29/08/2025
5 STELLE PER UN SÌ
Quando un successo viene dipinto come un fallimento e un atto virtuoso mascherato da scandalo, la comunità ci perde. A Trinitapoli è ormai all’ordine del giorno imbattersi in post nati da menti affamate di visibilità e ossessionate dallo scontro.
L’obiettivo? Paralizzare, o almeno rallentare, la macchina amministrativa, anche a costo di stravolgere la realtà.
Esempi di narrazione distorta: un cartellone estivo applaudito da tutti diventa “un fiasco” senza appello; un deprecabile commento su Facebook di un cittadino viene spacciato come comunicato ufficiale della maggioranza; il miglioramento di un’opera pubblica viene usato come pretesto per un’inutile “insurrezione popolare”.
Da un lato c’è chi lavora ogni giorno per rendere la città più attrattiva, regalare momenti di gioia e offrire servizi all’altezza delle aspettative. Dall’altro chi, con illazioni stupidamente provocatorie, cerca di seminare rabbia e sfiducia, puntando al regresso dell’intera comunità per fini esclusivamente personali.
Ormai è diventato lo sport preferito di S.I. e dei 5 Stelle quello di alternarsi tra insulti, solidarietà vicendevoli (“Carulli ringrazia Lamacchia che ringrazia Carulli… che schifo”), attacchi, inquinamento dei pozzi e avvelenamento del clima, al solo fine di alzare il polverone mediatico e abbruttire la vita politica locale, pensando così di sfiancare il sindaco e portare dalla propria parte il popolo.
Idioti! Più fanno così, più la gente prenderà le distanze non dal sindaco, ma da tutti i politici, facendo vincere l’astensione al voto.
I 5 Stelle, che a livello locale e nazionale hanno dimostrato di non essere affatto un modello di buona amministrazione, si ergono oggi a moralizzatori, dimenticando i loro clamorosi fallimenti. Il funzionario attaccato ha operato con trasparenza e professionalità.
L’annullamento delle gare non è uno scandalo, ma la prova che l’Amministrazione non ha paura di intervenire quando serve, correggendo eventuali errori e garantendo legalità e chiarezza. Questo è senso di responsabilità, non certo una colpa politica. Fa sorridere che proprio i 5 Stelle parlino di “trasparenza” e “coerenza”:
- a Roma hanno lasciato la Capitale in un degrado mai visto, incapaci di gestire persino i rifiuti;
- a Torino hanno accumulato debiti e fallito nella gestione economica;
- a livello nazionale, sono passati dal “mai con nessuno” all’allearsi con chiunque pur di restare attaccati alle poltrone.
Altro che coerenza: ovunque hanno governato hanno dimostrato improvvisazione, contraddizioni e incapacità.
Gli stessi che accusano il Sindaco di “ingerenze politiche” sono quelli che cercano di strumentalizzare la nomina di un funzionario soltanto perché, in passato, avrebbe manifestato simpatie politiche? Vogliamo fare l’analisi del sangue ai funzionari e verificare le loro appartenenze politiche? I 5 Stelle ci sono o ci fanno? I funzionari – compreso Soldano – hanno vinto un concorso.
Le polemiche sollevate in queste ore non possono rimanere senza risposta, soprattutto perché mirano a screditare il Sindaco, l’Amministrazione comunale e persino un funzionario tecnico, con il solo obiettivo di creare confusione e avvelenare il dibattito pubblico.
Chi oggi parla di “trasparenza” e “vigilanza” è lo stesso che in passato ha tollerato, se non favorito, pratiche amministrative discutibili che hanno portato il nostro Comune al dissesto e poi allo scioglimento per mafia e commissariamento. Dove erano allora i paladini della legalità? Tramavano contro. Con quale credibilità oggi vengono a impartire lezioni?
Non si può invocare la separazione tra politica e gestione quando fa comodo, e allo stesso tempo accusare il Sindaco di ingerenze laddove queste non esistono. Questa è pura incoerenza.
Chi oggi si erge a “controllore” dimostra di essere più interessato allo scontro che al bene dei cittadini.
