Io come risorsa

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"Dovrebbe fare così", "Non dovrebbe comportarsi in quel modo"...Ogni volta che sento un "dovrebbe" in supervisione, so c...
21/11/2025

"Dovrebbe fare così", "Non dovrebbe comportarsi in quel modo"...

Ogni volta che sento un "dovrebbe" in supervisione, so che c'è un valore in collisione con la realtà.

La realtà non è mai come "dovrebbe essere". La realtà è quella che è.

Quando leggiamo i comportamenti attraverso i nostri "dovrebbe", smettiamo di ascoltare i bisogni reali.

👉🏻 Nelle mie supervisioni pedagogiche aiuto a:

Definire la propria area di libertà
Distinguere cosa mi spetta e cosa no
Uscire dalle trappole dei "dovrebbe"

Per farlo, uso le 7 regole dell'arte di ascoltare di Marianella Sclavi.

Scorri il carosello per scoprirle tutte 📸

💬 Quale "dovrebbe" ti capita più spesso di pensare?
📩 Supervisione Pedagogica Scrivimi in DM

Come saluti tuo figlio prima che esca la sera?Quali raccomandazioni gli fai?Anni fa le paure riguardavano la droga, la s...
20/11/2025

Come saluti tuo figlio prima che esca la sera?
Quali raccomandazioni gli fai?
Anni fa le paure riguardavano la droga, la sicurezza stradale, forse qualche br**ta compagnia. Ma non la violenza gratuita di ragazzi sconosciuti.

I fatti come questo sembrano moltiplicarsi nelle nostre città, ogni genitore si trova a fare i conti con paure che fino a qualche anno fa sembravano lontane.

Di fronte a un fatto così grave come si fa a non provare sgomento?

La domanda che mi pongo é “dove erano gli adulti?” Ma non in tono accusatorio, perché si legge che questi ragazzi hanno frequentato l’Oratorio e praticato sport, ma non sono bastati…. forse perché diventano “parcheggi” senza relazione educativa.

Va fatta una riflessione su questo aspetto.
Anche perché solo ora qualcuno dichiara che c’era già da parte di un ragazzo il “vizio di alzare le mani”, così come i precedenti per furto … questi sono i cosiddetti “campanelli d’allarme” ignorati.

E poi i social…. con i loro modelli distorti senza che nessuno aiuti a sviluppare alfabetizzazione emotiva e capacità di mettersi nei panni dell’altro: “Speriamo che muoia”.
L’aspetto più inquietante è questa identità “di facciata”: la posa da maranza, l’estetica della durezza. Probabilmente hanno costruito un personaggio che ha preso il sopravvento, fino a produrre violenza reale per sostenere un’immagine irreale e mancanza profonda di capacità empatica.

Questi ragazzi hanno agito con lucidità e piena coscienza. La loro età non cancella la responsabilità. Al tempo stesso, la responsabilità individuale non esclude quella collettiva.

Mi chiedo dove ha fallito il sistema?
Famiglia, Scuola, sport, oratorio…devono tornare ad essere luoghi educativi in cui nutrire relazioni positive, profonde e autentiche. Devono poter creare alleanze educative profonde con la famiglia e la comunità, perché nessuno si salva da solo.

E in questo gravissimo fatto non si può dimenticare la vittima: un ragazzo di 22 anni che probabilmente resterà invalido per sempre.

Ma se non ci facciamo realmente “comunità educante”, come ne usciamo?

Come saluti tuo figlio prima che esca la sera?Quali raccomandazioni gli fai?Anni fa le paure riguardavano la droga, la s...
20/11/2025

Come saluti tuo figlio prima che esca la sera?
Quali raccomandazioni gli fai?
Anni fa le paure riguardavano la droga, la sicurezza stradale, forse qualche br**ta compagnia. Ma non la violenza gratuita di ragazzi sconosciuti.

I fatti come questo sembrano moltiplicarsi nelle nostre città, ogni genitore si trova a fare i conti con paure che fino a qualche anno fa sembravano lontane.

Di fronte a un fatto così grave come si fa a non provare sgomento?

La domanda che mi pongo é “dove erano gli adulti?” Ma non in tono accusatorio, perché si legge che questi ragazzi hanno frequentato l’Oratorio e praticato sport, ma non sono bastati…. forse perché diventano "parcheggi" senza relazione educativa.

Va fatta una riflessione su questo aspetto.
Anche perché solo ora qualcuno dichiara che c’era già da parte di un ragazzo il "vizio di alzare le mani", così come i precedenti per furto … questi sono i cosiddetti “campanelli d'allarme” ignorati.

