" un PO a tavola "

" un PO a tavola " Questa PAGINA è un percorso "GASTRONOMICO-FLUVIALE", che mi ha portato dalla sorgente al delta del PO. Di piola in piola, di prelibatezza in prelibatezza!!!

BUONA forchetta & ... coltello !!!!

CERVERE,il paese dei PORRI 😋La Fiera del Porro di Cervere è un appuntamento imperdibile che trasforma il piccolo borgo p...
05/11/2025

CERVERE,
il paese dei PORRI 😋

La Fiera del Porro di Cervere è un appuntamento imperdibile che trasforma il piccolo borgo piemontese in un vivace palcoscenico per uno dei suoi tesori gastronomici. Ogni anno, Cervere, in provincia di Cuneo, si anima per celebrare il suo Porro di Cervere IGP, un ortaggio dalla dolcezza inconfondibile e dalla delicatezza unica. L’edizione n° 46 del 2025 si terrà dall’8 al 23 novembre.

Programma
https://www.fieradelporrocervere.it/

La produzione del “Porro Cervere” è effettuata partendo da un seme, che deriva da una locale selezione massale, tradizionalmente conosciuta e denominata “Cervere” della varietà “porro lungo d’inverno”. Il porro si raccoglie durante il periodo invernale quando scarseggiano gli altri ortaggi. E’ di sapore gradevole ed attraente come aspetto. Dato che può rimanere nel terreno anche durante i mesi freddi, la raccolta viene fatta in modo scalare.
Il porro, piantato in filari distanti fra loro circa un metro, dal mese di settembre in poi, viene rincalzato a mano parecchie volte fino ad avere un prodotto con una parte bianca che raggiunge anche i 60 centimetri di lunghezza. La distanza delle piantine fra di loro è direttamente proporzionale al diametro del fusto che si vuole ottenere. Il porro giunge a maturazione a fine ottobre e può essere raccolto per tutta la stagione invernale, viene generalmente commercializzato in fasci del peso da 4 a 10 kg con la parte verde recisa.

La componente leggermente calcarea dei terreni sabbiosi nelle zone di esondazione del fiume Stura, il clima umido della zona, l’abbondanza delle acque di sorgente per l’irrigazione e le particolari condizioni di luce, costituiscono quell’ecosistema che, unito alle particolari tecniche di coltivazione, fanno del Porro di Cervere un prodotto unico, dal fusto sottile, particolarmente tenero, con un sapore dolce che ha nulla a che fare con l’aglio o la cipolla di cui è parente stretto.
Questo prodotto si presta bene ad essere cucinato nei modi più svariati, utilizzando prevalentemente la parte bianca del fusto.

Zona di produzione
La zona di produzione tipica di questo prodotto è il comune di Cervere.

La storia
Di questa specie non si è riusciti ad identificare la forma selvatica e, di conseguenza, non si hanno notizie certe sulla zona di origine. Da alcuni studiosi è stata ipotizzata un’origine celtica, risalente a 3.000 anni a.C. Il Porro era noto e coltivato nell’antico Egitto, già 2.000 anni prima di Cristo; da come raccontano i geroglifici delle piramidi, il Porro era consumato dagli schiavi addetti alla edificazione delle ciclopiche costruzioni. Attraverso i secoli, la coltivazione del porro passa dalla valle del Nilo all’area greco-romana. Diversi autori antichi citano questa pianta che viene ampiamente descritta da Plinio come “porrum” dei Romani.

Il Porro fa parte di quel ristretto gruppo di piante che, lungo tutto il Medioevo, hanno contribuito a risolvere il problema alimentare durante le ricorrenti carestie e pestilenze che, a quei tempi, infierivano sulle popolazioni. Oggi, il porro è conosciuto, diffuso e coltivato in tutto il Mondo e, in particolare, in Italia, Francia, Belgio, Olanda, Germania, Spagna e nei paesi dell’Est Europa. In Italia, la specie occupa una superficie di circa 1.500 ettari, con una produzione che si aggira sui 300.000 quintali annui.

In Piemonte, il Porro occupa una superficie di circa 200 ettari, con una produzione di 30.000 quintali dei quali il 62% prodotti in Provincia di Cuneo. In questa Provincia, la zona di maggior produzione si trova nel territorio del Comune di Cervere.
A Cervere, la produzione è legata a metodi di coltivazione tramandati di generazione in generazione, che si adattano difficilmente ad ogni tipo di meccanizzazione e, quindi, conserva una forte componente di lavoro manuale che ne ostacola la produzione su larga scala.

