VIDEOMarco & Antonella

VIDEOMarco & Antonella LA VIDEOPAGINA DI MARCO E ANTONELLA
VIDEO MUSICALI DI ARTISTI NAZIONALI E INTERNAZIONALI, POESIA

RICORDANDO PIRANDELLO POETAdi Antonella Pederiva Quando muore un poeta, il mondo è sempre un po' più triste, ed è con qu...
10/12/2025

RICORDANDO PIRANDELLO POETA

di Antonella Pederiva

Quando muore un poeta, il mondo è sempre un po' più triste, ed è con questa poesia, appunto, "Triste", che voglio ricordare, oggi 10 dicembre, nell'anniversario del suo passaggio ultraterreno, Luigi Pirandello, perché Pirandello fu scrittore completo, e, sì, anche poeta.
Mal giocondo, Pasqua di Gea, Zampogna, Fuori di chiave, Elegie renane, i titoli dei suoi libri, oscurati dall'immensa altra opera letteraria, dalle novelle e dai drammi teatrali.
Si ritenne, e, probabilmente, si ritiene ancora, che le sue poesie fossero meno degne di considerazione. Non è il mio parere. La sua prima opera poetica, Mal Giocondo, scritta a 22 anni, pubblicata a Palermo dalla Libreria Internazionale Luigi Pedone Lauriel di Carlo Clausen nel 1889, contiene, a mio avviso, già gli ingredienti che lo contraddistingueranno nel suo intero percorso: la contraddizione presente in ognuno di noi, ossimori viventi.

TRISTE dal libro "Mal Giocondo"
di Luigi Pirandello
(Girgenti, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936), Premio Nobel per la letteratura nel 1934.

Bruciai le vecchie carte. Or via, l’alacre a me lotta, e il tumulto de le cose perpetuo. A me l’odio e l’amore, e l’acre morso dei forti affetti, e le focose audacie, e le frementi ansie. Dal petto pieno di sdegno strappo le gravose cure, che m’han sí fieramente stretto: Naufragare or voglio nel vorace mare inquíeto de l’umano affetto. Solo cosí, se dentro il cuor si tace, me ne gli altri oblïando e in quel febrile continuo agitamento senza pace,
la viltà umana non avrò piú a vile.
[...]

Vecchia, che segui presso il davanzale
l’agil volo dei rondini pe ‘l cielo,
ne la perlata luce occidentale,
qual mai pensiero agli occhi tuoi fa velo?
Invidi forse la lieta lor sorte,
or che t’affligge il raro antico pelo?
Ma impennerà le braccia tue la morte,
vecchia, tra breve! E il nido appenderai
de le povere case in su le porte;
e i tuoi garriti non saran che lai…
Sur una canna, allora, insidïosa
io legherò una piuma, e tu verrai,
tu vecchia rondinella vanitosa…
E – Perché, ti dirò, quando per anco
non eri uc***lo, ma vecchia grinzosa,
curva dagli anni, e dal pel rado e bianco,
ti stavi per de l’ore intere intere
a la finestra de la casa a fianco?
A che uccellavi? Al giovin cavaliere,
che per danaro a le vecchie matrone
fa la corte sgobbando a uno scacchiere?
E allora tu piangendo, e con ragione,
mi dirai che era vile il mio sospetto,
e mi dirai che il mondo è mascalzone;
però che tu, fedele a un primo affetto,
amoreggiavi platonicamente
co’l vecchio che ti stava dirimpetto…
Oh come male giudica la gente;
oh come ha messo pancia la coscienza;
come piú non si vive idealmente;

come pare che siamo in decadenza!