E poi i social…. con i loro modelli distorti senza che nessuno aiuti a sviluppare alfabetizzazione emotiva e capacità di mettersi nei panni dell'altro: “Speriamo che muoia”.
L'aspetto più inquietante è questa identità "di facciata": la posa da maranza, l'estetica della durezza. Probabilmente hanno costruito un personaggio che ha preso il sopravvento, fino a produrre violenza reale per sostenere un'immagine irreale e mancanza profonda di capacità empatica.

Questi ragazzi hanno agito con lucidità e piena coscienza. La loro età non cancella la responsabilità. Al tempo stesso, la responsabilità individuale non esclude quella collettiva.

Mi chiedo dove ha fallito il sistema?
Famiglia, Scuola, sport, oratorio…devono tornare ad essere luoghi educativi in cui nutrire relazioni positive, profonde e autentiche. Devono poter creare alleanze educative profonde con la famiglia e la comunità, perché nessuno si salva da solo.

E in questo gravissimo fatto non si può dimenticare la vittima: un ragazzo di 22 anni che probabilmente resterà invalido per sempre.

Ma se non ci facciamo realmente “comunità educante”, come ne usciamo?

Un gruppo di amici, tre minorenni e due 18enni, alcuni compagni di scuola, provenienti da quartieri ‘bene’ di Monza, soliti a girare con vestiti griffati, cellulari ultimo modello e coltelli. Le famiglie? “Normali”, alcune persino benestanti, i genitori sono impiegati, commercianti, un banca...

17/11/2025

Uno degli interventi a Young Orieta il tuo futuro. Grazie alla Collaborazione con MedMind.

10/11/2025

"𝗧𝗶 𝗶𝗴𝗻𝗼𝗿𝗲𝗿ò 𝘁𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝘁𝗮𝗻𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗶𝗻𝗶𝘇𝗶𝗲𝗿𝗮𝗶 𝗮𝗱 𝗮𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗱𝘂𝗯𝗯𝗶 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗮 𝘁𝘂𝗮 𝗲𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗻𝘇𝗮"

Questa frase è stata pronunciata in prima serata televisiva da un giurato di uno show di intrattenimento pagato da tutti i contribuenti del servizi pubblico. Davanti a milioni di persone, compresi bambini e adolescenti.

E nessuno é intervenuto e ha detto niente.

𝗡𝗲𝘀𝘀𝘂𝗻𝗼 𝗵𝗮 𝗻𝗼𝗺𝗶𝗻𝗮𝘁𝗼 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗰𝗵𝗲 è 𝗿𝗲𝗮𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗮𝗰𝗰𝗮𝗱𝘂𝘁𝗼: 𝗹𝗮 𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗽𝘂𝗯𝗯𝗹𝗶𝗰𝗮 𝗱𝗶 𝘂𝗻𝗮 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗶𝗰𝗮 𝗱𝗶 𝘃𝗶𝗼𝗹𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗽𝘀𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗰𝗮.

Lavoro con bambini, adolescenti e famiglie da anni. Studio le relazioni educative, i processi di apprendimento, le dinamiche che formano o deformano le persone. E quando sento una frase così, in quel contesto, con quella leggerezza, mi si gela il sangue.

Quella non è una frase forte, non è un carattere deciso, non è neanche cattiveria televisiva. È l'esplicitazione di una strategia di abuso emotivo: l'ignoring prolungato e intenzionale usato per destabilizzare l'identità di un'altra persona. "Io ho il potere di cancellare la tua esistenza attraverso la mia non-considerazione".

Questa è la logica del bullismo relazionale. Quella che vediamo nelle scuole, nelle famiglie disfunzionali, nelle relazioni tossiche. Solo che qui viene detta in TV, da un adulto, applaudita, commentata, e trasformata in contenuto virale.

E qui sta il punto che mi crea più disagio: 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝘀𝘁𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗶𝗺𝗽𝗮𝗿𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶 𝗿𝗮𝗴𝗮𝘇𝘇𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗴𝘂𝗮𝗿𝗱𝗮𝗻𝗼?

Stanno imparando che figure adulte autorevoli possono minacciare pubblicamente l'annientamento psicologico di un'altra persona. Che la crudeltà relazionale è spettacolo. Che va bene usare il silenzio come arma per far male. Che gli altri adulti presenti stanno lì a guardare, quindi evidentemente va bene così.

Stiamo facendo campagne contro il bullismo nelle scuole mentre in prima serata trasmettono esattamente quelle dinamiche, solo con adulti pagati per farlo.

E il vero tradimento non è neanche nella frase in sé. È nel silenzio di tutti gli altri. Nessun conduttore che interrompe, nessun altro giurato che dice "aspetta, questo non si può dire", nessuna produzione che interviene. Solo un pubblico che tifa, commenta, si schiera, ma mai che qualcuno dica: "Fermi. Questo è violenza psicologica e non possiamo lasciar passare che venga spacciata per intrattenimento."

