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History Car Storie, emozioni e motori d’altri tempi. History Car racconta le auto che hanno fatto la storia, tra ricordi, curiosità e passione pura. Restauro auto d'epoca

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🚗 Fiat 126p – Il piccolo grande cuore della PoloniaC’è un’auto che, più di tante altre, racconta la vita quotidiana di m...
30/08/2025

🚗 Fiat 126p – Il piccolo grande cuore della Polonia

C’è un’auto che, più di tante altre, racconta la vita quotidiana di milioni di famiglie polacche negli anni ’70, ’80 e ’90. Non era veloce, non era elegante, non era neppure comoda. Ma era semplice, economica, accessibile a tutti. Parliamo della Fiat 126p, la piccola utilitaria che in Polonia è diventata molto più di una macchina: un vero e proprio pezzo di storia nazionale.

Arrivata grazie all’accordo tra Fiat e la Fabryka Samochodów Małolitrażowych (FSM), la 126p iniziò a uscire dagli stabilimenti di Bielsko-Biała e Tychy nel 1973. Per tanti polacchi, possederne una era un sogno, spesso raggiunto dopo anni di attesa e sacrifici. Non importava il colore, non importava la versione: la 126p significava libertà, la possibilità di portare la famiglia al mare, di viaggiare fuori città, di avere finalmente un mezzo proprio.

Per strada era un piccolo formicaio di utilitarie colorate: blu, rosse, verdi, beige. Ognuna con il suo carattere, ognuna con i suoi difetti. Dentro, il rumore del piccolo bicilindrico diventava colonna sonora dei viaggi: a volte assordante, ma sempre rassicurante. Non c’era aria condizionata, non c’erano elettroniche sofisticate. C’erano invece risate, ceste da picnic, bambini che guardavano dal finestrino con la faccia contro il vetro e bagagli infilati ovunque, anche dove non c’era spazio.

La 126p non era solo un’auto: era un’istituzione popolare. Per alcuni, la prima compagna di lavoro. Per altri, la macchina con cui si andava al matrimonio, con i nastri bianchi legati agli specchietti. Per molti, semplicemente “la Maluch”, il soprannome affettuoso che in polacco significa “piccolina”.

Col tempo, divenne anche oggetto di creatività: elaborazioni casalinghe, versioni sportive improvvisate, modifiche per il raffreddamento. Alcuni la trasformavano in piccole bombe da gara, altri la tenevano gelosamente originale. Ma ovunque andasse, la 126p portava con sé lo spirito di un Paese che, pur tra difficoltà, non smetteva di sognare.

Oggi, vederne una parcheggiata in strada in Polonia è come aprire un album di fotografie: evoca ricordi di estati passate in quattro stipati nell’abitacolo, di viaggi che sembravano avventure epiche, di una semplicità che oggi sembra lontanissima.

La Fiat 126p non era perfetta. Ma era vera, era di tutti, ed è diventata il simbolo di un’epoca in cui anche una piccola utilitaria poteva rappresentare libertà e speranza.

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🚔 Il poliziotto sprint (1977) – Quando il rombo della Ferrari 250 GTE incontra la Roma del poliziottescoC’è un cinema ch...
30/08/2025

🚔 Il poliziotto sprint (1977) – Quando il rombo della Ferrari 250 GTE incontra la Roma del poliziottesco

C’è un cinema che profumava di asfalto caldo, sirene lontane e pneumatici che fischiano in curva. È il cinema poliziottesco degli anni Settanta, e pochi film hanno saputo unirlo così bene all’automobile come Il poliziotto sprint. Diretto da Stelvio Massi nel 1977 e interpretato dal volto inconfondibile di Maurizio Merli, il film è una cavalcata senza respiro tra inseguimenti, sgommate, incidenti spettacolari e la città eterna come sfondo. Ma più che una pellicola di genere, è un tributo a un’epoca in cui le auto erano protagoniste tanto quanto gli attori.

La trama, in realtà, è un pretesto: Merli è l’ispettore Marco Palma, poliziotto romano con la passione per le corse e il piede pesante. Tra criminali che sfrecciano e colleghi che frenano, la sua missione diventa una continua sfida di volante. Ma al di là dell’intreccio, quello che rimane impresso è la potenza delle auto che popolano il film, vere e proprie attrici di lamiera.

