12/12/2025
𝐈𝐥 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐚𝐠𝐫𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐢𝐧 𝐀𝐟𝐫𝐢𝐜𝐚 𝐎𝐜𝐜𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐚𝐥𝐞
Da qualche lustro il mondo agricolo in Africa Occidentale ha cominciato a strutturarsi in filiere produttive con lo sviluppo delle Organizzazione Interprofessionali (OI). Tra le altre, quella della soja in Benin, anacardio in Mali, palma da olio in Costa d’Avorio, carne-cuoio-pelle in Niger, karité in Burkina Faso. In quest’ultimo paese, la legge quadro del 2012 ha regolamentato un settore che inizialmente ha visto le OI coprire solamente sei filiere, alle quali era destinato l’aiuto pubblico: cereali, tuberi e fagiolo dall’occhio e poi le colture da reddito (cotone, oleaginose e frutta/legumi).
La legge ha stimolato lo sviluppo delle OI anche nel settore zootecnico. Sono sette e riunite nell’ Associazione del settore animale del Burkina Faso(AFA-BF): allevamento avicolo locale (animali di bassa corte); avicolo moderno (pollo); produzione di carne; di latte; pescicoltura; suinicoltura; apicoltura. Si tratta di organizzazioni di diritto privato costituite volontariamente dagli attori. della filiera specifica.
Rappresentano, quindi, i vari anelli della filiera; almeno due per costituirsi in OI tra quelli della produzione, trasformazione e commercializzazione. La loro legittimità è garantita da un’autorità amministrativa che la riconosce come tale. L’unità di base è una forma associata (5-10 persone normalmente) che si organizza in una sorta di cooperativa prima a livello comunale, quindi provinciale, regionale e nazionale.
L’obiettivo dichiarato delle OI è quello di migliorare la qualità dei prodotti, stimolare la ricerca e la sperimentazione, migliorare il funzionamento del mercato. Alle OI possono aderire tutti gli attori utili allo sviluppo della filiera: istituti di credito, trasportatori, vari prestatori di servizi. Le OI difendono gli interessi degli associati e fa attività di lobbying nei confronti delle istituzioni pubbliche nella ricerca di aiuti e finanziamenti. Non tutte le OI sono uguali.
Ci sono quelle più organizzate e maggiormente consolidate, es. quella della produzione di carne, che ha ricevuto, negli anni, un sostegno pubblico rilevante; oppure quella del latte, nata nel 2001 e fortemente caldeggiata dal Ministero dell’agricoltura, ancora limitata alla produzione e trasformazione di latte vaccino che, comunque, non ha tuttora eliminato l’importazione di latte in polvere.
Nonostante i numerosi progetti d’appoggio, infatti, concentrati sull’importazione di razze esotiche per gli incroci con razze locali, la produttività rimane bassa: non superai 10lt/giorno/vacca. Tra le difficoltà ci sono l’alimentazione del bestiame e la carenza di mano d’opera e canali commerciali C’è ancora molto da fare, dunque, per migliorare l’efficienza delle OI che, però, stanno ponendo con forza al dibattito nazionale i principali nodi da sciogliere per favorire lo sviluppo della zootecnia nel paese:
1) alimentazione del bestiame: non solo un problema di scarsità ma soprattutto, negli ultimi anni, di costo al produttore;
2) carenza di mano d’opera: sembra un’assurdità, visto da fuori contesto, ma anche il Burkina Faso sta affrontando il problema di fuga dalle campagne dei giovani che, ad un lavoro nell’allevamento in zona rurale, preferiscono la vita in città, di stenti il più delle volte, o provare la fortuna nella ricerca dell’oro con metodi tradizionali, con pochissimi risultati e tanti rischi;
3) canali commerciali: è sempre più difficile per i produttori riuscire a vendere ad un prezzo remuneratore dello sforzo produttivo. Situazione che genera un alto tasso di mortalità delle aziende zootecniche, soprattutto tra le nuove nate.
Articolo scritto da Pierre Yelen
Crediti foto: Rfi