Doctor Keos

Doctor Keos Italian Techno DJ-Producer

www.doctorkeos.com

[email protected] A 11, nel 1999, anni già mixava nei primi eventi.

🎧 DOCTOR KEOS – DJ & PRODUCER TECHNO 🔥
25+ milioni di ascolti | Attivo dal 1999 | Sound potente & tecnico

Dal 1999 in console e dal 2006 in studio, Doctor Keos è un DJ e produttore musicale professionista, con un percorso costruito su passione, tecnica e versatilità.

🎹 Nato nel 1988, ha iniziato a suonare la tastiera dal 1995. Negli anni ha esplorato vari generi, ma oggi si concentra su techno,

hard techno e industrial, portando nei club set carichi di energia e una precisione tecnica rara.

📍 LIVE DJ EXPERIENCE
Doctor Keos ha suonato in tutta Italia e all’estero (Svizzera ed Egitto), con una lunga serie di residenze in discoteca e show importanti:

🔹 2010–2017 → Residente in locali tra Sicilia, Puglia, Lazio, Sardegna, Svizzera ed Egitto
🔹 2015 → Live davanti a 3.000 persone (Carnevale di Lamezia Terme)
🔹 2016 → 10.000 persone al Carnevale + resident in Calabria
🔹 2019–2023 → Resident al Planet Lounge (Calabria)
🔹 2024 → Resident alla Rotonda Beach Club di Copanello
🔹 2025 → Focus solo su eventi da Guest DJ

💣 HIT E COLLABORAZIONI
✅ “Taranteiro” – con Bossanova DJ, Francesca Cittadino e Scream → 13M views
✅ “Music is the Power” – con Francesca Cittadino, PO$ITIVE e CAR6 → 3M views
✅ Brani con Tony Arms (anche cover di "Rhythm is a Dancer" e tracce drum&bass)
✅ "Le Radici Ca Tieni" (cover remix) con Jean Marie & Leo Cavada
✅ "In Da Ghetto" (cover remix) con Lo Scomodo
✅ Remix ufficiali: “Eyes of Fear” di Pavesi Sound, “Welcome to Calabria” di Calabro Project
✅ Pubblicazioni con Treated Tone, Paola Belletti, Lo Scomodo, El Darky
✅ Brano “Trompeta” con Valentino Favetta e Tony Arms su Smilax (presente su Hit Mania)

💽 LABEL & RELEASES PUBBLICATE SU:
🎧 Universal, Virgin, Sony, The Orchard, Smilax, Breakstorm
🎧 Visory Records e Madafactory Music (gestione divisione elettronica come A&R)

TRAP = 💩Ed è per questo che le discoteche sono diventate m***a.Prima di distruggere tutto, partiamo dall’unico punto a f...
14/09/2025

TRAP = 💩
Ed è per questo che le discoteche sono diventate m***a.

Prima di distruggere tutto, partiamo dall’unico punto a favore che va riconosciuto: rispetto all’hip-hop italiano “vecchio stampo”, la trap ha saputo lavorare meglio sul songwriting. Alcuni pezzi hanno linee melodiche prese dal pop, ritornelli orecchiabili e meno “sconclusionati” rispetto a tanto rap italiano che sembrava scritto giusto per riempire le barre. Questo è l’unico vero passo avanti. Fine.

Per il resto… la trap in discoteca è un disastro sotto ogni punto di vista.

🎶 1) Lato musicale

La trap non è musica da ballare.
Non ha ritmo, non ha groove, non ha quel 4/4 che ti fa muovere fino al mattino.

Per quanto recuperi un minimo sul lato melodico, resta senza struttura ritmica: e se manca il ritmo, non è nemmeno musica da club.
In più, la qualità di produzione è pessima: master scadenti, basi pensate per smartphone e TikTok, non per un impianto da discoteca già di suo, per non parlare dei DJ che a livello tecnico sono peggio dei principianti.

Risultato? Audio che satura, stanca e suona male quando va bene, se non del tutto assoluta distorsione.

📝 2) Lato testi

Qui il problema è enorme:
I testi esaltano violenza, malavita, arroganza, droga e perfino sesso ottenuto con prepotenza.
La discoteca, che per natura dovrebbe trasmettere gioia, libertà, festa e aggregazione, si ritrova a mandare messaggi opposti: aggressività, divisione, conflitto.
E in Italia la cosa fa ancora più ridere: la maggior parte di questi testi sono finti. Non c’è vissuto reale dietro, solo copia-incolla di modelli americani.