La Ferrari 250 GTE – protagonista assoluta

In cima alla lista non può che esserci la Ferrari 250 GTE, icona rossa che nel film appare in una delle scene più memorabili degli inseguimenti. Vedere una Ferrari lanciata tra le strade di Roma, con il motore V12 che ruggisce contro il caos urbano, è un’immagine che ha contribuito a scolpire l’estetica del poliziottesco. La 250 GTE, elegante coupé prodotta tra il 1960 e il 1963, fu la prima Ferrari a quattro posti, ma nel film diventa una belva da corsa, piegata all’azione e alla spettacolarità.

Non era comune, negli anni Settanta, vedere al cinema auto di questo livello impegnate in inseguimenti così brutali. Eppure il film di Massi osò: niente plastica o effetti digitali, solo metallo, gomme e stuntman che mettevano a rischio la pelle.

La Roma del traffico e delle sirene

Accanto alla Ferrari, Il poliziotto sprint mostra una galleria di auto popolari dell’epoca: Fiat 124, 128, 131, Alfetta, Autobianchi A112, tutte protagoniste di inseguimenti tra vicoli, piazze e lungoteveri. Le scene restano oggi come un documento storico: la Roma degli anni Settanta, ancora rumorosa e viva, ripresa dal cofano di auto in corsa. Ogni sorpasso, ogni staccata è girata realmente per le strade, regalando autenticità e adrenalina.

Le pattuglie della polizia con le Alfa Romeo sono un altro elemento centrale: l’Alfetta, agile e potente, divenne simbolo stesso dell’arma negli anni Settanta, e nel film affianca Merli in corse mozzafiato contro criminali a bordo di berline e sportive truccate.

Maurizio Merli e il volante come arma

Maurizio Merli, con il suo fisico imponente e il volto duro, era l’archetipo del commissario di ferro. Ma in Il poliziotto sprint aggiunge una dimensione in più: la passione per la velocità. Il suo personaggio non è solo un poliziotto che insegue i criminali, ma un vero “pilota mancato”, uno che trova nel volante un’estensione del suo carattere impulsivo e diretto.

Le scene di guida sono interpretate con una fisicità unica: Merli non è elegante, è brutale, concreto, sempre al limite. Guardarlo mentre affronta un inseguimento è come vedere un boxeur prestato all’automobilismo: ogni curva è un gancio, ogni sorpasso un diretto.

Un film-documento sul poliziottesco e i motori

Se Bullitt con Steve McQueen aveva consacrato l’inseguimento automobilistico a livello mondiale, Il poliziotto sprint lo declinava all’italiana: meno precisione americana, più caos, più realismo, più polvere. Le auto diventano simboli di un’Italia che stava cambiando: le utilitarie di massa accanto ai sogni proibiti come Ferrari e Maserati, la polizia che correva con Alfa Romeo contro banditi senza scrupoli.

Oggi, riguardare Il poliziotto sprint significa fare un tuffo in quell’Italia: i semafori di Roma, le piazze invase dal rombo dei motori, le auto popolari che diventavano armi e scudi nelle mani di stuntman coraggiosi. È un film che parla la lingua delle gomme sull’asfalto, dei vetri in frantumi, del rombo di un dodici cilindri Ferrari che stride contro il rumore dei clacson.

Il mito che resta

Non sarà forse il più raffinato dei film italiani, ma resta uno dei più amati da chi vive di motori. Perché Il poliziotto sprint è soprattutto questo: un inno alla velocità, alla guida istintiva, alla Roma anni Settanta che sembrava un autodromo a cielo aperto. La Ferrari 250 GTE resta la regina, ma attorno a lei vive tutto un parco auto che oggi ci fa sorridere e commuovere, ricordando quando il cinema italiano sapeva girare inseguimenti veri, senza computer e senza filtri.

✨ Segui History Car per scoprire altre storie di cinema e motori: perché ogni auto sullo schermo è più che una comparsa, è un simbolo che racconta un’epoca.

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BMW 2002 / Alfa Romeo GTV 2000 ...NON é un CONFRONTO . Và specificato altrimenti gli alfisti iniziano a urlare allo scan...
30/08/2025

BMW 2002 / Alfa Romeo GTV 2000 ...NON é un CONFRONTO . Và specificato altrimenti gli alfisti iniziano a urlare allo scandalo . La domanda è quale preferireste ?

