18/06/2025
Sinceramente non ricordo la traccia del mio esame di maturità. Ma se oggi fossi uno studente, avrei scelto senza esitazioni quella su Paolo Borsellino e avrei scritto questo...
Paolo Borsellino, figura luminosa e tragicamente eroica della giustizia italiana, ci ha lasciato un messaggio potente e commovente: "I giovani, la mia speranza". Parole che risuonano con una forza particolare oggi, in un'epoca che, pur lontana dai giorni più cupi delle stragi, continua a confrontarsi con le ombre del crimine organizzato e con la necessità di difendere la legalità. Questo monito non è solo un auspicio, ma un vero e proprio testamento spirituale, un invito pressante rivolto alle nuove generazioni affinché si facciano custodi e promotori dei valori di giustizia, etica e libertà, i pilastri su cui Borsellino e tanti altri come lui hanno costruito la propria vita e sacrificato il proprio futuro.
Il messaggio di Borsellino affonda le radici nella sua profonda conoscenza della realtà mafiosa e nella consapevolezza che la lotta a questo cancro sociale non potesse esaurirsi nelle aule dei tribunali o nelle operazioni di polizia. La mafia, come egli stesso insegnava, è un fenomeno culturale, prima ancora che criminale, che si nutre di silenzio, omertà, paura e, soprattutto, di indifferenza. Per sradicarla, era ed è necessario un cambiamento radicale nelle coscienze, una vera e propria rivoluzione culturale che parta proprio dai banchi di scuola, dalle famiglie, dalla società civile.
Borsellino credeva fermamente che i giovani, per la loro intrinseca purezza, per la loro sete di giustizia, per la loro capacità di indignarsi e di sognare un mondo migliore, fossero gli unici veri anticorpi in grado di immunizzare la società contro il virus mafioso. Vedeva in loro non semplici destinatari di un'eredità, ma attori protagonisti di un futuro da costruire. Un futuro in cui la legalità non fosse un'imposizione, ma una scelta libera e consapevole, fondata sulla conoscenza, sul coraggio e sulla partecipazione. La sua vita, interamente dedicata alla magistratura e alla lotta contro Cosa Nostra, è la testimonianza più alta di questo impegno, culminata nel sacrificio estremo in Via D'Amelio, a pochi mesi dalla strage di Capaci che aveva strappato all'Italia il suo amico e collega Giovanni Falcone. Questi eventi, dolorosi cicatrici nella storia del nostro Paese, hanno però acceso una fiamma che non si è mai spenta, alimentando un movimento antimafia fatto di memoria, impegno e denuncia.
Per me, queste parole di Paolo Borsellino e l'esempio di uomini come lui non sono solo pagine di storia, ma un monito vivo e un'ispirazione costante. Nutro una profonda e incondizionata riconoscenza verso tutti gli uomini e le donne che hanno lottato, con la schiena dritta e a costo della propria vita, contro la mafia. Non si trattava di supereroi, ma di esseri umani che hanno scelto di fare il proprio dovere fino in fondo, con una lucidità e un coraggio che ancora oggi commuovono e spronano. La loro battaglia non è stata solo contro la criminalità organizzata, ma per la difesa dei principi cardine della nostra democrazia, per la dignità di un intero popolo.
È per questa immensa gratitudine che, ogni anno, sento il bisogno viscerale di recarmi ad onorare quei luoghi che sono diventati simboli della loro caduta e, al contempo, della loro immortale lezione. Via D'Amelio, a Palermo, è un luogo sacro, un santuario laico dove il ricordo di Borsellino e degli agenti della sua scorta si fonde con il dolore e la consapevolezza di una ferita ancora aperta, ma anche con la determinazione a non dimenticare. L'autostrada di Capaci, con i segni ancora visibili di quella deflagrazione disumana, non è solo un tratto di strada, ma un monumento alla memoria di Giovanni Falcone, della moglie Francesca Morvillo e degli uomini della scorta. Visitare questi luoghi significa non solo onorare i caduti, ma rinnovare un impegno personale: quello di essere, nel mio piccolo, un "giovane" che non tradisce quella speranza.
Il messaggio di Paolo Borsellino è più attuale che mai. Nonostante i progressi nella lotta alla criminalità organizzata, la mafia muta, si adatta, cerca nuove forme e nuovi volti per insinuarsi nel tessuto sociale ed economico. La vera vittoria non sarà solo l'eliminazione dei clan, ma la costruzione di una società in cui l'indifferenza e la paura siano sostituite dalla consapevolezza e dal coraggio. E questo compito spetta a noi giovani.
Siamo chiamati a essere sentinelle della legalità, a non abbassare la guardia, a denunciare ogni forma di illegalità, piccola o grande che sia. Dobbiamo studiare, informarci, partecipare attivamente, fare scelte etiche nella nostra quotidianità, contribuendo a costruire quella "cultura della legalità" che Borsellino sognava. La sua speranza nei giovani non era ingenua, ma una profonda intuizione: siamo noi, con la nostra energia, le nostre idee e il nostro desiderio di giustizia, i veri eredi di quel sacrificio, e siamo noi a dover portare avanti la fiaccola della memoria e dell'impegno, affinché le loro vite non siano state vane e il loro sogno di un'Italia libera dalla mafia possa, un giorno, diventare piena realtà.