[...]
È troppo poco un secolo. Mill’anni,
due, tremil’anni sono troppo pochi.
Voglio viver di piú. Voglio in eterno
far la memoria mia famosa e sacra.
Tardi nepoti dei nepoti miei,
io per voi scrivo, e mi rivolgo a voi.
(Tanto, i presenti badano a tutt’altro,
gente seria, sennata e positiva,
e non sanno che farsene di versi.)
Quegli autori, che scrissero al tempo
dei nei di seta nera e de le bianche
parrucche dal codino saltellante
dietro la nuca, si finsero mai
per avventura posteri conciati
sí come noi? Chi sa! Posteri, certo,
che al difetto d’un candido codino,
con una coda d’asino o di un lupo
furbescamente ascosa entro i calzoni
han supperito, eh via! già ne hanno avuto
ma lo sa Iddio (per modo avverbïale),
tardi nepoti dei nepoti miei,
che sorte mai di coda avrete voi!
Comunque sia, vi prendo con le buone;
e chiudo gli occhi e sogno l’avvenire:
Che posteri per bene! Da per tutto,
ovunque l’occhio volgo, è il libro mio;
in ogni scuola, in ogni biblioteca,
ed in ogni domestico scaffale,
ne le vetrine dei libraj, tra i novi
volumetti dei miei bravi nepoti,
proprio ovunque, perfin nei salumaj.
Su le nuove facciate dei palagi;
giú giú da le grondaje al marciapiedi,
son trascritti i miei versi; e su ogni porta
Mercurio novo, ride ai rispettosi
nepoti la mia imagine adorata.
Abolite le carte da parato,
le pareti domestiche son tante
dei miei volumi squadernate pagine.
Ogni onesto mortale sa a memoria
questo o quel canto, a seconda dei gusti,
e se lo rode seco pienamente.
Per le vie, per le piazze, in su la sera,
odo come un susurro d’alveare,
un basso salmeggiar d’anime buone:
Sono i posteri miei, con sotto il braccio
il mio libro immortal, che, serî, vanno
per la città in riposo recitando,
a un bel chiaro di luna, i versi miei.
Ma ahimé, s’annebbia il sogno!

Che è accaduto?
Mi scampi il cielo! È il finimondo! il fini…
Or che ci penso! e come farò io
quando il sol sarà spento e l’altre stelle,

e non avrò piú posteri né fama?

Foto web: Pirandello da giovane

08/12/2025

SIAMO FATTI PER POCHI

LIRICA

di Antonella Pederiva

E perché poi crucciarsi e soffrire se qualcuno a noi intorno non ci capisce e ci delude? Incontriamo ogni giorno persone con le quali stabiliamo contatti ma non tutte fanno parte del nostro mondo, molte ne resteranno inevitabilmente fuori. Barriere invisibili ci divideranno. Con qualcuno a volte, invece, scatterà un'intesa. Quel sentirsi simili, quel condividere i pensieri, quel condividere i silenzi. Solitudini che si trovano e che si riconoscono. Siamo fatti per pochi e pochi sono fatti per noi. Capiterà di cercarsi, capiterà di trovarsi, capiterà di perdersi. Ma la vita ci offrirà sempre nuovi spunti e nuove opportunità, nuove occasioni e nuove avventure da vivere se non chiuderemo gli occhi, se ci crederemo, se ci avvolgeremo di stupore e di meraviglia, se non perderemo noi stessi e ciò che siamo....(Antonella Pederiva)

Di Thomas Stearns Eliot:
LIRICA
Se tempo e spazio, come i saggi dicono,
sono cose che mai potranno essere,
il sole che non cede al mutamento
non è per nulla superiore a noi.
Così perché, Amore, dovremmo sperare
di vivere un secolo intero?
La farfalla che vive un solo giorno
è già vissuta per l’eternità.

I fiori che ti diedi allorchè la rugiada
tremolava sul tralcio rampicante,
prima che l’ape volasse a suggere
la rosellina di macchia erano già appassiti.
Così affrettiamoci a coglierne ancora
senza tristezza se poi languiranno;
i nostri giorni d’amore sono pochi:
facciamo almeno che siano divini.

