cassazione ricorda che il reato di maltrattamenti è procedibile d’ufficio: ciò significa che il momento della denuncia è rimesso alla scelta della vittima e non può ritorcersi contro di lei.

Le motivazioni che inducono la persona, vittima di violenza domestica, a denunciare in un determinato momento e non in un altro, sono le più varie, sono valutazioni personali e soggettive e non possono mettere in dubbio di per sé la credibilità della donna. Sono decisioni legate, ad esempio, alla paura, al timore di ripercussioni, alla speranza che la situazione possa migliorare, a un tentativo di evitare la rottura, visto il legame affettivo che lega la vittima di violenza domestica al maltrattante.

Violenza psicologica
La Corte ribadisce che la violenza domestica comprende non solo atti fisici, ma anche violenza psicologica, forma autonoma a cui spesso seguono altre forme di abuso, come definito dalla Convenzione di Istanbul e dalla giurisprudenza europea. Le doglianze del ricorrente – prosegue la Corte – mirano a ribaltare l’accertamento penale, spostando l’attenzione dalla condotta dell’imputato ai comportamenti della vittima. L’uomo si è infatti soffermato solo sulla violenza fisica, ignorando le altre forme di violenza, soprattutto quella psicologica.

La Cassazione, respingendo il ricorso, ritiene dunque la testimonianza della vittima coerente e credibile; le condotte e il ritardo nella denuncia spiegabili alla luce del ciclo della violenza; corretta la valutazione dei giudici di merito in linea con il diritto interno e internazionale.

6 Novembre 2025 Livia Zancaner


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10/11/2025

UNA RECENTE ED IMPORTANTISSIMA SENTENZA SULLA VIOLENZA DOMESTICA

La recentissima sentenza della Corte di Cassazione, Sezione VI penale, la n. 35667, depositata il 31.10.25, con relatrice Paola Di Nicola Travaglini, è degna di nota, perché innova il panorama delle sentenze in tema di violenza domestica. Difatti tale pronuncia giudiziaria è per la prima volta riconducibile alla attestazione di come tale genere di violenza sia a carattere ciclico, mutuando questa tesi dal patrimonio della psicologia e della sociologia. Puntare su l’individuazione nella violenza domestica di un ciclo di comportamenti tipicamente a tre fasi-tensione, episodica esplosione, riconciliazione-costituisce il pilastro su cui si basa tale sentenza, conseguentemente innovativa.

Riportiamo ora alcuni suoi passi: “Il ragionamento del Tribunale di Avellino inquadra non illogicamente – ed anzi in coerenza con un dato esperienziale – i comportamenti di V. all’interno di una tipica modalità manipolatoria e ciclica della violenza nelle relazioni intime, in cui i maltrattamenti dell’autore, soprattutto psicologici (disprezzo, umiliazioni, denigrazioni, ricatti morali rispetto alla sottrazione del figlio appena nato, richiami costanti all’inadeguatezza della donna in quanto donna), seguiti da violenze fisiche, idonee a porre in pericolo la vita del nascituro, erano state tali da culminare nella rottura della relazione, ma anche in successive richieste di perdono di G., capaci di confondere la vittima e porla nell’illusoria aspettativa del cambiamento, accettando la ripresa della convivenza, sino a riprendere con maggiore crudeltà nel periodo successivo”.

Nel prosieguo, “Nel caso in esame, l’affidabilità della massima di esperienza costituita dalla modalità ciclica, con precise fasi, della violenza nelle relazioni strette, anche con riferimento alle dinamiche relazionali che in quell’ambito si sviluppano, è legata non solo all’ampia casistica giudiziaria circa i comportamenti ricorrenti degli autori e delle vittime in questi reati, ma anche alla loro progressiva acquisizione da parte sia di organismi internazionali accreditati sia, infine, delle stesse fonti sovranazionali)”.

Ulteriormente: “Le condotte riferite dalla persona offesa, con le sue paure e i suoi ripensamenti, danno puntuale conto del c.d. ciclo della violenza ovverosia un modello tipico di crescita esponenziale della modalità maltrattante nei contesti affettivi di coppia che si sviluppa secondo precise fasi, tutte sussistenti nella specie, e correttamente valutate dai Giudici di merito proprio in questa chiave”.

Una sentenza come questa diventa conseguentemente apripista per future pronunce in tema di maltrattamenti familiari. Laddove prima era possibile ritenere e giudicare la loro vittima inattendibile perchè, ad esempio, avesse ritirato la denuncia, vedrà tale scelta valutarsi non aprioristicamente, ma sulla base del riscontro dei comportamenti del maltrattante nella loro ciclicità. Si aprono, quindi, speranze nuove per le vittime di violenza domestica, alla costante ricerca di giustizia e verità nelle aule giudiziarie italiane.

07/11/2025

Il trauma più silenzioso e profondo dell’infanzia non sempre deriva da ciò che è accaduto, ma da ciò che è mancato. Non è solo la violenza o l’abbandono a ferire, ma l’assenza di protezione, di uno sguardo che rassicura, di una presenza che dice: “ci sono, sei al sicuro”.

Quando un bambino cresce senza quella base sicura, senza qualcuno che lo contenga nei momenti difficili, si sviluppa un senso di solitudine interiore difficile da nominare. Non c’è un evento preciso a cui risalire, solo un vuoto emotivo che continua a fare rumore dentro.

Questa mancanza si manifesta spesso come difficoltà a fidarsi, bisogno di controllo, paura dell’intimità o dell’abbandono. Perché se nessuno è venuto a proteggerti quando eri vulnerabile, impari a cavartela da solo… ma a caro prezzo.