Per me le prestazioni si equivalgono , il bravo pilota puo' fare la differenza .

Sia chiaro la BMW è il modello tii e non Turbo !!

Era il 1983...🚘 America vs Italia negli anni ’80 – Elettronica contro MeccanicaNegli Stati Uniti, alcune Ford già montav...
30/08/2025

Era il 1983...

🚘 America vs Italia negli anni ’80 – Elettronica contro Meccanica

Negli Stati Uniti, alcune Ford già montavano quello che sembrava fantascienza: un navigatore satellitare primitivo, schermi a tubo catodico in plancia, impianti Hi-Fi con microcassette, radio multifunzione e un cruscotto che sembrava il ponte di comando di un’astronave. L’auto americana degli anni ’80 puntava a stupire con la tecnologia di bordo: comfort, elettronica, intrattenimento. Per loro la macchina era una seconda casa, un salotto mobile dove non mancava nulla per viaggiare per centinaia di chilometri su autostrade infinite.

Dall’altra parte dell’oceano, in Italia, la filosofia era diversa. Le nostre auto non avevano navigatori, né display, né stereo complicati. Una Fiat, un’Alfa Romeo o una Lancia dell’epoca montava al massimo una radio a cassette e qualche spia sul cruscotto. Il lusso non era la tecnologia, ma la meccanica. In un’Alfa GTV6 o in una Lancia Delta, il cuore pulsante era il motore: pronto, nervoso, con un sound che bastava da solo a intrattenere. Dove gli americani riempivano gli interni di pulsanti e display, gli italiani perfezionavano sospensioni, assetti e propulsori da corsa.

Due culture, due mondi

Negli USA, l’automobile era pensata per il comfort a lungo raggio. Grandi strade dritte, chilometri da percorrere senza curve. L’obiettivo era viaggiare senza fatica: cambio automatico, sedili larghi come divani, aria condizionata potente, elettronica che prometteva il futuro. Non a caso già negli anni ’80 vedevamo navigatori sperimentali, cruise control, e sistemi audio che trasformavano l’abitacolo in una sala concerto.

In Italia, invece, la macchina era sinonimo di passione di guida. Le nostre strade erano strette, tortuose, spesso imperfette. Servivano auto agili, leggere, con motori pronti a salire di giri. La tecnologia di bordo era quasi assente, ma al volante di un’Alfa 75, di una Fiat Ritmo Abarth o di una Lancia Beta Montecarlo bastavano sterzo, cambio e freno per sentire di avere in mano qualcosa di vivo.

Chi vinceva?

Dipende dal punto di vista. L’americano degli anni ’80 si stupiva vedendo un cruscotto pieno di luci e pensava al futuro. L’italiano, con meno comfort elettronico, viveva l’auto come pura esperienza sensoriale: rombo, odore di benzina, vibrazione meccanica.
La Ford con navigatore e Hi-Fi rappresentava la modernità, ma un’Alfa Romeo V6 da 160 cavalli su una strada di montagna dava emozioni che nessun display poteva offrire.

✨ Due modi diversi di intendere l’auto, entrambi affascinanti. Oggi ci sembrano distanti, ma negli anni ’80 era normale: in America l’auto era intrattenimento, in Italia era passione.

👉 E voi, amici di History Car?
Avreste preferito un salotto elettronico a stelle e strisce, o il piacere ruvido della meccanica italiana?










George Lucas e la sua bianchina12 giugno 1962, appena tre giorni prima del diploma, la vita è cambiata per l'aspirante p...
30/08/2025