Musica del video: "Ask the Mountains" di Vangelis

Sempre grazie allo scrittore Stefano Gargini per questa bellissima recensione al mio libro "La Metamorfosi del Cuore", S...
08/12/2025

Sempre grazie allo scrittore Stefano Gargini per questa bellissima recensione al mio libro "La Metamorfosi del Cuore", Set Art Edizioni
Se pensate ad un regalo di Natale, pensate anche ad un libro, pensate ad un libro di poesie. Date una chance alla poesia di sopravvivere in questo mondo sempre più lontano dal pensiero e dall'umanesimo, sempre più concentrato su competitività e produzione, su velocità e consumismo. I ritmi della natura e della vita sono ben altri, viaggiano ascoltando suoni e silenzi del proprio cuore e della propria anima. Una società che relega all'ultimo posto la poesia, può essere una società felice?

"La Metamorfosi del Cuore" di Antonella Pederiva, Set Art Edizioni.

Dalla mia casa editrice... Set Art Edizioni Un regalo perfetto per il prossimo Natale.Tutti libri bellissimi, ad iniziar...
07/12/2025

Dalla mia casa editrice... Set Art Edizioni
Un regalo perfetto per il prossimo Natale.
Tutti libri bellissimi, ad iniziare dalla copertina.
Tra di loro, c'è anche "La Metamorfosi del Cuore", il mio libro, con tantissime poesie pluripremiate in numerosi concorsi.
"La Metamorfosi del Cuore" vi aspetta in tutte le librerie, fisiche ed online, nonché sui siti di Amazon e della casa editrice www.setartedizioni.it

FIAT LUXLA VITA NUOVA DI PESSOAdi Antonella Pederiva[...]Nulla: tuttoed io centro del ricordocome se vedere fosse un dio...
30/11/2025

FIAT LUX
LA VITA NUOVA DI PESSOA

di Antonella Pederiva

[...]
Nulla: tutto
ed io centro del ricordo
come se vedere fosse un dio.
Il riposo la presenza del vedere,
vuoto infinito auto-sentito,
e tutto il mio esser-non-anima-unicità ridotto
a frammenti della mia sconvolta-vista.

Questa notte è Luce.

Parlare di Pessoa è entrare in un intricato labirinto dove l'anima si sdoppia, si triplica, si divide in tante altre monadi che seguono ognuna una strada diversa. È accettare l'idea di essere uno, di essere nessuno, di essere centomila. Pessoa mette in pratica ciò che siamo, persone diverse agli occhi dei nostri scrutatori. Chi infatti può dire mai di conoscerci? Così Pessoa si inventa tanti personaggi, tanti sé stesso che lo rappresentano. Nessun altro lo farà, e anche in questo sta il genio di un poeta in costante ricerca del suo essere e delle ragioni dell'esistenza, un poeta timido, solitario, ma totalmente aperto al mondo, creativo, esuberante, fantasioso. Un uomo dall'apparenza, forse, banale, ma proprietario di un vissuto interiore nobile, incredibilmente ricco, straordinaria fonte di eccezionale talento. Pessoa scrisse praticamente di tutto, poesia, ma anche prosa, lettere, scritti filosofici, riflessioni autobiografiche, tesi, saggi, pagine di diario, trattati di astrologia, teosofia e gnosi, temi, quest'ultimi, a cui dedicherà tantissimo del suo tempo, nella convinzione di essere solo scheggia di passaggio nell'imperscrutabile profondità del tempo, un uomo in esilio, in cammino verso altre mete. Fernando Antonio Nogueira Pessoa, nato il 13 giugno 1888, nel giorno dedicato al Santo di Lisbona, dal quale erediterà il secondo nome, aveva in sé, sicuramente, la fiamma della consapevolezza, quel platonismo mistico, forse vero motore del suo essere caleidoscopio di personalità. Enigma costante, anima in crescita, messaggero, uomo che non può sicuramente aver concluso la sua esistenza e natura, insieme a Alberto Caeiro, Álvaro de Campos e Ricardo Reis e agli altri suoi 72 eteronimi, un qualsiasi 30 novembre dell'anno 1935.