Presso questo Comune, viene organizzata ogni anno la Sagra del Porro che prevede incontri di carattere tecnico divulgativo unitamente a manifestazioni di carattere gastronomico dove vengono evidenziate, esaltate e pubblicizzate le particolari virtù organolettiche di questo pregiato ortaggio. Il consorzio per la valorizzazione e la tutela del Porro di Cervere è nato nel novembre del 1996 con il patrocinio della Provincia di Cuneo, la Camera di Commercio ed il comune di Cervere, come associazione di produttori ed operatori economici del settore.

Scopo del consorzio è quello di promuovere azioni di valorizzazione e tutela del prodotto che in passato ha subito una forte contrazione della produzione al punto di rischiare l’estinzione. Per questo motivo, nel primo anno di vita, il Consorzio si è dotato di un marchio “Porro Cervere” e di un regolamento di gestione dello stesso.

Il Consorzio, i Produttori
https://www.porro-cervere.cn.it/

"Amaretti di Valenza"Sono dolci prodotti artigianalmente, secondo un’antica ricetta ideata alla fine del 1800. Sono prod...
04/11/2025

"Amaretti di Valenza"

Sono dolci prodotti artigianalmente, secondo un’antica ricetta ideata alla fine del 1800. Sono prodotti freschi da consumare nell’arco dei tre mesi.
Si differenziano dagli altri amaretti per il tipo di lavorazione. Le mandorle e le armelline sono passate in raffinatrice e, quindi, impastate con l’albume montato a neve (questo per garantire al prodotto una leggerezza e morbidezza che sono la loro principale caratteristica). Dalla montata ottenuta si ricavano manualmente delle piccole noci di prodotto che, una volta sfornate, danno origine ai tipici “Amaretti di Valenza” che, pur avendo le dimensioni classiche, sono di peso molto leggero (circa 8- 10 grammi ciascuno). Dopo che gli amaretti si sono raffreddati, vengono avviluppati manualmente nella caratteristica carta per mantenere più a lungo la morbidezza.
Il tipico incartamento a caramella dei singoli pezzi viene affidato ad un’attrezzatura meccanica, mentre la successiva preparazione di confezioni e scatole avviene in modo manuale.

Gli “Amaretti di Valenza” compaiono nell’Archivio storico del Comune di Valenza (Al) a proposito di un premio che fu loro assegnato nel 1898 all’Esposizione Nazionale di Torino.
Il prezzo di vendita di questi dolci era, in quel periodo, di £ 3 al kg a Valenza e £ 3,5 “franca di porto del Regno”.
È significativo sottolineare l’importanza dell’attestato di partecipazione del prodotto all’Esposizione Campionaria del 1906.
Nel periodo intorno agli anni 1910 – 1920 gli “Amaretti di Valenza” erano regolarmente ordinati dal “Controllo degli Uffici della Real Casa” per il Re e la Sua Corte ed erano molto apprezzati.
Esistono ancora un telegramma e parecchie lettere nelle quali gli “Uffici di bocca” lodavano gli amaretti forniti: “sono stati molto apprezzati per la finezza della lavorazione e per la dose indovinatissima, che ne fanno una specialità veramente gustosa”. (05/09/1911).

La Pasticceria Torti nasce nel 1906 come bar pasticceria producendo l'amaretto "Margherita" così battezzato in onore della Regina Margherita di Savoia, ospite a Valenza in quel periodo.

La ricetta è ancora oggi quella originale. Nel corso degli anni, l’Amaretto di Valenza ha avuto modo di essere apprezzato anche fuori dal territorio nazionale e, oggi, trova estimatori in ogni angolo del mondo, dalla Cina alla Nuova Zelanda, perché riesce a mantenere la sua fragranza e morbidezza anche durante lunghi trasporti.

Gli amaretti di Valenza sono “biscotti da credenza”, ovvero dolci che si possono conservare a lungo nella credenza di cucina, sempre pronti per un rapido e occasionale consumo. Si consumano masticandoli ma soprattutto lasciandoli sciogliere lentamente in bocca. Accompagnano sia un bicchiere di vino passito che uno di vino rosso, e sono l’ideale per accompagnare lo zabajone.