George Lucas e la sua bianchina

12 giugno 1962, appena tre giorni prima del diploma, la vita è cambiata per l'aspirante pilota di corsa George Lucas.
Stava guidando la sua Autobianchi Bianchina modificata a casa dalla biblioteca quando il suo compagno di classe, Frank Ferreira, ha cercato di superarlo ad alta velocità su una Chevrolet Impala. Lucas non l'ha visto, è andato a girare a sinistra nel suo vialetto e si è fatto largo da Ferreira.
La macchina di Lucas si è rotolata più volte prima di avvolgere un albero.
Ferreira, al volante della Chevrolet più grande e pesante, se n'è andata con appena un graffio.
E in qualche modo, Lucas è sopravvissuto.
Al terzo ribaltamento , la cintura di sicurezza di Lucas si è rotta, lanciandolo dal veicolo. Uno spettatore, che si trovava nel posto giusto al momento giusto, ha soccorso Lucas rotolato nel prato e ha chiamato un'ambulanza.
Quando i paramedici sono arrivati sul posto, Lucas non respirava e non aveva battito cardiaco. È stato portato d'urgenza all'ospedale in condizioni critiche.
I suoi polmoni sono stati schiacciati e lui è rimasto vicino alla morte in terapia intensiva per le due settimane successive. Ce l'ha fatta, ma ha dovuto trascorrere diversi mesi in convalescenza in ospedale.
"Ho trascorso un po' di tempo in ospedale e ho capito che probabilmente non sarebbe stato intelligente per me fare il pilota da corsa, specialmente dopo questo incidente", ha detto Lucas a Starlog nel 1981










🚗 Il Sorpasso (1962) – La Lancia Aurelia B24 Spider e l’Italia che correva verso il futuroC’è un’auto che ha saputo racc...
29/08/2025

🚗 Il Sorpasso (1962) – La Lancia Aurelia B24 Spider e l’Italia che correva verso il futuro

C’è un’auto che ha saputo raccontare un’epoca meglio di mille parole, un’auto che non ha solo accompagnato due protagonisti sullo schermo, ma che ha incarnato lo spirito stesso di un Paese intero: la Lancia Aurelia B24 Spider.
Parlare de Il Sorpasso senza parlare di lei sarebbe impossibile, perché la Aurelia non è un semplice mezzo di trasporto nella pellicola, è un personaggio, un simbolo, una metafora. È l’Italia degli anni Sessanta che accelera, che sorpassa, che non guarda indietro, lanciata verso un futuro luminoso ma anche incerto.

Il film di Dino Risi uscì nel 1962, nel pieno del boom economico. L’Italia stava cambiando: dalle biciclette e dai treni a vapore si passava alle auto veloci, alle strade asfaltate, alle vacanze improvvisate verso il mare. La Lancia Aurelia B24 Spider che Vittorio Gassman guida con leggerezza e spavalderia diventa l’emblema di quella trasformazione. Non è un’utilitaria, non è un mezzo comune: è una vettura sportiva, elegante, rara e desiderata. È un sogno a quattro ruote.

La trama del film, in realtà, è semplice: Bruno Cortona (Gassman), un uomo estroverso, disincantato e vitale, incontra per caso Roberto (Trintignant), uno studente timido e riservato. I due partono per un viaggio improvvisato lungo le strade assolate dell’Italia centrale, tra scherzi, risate, riflessioni e incontri. Ma la vera sceneggiatura, quella che resta negli occhi, è scritta dal rombo del V6 della Lancia Aurelia e dalla sua corsa sulle statali deserte di Ferragosto.

La Lancia Aurelia B24 Spider: un capolavoro su ruote

La Aurelia nasce nel 1950 come prima auto al mondo a mo***re un motore V6. La versione B24 Spider fu disegnata da Pininfarina ed è considerata ancora oggi una delle auto più belle mai costruite. Linee morbide, fluenti, leggere come una carezza. Una carrozzeria scoperta che invitava al sole, alla libertà, al vento tra i capelli. Nel film non è solo la macchina di Bruno, ma è il riflesso della sua personalità: seducente, veloce, affascinante, ma anche pericolosa, perché dietro tanta bellezza si nasconde un destino tragico.

Guardandola correre nei sorpassi azzardati, nei rettilinei assolati, non vediamo solo un’auto. Vediamo l’Italia stessa, che in quegli anni si lasciava alle spalle la miseria della guerra e si tuffava nel benessere, talvolta con eccessiva leggerezza. La Aurelia diventa quindi una metafora del boom economico: splendida e inebriante, ma anche rischiosa, capace di portare a un futuro radioso oppure a un brusco incidente.

Le scene memorabili al volante

Ogni sequenza in cui la Aurelia appare è pura poesia automobilistica. Il rumore del motore, il cambio che scivola, le curve affrontate con spavalderia da Gassman: non servono effetti speciali, basta l’auto a raccontare. La macchina è sempre presente, come un terzo protagonista silenzioso. I campi lunghi mostrano il suo profilo elegante sotto il sole di agosto, le inquadrature ravvicinate fanno percepire la vibrazione del volante nelle mani del pilota.