Come pedagogista mi chiedo: 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗱𝘂𝗹𝘁𝗶 𝗿𝗲𝘀𝗽𝗼𝗻𝘀𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶?
Quelli che dovrebbero proteggere i più giovani dall'esposizione a modelli relazionali distruttivi? Quelli che dovrebbero dire "no, non in prima serata, non davanti ai bambini, non senza conseguenze"?

Perché la questione non è se quella giurata è antipatica o simpatica, se aveva ragione o torto in quello scontro specifico. La questione è che un'intera macchina mediatica ha permesso, prodotto, trasmesso e monetizzato un contenuto che insegna ai minori che la violenza psicologica è accettabile.

E quando provo a dirlo, mi trovo davanti due tipi di reazioni: chi mi dice che sto esagerando (è solo TV, è intrattenimento, non è mica violenza vera), e chi mi dice che comunque l'altra parte aveva sbagliato prima. Come se questo giustificasse qualcosa.

𝗠𝗮 𝗻𝗼𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗶𝘀𝘁𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗮 𝗴𝘂𝗮𝗿𝗱𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝘁𝗶𝗳𝗼 𝗱𝗮 𝘀𝘁𝗮𝗱𝗶𝗼.
Dobbiamo nominare le cose per quello che sono. Quella frase è una minaccia di abuso emotivo. Il contesto in cui è avvenuta la legittima socialmente. Il silenzio degli adulti presenti la normalizza. E tutto questo ha un impatto educativo misurabile su chi guarda.

Non è censura. Non è moralismo. È responsabilità pedagogica.

Forse è arrivato il momento che le nostre associazioni professionali, pedagogisti, psicologi, educatori, intervengano. Non per fare guerra alla TV, ma per dire chiaramente: questi contenuti hanno un costo educativo che qualcuno sta pagando. E quel qualcuno sono i ragazzini che poi arrivano nei nostri studi, nelle nostre scuole, con l'idea che trattare così un'altra persona sia normale.

Possiamo segnalare all'AGCOM. Possiamo scrivere alle emittenti. Possiamo creare osservatori pedagogici sui media. Possiamo chiedere che ci sia supervisione educativa sui contenuti in fascia protetta. Possiamo fare formazione agli operatori TV sull'impatto di quello che producono.

𝗠𝗮 𝘀𝗼𝗽𝗿𝗮𝘁𝘁𝘂𝘁𝘁𝗼, 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘀𝗺𝗲𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝘁𝗶𝗳𝗼 𝗲 𝗶𝗻𝗶𝘇𝗶𝗮𝗿𝗲 𝗮 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗱𝘂𝗹𝘁𝗶.

Perché ogni volta che una scena così passa senza che nessuno intervenga, stiamo insegnando a un'intera generazione che questa è la normalità. E poi ci stupiamo del bullismo, della violenza relazionale, della fatica dei giovani a costruire legami sani.

La TV ha un potere educativo enorme. E con quel potere viene una responsabilità che non può essere tradita in nome dell'audience.

Scrivo questo come pedagogista e pedagogista clinico, come qualcuno che ogni giorno lavora per riparare i danni di modelli relazionali tossici. E che non può più stare zitta a guardare quegli stessi modelli ve**re trasmessi in prima serata come se niente fosse.

𝙽𝚘𝚝𝚊 𝚍𝚒 𝚝𝚛𝚊𝚜𝚙𝚊𝚛𝚎𝚗𝚣𝚊: 𝙸𝚕 𝚌𝚘𝚗𝚝𝚎𝚗𝚞𝚝𝚘, 𝚕𝚎 𝚒𝚍𝚎𝚎 𝚎 𝚕'𝚊𝚗𝚊𝚕𝚒𝚜𝚒 𝚙𝚎𝚍𝚊𝚐𝚘𝚐𝚒𝚌𝚊 𝚍𝚒 𝚚𝚞𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚝𝚎𝚜𝚝𝚘 𝚜𝚘𝚗𝚘 𝚍𝚎𝚕𝚕'𝚊𝚞𝚝𝚛𝚒𝚌𝚎. 𝙻𝚊 𝚏𝚘𝚛𝚖𝚊 𝚕𝚒𝚗𝚐𝚞𝚒𝚜𝚝𝚒𝚌𝚊 è 𝚜𝚝𝚊𝚝𝚊 𝚛𝚒𝚏𝚒𝚗𝚒𝚝𝚊 𝚌𝚘𝚗 𝚒𝚕 𝚜𝚞𝚙𝚙𝚘𝚛𝚝𝚘 𝚍𝚒 𝚒𝚗𝚝𝚎𝚕𝚕𝚒𝚐𝚎𝚗𝚣𝚊 𝚊𝚛𝚝𝚒𝚏𝚒𝚌𝚒𝚊𝚕𝚎

