Michele Carelli Photography

Michele Carelli Photography Uno spazio creativo dove fotografia, arte, musica, libri e AI si incontrano. Ogni scatto nasce da ciò che mi ispira e mi emoziona.
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Qui condivido visioni, passioni e storie che parlano con la luce.

Questo grido silenzioso è dedicato a te che leggi, a te che forse proprio in questo momento senti il peso schiacciante d...
17/08/2025

Questo grido silenzioso è dedicato a te che leggi, a te che forse proprio in questo momento senti il peso schiacciante del mondo sulle spalle. È per te che sei intrappolato nella gabbia invisibile del tuo dolore, come un uc***lo dalle ali spezzate che non riesce più a volare. È per te che ogni mattina apri gli occhi sperando che il buio della notte abbia portato via i tuoi demoni, ma li ritrovi lì, fedeli compagni della tua sofferenza.

Sei tu che non riesci più a vedere nemmeno un barlume di luce oltre le nubi nere che avvolgono la tua anima? Sei tu che ti senti fragile come un vetro incrinato, pronto a frantumarsi al primo soffio di vento? Sei tu che l'ansia divora dall'interno, come un fuoco che consuma tutto ciò che tocca, lasciando solo cenere e vuoto?

Lo so. So cosa significa quando il respiro si fa corto e il mondo sembra collassare su di te. So cosa vuol dire quando la paura ti paralizza e ogni passo avanti sembra impossibile. So cosa provi quando ti senti come se stessi annegando mentre tutti intorno a te respirano normalmente.

Ma ascolta queste parole con il cuore che sanguina: tutto quello che ora ti inchioda al suolo, tutto quello che ti sussurra che non ce la farai mai, non avrà l'ultima parola sulla tua storia.

Tutti, inevitabilmente, prima o poi ci ritroviamo su quella barca maledetta nel mezzo della tempesta più violenta che possiamo immaginare. Le onde si alzano come montagne liquide pronte a inghiottirci, il vento ulula come un demone inferocito, e noi... noi siamo lì, soli, così terribilmente soli.

Gli apostoli, almeno loro avevano la benedizione della compagnia nel terrore. Ma tu? Tu spesso ti ritrovi solo su quella barca, circondato dall'oscurità più profonda che abbia mai avvolto un'anima umana. Le tempeste della vita ti attanagliano con artigli affilati - la perdita, il tradimento, la malattia, la solitudine che rode dentro come un cancro dell'anima. E lì, in quel buio che sembra eterno, ti senti completamente perduto, disperato, convinto che non esista salvezza per te.

Il vento della disperazione ti sferza il volto, le onde della paura si infrangono sul tuo petto, e tu gridi nel vuoto, ma sembra che nessuno possa sentirti. È in questi momenti che il male sussurra le sue menzogne più crudeli: "Sei solo. Nessuno ti ama. Non vali nulla. È finita per te."

Ma poi, proprio quando tutto sembra perduto, proprio quando le ultime forze stanno per abbandonarti, ecco che nell'oscurità più f***a qualcosa si muove. Una figura che cammina sull'impossibile, che danza sulle onde che dovrebbero distruggerla.

Come gli apostoli, forse anche tu all'inizio pensi di star impazzendo. "È un fantasma", sussurra la tua mente torturata. "È solo un'allucinazione della mia disperazione." Ma quella voce che taglia l'uragano della tua anima è reale, potente, piena di un amore che trasfigura tutto:

"Coraggio, sono io, non abbiate paura!"

E tu, come Pietro nel racconto, con voce tremula e piena di speranza disperata, gridi nella tempesta: "Signore, sei davvero tu? Se sei tu, fammi camminare anch'io su questo inferno di onde che mi sta uccidendo!"

E quella voce, dolce come una carezza e forte come una montagna, ti risponde: "Vieni."

Un singolo passo. Questo è tutto quello che devi fare. Un passo fuori dalla barca della tua disperazione. E miracolo dei miracoli - i tuoi piedi, che credevi destinati solo ad affondare, toccano la superficie dell'impossibile e non sprofondano.

Stai camminando. Stai effettivamente camminando su tutto ciò che ti terrorizzava. Il dolore che sembrava un oceano infinito ora è sotto i tuoi piedi. L'ansia che ti divorava dall'interno ora non può toccarti. Stai attraversando la tua tempesta, passo dopo passo, respiro dopo respiro.

Quando la Paura Riprende il Sopravvento
Ma poi succede quello che succede a tutti noi: la paura ancestrale si risveglia. I tuoi occhi si spostano dalle onde sotto i tuoi piedi alla furia della tempesta intorno a te. "È troppo forte," sussurri. "È troppo per me. Non ce la farò mai."