Per chi ama le auto, Il Sorpasso è più di un film: è un documento storico. È il modo migliore per vedere una Lancia Aurelia B24 Spider in movimento, nel suo ambiente naturale, sulle strade italiane degli anni Sessanta. È un film che ha fissato nell’immaginario collettivo l’idea stessa di viaggio in auto come avventura, come libertà, come scoperta.

L’Italia degli anni Sessanta vista dal parabrezza

Attraverso il parabrezza della Aurelia vediamo un’Italia che non esiste più: paesini addormentati, bar lungo le statali, spiagge ancora poco affollate, persone semplici che guardano incuriosite al passaggio di un’auto così straordinaria. Era l’Italia di Ferragosto, di un popolo che imparava a concedersi vacanze, di famiglie stipate in utilitarie come la Fiat 600, mentre Bruno e Roberto sfrecciavano su una spider da sogno.

Il contrasto tra l’Aurelia e le utilitarie dell’epoca racconta meglio di mille libri il divario sociale che iniziava a formarsi: non tutti potevano permettersi il lusso di un’auto simile, ma tutti potevano sognarla, ammirarla, desiderarla.

Il simbolo che resta

Alla fine, quando la storia si chiude con il tragico epilogo, la Lancia Aurelia resta impressa nella memoria tanto quanto i volti dei protagonisti. È un simbolo immortale di un film che non parla solo di amicizia, leggerezza e destino, ma anche di un Paese intero che correva a tutta velocità verso il futuro.

La 403 di Colombo è diventata simbolo televisivo. La Mustang di Bullitt è diventata mito americano. Ma la Lancia Aurelia B24 Spider del Sorpasso è molto di più: è l’auto che ha raccontato l’Italia, che ha interpretato un’epoca, che ha reso immortale un film che ancora oggi emoziona e fa riflettere.

✨ Segui History Car per continuare a viaggiare tra cinema, auto e ricordi: perché ogni macchina sullo schermo non è solo un mezzo, ma un personaggio che racconta una storia.

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E' facile dire 40 , si ma che 40 ? La ormai conosciuta e stancante F40 o il grandioso e straordinario OM40 ?🚚 Perché l’O...
29/08/2025

E' facile dire 40 , si ma che 40 ? La ormai conosciuta e stancante F40 o il grandioso e straordinario OM40 ?

🚚 Perché l’OM 40 è meglio della F40:

Ha i braccioli veri. Di lamiera, ma veri.

La puoi lavare con l’idropulitrice. Dentro.

Con l’OM 40 puoi parcheggiare sopra la Ferrari. Letteralmente.

Quando frena… lo sa tutto il quartiere.

Le gomme costano meno di una cena fuori. Quelle della F40… più di un divano.

Puoi caricarci la F40 dietro, se la leggi come un rimorchio.

Non hai paura dei dossi. Anzi, li usi per allineare il pianale.

Fa rumore anche da spento. E nessuno si lamenta.

Quando accendi l’OM 40, ti senti un meccanico. Quando accendi la F40, ti senti in colpa.

Con l’OM 40, il bollo costa meno della pizza. Con la F40, ti servono i commercialisti.

Puoi dipingerlo col rullo. E migliora.

Il cruscotto dell’OM 40 sembra uscito da un’officina. Quello della F40 da una navetta spaziale… anni ’80.

Il volante dell’OM 40 sembra quello di un autobus. E questo è rassicurante.

La F40 ha lo spoiler. L’OM 40 ha la GRINTA.

Puoi portare 3 amici veri. Nella F40 al massimo 1, e se suda ti lamenti.

Nessuno te lo riga per invidia. Anzi, lo toccano per affetto.

Nel traffico fa scena. Tutti si scostano. Per paura, ma si scostano.

Quando tiri la seconda, parte una bestemmia. Ma anche un sorriso.

Con la F40 ti scambiano per un ricco. Con l’OM 40 ti offrono il caffè.

La F40 è da museo. L’OM 40 è da battaglia. E le battaglie sono la vita.

Dopo stà ca***ta 🙂 vedo a dormire...