𝗡𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝘂𝗯𝗿𝗶𝗰𝗮 “𝗦𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 𝗲 𝗕𝗲𝗻𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲” 𝗱𝗶 𝗟𝗮 𝗣𝗶𝗮𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗟𝗶𝗿𝗮&𝗟𝗶𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗡𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝗚𝗲𝗻𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶 𝘀𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶: 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲 𝗶𝗻𝗳...
06/11/2025

𝗡𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝘂𝗯𝗿𝗶𝗰𝗮 “𝗦𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 𝗲 𝗕𝗲𝗻𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲” 𝗱𝗶 𝗟𝗮 𝗣𝗶𝗮𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗟𝗶𝗿𝗮&𝗟𝗶𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗡𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲

𝗚𝗲𝗻𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶 𝘀𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶: 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲 𝗶𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗼𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼
Viviamo in un’epoca in cui informazioni sull’educazione sono ovunque: pubblicazioni, conferenze, podcast, social media. È positivo che questi temi abbiano visibilità, eppure questa abbondanza rischia di creare più confusione che chiarezza.

𝗜𝗹 𝗽𝗮𝗿𝗮𝗱𝗼𝘀𝘀𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗲𝗻𝘁𝗲
Esiste un fenomeno che ci riguarda tutti: l’effetto Dunning-Kruger. Più acquisiamo informazioni frammentarie, più ci sentiamo esperti, senza accorgerci che stiamo solo scalfendo la superficie. Una volta una signora mi ha detto: “Leggo tanto di psicologia, quindi riconosco subito un professionista valido”. Ma su quali basi valutiamo la competenza in un campo che non padroneggiamo? C’è una differenza enorme tra conoscere e comprendere, tra leggere un consiglio e saperlo applicare. Ed è qui che molti genitori si sentono esausti.

𝗘𝗱𝘂𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗼 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗼𝗹𝗹𝗮𝗿𝗲?
Quando ci sentiamo persi, è facile rifugiarsi in metodi apparentemente più semplici. “Una volta bastavano due urli e funzionava”. Ma un ragazzo che obbedisce per paura sta davvero imparando? O aspetta solo il momento per ribellarsi? La paura non educa, controlla. E il controllo dura poco, lasciando adulti che hanno interiorizzato divieti, non valori. Osserviamo le nostre abitudini: quando affrontiamo il tema delle regole? Quasi sempre nello scontro. Ma le regole si trasmettono attraverso i valori condivisi, non nell’imposizione durante il conflitto. E se ci dimentichiamo di comunicare il «perché” , farà la differenza tra una regola e un comando.

𝗗𝗮𝗹𝗹𝗮 𝘁𝗲𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗮𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗾𝘂𝗼𝘁𝗶𝗱𝗶𝗮𝗻𝗮
Prendiamo l’esempio del cellulare a tavola. Invece di “Non si usa il cellulare! Punto!” proviamo: “A tavola non usiamo il cel (…continua la lettura del post integrale alla Pagina Facebook di Iocomerisorsa).

Trovi il video di approfondimento dell’Effetto Dunning-Kruger al 🎥 Video 35 del Canale YouTube di Iocomerisorsa.

𝗡𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝘂𝗯𝗿𝗶𝗰𝗮 “𝗦𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 𝗲 𝗕𝗲𝗻𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲” 𝗱𝗶 𝗟𝗮 𝗣𝗶𝗮𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗟𝗶𝗿𝗮&𝗟𝗶𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗡𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝗚𝗲𝗻𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶 𝘀𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶: 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲 𝗶𝗻𝗳...
06/11/2025

𝗡𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗿𝘂𝗯𝗿𝗶𝗰𝗮 “𝗦𝗮𝗹𝘂𝘁𝗲 𝗲 𝗕𝗲𝗻𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲” 𝗱𝗶 𝗟𝗮 𝗣𝗶𝗮𝘇𝘇𝗮 𝗲 𝗟𝗶𝗿𝗮&𝗟𝗶𝗿𝗮 𝗱𝗶 𝗡𝗼𝘃𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲

𝗚𝗲𝗻𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶 𝘀𝗼𝗺𝗺𝗲𝗿𝘀𝗶 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗶𝗴𝗹𝗶: 𝗾𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘁𝗿𝗼𝗽𝗽𝗲 𝗶𝗻𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗼𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼

Viviamo in un'epoca in cui informazioni sull'educazione sono ovunque: pubblicazioni, conferenze, podcast, social media. È positivo che questi temi abbiano visibilità, eppure questa abbondanza rischia di creare più confusione che chiarezza.