LA PREESISTENZA

Ho avuto un io e una vita
prima di quest’io e questa vita.
Quando la luna popola i boschi
di possibili fate o di folletti,
mi pervade un sogno
simile a una luce sfavillante
in un punto in me lontano,
su mari che ho conosciuto
e terre senza spazio che hanno
un’altra sorta di giorno.

Io sogno, e come il vento
soffia nel fuoco la cenere,
il mio cuore si illumina di un passato
che non posso ricordare.
E come la brace ardente
non è fuoco, ma l’apparenza del fuoco,
io dissipo la vuota ricchezza
della mia muta sensazione di me.
Come la pioggia nel mare
così mi dissolvo in me stesso.

Ci sono molti io confusi.
Io sono il mio essere sconosciuto.
Ho, non so perché,
un altro genere di vista,
(diversa da questa vana visione
che è la divisione della mia anima
da quando circonda la vista)
dove vedere è conoscere,
la cui vita è fede e dolore
sfuggiti alla mano del Dubbio.

La mia vita ha ore liete:
ed è quando non sento di vivere;
e, come la fragranza dei fiori
intesse attorno ai fiori un’anima-fiore
che è un ente spirito,
io eredito me stesso,
l’aria spirito del sangue dell’anima,
un io anteriore e intrinseco
che è l’essere-ricchezza
che divido con la perdita di Dio.

PIER PAOLO PASOLINI. MONITO ED EREDITÀdi Antonella Pederiva Ricordando Pier Paolo Pasolini, artista nella sua accezione ...
02/11/2025

PIER PAOLO PASOLINI. MONITO ED EREDITÀ

di Antonella Pederiva

Ricordando Pier Paolo Pasolini, artista nella sua accezione più nobile, capace di eccellere in tutto ciò che faceva, poesia, letteratura, teatro, cinema, uomo di pensiero e di coscienza, fedele sempre ai suoi ideali, intrepido e coraggioso, soprattutto quando osava non cedere alle lusinghe della omologazione, quando alzava la voce attraverso le sue parole, attraverso film che sono rimasti alla Storia per l'intensità drammatica e spudoratamente reale dei suoi personaggi, strenuo difensore della parte più debole e maltrattata dell'Umanità. La sua morte, il 2 novembre 1975, difficilmente può dirsi casuale. Pasolini era scomodo a molti potenti, a molta gente che, da alti vertici, dirigeva affari sporchi, persone a cui l'apertura delle indagini che in tanti chiedono, risulta particolarmente sconveniente. Una cosa è certa, giustizia non è stata fatta, Pasolini è stato fatto tacere nella maniera più cruda e violenta, ma di lui ci resta un patrimonio immenso di Verità e di arte, moniti visionari come questi:

Non rinuncerò mai a nulla per la reputazione. Io spero che coloro che mi sono amici, o personali, o in quanto lettori, o come compagni di lotta (e nei cui occhi, lo so, cala un’ombra, ogni volta che la mia reputazione è in gioco: un’ombra che mi dà un dolore terribile) siano così critici, così rigorosi, così puri, da non lasciarsi intaccare dal contagio scandalistico: se così fosse, gli sconfitti sarebbero loro: se solo cedessero per un attimo e dessero un minimo valore alla campagna dei nemici, essi farebbero il gioco dei nemici. Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti.

(da “Vie Nuove” n. 51 del 28 dicembre 1961)

GLI ITALIANI

L’intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai
da uno dei milioni d’anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,
di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l’ha mai liberato.
Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza
a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce.