Sono talmente antichi e talmente radicati nel territorio, da essere a loro volta ingredienti fondamentali di alcuni piatti della cucina tradizionale. Li troviamo presenti sbriciolati nel “bunet”, fritti dopo essere stati impanati nel “fritto misto alla piemontese”, oppure, sempre sbriciolati, come ingrediente principale delle “pesche ripiene” e nella “torta monferrina” di mele/pere/zucca e amaretti conosciuta anche come “torta neira”.

Gli amaretti sbriciolati accompagnano gelati, semifreddi, moltissimi dolci e hanno ispirato molti liquori e piatti della tradizione.

Ingredienti
200 grammi di mandorle dolci
50 grammi di mandorle amare (o armelline)
180 grammi di zucchero
4 albumi d’uovo

Preparazione
Sgusciare le mandorle e porle in acqua bollente per un paio di minuti.
Pelarle, farle tostare in forno caldo per dieci minuti, e, dopo avere unito lo zucchero, pestarle bene in un mortaio.
Aggiungere gli albumi e impastare fino ad ottenere un composto omogeneo da cui si ricaveranno piccoli biscotti rotondi.
Porli su una teglia da forno imburrata (o carta da forno), e cuocere a 160 gradi per circa 20 minuti.
Gli amaretti, una volta raffreddati, vanno conservati in ambiente asciutto.

-5 🍏🍎🍏🍎🍏Torna anche quest’anno a Cavour (To) la manifestazione Tuttomele.EccoVi il manifesto dell’iniziativa.“Con grande...
03/11/2025

-5 🍏🍎🍏🍎🍏
Torna anche quest’anno a Cavour (To) la manifestazione Tuttomele.
EccoVi il manifesto dell’iniziativa.

“Con grande entusiasmo presentiamo il manifesto dell’edizione 2025 di Tuttomele, che racchiude in sé l’anima profonda della nostra terra, Cavour, e il valore sempreverde della tradizione. Il manifesto è molto più di un’immagine: è un ponte tra passato e presente, un invito a vivere con tutti i sensi la magia di Cavour e dei suoi frutteti“, le parole del sindaco Sergio Paschetta.

"Quest’anno il tema è “i colori di Cavour, i colori delle mele”: un filo conduttore che unisce la brillantezza del rosso e del giallo delle nostre mele con i colori del nostro stemma comunale. Non è un caso: questi colori simboleggiano la nostra identità e raccontano una storia profonda, che risale all’epoca romana, quando Cavour era un antico municipium.

Mentre le mele, regine indiscusse della manifestazione, sono solo una delle tante eccellenze che potrete scoprire durante la vostra visita. Accanto a loro, troverete i prodotti tipici del nostro territorio - dalla carne ai formaggi, ai dolci tradizionali - che rappresentano l’autenticità della nostra terra e delle nostre tavole".
La storia di Cavour affonda le sue radici nell’epoca romana, quando il borgo si distingueva già come centro strategico e vitale. Lo stemma comunale testimonia ancora oggi questa eredità, portando con fierezza i colori giallo e rosso: gli stessi che ornavano gli stendardi dell’antica Roma e dell’odierna Roma Capitale, con la quale da alcuni anni Tuttomele si lega con il riconoscimento di Fiera Nazionale della Mela.

“Questi colori, simbolo di forza e vitalità, sono il fil rouge che attraversa il manifesto di quest’anno. Non sono solo tinte del passato, ma si ritrovano vivi e luminosi nei frutteti che avvolgono Cavour ogni autunno: il giallo caldo della Golden Delicious, illuminata dal sole, e il rosso intenso della Red Starking, acceso come il fuoco dell’energia. Due varietà che rappresentano l’eccellenza di una produzione agricola curata con passione e rispetto della tradizione –proseguono gli organizzatori- Le mele di Cavour e dei Comuni circostanti sono molto più che semplici frutti: sono vessilli di un’identità collettiva, custodi di una memoria che sa rinnovarsi e valorizzare ogni stagione. Ogni morso racconta una storia fatta di terra, lavoro, dedizione e sapore autentico. Proprio da questo racconto prende vita il nostro manifesto, che invita tutti a lasciarsi avvolgere dall’esperienza multisensoriale che Tuttomele sa offrire“.