𝗜𝗹 𝗽𝗮𝗿𝗮𝗱𝗼𝘀𝘀𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗼𝘀𝗰𝗲𝗻𝘇𝗮 𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗲𝗻𝘁𝗲

Esiste un fenomeno che ci riguarda tutti: l'effetto Dunning-Kruger. Più acquisiamo informazioni frammentarie, più ci sentiamo esperti, senza accorgerci che stiamo solo scalfendo la superficie. Una volta una signora mi ha detto: "Leggo tanto di psicologia, quindi riconosco subito un professionista valido". Ma su quali basi valutiamo la competenza in un campo che non padroneggiamo? C'è una differenza enorme tra conoscere e comprendere, tra leggere un consiglio e saperlo applicare. Ed è qui che molti genitori si sentono esausti.

𝗘𝗱𝘂𝗰𝗮𝗿𝗲 𝗼 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗿𝗼𝗹𝗹𝗮𝗿𝗲?

Quando ci sentiamo persi, è facile rifugiarsi in metodi apparentemente più semplici. "Una volta bastavano due urli e funzionava". Ma un ragazzo che obbedisce per paura sta davvero imparando? O aspetta solo il momento per ribellarsi? La paura non educa, controlla. E il controllo dura poco, lasciando adulti che hanno interiorizzato divieti, non valori. Osserviamo le nostre abitudini: quando affrontiamo il tema delle regole? Quasi sempre nello scontro. Ma le regole si trasmettono attraverso i valori condivisi, non nell'imposizione durante il conflitto. E se ci dimentichiamo di comunicare il «perché" , farà la differenza tra una regola e un comando.

𝗗𝗮𝗹𝗹𝗮 𝘁𝗲𝗼𝗿𝗶𝗮 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗿𝗮𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗾𝘂𝗼𝘁𝗶𝗱𝗶𝗮𝗻𝗮

Prendiamo l'esempio del cellulare a tavola. Invece di "Non si usa il cellulare! Punto!" proviamo: "A tavola non usiamo il cellulare perché è l'unico momento per raccontarci la giornata". Nel primo caso imponiamo un divieto, nel secondo trasmettiamo il valore che il tempo insieme è prezioso. E conta il momento in cui lo diciamo. Non quando nostro figlio scrolla Instagram e noi sbottiamo, ma durante una cena serena. Meglio ancora se iniziamo fin dall'infanzia, così in adolescenza la regola sarà già interiorizzata. Possiamo creare un rituale semplice: "Oggi cosa ho imparato di nuovo?". Uno alla volta, genitori compresi. La tavola diventa così momento di famiglia, non campo di battaglia.

𝗤𝘂𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝘂𝗶 𝗶 𝗿𝗮𝗴𝗮𝘇𝘇𝗶 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗱𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝗼 𝗯𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗼

I ragazzi hanno bisogno di sentire la presenza dell'adulto e di regole chiare che dicano: "I miei genitori tengono a me". E hanno bisogno che l'adulto regga le loro tempeste emotive senza perdere il baricentro. Quando l'adulto urla, ai loro occhi passa una persona squilibrata.
Anche i colloqui scolastici possono trasformarsi da conflitto a opportunità. Invece di riportare le osservazioni degli insegnanti come accuse ("La prof dice che non ti impegni!"), proviamo: "Che cos'è importante per te? Cosa trovi difficile?". Allearsi con gli insegnanti non significa andare contro i ragazzi, ma supportarli meglio. Quando si distraggono o perdono motivazione, dietro c'è spesso una materia complessa, una difficoltà non individuata, o la fatica di non essere stati abituati all'impegno costante. La distrazione, la mancanza di motivazione per lo studio è una fuga inconsapevole da ciò che fa star male.

𝙇'𝙚𝙙𝙪𝙘𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 è 𝙪𝙣'𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙞 𝙥𝙚𝙧𝙛𝙚𝙯𝙞𝙤𝙣𝙖 𝙣𝙚𝙡 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙤, 𝙨𝙚𝙣𝙯𝙖 𝙛𝙤𝙧𝙢𝙪𝙡𝙚 𝙧𝙞𝙜𝙞𝙙𝙚. 𝘼 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙚, 𝙡𝙖 𝙘𝙤𝙨𝙖 𝙥𝙞ù 𝙘𝙤𝙧𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤𝙨𝙖 𝙘𝙝𝙚 𝙪𝙣 𝙜𝙚𝙣𝙞𝙩𝙤𝙧𝙚 𝙥𝙪ò 𝙛𝙖𝙧𝙚 è 𝙧𝙞𝙘𝙤𝙣𝙤𝙨𝙘𝙚𝙧𝙚 𝙙𝙞 𝙖𝙫𝙚𝙧 𝙗𝙞𝙨𝙤𝙜𝙣𝙤 𝙙𝙞 𝙪𝙣 𝙘𝙤𝙣𝙛𝙧𝙤𝙣𝙩𝙤 𝙥𝙚𝙧 𝙩𝙧𝙤𝙫𝙖𝙧𝙚 𝙨𝙩𝙧𝙖𝙩𝙚𝙜𝙞𝙚 𝙥𝙞ù 𝙚𝙛𝙛𝙞𝙘𝙖𝙘𝙞.