C'era una volta... anzi no, c'è ancora. Perché nessuno è riuscito a sbarazzarsene. Parliamo del famigerato, temutissimo,...
29/08/2025

C'era una volta... anzi no, c'è ancora. Perché nessuno è riuscito a sbarazzarsene. Parliamo del famigerato, temutissimo, inquietante triciclo maledetto del deposito.

Nessuno sa da dove venga. Alcuni dicono fosse un giocattolo anni '50 appartenuto a un bambino collezionista di cataloghi Autobianchi. Altri raccontano che fu dimenticato in una fiera del tuning nel 1978, accanto a un impianto stereo con subwoofer più grande del cofano di una Panda. Ma una cosa è certa: di notte si muove. Da solo.

Ogni volta che scende il buio tra i capannoni dei depositi d'auto abbandonate, mentre i topi si mettono il pigiama e i gatti accendono la radio, lui si alza su una sola ruota e comincia a girare. Fischia, cigola, ride.

Passa tra le carcasse di vecchie Simca, si infila sotto le portiere arrugginite delle 127, lascia impronte di gomma sui parabrezza delle Uno Turbo. E poi, ogni notte, bussa a una portiera diversa. Toc toc. "Portami via con te." Ma nessuna lo vuole.

Una volta ci ha provato con una Lancia Thema 8.32, ma lei gli ha risposto: "Io esco solo con Ferrari veri, ciccio".

Altre volte ha tentato di convincere una Fiat Duna a fuggire con lui, ma lei ha detto: "Ho già troppi problemi con la mia carrozzeria, non mi serve altra negatività".

Così, notte dopo notte, il triciclo ha iniziato a covare rancore. Ha scritto "pezzi di ricambio" sui vetri delle auto più belle, ha invertito le targhe delle Alfa per farle litigare, e una volta ha persino messo la marmitta di una 128 dentro il cruscotto di una Citroën Dyane.

Finché, un giorno, un furgone bianco con scritto "History Car" è arrivato a caricare pezzi rari. L'operaio Mario, distratto dal caffè, non si accorse del triciclo che si infilò tra due cerchi in lega della Ritmo Abarth.

Arrivato al deposito di History Car, il triciclo iniziò a gioire: "Ora è il mio momento! Farò i reel! Verrò lucidato! Andrò alle fiere!".

Ma gli operai lo guardarono e dissero: "Questo che è? Un monopattino con le vesciche?"

E senza pensarci troppo lo piazzarono tra due Alfa 75 incidentate, con un cartello: "Non toccare: può mordere".

Il triciclo ci è rimasto malissimo. Ora borbotta tutto il giorno. Se gli passi vicino ti sussurra: "Una volta, in un raduno, mi guardavano tutti...". Ma nessuno gli crede.

Però, se volete aiutarlo, potete fare una cosa: seguite la pagina History Car. Così magari, se superiamo i 100.000 follower, lo mettiamo in un video e gli diamo un po' di gloria.

Ma attenzione: se non lo fate, stanotte potrebbe venirvi a bussare sotto il letto. Con la ruotina anteriore che cigola. E la sella che puzza di olio esausto.

E poi non dite che non vi avevo avvisato.

LA TRAZIONE DIESEL (e la nascita della SAME)...Francesco Cassani ed Eugenio Giovanni Cassani sono stati due inventori, i...
29/08/2025

LA TRAZIONE DIESEL (e la nascita della SAME)...

Francesco Cassani ed Eugenio Giovanni Cassani sono stati due inventori, imprenditori e dirigenti d'azienda italiani. Il padre, Paolo, era titolare di un’officina meccanica che già da due generazioni produceva macchine agricole.
Pionieri della trazione diesel, della quale sono stati precursori con circa 15 anni di anticipo sull'effettiva affermazione italiana, hanno costruito il primo trattore dotato di una versione innovativa di tale motore, il Cassani 40 CV, il primo trattore al mondo azionato da un motore diesel.
Le vicende imprenditoriali dei due fratelli Cassani furono comunque molto burrascose.
Crearono la Società Pompe Iniezione Cassani (SPICA), che fu poi ceduta all’IRI per non essere acquisita dalla concorrente tedesca Bosch. Lavorarono quindi per l’Alfa Romeo, ma l’inventiva e la genialità di Francesco ed Eugenio, vennero svilite dalla rigida burocrazia interna del gruppo industriale.
Lo scontro andrà presto a degenerare in un vero e proprio intrigo.
Francesco viene accusato di essere autore di una lettera anonima diffamatoria nei confronti di un tale ing. Ricart, consulente della direzione, Eugenio è invece accusato di aver sottratto un tubetto di polvere di smeriglio. Le accuse sono inventate, come pure il tribunale di Milano riconoscerà in seguito, ma è quanto basta per giustificarne il licenziamento in tronco.
A questo punto i due fratelli, con un piccolo capitale in mano e tante idee in testa e brevetti in tasca, decisero quindi di creare una nuova azienda, la SAME e questa è un altra grande storia Italiana.