Ricostruire quel senso di sicurezza, da adulti, è possibile. Ma parte dal riconoscere che ciò che non è accaduto può lasciare ferite profonde quanto ciò che è accaduto.

07/11/2025

IL MANIFESTO SUI DOVERI DELLE SPOSE….

Correva l’anno 1867.

L’allora deputato delle donne, come era definito, Salvatore Morelli, chiese ai suoi colleghi deputati: “Signori ma voi tenete la donna per cosa o per persona?”.

Quale fu la risposta è semplice immaginarlo… “Dio ha creato prima l’uomo e poi, dalla costola di Adamo, aveva creato la donna. Quindi il compito della donna poteva essere solo quello di procreare e di essere l’angelo del focolare.”

Salvatore Morelli combatteva contro i mulini a vento, contro un pensiero arcaico e vetusto che fondava le sue radici nella notte dei tempi, da quando la donna aveva assunto il ruolo di indifesa creatura in cerca di sostegno e protezione.

Ma la storia ci insegna ben altro, ci regala molti esempi di donne forti e capaci che hanno saputo dimostrare il loro valore in tutti i campi.

A consolidare, in quel tempo, il ruolo di secondo piano delle donne contribuì anche un manifesto ecclesiastico del 1895 che riassumeva in poche drammatiche righe la funzione che la donna aveva all’interno della famiglia.

Il dovere della sposa era di…

• Voler bene al marito

• Rispettarlo come capo

• Obbidirlo come nostro superiore

• Assisterlo con premura

• Ammonirlo con reverenza

• Rispondergli con grande mansuetudine

• Tacere quando è alterato

• Pregare per esso il signore

• Sopportare i difetti

• Schivare la familiarità con altri uomini

• Non consumare la roba in vanità

• Essere sottomessa alla madre dei mariti ed ai suoi vecchi

• Umile e paziente con le cognate

• Prudente con quelli della famiglia

• Amante della casa

• Riservata nei discorsi

• Osservatrice dei doveri religiosi.

All’uomo i diritti alla donna i doveri….

Ma il Morelli non ci stava.

Si batté a lungo per le donne, contro l’arcaica mentalità dei suoi colleghi.

Nel 1875 presentò, con un apposito disegno di legge, la richiesta del diritto di voto per le donne. Questa, e molte altre richieste, non vennero prese in considerazione.

Finalmente nel 1877 il Parlamento italiano approvò il suo progetto di legge, “legge Morelli n. 4176 del 9 dicembre 1877”, per riconoscere alle donne il diritto di essere testimoni negli atti normati dal Codice civile, come i testamenti, importante progresso per i risvolti economici e per l’affermazione del principio di capacità giuridica delle donne.

Grazie al suo impegno, le ragazze furono ammesse a frequentare i primi due anni del Ginnasio.

Morì in miseria nel 1880, lasciando all’Italia delle donne una piccola grande eredità, l’inizio di un lungo percorso per l’universo femminile verso il riconoscimento di diritti basilari che per noi oggi sono scontati.

L’oscurantismo del periodo fascista che voleva nuovamente la donna chiusa dentro casa, rallentò ulteriormente quel percorso verso la piena libertà delle donne.

Ricordiamo alcune delle tappe più importanti chi ci hanno concesso libertà sacrosante e il pieno riconoscimento di alcuni diritti che purtroppo ancora oggi vengono da alcuni messi in discussione:

1970 legge 898: legge Fortuna Baslini sul divorzio

1973: proposta di legge sull’aborto presentata da Loris Fortuna

1975 Nuovo Diritto di Famiglia

1975 legge 405 -29 luglio: la pillola viene pagata dalla mutua

1978 legge 22 maggio n.104: viene approvato l’aborto

1982 abolizione degli articoli 544 e 587, rispettivamente sul matrimonio riparatore e sul delitto per cause d’onore.

I tempi sono cambiati, lentamente, la società si é evoluta, ma nonostante questo stereotipi e pregiudizi non sono del tutto scomparsi…anzi, ultimamente sono prepotentemente ritornati con un’ondata di pensiero medioevale, propria di una certa politica che sfoggia rosari durante i comizi per raccogliere voti.

Sembra passato tantissimo tempo da quel giorno del 1867 quando il Morelli si batteva per le donne. Eppure, per certi versi, siamo ancora a combattere, contro la retorica di chi ci vuole prima moglie e madri e poi donne.

Il medioevo è sempre in agguato, per dire la sua su vecchi e nuovi temi, per una nuova caccia alle streghe, e ha il volto della diseguaglianza….

Articolo di Rosella Reali

07/11/2025

Alcune forme di cattiveria gratuita nel rapporto:

“ Sei grassa! (magra, br**ta, ecc..)”

“ Scusatela, mia moglie è una deficiente!”

- "Ti tolgo i figli!"

“ Sbagli sempre tutto! Non ne fai una giusta!”

“ Ma come non ti ricordi! Me l’hai detto proprio tu!”

“ Non me l’hai mai detto! Te lo sarai immaginato!”

“ Le tue amiche sono insignificanti, proprio come te!”

“ Se ti lascio rimarrai sola per tutta la vita!”

“ Tu non sei nessuno!”



Tratto da una storia vera!! Non fatevi maltrattare! Non cambieranno MAI,peggiorano col tempo se non si è consapevoli di ...
07/11/2025

Tratto da una storia vera!! Non fatevi maltrattare! Non cambieranno MAI,peggiorano col tempo se non si è consapevoli di disturbi ossessivi/possessivi!

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