La verità è che i cosiddetti “stellati” (o pseudo-oppositori di turno) non hanno mai digerito l’esito elettorale e provano in tutti i modi a screditare l’Amministrazione, passando da una contraddizione all’altra. Da un lato parlano di “politica adulta”, dall’altro alimentano un clima di insulti, illazioni e sospetti, persino su persone che svolgono funzioni tecniche.
Da un lato chiedono collaborazione, dall’altro dipingono chi governa come nemico da abbattere.
È questa la loro coerenza: zero.
C’è chi ancora, in questo tempo smarrito, pretende di ridurre le persone a meri riflessi di altri: il padre, il fratello, la cognata, il consigliere, l’assessore, il dipendente… come se l’identità individuale non esistesse, come se ognuno fosse proprietà di qualcun altro.
Eppure la Costituzione e il diritto penale parlano chiaro: la responsabilità è personale. Ogni individuo è titolare della propria capacità di intendere, di volere e di agire.
Non si può annullare la soggettività dei cittadini incasellandoli in parentele, amicizie o rapporti di lavoro nel tentativo meschino di colpire un bersaglio politico. Il sindaco risponde delle proprie azioni, non di quelle di congiunti, parenti, affini o appartenenti a movimenti o partiti che si ispirano a lui.
Attribuirgli in modo strumentale la condotta altrui significa calpestare i principi basilari dello Stato di diritto e mortificare la dignità delle persone coinvolte. È un modo degradante di fare politica, perché sottrae dignità alle persone e riduce la democrazia a teatro di guitti e ominicchi, pronti a travestire la loro mediocrità con parole altisonanti. Si studiano trappole, si confezionano insinuazioni, e il fine resta sempre lo stesso: il sindaco come unico bersaglio.
Il risultato è squallido: non persone, ma pedine di un gioco sporco; non cittadini, ma comparse ridotte a ombre. Ma le ombre non oscurano la luce. E la politica non può ridursi a catena di insinuazioni familiari: chi lo fa dimostra di non avere idee, visione né dignità.
Tarantino – Triglione – Depasquale – Carulli – D’Introno – Sannicandro – Fiorentino – Capurso – Bruno T. – Lamacchia P.
Sono i “dieci piccoli indiani “de casa nostra”: come nel romanzo ruotano intorno a due temi principali, Giustizia e Vendetta. Chi non ha pagato per i propri crimini viene punito da un “giustiziere”.
Tutto quello che sta accadendo ha un aspetto psicologico, politico e giuridico ed è molto allarmante, inquietante, antidemocratico: paragonabile a un golpe!
Questi dieci piccoli indiani hanno uno scopo: lo scioglimento del consiglio comunale. Il loro auspicio – e stanno lavorando in tal senso – è che lo scioglimento si ripeta ai sensi dell’articolo 143 del TUEL; in mancanza, si accontenterebbero dello scioglimento per morte del sindaco o, in alternativa, per ammutinamento (anche qui sono all’opera). La loro strategia allora è l’“ammuina”: tanto caos per dare la sensazione a inquirenti, forze dell’ordine e Prefettura che la città sia in subbuglio, che l’ente locale sia in confusione e la gestione compromessa. Ecco spiegata l’azione dei dieci piccoli indiani (supportata in modo collaterale e indiretto da vecchi e nuovi fiancheggiatori, più o meno visibili), che sta portando la nostra città alla deriva politica, ha sfiancato i cittadini e fa sorridere amaramente chi ci guarda da fuori.
Anche l’imminente campagna elettorale per le regionali si assesterà a Trinitapoli a queste traiettorie, declinandosi in un caleidoscopio di violenze più o meno verbali o scritte per richiamare l’attenzione sulla città!
Chi ama Trinitapoli dovrebbe ribellarsi a questo schema mortale: la lotta ossessiva all’uomo di Feo – di Feo – di Feo – di Feo – di Feo ….per arrivare al potere ad ogni costo e con ogni mezzo.
Basta! Lasciate lavorare. Ma non vi vergognate?!