🚗 Trofeo Citroën 2CV/Dyane – Quando il divertimento contava più della potenzaChi l’ha detto che per correre servono cent...
29/08/2025

🚗 Trofeo Citroën 2CV/Dyane – Quando il divertimento contava più della potenza

Chi l’ha detto che per correre servono centinaia di cavalli e macchine da sogno? Negli anni ’70 e ’80, in Italia e in altri Paesi europei, nacque un’idea geniale e al tempo stesso f***e: trasformare la più umile delle utilitarie francesi, la Citroën 2CV (e la sorella Dyane), in protagonista di un trofeo monomarca che univa piloti improvvisati, appassionati irriducibili e tanto, tantissimo entusiasmo.

Il Trofeo 2CV/Dyane non era solo una competizione, era una festa popolare su quattro ruote. Le auto, nate come mezzi semplici e spartani per la campagna, diventavano “macchine da corsa” con preparazioni minime: qualche rinforzo al telaio, sospensioni irrigidite, gomme da battaglia e l’immancabile numero da gara. Sotto al cofano, però, restava il piccolo bicilindrico raffreddato ad aria, che nella migliore delle ipotesi superava a malapena i 30 cavalli. Ma poco importava: qui contavano il coraggio, la fantasia e la capacità di buttarsi in curva senza paura.

La filosofia del trofeo

Il bello del Trofeo Citroën era proprio questo: correre tutti con lo stesso mezzo, senza grandi differenze tecniche. La 2CV e la Dyane erano auto lente sulla carta, ma nelle mani dei piloti diventavano incredibilmente agili e resistenti. Il limite di velocità veniva compensato da staccate al limite, curve prese di traverso e sorpassi che facevano esultare il pubblico.

Era una scuola di guida autentica, perché per tenere in strada una 2CV lanciata al massimo bisognava davvero saperci fare. La tenuta di strada particolare, con le sospensioni molli che piegavano come molle da materasso, trasformava ogni curva in uno spettacolo: le ruote sollevate da terra, le carrozzerie che si inclinavano fino a sembrare sul punto di ribaltarsi, gli spettatori che trattenevano il fiato.

Spettacolo e passione

Chi ha avuto la fortuna di assistere a una gara del trofeo racconta di paddock pieni di amici, meccanici improvvisati, piloti che arrivavano con le auto trainate da un gancio e tanta voglia di divertirsi. Non c’erano sponsor milionari, non c’erano ingaggi da star: c’era la passione pura, quella che faceva passare notti intere a sistemare una sospensione o a mo***re un carburatore recuperato da un’altra Dyane.

Sulle strade o nei circuiti cittadini, il pubblico si accalcava per vedere questi strani bolidi francesi comba***re come leoni. Le 2CV si toccavano, si spingevano, si ribaltavano e poi ripartivano, spesso con il pilota che rideva sotto al casco. Era un modo di fare sport diverso, più umano, più vicino alla gente.

L’eredità di un mito popolare

Oggi il Trofeo Citroën 2CV/Dyane sopravvive grazie a raduni storici, gare amatoriali e appassionati che continuano a restaurare e portare in pista queste macchinette immortali. Non sono solo corse: sono manifestazioni di nostalgia collettiva, ricordi di un’epoca in cui bastava poco per sentirsi campioni.

La 2CV e la Dyane non erano supercar, ma hanno lasciato un segno indelebile. Erano auto democratiche, amate da studenti, contadini, artisti e famiglie. E quando correvano, incarnavano la rivincita dei “piccoli” contro i “grandi”: lente sul dritto, ma imbattibili nello spirito.