E in quell'istante di dubbio, inizi ad affondare.

L'acqua gelida della disperazione ti avvolge, ti trascina giù verso gli abissi dell'anima. È qui che molti si arrendono, qui che molti smettono di lottare. Ma tu, anche mentre affondi, anche mentre senti che tutto è perduto, hai ancora una possibilità.

"Signore, salvami! Tirami fuori da questo inferno!"

Questo grido, strappato dalle viscere della tua disperazione, è la cosa più potente che tu possa fare. Non importa quanto poco credi, non importa quanto ti senti perduto. Quel grido lacera il velo dell'oscurità.

E quella mano... quella mano che si tende verso di te nell'abisso, forte e sicura, ti afferra. Ti tira fuori dalle acque della morte. Ti riporta alla superficie, ti fa respirare di nuovo.

Il segreto che può cambiare tutto è questo: quando tieni gli occhi fissi sulla Luce, quando guardi dritto nel volto dell'Amore che ti chiama, puoi attraversare qualsiasi cosa. Qualsiasi dolore, qualsiasi perdita, qualsiasi tempesta che la vita ti scaglia contro.

Ma quando distogli lo sguardo, quando ti lasci ipnotizzare dalle onde della paura, dalle voci del male che ti sussurrano che non vali nulla, allora affondi.

Per Te Che Hai l'Acqua alla Gola
So che forse proprio ora senti l'acqua alla gola. So che forse le parole sembrano vuote quando il dolore è così reale da toglierti il respiro. Non ci sono filosofie che possano cancellare il tuo dolore, non ci sono ragionamenti che possano fermare il sanguinamento della tua anima.

Ma c'è qualcosa che puoi fare, anche se non ci credi fino in fondo: puoi gridare. Puoi alzare la voce dall'abisso della tua disperazione e urlare: "Salvami! Tirami fuori da qui!"

E quella mano che si è tesa per Pietro duemila anni fa, si tenderà anche per te. Ti afferrerà quando tutto sembra perduto. Ti tirerà fuori dalle acque che sembravano destinate a inghiottirti.

Non sei solo nella tempesta. Non sei abbandonato nell'oscurità. C'è Qualcuno che cammina sulle tue paure più profonde, che può trasformare il tuo dolore più lancinante in un ponte verso la libertà.

Tieni gli occhi fissi sulla Luce. Anche se tutto crolla, anche se tutto fa male, tieni gli occhi su quella Luce. Lei non ti abbandonerà mai.

Finalmente il mio primo giorno di mare! Tutto ok, nessun intoppo 😎🌊🦈😄 Ps. In questo scatto non è stato maltrattato nessu...
14/08/2025

Finalmente il mio primo giorno di mare! Tutto ok, nessun intoppo 😎🌊🦈😄

Ps. In questo scatto non è stato maltrattato nessun animale: è stato usato solo un po’ di Gaviscon per il reflusso dello squalo.

Anche oggi siamo pronti per affrontare la giornata lavorativa😅😅😅💪🏻Alle mie spalle alcuni dei colleghi più simpatici.🤣
13/08/2025

Anche oggi siamo pronti per affrontare la giornata lavorativa😅😅😅💪🏻Alle mie spalle alcuni dei colleghi più simpatici.🤣

08/08/2025

Passeggiando per la pineta di Castel Fusano.

Fotografia e intelligenza artificiale: ormai da uno scatto reale si può creare un intero mondo irreale.Un semplice tronc...
07/08/2025

Fotografia e intelligenza artificiale: ormai da uno scatto reale si può creare un intero mondo irreale.
Un semplice tronco diventa la culla di una storia.
La fantasia ha trovato nuovi strumenti. E non ha più confini.

27/07/2025

Ci sono universi che vivono nell’ombra di una foglia, in attesa che qualcuno li chiami per nome con la luce.

"Il giorno in cui non potei fare più nulla"Quel giorno non mi alzai.Non perché non volessi.Ma perché qualcosa, dentro, s...
24/07/2025

"Il giorno in cui non potei fare più nulla"

Quel giorno non mi alzai.
Non perché non volessi.
Ma perché qualcosa, dentro, si era spento.
Ero inchiodato. Non su un legno visibile… ma dentro.
Ogni pensiero era un peso. Ogni respiro, un tormento.
Avevo le mani libere, sì. Ma non riuscivo a usarle.
I piedi potevano camminare, ma non avevo dove andare.

Era come se la vita mi avesse portato su un monte,
e lì, senza spiegazioni, mi avesse legato al nulla.
A un dolore che non capivo,
a un silenzio che non rispondeva,
a un vuoto che non smetteva.

