21/10/2025
“Lo sapevate che...? Curiosità…in pillole”
“Un serial killer settecentesco a Roma: il Marchese de Marchettis… una tetra leggenda”.
Sarà vero o è solo un oscuro racconto quello che lega l’inquietante e lugubre vita del Marchese Luca de Marchettis a delle misteriose e cruenti morti di giovanissime donne nella Roma del regnate papa Benedetto XIV° (Prospero Lorenzo Lambertini, 1675 – 1758)? (vedi foto)
È vero o non è vero che a Roma, nella prima metà del XVIII° sec., agiva indisturbato uno spietato serial killer?
Cerchiamo di scoprirlo!
Dunque, nel quartiere dell’attuale Monteverde Vecchio, fra la strada che collega Via dei Quattro Venti e Villa Pamphilij, si può vedere ancora oggi una villa diroccata che gli abitanti chiamano “La casa dei fantasmi” (vedi foto).
Il rudere si trova esattamente in Via Calepodio, nome di un martire cristiano ucciso sotto l’imperatore Alessandro Severo (208 d.C. – 235 d.C.).
Un tempo fu una villa splendida (vedi foto), oltre che per i magnifici arredi e un rigoglioso giardino, anche per essere stata una rinomata dimora dove si svolgevano delle sontuose feste organizzate dal ricchissimo proprietario, a cui partecipavano non solo i maggiori esponenti delle blasonate famiglie romane ma anche e, “soprattutto”, ragazze di umili origini; ciononostante su di essa si favoleggiava di oscuri racconti e di misteriose sparizioni!
Era l’abitazione del Marchese Luca de Marchettis. Un uomo bellissimo, dai modi raffinati che amava partecipare, in incognito, anche e soprattutto alle feste danzanti che si svolgevano a Trastevere, che gli schietti e veraci abitanti dell’antico Rione organizzavano tra quegli antichi ed angusti vicoli.
Affascinate, ricco come Creso, malinconicamente tenebroso, dotato di una poliedrica personalità, era affabilmente convincente. Non gli era quindi difficile avvicinare, insidiare, irretire, raggirare e circuire, durante quelle ore di spensierata allegria, le più belle e giovani fanciulle della festa.
La tecnica d’approccio, il suo modus operandi, come esperti criminologi direbbero oggi, era sempre la stessa: corteggiava le ignare ipotetiche “vittime” e con misurate, mirate ed affascinati menzogne le convinceva a passare qualche ora di spensierata felicità, nella villa di Monteverde. Anzi, non disdegnava di promettergli non solo un auspicato fidanzamento ma addirittura un successivo “probabile” aristocratico matrimonio!
Ognuna di loro cadde nella turpe trappola!
Senza alcun timore, le inconsapevoli vittime, credendo ingenuamente all’ inattesa fortuna di “sistemarsi” con un giovanotto ricco, di bell’aspetto e per giunta nobile, sottobraccio al novello satana, si avviavano felici verso l’aristocratica dimora!
Appena giunti in villa, tutto cambiava! Il viso del blasonato accompagnatore si trasformava in una sadica irridente maschera, i gesti divenivano violenti, spietati, impietosi, le parole aggressive, la voce cupamente roca, l’espressione degli occhi demoniaca.
Le splendide stanze e l’odoroso giardino che avevano fatto sognare quelle indifese donne, mutarono in un ambiente ostile, inospitale, minaccioso reso immondo da un orrore inesauribile, da un terrore senza fine, da un lugubre e feroce incubo.
Le mura della ricca dimora, ricoperte da lucido broccato e di ritratti di vecchi seriosi ed imparruccati signori che poco prima emanavano prosperità e ricchezza, ora guardavano l’indifesa preda di un feroce aguzzino; divennero muti testimoni e sbalorditi spettatori di violenze indicibili, di turpi torture, di tormentosi supplizi.
In quelle desolate stanze tra grida strazianti, richieste di inascoltata pietà, di scomparsa umanità, si compivano indecenti giochi erotici al culmine del quale una violenza animalesca resa cieca da una pazzìa omicida, portava alla “liberatoria” morte della povera, indifesa ed innocente giovane donna!