✨ Segui History Car per rivivere storie di auto che hanno fatto sorridere, emozionare e appassionare: perché anche con due cilindri e poche decine di cavalli si può scrivere la leggenda.

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Émile e Marguerite e la Renault 16In un piccolo villaggio del nord della Francia, tra le dolci colline e i campi di gran...
29/08/2025

Émile e Marguerite e la Renault 16

In un piccolo villaggio del nord della Francia, tra le dolci colline e i campi di grano che ondeggiano al vento, vivevano Émile e Marguerite, due anime legate da un amore profondo e indissolubile. Si conobbero giovanissimi, tra la fine della Prima Guerra Mondiale e l'inizio della Seconda, quando la speranza di un futuro migliore sembrava a portata di mano.

Émile, figlio di un falegname, era un ragazzo laborioso e gentile, con mani callose e un cuore tenero. Marguerite, figlia di una maestra, aveva occhi che brillavano come stelle e un sorriso capace di illuminare anche le giornate più grigie. Si incontrarono durante una festa di paese, tra musiche allegre e danze spensierate. Fu amore a prima vista.

Nonostante le difficoltà economiche e le incertezze del tempo, decisero di sposarsi. Costruirono insieme una piccola casa ai margini del villaggio, circondata da un giardino curato con amore. Ogni mattina, Émile partiva per il lavoro nella bottega del padre, mentre Marguerite insegnava ai bambini del paese, trasmettendo loro non solo conoscenze, ma anche valori di gentilezza e rispetto.

La loro vita scorreva tranquilla, fatta di piccoli gesti quotidiani, di cene condivise alla luce delle candele e di passeggiate mano nella mano lungo i sentieri di campagna. Ma la serenità fu spezzata dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Il villaggio fu colpito duramente dai bombardamenti. La loro amata casa fu distrutta, ridotta in macerie. Con il cuore spezzato, si rifugiarono in una fattoria abbandonata, vivendo di stenti e cercando di mantenere viva la speranza. Nonostante tutto, il loro amore non vacillò mai. Si sostenevano a vicenda, trovando conforto negli abbracci e nelle parole sussurrate al buio.
Sguardi e Storie

Dopo la guerra, ricominciarono da zero. Con fatica e determinazione, ricostruirono una nuova casa e ripresero le loro attività. Gli anni passarono, segnati da sacrifici e rinunce, ma anche da momenti di gioia e soddisfazione.

Giunti alla pensione, decisero di concedersi un piccolo lusso: l'acquisto della loro prima auto, una Renault 16 color rosso scuro. Per celebrare l'evento, organizzarono un picnic nel prato dove si erano scambiati il primo bacio. Portarono con sé una coperta a quadri, una bottiglia di vino rosso e il pane fatto in casa da Marguerite.

Una cara amica, fotografa dilettante, immortalò quel momento: Émile e Marguerite seduti sulle fragili ma stabili sedie , le mani sulle ginocchia due sorrisi, gli occhi colmi di amore e gratitudine. Quella foto divenne il simbolo della loro vita insieme, un ricordo tangibile di un amore che aveva superato ogni ostacolo.

Oggi, quella fotografia è appesa nel salotto du quella che fu' la loro casa, testimone silenziosa di una storia d'amore che ha resistito al tempo e alle avversità. Émile e Marguerite sono l'esempio vivente che, con amore, pazienza e dedizione, è possibile affrontare qualsiasi tempesta e trovare, alla fine, la serenità.















Indirizzo

Vicolo Del Casale Lumbroso 148
Rome
00166

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 18:00
Martedì 09:00 - 18:00
Mercoledì 09:00 - 18:00
Giovedì 09:00 - 18:00
Venerdì 09:00 - 18:00
Sabato 09:00 - 16:00

Telefono

+393886594406

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Dal 2018 il figlio Carlo ha proseguito sulle orme del padre e ad oggi History Car è un azienda moderna che con la meticolosità dei migliori artigiani , carrozzieri , meccanici e tecnici porta avanti la tradizione del restauro.

History Car senza venir meno alla qualità dei lavori riesce a garantire prezzi assolutamente concorrenziali grazie alla lavorazione contemporanea di molte vetture e richiedendo al cliente pazienza.