Mi sembrava di vedere Gesù, in quel momento.
Non il Gesù glorioso delle statue d’oro.
No.
Il Gesù che suda sangue nell’orto.
Il Gesù che grida, tremando, mentre i chiodi gli trafiggono la carne.
Il Gesù che respira a fatica, appeso al legno.
Il Gesù che non fa miracoli.
Il Gesù che non salva nessuno.
Il Gesù che non può fare nulla.

Eppure, stava lì.
Fermo.
Fedele.
Con le mani inchiodate.
Con il fiato corto.
Con gli occhi rivolti verso il cielo…
anche se dal cielo non scendeva niente.

Allora ho capito.

Ci sono giorni in cui non puoi cambiare niente.
Giorni in cui ami, ma non basta.
In cui preghi, ma non arriva risposta.
In cui tutto sembra perduto.
E tu sei lì, come Lui.
A bocca aperta sotto la pioggia.
Sperando che almeno l’acqua ti lavi via il dolore.

È lì che impari l’affidamento.
Non come concetto,
non come catechismo,
ma come ultima possibilità.

“Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito.”

Non perché è tutto bello.
Ma perché non ho altro.
Perché ho finito le forze.
Perché non posso più fare nulla.
E allora ti do tutto. Anche il mio nulla.

Da lì inizia la resurrezione.
Non dopo.
Da lì.

Dalla resa.
Dall’impotenza accolta.
Dal non scappare.
Dal restare sulla croce, anche quando brucia.

Perché se rimani, se resti appeso, se non ti tiri giù…
qualcosa accade.

Forse non subito.
Forse non come volevi.
Ma qualcosa accade.

E il tuo dolore non sarà più solo tuo.
Diventerà seme.
Diventerà luce per chi soffre come te.
Diventerà un racconto da dire un giorno a chi vorrà mollare tutto.
E potrai guardarlo negli occhi e dire:

“Io so cosa vuol dire non potere fare nulla.
Ma ho scoperto che anche lì…
Dio stava con me.”

Oggi voglio parlarvi di questo dipinto.Se vogliamo, i quadri sono un po’ la fotografia dell’epoca:ma a differenza di una...
22/07/2025

Oggi voglio parlarvi di questo dipinto.
Se vogliamo, i quadri sono un po’ la fotografia dell’epoca:
ma a differenza di una foto, un’opera dipinta porta dentro le lacrime non versate, i pensieri taciuti,
le urla senza voce.

Questa tela si intitola “La gioia di Cesare” (Caesar’s Joy)
ed è stata dipinta nel 1879 da Vasily Dmitrievich Polenov.
Ma non lasciatevi ingannare dalla data:
questa scena grida ancora oggi.

Siamo a Roma.
In un angolo dimenticato del potere, tra le mura spesse di un’arena o di una prigione sotterranea,
una donna attende la morte.
Una tigre le ringhia addosso nell’ombra, il respiro caldo e affilato come una condanna.
Intorno, solo pietre, ossa, silenzio.
Sopra di lei, uomini vestiti di rosso e porpora si sporgono per godersi lo spettacolo.
Cesare sorride.

Eppure, non è lui il centro del quadro.
Non sono le sue risate.
Non è la bestia.

È lei.
La giovane donna, vestita di nero, scalza, sola.
Appoggiata al muro con lo sguardo fiero e tremante,
come se dicesse al cielo:
“Ho paura. Ma non rinnegherò ciò in cui credo.”

Quella donna non ha nome, ma ha un’anima che brilla nel buio come brace viva.
Forse è una cristiana.
Forse è una schiava.
O forse è tutte le donne, tutti gli uomini, tutti gli innocenti
che hanno amato la verità più della propria vita.

Polenov la dipinge come un’icona nascosta,
una santa senza aureola,
una martire senza altare,
il volto dell’anima che resiste, anche quando il corpo trema.

E guardateli, lassù.
I potenti, i ricchi, i dominatori del mondo.
Ridono.
Ma è una risata vuota.
Perché il vero potere non è nel sangue che si versa,
ma nel sangue che si offre.

E allora questo quadro diventa una profezia silenziosa,
una denuncia che attraversa i secoli:
contro ogni Cesare, contro ogni circo,
contro ogni folla che si nutre di crudeltà e chiama giustizia ciò che è solo sadismo.

E al centro… resta una donna, fragile e invincibile,
che ci guarda da quel tempo lontano
e ci chiede:
"E tu? Da che parte stai?"

Indirizzo

Ostia Lido
00122

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