🎥Per approfondire l’Effetto Dunning-Kruger
👉 https://bit.ly/4otHIWp?r=qr

𝗣𝗮𝗿𝗹𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗶ò 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮: 𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗲 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶Cosa succede quando lasciamo un vuoto educa...
02/11/2025

𝗣𝗮𝗿𝗹𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗱𝗶 𝗰𝗶ò 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗰𝗮: 𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗲 𝘀𝗲𝘀𝘀𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗶 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶

Cosa succede quando lasciamo un vuoto educativo nell'ambito dell'affettività e della sessualità?

Quel vuoto viene riempito. Ma non da noi adulti preparati e consapevoli, viene riempito dal digitale, da contenuti inadeguati, da esperienze che i bambini non sono pronti a gestire emotivamente.

𝗜𝗹 𝗱𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗶 𝗿𝗲𝗮𝗹𝘁à è 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼: sempre più bambini, anche molto piccoli, accedono senza mediazione a materiali che distorcono la loro comprensione del corpo, delle emozioni, delle relazioni.
Le conseguenze?
Disagio, confusione, dinamiche di gruppo problematiche che emergono già nella scuola primaria.

𝗡𝗼𝗻 è 𝗳𝗿𝗮𝗴𝗶𝗹𝗶𝘁à 𝗴𝗲𝗻𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶𝗮𝗹𝗲. È un cambiamento culturale e tecnologico che ci ha colti impreparati.

𝗜 𝗻𝗼𝘀𝘁𝗿𝗶 𝗳𝗶𝗴𝗹𝗶 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗱𝗶𝗿𝗶𝘁𝘁𝗼 𝗮:

- Parole giuste per nominare corpo ed emozioni
- Adulti che parlano di affettività senza imbarazzo
- Educazione sessuale che parta dall'amore e dal rispetto
- Protezione attraverso la consapevolezza, non il silenzio

𝗖𝗼𝘀𝗮 𝘀𝘁𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗿𝘂𝗲𝗻𝗱𝗼

Stiamo creando percorsi formativi per educatori, insegnanti e genitori. Spazi dove imparare ad affrontare questi temi con competenza, serenità e tempestività, perché la prevenzione funziona solo se arriviamo prima del digitale.

𝗘 𝗮𝗯𝗯𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗯𝗶𝘀𝗼𝗴𝗻𝗼 𝗱𝗶 𝘁𝗲

Se sei un professionista appassionato di educazione affettiva e sessuale (ambito educativo, psicologico, sociale, sanitario, culturale), unisciti a noi. Crediamo nella forza dello sguardo multidisciplinare: ogni competenza può ampliare l'orizzonte di cura per i nostri bambini.

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L'educazione affettiva e sessuale è un diritto dell'infanzia.

𝑫𝒊𝒗𝒆𝒏𝒕𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒍𝒂 𝒄𝒐𝒎𝒖𝒏𝒊𝒕à 𝒆𝒅𝒖𝒄𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒊 𝒏𝒐𝒔𝒕𝒓𝒊 𝒇𝒊𝒈𝒍𝒊 𝒎𝒆𝒓𝒊𝒕𝒂𝒏𝒐.♥️

Tatiana, Patrzia e Barbara

𝗟’𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 è 𝗽𝗿𝗲𝘃𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. 𝗟𝗮 𝘁𝗲𝗿𝗮𝗽𝗶𝗮 è 𝗿𝗶𝗽𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲.“Se arriva in tempo si chiama educazione, se arriva tardi si chiama...
02/11/2025

𝗟’𝗲𝗱𝘂𝗰𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 è 𝗽𝗿𝗲𝘃𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. 𝗟𝗮 𝘁𝗲𝗿𝗮𝗽𝗶𝗮 è 𝗿𝗶𝗽𝗮𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲.

“Se arriva in tempo si chiama educazione, se arriva tardi si chiama terapia” - V. King

Questa frase ci ricorda che ogni gesto educativo fatto al momento giusto può fare la differenza. Un ascolto attento, una presenza costante, un intervento tempestivo sono semi che germogliano nel tempo e prevengono sofferenze future.

Quando scegliamo di educare con cura e consapevolezza oggi, costruiamo le basi per adulti più equilibrati domani. Quando manchiamo questi momenti, rischiamo che ciò che poteva essere crescita diventi ferita da guarire.

Investiamo nell’educazione oggi per non dover ricorrere alla terapia domani. Perché prendersi cura in tempo è sempre meglio che dover riparare dopo.

ℹ️ Nota sulla trasparenza: Contenuto originale dell’autore, revisione linguistica assistita da AI senza modifiche.

𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗰𝗲𝗹𝗹𝘂𝗹𝗮𝗿𝗲 𝘃𝗶𝗻𝗰𝗲 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗮 𝗳𝗮𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮: 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝘀𝘁𝗮 𝗱𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝗼 𝘀𝘂𝗰𝗰𝗲𝗱𝗲𝗻𝗱𝗼?Mi capita spesso di assistere o ricevere richieste...
31/10/2025

𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗰𝗲𝗹𝗹𝘂𝗹𝗮𝗿𝗲 𝘃𝗶𝗻𝗰𝗲 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗮 𝗳𝗮𝗺𝗶𝗴𝗹𝗶𝗮: 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝘀𝘁𝗮 𝗱𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝗼 𝘀𝘂𝗰𝗰𝗲𝗱𝗲𝗻𝗱𝗼?

Mi capita spesso di assistere o ricevere richieste di aiuto per scene come questa (e mille varianti):
un genitore chiede al figlio adolescente di lasciare il telefono per un momento di condivisione familiare, e la risposta è "ma devo rispondere, è importante".

Importante più della famiglia e del momento che stiamo trascorrendo insieme?

Quello che osservo non è semplicemente "un ragazzo maleducato" o "la dipendenza dal telefono". C'è qualcosa di più profondo.

𝗤𝘂𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗽𝗮𝗿𝗼𝗹𝗮 "𝗶𝗺𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗻𝘁𝗲" è 𝗴𝗶à 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗹𝗲𝗺𝗮
Fermiamoci un attimo su questa risposta: "è importante". Questa giustificazione è già, di per sé, un segnale da osservare e di cui farne lettura.

Può essere:

𝗠𝗮𝗻𝗶𝗽𝗼𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗮𝗽𝗲𝘃𝗼𝗹𝗲: il ragazzo usa strategicamente la parola "importante" per legittimare un comportamento che sa essere inappropriato. È un tentativo di ribaltare la situazione, facendo sentire il genitore irragionevole e farlo accondiscendere al bisogno del filglio.

𝗜𝗻𝗴𝗲𝗻𝘂𝗶𝘁à 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮: il ragazzo crede davvero che ogni notifica, ogni messaggio, sia imprescindibile e urgente. Non riesce a distinguere tra ciò che è veramente importante e l'impulso del momento.

𝗘𝗻𝘁𝗿𝗮𝗺𝗯𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗲 𝘀𝗶𝘁𝘂𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝘃𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗿𝗲𝗴𝗼𝗹𝗮𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝗳𝗲𝗿𝗺𝗲𝘇𝘇𝗮.

Nel primo caso, stiamo permettendo che si consolidi un pattern manipolativo nelle relazioni. Nel secondo, stiamo lasciando che cresca senza la capacità di gerarchizzare priorità e valori.

Il vero problema? L'adolescente che non riesce a posticipare la risposta a un messaggio sta mostrando una difficoltà nell'autocontrollo emotivo e comportamentale. Il cervello adolescenziale, ancora in fase di sviluppo, cede alla gratificazione immediata invece di saper aspettare.

Sapersi autoregolare rafforza il carattere e aumenta la consapevolezza di sé stessi e del poter me di autodeterminarsi.

Spesso dietro questa urgenza, inoltre, potrebbe nascondersi la 𝗙𝗢𝗠𝗢 (Fear Of Missing Out): la paura di perdersi qualcosa nel gruppo dei pari, che per gli adolescenti ha un peso emotivo enorme. Ma è proprio qui che l'adulto deve interve**re con solidità e autorevolezza.

"𝗜𝗺𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗻𝘁𝗲" 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗶𝗴𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮 "𝘂𝗿𝗴𝗲𝗻𝘁𝗲"

L'adulto deve aiutare il ragazzo a capire che importante non significa correre subito a rispondere.

Trovarsi in un contesto familiare e cercare di gestire messaggi significa dare un'attenzione frammentata, dimezzata.

Significa spostare l'attenzione dal momento che si sta vivendo con persone in presenza a qualcosa che, se davvero importante, meriterebbe invece un tempo e uno spazio esclusivo, dove poter dedicare tutta la propria attenzione.

Rispondendo di fretta tra una portata e l'altra, il ragazzo non onora né la famiglia né l'amico che ha scritto.

E poi pensiamoci… se non si risponde alla chat, facilmente si interromperà temporaneamente, altrimenti si alimenterà con ulteriori messaggi.

𝗣𝗲𝗿𝗰𝗵é è 𝗶𝗺𝗽𝗼𝗿𝘁𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝘃𝗲𝗻𝗶𝗿𝗲?