Emulo e sodale depravato emulo del famigerato Marchese Donatien-Alphonse-François de Sade, il turpe e malvagio nobiluomo romano compiuti gli ignobili rituali, ricoperto di sangue, stanco ma appagato e oscenamente soddisfatto avvolgeva lo straziato e martoriato corpo in un immondo sudario che magistralmente occultava tra spinosi rovi e aridi ruscelli nei boschi antistanti la lugubre e raffinata dimora.
Per giorni, per mesi, per anni, in una sorta di delirio paranoico il perverso “gentiluomo” continuò a violentare, a uccidere, a oltraggiare donne in quantità sempre maggiore senza riuscire a fermarsi fino a che quei delitti divennero per lui una fobica e maniacale ossessione.
In un attimo di umana lucidità credette di essere posseduto dal demonio e nel tentativo di liberarsi dalla satanica maledizione chiamò un sacerdote esorcista per compiere su di lui, nella funesta abitazione, dei riti liberatori.
Inutilmente!
Le scaramantiche sedute fallirono una dietro l’altra e alla fine il “demone” o la follia omicida del marchese divennero a tal punto insopportabili che per liberarsi da esse, si uccise, lanciandosi da una delle finestre dell’atavica dimora per schiantarsi su quella terra e tra rovi ancora lordi del sangue delle tante innocenti giovani donne che aveva violentato e ucciso!
Questa è la cupa e sudicia storia di un malvagio immondo e spietato individuo!
Ora è d’obbligo rispondere alla iniziale domanda: il satanico marchese è verosimilmente vissuto a metà del settecento o no?
Tracce della sua presenza ci sono, seppur minime, impalabili ed eteree. I racconti di quelle tragiche gesta ancora oggi sopravvivono tra i vecchi vicoli di una Roma antica, suffragati, sostenuti ed alimentati da dicerie.
Ho avuto il privilegio di leggere orrendi frammentati di smozzicate frasi composte da sbiadite parole scritte su un diario custodito in un’austera sacrestia di un’anonima diroccata chiesa trasteverina. In quei sbiaditi ecclesiasti diari ammantati di un antico mistero, ammiccanti allusioni ed incorporei richiami ci raccontano dei tanti: “…si dice che…ho sentito dire che…mio nonna mi raccontava che…”; ma non c’è nulla di certo né di storicamente provato sia perché la nozione di serial killer è di recente acquisizione e sia perché, nella Roma del XVIII° sec., la legge si amministrava in modo arcaico, arrogante, sfrontato, insolente e fazioso e la morte o la scomparsa di umili ragazze che vivevano in case diroccate e fatiscenti costruzioni non facevano né notizia, né storia, né clamore soprattutto se era coinvolto un nobile romano.
Non dimentichiamoci che l’allora pensiero dominante era che al “nobile” era permesso di tutto anche di andare “oltre” il consentito.
Prova ne sia il sonetto che il grande Giuseppe Gioachino Belli scrisse il 21 gennaio 1831, dal titolo: “Li soprani der monno vecchio (I sovrani del mondo antico)” che freddamente e con una lucidità agghiacciante descrive ciò che pensava del popolo chi stava al potere. Riporto solo alcune illuminanti parole che il sovrano disse, rivolto al popolo: “…io so io e voi non siete un ca**o…!”, frase, quest’ultima, resa immortale da Alberto Sordi nel film “Il Marchese del grillo” del 1981, di Mario Monicelli.
Curiosità
Leggenda vuole che prima di gettarsi nel vuoto, il marchese, furente di una rabbia repressa, gridò ai mostruosi demoni che albergavano nella sua mente sconvolta: “…tornerò, maledetti…tornerò…!”.
E così è stato! Da allora, non è raro vedere, a notte fonda, il sadico marchese vestito in maniera impeccabile, passeggiare tra gli angusti e antichi vicoli di una Roma sorniona, alla ricerca di inconsapevoli “prede” per poi tornare “fortunosamente a mani vuote” sconfitto e deluso, tra gli sconnessi ruderi della funesta villa e sparire circondato da terrificanti demoni urlanti!
Per chiudere, una cosa è certa: c’è chi giura e spergiura che in alcune notti di plenilunio dalle fatiscenti mura della favolosa villa provengano inequivocabili, cupe, angosciose e strazianti grida di agghiacciante terrore!
Sarà vero? Mah, forse sì, forse no, chi può dirlo?
Provare per credere!
Alla prossima di: “Curiosità…in pillole!”
Immagini prese da internet.