Alla manifestazione le mele saranno protagoniste non solo al naturale, ma anche in piatti creativi e sorprendenti: dolci, confetture, antipasti e persino proposte salate preparate con maestria dai cuochi locali.
Programma
https://www.cavour.info/?fbclid=IwY2xjawN1X7tleHRuA2FlbQIxMABicmlkETFHY3J5M0d4aDczTm5TQ0MyAR4PooVFYcia_ykFJYABm1S7-vzEUBiIrqx1pZlRm7B93Xlqw8SkAPcqT6cISw_aem_D25wIsWppIseXFA6C5vplQ

🧄 🐟 🫒 😋 💕La BAGNA CAUDA è molto più di una semplice ricetta: è un rito collettivo, un simbolo di convivialità e apparten...
02/11/2025

🧄 🐟 🫒 😋 💕

La BAGNA CAUDA è molto più di una semplice ricetta: è un rito collettivo, un simbolo di convivialità e appartenenza piemontese. Gli ingredienti sono pochi ma precisi: aglio, acciughe rosse, olio extravergine d’oliva e, a piacere, un tocco di b***o. La lenta cottura trasforma tutto in una crema saporita, servita nel tradizionale fojòt, il piccolo recipiente di terracotta con la fiammella accesa. Le verdure di stagione – cardi, topinambur, verza, patate – si immergono in questa salsa calda, creando un’esperienza sensoriale unica. La bagna cauda si gusta nei mesi freddi, spesso durante la vendemmia o dal Giorno dei Morti in poi.

Parlare di cucina piemontese e pensare alla bagna caôda è un tutt’uno, ma molti non sanno che la famosa salsa ha antenati francesi, più che piemontesi! Sono molte le località che si contendono, infatti, la paternità del famoso piatto, ma i primi documenti che parlano di questo gustoso piatto risalgono al primo medioevo, quando nelle coste della bassa Provenza si preparava l’”anchoiade”; i primi a portarla in Italia, attraverso la famosa via del sale, bisogna riconoscerlo, furono i mercanti astigiani che nell’andare alla ricerca di sale e acciughe alle foci del Rodano, si imbatterono nel piatto e lo importarono in Italia. Comprare le acciughe salate era, d'altra parte, un escamotage utilizzato per portare in Italia il sale senza dover pagare i dazi.

L’antica ricetta provenzale fu poi adattata secondo gli usi, i gusti e soprattutto le risorse reperibili sul territorio. Per molto tempo, e forse per certi versi ancora oggi, la bagna caôda è stata guardata con disgusto dalle classi superiori, a causa della massiccia presenza di aglio – i puristi ne utilizzano una testa a persona – e , presumibilmente per questo motivo, per averne traccia scritta bisogna attendere il 1875, quando il romanziere Roberto Sacchetti la descrive per come la conosciamo oggi. In realtà nel mondo contadino la bagna caôda non è considerato un piatto povero quanto piuttosto un piatto conviviale preparato per celebrare, ad esempio, la fine della vendemmia.

Gli ingredienti necessari sono le acciughe, rigorosamente le rosse di Spagna, almeno tre a testa, l’aglio in misura variabile, da una testa pro capite, come vuole la ricetta monferrina a uno spicchio a persona più uno per la pentola come si usa nelle moderne rivisitazioni, e l’olio. Anche sull’olio c’è parecchio da dibattere, molti sostengono che la vera ricetta dovrebbe contemplare olio di noci e non di oliva perché le coltivazioni di oliva sono liguri e non piemontesi, in realtà molti documenti rilevano la presenza di uliveti fino al XVII secolo, pertanto è ragionevole pensare che l’olio di oliva sia il più adatto alla ricetta. La preparazione della bagna caôda ha regole ben precise che vanno rispettate alla lettera o quasi per non travisare la ricetta degli antichi vignaioli.

Le acciughe vanno dissalate, pulite in acqua e vino, asciugate e diliscate. L’aglio, secondo la tradizione non va bollito nel latte, ma a questa regola si fa spesso eccezione per renderlo più digeribile, e andrebbe solo privato del germoglio, tagliato a fettine sottilissime e lasciato a riposare in una zuppiera di acqua fredda.