Perché se questo schema si consolida, rischiamo che questi ragazzi:
- Non sviluppino la capacità di differire la gratificazione (fondamentale per studio e lavoro)
- Non imparino a "stare nel presente" e a dare valore ai momenti significativi
- Costruiscano relazioni superficiali basate sull'urgenza e l'attenzione frammentata, non sulla profondità
- Sviluppino strategie manipolative per ottenere ciò che vogliono

𝗖𝗼𝘀𝗮 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗳𝗮𝗿𝗲?

Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di educare all'autoregolazione:

✅ Creare zone e tempi "phone-free" in famiglia (a tavola, la sera dopo una certa ora)
✅ Smascherare con calma ma fermezza la giustificazione: "Capisco che ti sembri importante, ma non è urgente. Aspetterà"
✅ Aiutarli a distinguere tra importante e urgente: "Può davvero aspettare 30 minuti per avere la tua attenzione piena?"
✅ Non cedere alla manipolazione emotiva
✅ Coinvolgerli nella creazione di regole condivise, non imposte dall'alto
✅ E soprattutto: dare l'esempio. I ragazzi imparano più da quello che facciamo che da quello che diciamo.

A 16 anni è ancora pienamente possibile educare l'autocontrollo. Ma serve agire ora, con fermezza e coerenza.

Il tempo con le persone che amiamo non tornerà. I messaggi, invece, possono aspettare.

ℹ️ Nota sulla trasparenza: Contenuto originale dell'autore, revisione linguistica assistita da AI senza modifiche.

”𝗦𝗼𝗻𝗼 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗿𝘀𝗮.” “𝗡𝗼𝗻 𝗵𝗼 𝘂𝗻 𝗺𝗶𝗻𝘂𝘁𝗼.” “𝗧𝘂𝘁𝘁𝗼 𝘂𝗿𝗴𝗲𝗻𝘁𝗲.”Lo diciamo come fosse un vanto. Un badge di produttività, di...
31/10/2025

”𝗦𝗼𝗻𝗼 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗱𝗶 𝗰𝗼𝗿𝘀𝗮.” “𝗡𝗼𝗻 𝗵𝗼 𝘂𝗻 𝗺𝗶𝗻𝘂𝘁𝗼.” “𝗧𝘂𝘁𝘁𝗼 𝘂𝗿𝗴𝗲𝗻𝘁𝗲.”

Lo diciamo come fosse un vanto. Un badge di produttività, di importanza. Come se essere occupati equivalesse a essere essenziali.

Ma la fretta cronica non costruisce ponti, erige muri sempre più alti e poi ci isoliamo per meditazioni di gruppo… week end in centro benessere, ecc. ecc. ecc. per poi tornare subito sulla ruota del criceto.

La fretta trasforma le persone in scadenze. I rapporti in transazioni. Le conversazioni in checklist. Toglie dignità alle relazioni professionali, svuota di senso anche i progetti più importanti.

E alla fine? Ci ritroviamo circondati da risultati ma soli. Efficienti ma disconnessi.

Il problema non è lavorare intensamente. È aver normalizzato un sistema dove non c’è spazio per l’umano. Dove rallentare è visto come debolezza, ascoltare come perdita di tempo.

𝗠𝗮 𝗰’è 𝘂𝗻 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗺𝗼𝗱𝗼.

Rimettere la persona al centro non è utopia, è scelta. Significa costruire ambienti di lavoro dove i rapporti hanno dignità, dove la velocità non schiaccia la profondità, dove il valore vero sta nelle connessioni, non solo nei deliverable.

In Iocomerisorsa crediamo che quando le persone contano davvero, tutto il resto funziona meglio. Più forte. Più sostenibile.

👉 Consulenze e supervisioni professionali di processo.

𝗘 𝘁𝘂? 𝗦𝘁𝗮𝗶 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗿𝘂𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗽𝗼𝗻𝘁𝗶 𝗼 𝗺𝘂𝗿𝗶?

Il video esplora l'effetto Dunning-Kruger, una distorsione cognitiva che porta le persone con basse competenze a sovrast...
30/10/2025

Il video esplora l'effetto Dunning-Kruger, una distorsione cognitiva che porta le persone con basse competenze a sovrastimare le proprie abilità.

Attraverso esempi e riflessioni, si evidenziano i rischi di questo fenomeno, come decisioni errate e comportamenti presuntuosi.

Il dott. Polito ci accompagna attraverso Socrate ad esplorare la consapevolezza dei propri limiti.

Si analizza il fenomeno dei "tuttologi" sui social media e si sottolinea l'importanza dell'umiltà intellettuale e dell'apprendimento continuo.

Infine, si invita il pubblico a unirsi all'esplorazione della mente umana e delle distorsioni cognitive che tanto influenzano le nostre interazioni quotidiane.

🎧 Buon ascolto e buona visione

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Il video esplora l'effetto Dunning-Kruger, una distorsione cognitiva che porta le persone con basse competenze a sovrastimare le proprie abilità. Attraverso ...

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