20/11/2025
Voce tuonante, carattere forte come un vulcano: così era Rosa Balistreri, una donna che non si fermava davanti a nulla — né ai pregiudizi, né alle molestie, né alle tragedie che la vita le scagliò contro.
Nata il primo giorno di primavera del 1927 a Licata, in Sicilia, venne al mondo mentre i mandorli iniziavano a fiorire e l’aria profumava di mare. Le sue origini erano umili: il padre falegname, la madre casalinga. E Rosa dovette crescere in fretta, fare i conti con la povertà e con un destino che sembrava volerle mettere alla prova ogni passo.
La famiglia le combinò un matrimonio, come spesso accadeva alle ragazze povere dell’epoca. Un’unione senza amore, che Rosa accettò perché così imponeva la tradizione: obbedire alla famiglia, soffocare i sogni, rinunciare alla libertà. Il matrimonio con Gioacchino fu semplice, privo di incanto, e presto prese il sapore amaro della delusione. L’uomo aveva molti difetti, ma soprattutto uno: il vizio del gioco. Finì persino per scommettere il corredo della figlia. Rosa lavorava duramente e, quando scoprì l’ennesima giocata, p***e ogni freno: tentò di ucciderlo e poi si costituì spontaneamente. Gioacchino sopravvisse e Rosa venne rilasciata in condizionale.
Furono anni segnati dalla durezza, ma anche dal canto. Nelle sue canzoni Rosa metteva tutto: dolore, indignazione, la voce delle donne e del popolo che nessuno voleva ascoltare. Ottenne un lavoro come domestica e sacrestana, ma il prete che la impiegava la molestò. Rosa non tacque. Essere povera non significava essere senza dignità. Così scappò insieme al fratellino, portando con sé i soldi delle offerte, e si rifugiò a Firenze, in cerca di una vita nuova. Presto richiamò a sé anche le sorelle.
Ma il destino non aveva ancora smesso di ferirla: la sorella venne uccisa per mano del marito. Un’altra violenza di genere impressa per sempre nella memoria di Rosa. Poco dopo, suo padre — devastato dalla perdita della figlia — decise di togliersi la vita. Rosa trasformò tutto questo dolore in musica. Con la sua chitarra intonava:
«Cu ti lu dissi ca t’aju allassari?
Megliu la morti e no chistu duluri.» ( tratto dalla canzone Cu ti lu dissi scritta da Esposito, interpretata da Li Causi, ma resa celebre da Rosa Balisteri)
(Traduzione: Chi te lo dice che ti devo lasciare? Meglio la morte che questo dolore.)
Finalmente, tra tante ombre, arrivò una scintilla di luce: l’amore per il pittore Manfredi Lombardi. Grazie a lui entrò in contatto con figure come Dario Fo e Ignazio Buttitta, trovando un ambiente che riconobbe e valorizzò la potenza della sua voce.
Partecipò: “Ci ragiono e canto” di Dario Fo, collaborò con Ignazio Buttitta, la rai ha dedicato molti programmi che trattano di folkore e cantastorie.
Rosa Balistreri fu una voce, non solo sua ma anche della Sicilia che chiedeva riscatto, dignità e libertà, di un popolo oppresso dai potenti e di donne che voleva sognare. Rosa si spense nella sua Palermo il 20 settembre del 1990, ma sua voce rimane immortale.
Il Magnifico Press