Di olio se ne calcola almeno mezzo bicchiere a testa e le verdure devono essere quelle che oggi vengono definite a chilometro zero, proprie del territorio, ma a anche sugli ortaggi si dibatte: i puristi non vorrebbero né sedano né finocchi perché troppo aromatici, ma solo i cardi gobbi di Nizza, o gli spadoni di Chieri, i peperoni quadrilobati di Carmagnola, crudi o arrostiti, topinanbour, cavoli verza barbabietole e cavolfiori eccezion fatta per quello romanesco, per ca**tà, ma la verità è che si può intingere tutto quello che si desidera. C’è anche chi a fine pasto rompe un uovo e lo frigge nell’olio rimasto.

La cottura deve essere breve e a fuoco molto basso, per questo è importante che l’aglio venga tagliato sottile, in modo che si sciolga in poco tempo. Inutile dire che il piatto va accompagnato con un vino rosso, robusto. Il barbera nuovo è quello che consigliano i vignaioli, ma nulla vieta di usare la fantasia e scegliere il preferito tra i nobili vini piemontesi.

Potrete gustarla il 14 e il 15 ed il 28 e il 29 novembre
alla trattoria Bue Rosso
Indirizzo: Via Torino, 3 - Poirino TO
Telefono: 011 945 0283
Prenotatevi!!

la “SUPA dij MORT”La "Supa dij mort" (zuppa dei morti) è una ricetta piemontese, un’antica pietanza contadina tradiziona...
01/11/2025

la “SUPA dij MORT”

La "Supa dij mort" (zuppa dei morti) è una ricetta piemontese, un’antica pietanza contadina tradizionale della commemorazione dei defunti, con diverse varianti locali.

E' diffusa soprattutto nella zona del Canavese e originariamente era preparata con il cavolo di Montalto Dora, paese vicino ad Ivrea. Nelle valli valsusine invece esiste una versione diversa della supa dij mort, che non prevede l'uso né del cavolo né della carne di maiale, bensì dei grissini, un po' come la più nota “supa barbetta” tipica della cucina Valdese.

Era il capodanno agricolo e pastorizio che segnava la fine della vendemmia; Il rientro delle mandrie dai pascoli estivi dei pastori nelle case al riparo dal rigido inverno che stava per arrivare.

In passato era molto più sentito questo periodo dell’anno rispetto a oggi, era il momento per meditare interiormente e di contatto con l’aldilà.

Questo momento veniva celebrato con riti significativi e propiziatori, anche pagani, per la conservazione della fertilità della madre Terra, della salute dell’uomo e del bestiame che doveva affrontare la stagione fredda.

Curiosità.
Il colori obbligatori in questi giorni erano nero, rosso porpora e viola. Quest’ultimo è motivo per cui non vi erano spettacoli teatrali di nessun tipo in quei giorni e ancora oggi non porta bene vestirsi di viola in teatro.

La “Supa dij mort”
ricetta della Signora Sandra Bellone di San Giorio Di Susa
Ingredienti (per 4 persone):
1 cipolla grandezza media;
100 gr. di b***o;
2 cucchiai d’olio;
una cucchiaiata d’erbe dell’orto tritate (rosmarino, timo, salvia, basilico);
2-3 cucchiai di salsa di pomodoro fatta in casa;
500 gr. di grissini;
brodo di gallina o di manzo q.b.,
sale;
una manciata di parmigiano.

Esecuzione
Far soffriggere la cipolla tritata con l’olio e il b***o, aggiungere i gusti dell’orto, il pomodoro, i grissini spezzati grossolanamente e aggiungere il brodo. Cuocere per circa 30 minuti, cospargere di parmigiano e dorare in forno.

La tavola pronta per i morti
Nelle campagne e nelle valli piemontesi in onore dei defunti si usava, oltre recarsi al cimitero a portare fiori sulle lapidi, lasciare nelle case la tavola imbandita di salumi, formaggi, marroni arrosto e la zuppa dei morti, affinché gli spiriti dei defunti potessero rifocillarsi qualora volessero far visita ai propri cari o alle loro “vecchie” dimore.

Era anche usanza al rientro dalla visita al cimitero pasteggiare con ciò trovato sulla tavola imbandita e riscaldarsi con del vin brulè (vino caldo fatto cuocere con zucchero, fiori di garofalo, cannella e bucce di arancia) davanti a un putagè (la classica stufa a legna) o un caminetto.

In conclusione: tutto il mondo è paese
La tradizione della zucche illuminate viveva anche in Piemonte nei secoli passati come promessa di resurrezione e la zucca secca piena di vino precisamente il primo mosto della vendemmia appena conclusa simboleggia la consolazione.