Fonte foto: web

IL CORAGGIO©dalla mia raccolta "Tra i sogni e la terra. L'Altrove"©Che cos'è il coraggio?chiese il cucciolo al padre.È l...
16/09/2025

IL CORAGGIO©

dalla mia raccolta "Tra i sogni e la terra. L'Altrove"©

Che cos'è il coraggio?
chiese il cucciolo al padre.
È la paura di fare qualcosa,
è il farla ugualmente.
Perché farla se hai paura?
ribatté il figlio.
Perché è la cosa giusta
e le cose giuste
sono molecole di coraggio,
anime di coraggio
e cuori di coraggio.
Ma, e la paura?
insistette il piccolo.
La paura è il primo raggio
senza il quale, figlio,
mai ci sarebbe l'alba.
Sorge ogni giorno il sole, figlio.
Nonostante la notte.

Antonella Pederiva
Tutti i diritti riservati ©

Foto Antonella Pederiva: Alba

IGNAZIO SILONE, IL CANTORE DELLA SUA TERRA di Antonella Pederiva Il 22 agosto 1978 a Ginevra, in Svizzera, muore Ignazio...
22/08/2025

IGNAZIO SILONE, IL CANTORE DELLA SUA TERRA

di Antonella Pederiva

Il 22 agosto 1978 a Ginevra, in Svizzera, muore Ignazio Silone, scrittore, saggista e drammaturgo, ma anche politico. Su quest'ultima sua attività, tanto ci sarebbe da scrivere, talmente importante fu il suo impegno negli scenari complessi in cui visse e operò, (Silone venne eletto anche come membro dell'Assemblea Costituente, il parlamento che si occupò di redigere la nuova costituzione). Non voglio entrare nel merito (di sé dirà: "Sono un socialista senza partito e un cristiano senza Chiesa"); con la consapevolezza di quanto i fatti storici e le sue prese di posizione siano stati rilevanti nella stesura dei suoi libri e nella costruzione dei personaggi, rivolgo il mio interesse al Silone scrittore, il Silone che ho amato fin dai tempi della scuola, autore, tra gli altri, di capolavori come "Pane e vino", "Il segreto di Luca", "Il seme sotto la neve", "L'avventura d'un povero cristiano", "La scuola dei dittatori", "Un viaggio a Parigi" e di saggi quali "Il fascismo. Origini e sviluppo", "Memoriale dal carcere svizzero", "L'avvenire dei lavoratori". Ad un suo libro, "Fontamara", candidato per ben 10 volte al Nobel per la letteratura, scritto nel 1933, in pieno regime fascista, vorrei dedicare un'attenzione particolare. "Fontamara" è un romanzo ambientato in un immaginario borgo dell’Abruzzo, nell'universo contadino a lui, nato e cresciuto a Pescina, nel cuore della Marsica, tanto caro.
Ve ne offro uno stralcio:

"Per andare a Roma adesso ci vuole il passaporto" gridò Berardo. "Ogni giorno ne inventano un'altra."
"Perché?" domandò Baldissera. "Non è più dell'Italia?" Il suo racconto fu molto confuso.
"Stavo alla stazione" disse. "Avevo già fatto il biglietto. È entrata una pattuglia di carabinieri e han cominciato a domandare le carte a tutti, a chiedere le ragioni del viaggio. Io ho subito detto la verità e cioè che volevo andare a Cammarese per lavorare. Han risposto: "Bene, hai la tessera?". Che tessera? "Senza tessera non si lavora." Ma che tessera? Impossibile di avere una spiegazione chiara. Mi han fatto restituire il prezzo del biglietto e mi han messo fuori della stazione. Allora mi è venuta l'idea di andare a piedi fino alla stazione seguente e di prendere il treno di là. Appena fatto il biglietto, ecco due carabinieri. Dove vado? Dico, a Cammarese, per lavorare. Mi han domandato: "Fuori la tessera". E io, che tessera? Che c'entra la tessera? "Senza tessera non si può lavorare", dicono "così è nel nuovo regolamento dell'emigrazione interna." Ho cercato di convincerli che io non andavo a Cammarese per l'emigrazione interna, ma soltanto per lavorare. Però è stato tutto inutile. "Noi abbiamo degli ordini" hanno detto i carabinieri. "Senza tessera non possiamo permettere di salire in treno a nessun operaio che si trasferisca in altra regione per lavorare."
"Mi hanno fatto restituire il prezzo del biglietto e mi han messo fuori della stazione. Ma quella storia della tessera non mi andava giù. Sono entrato in una osteria e ho attaccato discorso con quelli che c'erano. "La tessera? Come, non sai che cos'è la tessera?" mi ha detto un carrettiere. "Durante la guerra non si parlava che di tessera." Ed eccomi nuovamente qui, dopo aver perduto la giornata."
Il più colpito dal racconto di Berardo fu il generale Baldissera che cercò fra le sue cartacce e tirò fuori un foglio stampato.
"Anche qui si parla di tessera" disse assai allarmato.
Infatti si parlava di tessera. La federazione dell'artigianato invitava perentoriamente il generale Baldissera a fornirsi della tessera di scarparo.
"Alcune settimane fa, anche Elvira ricevette una lettera simile" aggiunse Marietta. "Non c'è più libertà di lavoro. Le hanno scritto che se vuole continuare a esercitare l'arte della tintoria, deve pagare una tassa e fornirsi di tessera."
Questa coincidenza delle lettere arrivate a Fontamara e degli incidenti toccati a Berardo mi indussero ad avanzare il dubbio che probabilmente doveva trattarsi di una burla:
"Cosa c'entra il Governo con l'arte dello scarparo e del tintore?" dissi. "Cosa c'entra il Governo coi cafoni che vanno in cerca di lavoro da una provincia all'altra? I governanti hanno altro da pensare" dissi. "Questi sono affari privati. Solo in tempo di guerra si ammettono prepotenze simili. Ma adesso non siamo in guerra."
"Cosa ne sai tu?" mi interruppe il generale Baldissera. "Cosa ne sai tu se siamo in pace o in guerra?"
Questa domanda ci impressionò tutti.
"Se il Governo impone la tessera, vuol dire che siamo in guerra" continuò in tono lugubre il generale.
"Contro chi la guerra?" chiese Berardo. "È possibile che siamo in guerra senza che se ne sappia nulla?"
"Cosa ne sai tu?" riprese il generale. "Cosa ne vuoi sapere tu, cafone ignorante e senza terra? La guerra sono i cafoni che la combattono, ma sono le autorità che la dichiarano. Quando scoppiò l'ultima guerra, a Fontamara sapeva qualcuno contro chi fosse? Pilato s'incaponiva a dire che fosse contro Menelik, Simpliciano affermava che fosse contro i Turchi. Solo molto più tardi si seppe ch'era soltanto contro Trento e Trieste. Ma ci sono state guerre che nessuno ha mai capito contro chi fossero. Una guerra è una cosa talmente complicata che un cafone non può mai capirla. Un cafone vede una piccolissima parte della guerra, per esempio la tessera, e questa lo impressiona. "Il cittadino" vede una parte molto più larga, le caserme, le fabbriche d'armi. Il re vede un intero paese. Solo Dio vede tutto."
"Le guerre e le epidemie" disse il vecchio Zompa, "sono invenzioni dei Governi per diminuire il numero dei cafoni. Si vede che adesso siamo di nuovo in troppi."
"Ma, insomma, tu la tessera la prenderai?" chiesi a Baldissera, per farla finita.
"Prenderla? La prenderò" egli rispose. "Ma pagarla, puoi star sicuro, non la pagherò."
Nonostante il diverso modo di esprimerci, si può dire, dunque, che in fondo eravamo pienamente d'accordo."

Fonte foto: web

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