La festa di Halloween, che tanti criticano, non è poi cosi lontano da noi. È infatti una festa di origine Europea, precisamente celtica esportata in America dagli emigranti irlandesi di origine celtica nell'800 tornata in chiave un po’ più commerciale da noi.

Vi auguro un lieto week end e di trascorrere delle buone feste di Santi e Morti.

"FRITTATA di CASTAGNE"  alla piemontese 😋🌰Ecco una ricetta della tradizione piemontese e della sua popolazione alpina, c...
31/10/2025

"FRITTATA di CASTAGNE"
alla piemontese 😋🌰

Ecco una ricetta della tradizione piemontese e della sua popolazione alpina, che utilizza sapientemente le castagne per preparare la più semplice e comune delle portate: la frittata.
Come spesso capita proprio i piatti più poveri, basati su “quel poco che c’era”, riescono a sorprenderci, trasmettendoci combinazioni di sapori inaspettati, come nel caso della frittata di castagne.

Per realizzare la frittata di castagne alla piemontese, infatti, si possono utilizzare le castagne fresche di stagione, ma anche le caldarroste avanzate o le castagne secche ed il risultato sarà comunque squisito e sorprendente. E poi è carino pensare che era il pasto comune dei nostri nonni.

Se utilizziamo le caldarroste, dopo aver eliminato la buccia esterna e le pellicine, le triteremo finemente. Utilizzando le castagne secche potremo realizzare questa ricetta tutto l’anno, ma per prima cosa dovremo far reidratare le castagne lasciandole almeno otto ore a bagno in acqua e dopo le faremo bollire in acqua salata fino a quando diventeranno morbide.

Dosi: per 4 persone
Ingredienti:
20 castagne di stagione
4 uova
1 noce di b***o
1 pizzico di cannella
1 cucchiaio di brandy
sale

Preparazione:
Dopo aver lessato le castagne in acqua salata, sbucciatele e spezzettatele in pezzi molto piccoli eliminando le pellicine.
Sbattete le uova aggiungendo il sale e la cannella.
Unite il tutto aggiungendo il brandy.
Fate sciogliere il b***o in una padella e aggiungete il composto cuocendo opportunamente per ottenere una buona frittata dorata.
Servite a piacere, calda, tiepida o fredda.

La "CISRA' "Ogni anno il 2 novembre si rinnova a Dogliani (Cn) il tradizionale appuntamento con la Fiera dei Santi e la ...
30/10/2025

La "CISRA' "

Ogni anno il 2 novembre si rinnova a Dogliani (Cn) il tradizionale appuntamento con la Fiera dei Santi e la Cisrà, saporita zuppa a base di trippe, ceci e molte verdure autunnali, preparata secondo una ricetta antica (e segreta) tramandata da generazioni.

Domenica 2 novembre 2025 si svolgerà una grande fiera commerciale destinata all'ambulantato, con più di trecento espositori, anima tutte le vie del borgo, dalle h. 8.30 fino ad esaurimento, sotto l'antica Ala Mercatale: distribuzione della Cisrà.
Durante la giornata sono organizzate delle visite guidate alla Chiesa della Confraternita dei Battuti alle ore 10.30 e 15.30 e alla scoperta dei tesori architettonici del centro storico di Dogliani.

Programma & Ristoranti
https://doglianiturismo.com/la-cisra-domenica-2-novembre.../

Ricetta della "CISRA' di DOGLIANI"
Ingredienti :
400 gr di trippa o costine di maiale,
200 gr di CECI di NUCETTO secchi,
200 gr di patate,
400 gr di PORRI di CERVERE,
400 gr di ZUCCA di PIOZZO,
2 gambi di sedano, 1 carota, 1 cipolla bianca, mezzo cavolo verza, sale, pepe nero, rosmarino, olio extravergine di oliva.

Preparazione:
Mettere i ceci in ammollo in acqua tiepida almeno una notte prima della preparazione per ammorbidirli. Far rosolare la cipolla tritata nell’olio d’oliva, aggiungere i porri, le patate, il cavolo, il sedano, la zucca e la carota, il tutto tagliato finemente. Fate soffriggere 10 minuti coperto e mescolando, quindi aggiungere la trippa (o le costine) e i ceci scolati dall’acqua della notte, fate insaporire per qualche minuto a fuoco vivace.
Coprite poi con acqua calda, sale e pepe con il rosmarino tritato finemente, portate ad ebollizione, abbassate la fiamma e lasciate cuocere per almeno tre ore, mescolando di tanto in tanto. Aggiustate di sale e servite, volendo si può aggiungere una spruzzata di parmigiano.

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29/10/2025

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Scopri le pasticcerie storiche di Torino, da Ghigo a Beatrice, tra caffè d’autore, dolci iconici e atmosfere d’altri tempi.

"CREMA di MARRONI" 😋🌰Tutto il sapore dell’autunno in questa crema di marroni, dolce e golosa, adatta a farcire qualsiasi...
28/10/2025

"CREMA di MARRONI" 😋🌰

Tutto il sapore dell’autunno in questa crema di marroni, dolce e golosa, adatta a farcire qualsiasi tipo di dolce: pan di spagna, crostate e crostatine. Così buona che spalmata sulle fette biscottate, al mattino, è semplicemente divina! Preparatela e mettetela sotto vuoto per averla a disposizione tutto l’anno!

Ingredienti:
- 700 g castagne
- 150 g zucchero
- 250 g acqua
- 2 cucchiaini cacao amaro in polvere
- 1 cucchiaio miele

Preparazione:
Lava le castagne e mettile in una pentola capiente con l’acqua. Lasciale bollire per circa 30 minuti, poi scola e lasciale raffreddare completamente.
Sbuccia le castagne con un coltello, eliminando la buccia e la pellicina. Metti dentro ad una ciotola e schiaccia con lo schiacciapatate riducendole polpa.
Metti l’acqua l’acqua e lo zucchero dentro ad una pentola e fai cuocere a fiamma bassa, mescolando fin quando lo zucchero non si sarà sciolto.
Aggiungi la polpa di castagne e lascia cuocere a fiamma bassa per circa 20 minuti, o comunque fino a raggiungere la giusta cremosità. Mescola di continuo con un cucchiaio di legno aggiungi anche il miele e prima che termini la cottura aggiungi il cacao ed un pizzico di cannella in polvere.
Lascia raffreddare e poi frulla ulteriormente con un frullatore ad immersione per rendere il composto ancora più omogeneo e cremoso.

😋😋😋
25/10/2025

😋😋😋

Dalla Atea a quella con salsiccia di Bra e uovo, fino alla bagna cauda servita con brodo di manzo e tajarin: ce n’è per tutti i gusti. Non solo a Torino

"UOVA alla PIEMONTESE"Sono un secondo sostanzioso e nutriente appartenente alla tradizione povera e contadina del Nord I...
25/10/2025

"UOVA alla PIEMONTESE"

Sono un secondo sostanzioso e nutriente appartenente alla tradizione povera e contadina del Nord Italia. Ideali da servire insieme a fette di pane abbrustolito per l'immancabile scarpetta finale, sono perfette da portare in tavola in abbinamento al contorno preferito.

Una pietanza semplice negli ingredienti e nella preparazione ma per nulla banale. Un piatto gustoso di uova in cocotte adagiate in una salsa di pomodoro, peperone e pancetta, che insieme a una fetta di pane diventa un vero e proprio piatto unico.

Ingredienti
4 uova
1 peperone verde grande
1 cipolla
30 g di pancetta a cubetti
200 g di salsa di pomodoro
b***o
olio extravergine di oliva
sale
pepe nero

Per preparare le uova alla piemontese arrostite il peperone intero in forno caldo a 200 °C per 40-45 minuti. Una volta cotto, ritiratelo e lasciatelo intiepidire, quindi spellatelo, privatelo dei semi interni e tagliatelo a pezzetti.
In un tegame scaldate due cucchiai d’olio, lasciatevi appassire la cipolla finemente tritata e quando diventa trasparente aggiungete la pancetta a dadini.
Dopo circa 5 minuti unite la salsa di pomodoro e il peperone a pezzetti. Salate, pepate e fate cuocere su fiamma moderata fino ad addensare.
Preparate quattro tegamini monoporzione da forno, imburrateli, disponetevi un cucchiaio della salsa preparata, sgusciate un uovo in ciascun tegamino e salatene gli albumi. Mettete subito nel forno caldo a 180 °C per 20 minuti.
Sfornateli quando gli albumi si saranno leggermente rappresi e servite.Le

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