🕺 3) Lato discoteca

La trap snatura proprio l’essenza della discoteca.
Il club nasce come spazio per stare insieme, abbattere barriere sociali, ballare, condividere e includere.
Con la trap, invece, diventa un’arena di esclusione, competizione e ostentazione: chi spende di più, chi compra più bottiglie, chi fa vedere di essere “più grosso” degli altri e chi tende ad accettare solo alcuni standard di persone.
Se poi aggiungiamo i privé in eccesso, la situazione peggiora: la pista si svuota, la gente si divide in caste, e al posto della festa si crea un clima tossico.

Persone che invece di ballare si guardano in cagnesco per dimostrare di essere “più forti”, fino allo sfociare in una guerra punica quando non si riesce nell’intento di dimostrare la propria supremazia.

🛡️ 4) Sicurezza

E per continuare col punto precedente, qui tocchiamo il fondo:
I testi violenti danno un ulteriore contributo per aumentare risse e tensione.
Già di per sé la discoteca ha dinamiche delicate perché negli anni si sono fatti errori madornali con l’illusione di aumentare i guadagni, ma con la trap l’aggressività viene moltiplicata.
E se inviti un ospite trap, i problemi raddoppiano: servono ancor più bodyguard, più controlli, più staff dedicato, più logistica da gestire rispetto ad una serata trap normale che già di suo per i motivi elencati fin ora ha bisogno di più controllo rispetto ad una serata da discoteca tradizionale.
In pratica trasformi la sicurezza, che dovrebbe essere discreta e funzionale, in una specie di esercito pronto alla guerra.

Ergo:
Costi alti, esperienza pessima e reputazione del locale compromessa.

💸 5) Cachet e professionalità

Altro punto assurdo: i cachet degli ospiti.
Paghi migliaia di euro per artisti che non fanno musica da discoteca, che spesso arrivano e cantano in playback, oppure DJ che non sanno nemmeno mixare, con file mal masterizzati che distruggono l’impianto è non hanno come obiettivo quello di fidelizzare la clientela. Quindi aumentano le spese del marketing perché bisogna continuare a pubblicizzare di serata in serata prodotti scadenti invece di investire sulla qualità che porterebbe invece un ritorno di pubblico per soddisfazione.
La verità? Con una frazione del prezzo, un DJ resident bravo può portare più guadagno, più atmosfera e fidelizzare il pubblico molto più di un ospite trap.
Per non parlare del fatto che chi balla beve di più e si ubriaca di meno perché suda, e quindi scarica liquidi e alcol.

📊 6) Analisi economica concreta

Facciamo due conti semplici su una discoteca da 1.000 persone, biglietto medio 20 € e consumo medio al bar 15 €:
• Serata normale (senza ospiti):
Ingresso 20.000 € + Bar 15.000 € = 35.000 € di ricavi.
Tolti i costi (12.500 €), restano 22.500 € di profitto.
• Serata con ospite trap (cachet 8.000 € + extra costi):
Stessi ricavi (35.000 €), ma costi 26.400 €.
Risultato: solo 8.600 € di profitto. Quasi 14.000 € in meno di una serata normale.
• Anche se l’ospite porta 200 persone in più (1.200 totali):
Ricavi 42.000 €, costi 26.400 €. Profitto 15.600 €.
Ancora molto meno dei 22.500 € della serata normale.
• Privé: riduce la pista, aumenta i costi, divide il pubblico. Può sembrare che porti più soldi (bottiglie, tavoli), ma spesso il guadagno è minore rispetto a una pista piena. Senza contare il clima tossico di competizione che crea e del fatto che se hai una capienza da rispettare metti ancor di più a repentaglio la sicurezza di un locale. Quindi in questo esempio ho aggiunto un numero di persone presenti ad un evento che non bisognerebbe nemmeno considerare di avere in serata.

Insomma: la trap non conviene nemmeno economicamente.

🔚 Conclusione

La trap in discoteca è un errore sotto ogni punto di vista:
• Non è musica da ballo.
• Porta messaggi tossici.
• Snatura lo spirito della club culture.
• Aumenta costi e rischi.
• Non conviene economicamente.

Unico merito? Ha copiato dal pop il concetto di ritornello orecchiabile. Fine della storia.

Se la discoteca deve tornare a essere ciò che è sempre stata — festa, libertà, ballo, aggregazione — allora la trap va lasciata fuori dalla porta.

A volte bisogna fermarsi, per ricordarsi da dove è partita la propria musica.
10/09/2025

A volte bisogna fermarsi, per ricordarsi da dove è partita la propria musica.

Faccio il DJ non solo perché amo la musica, ma perché ho sempre voluto portare qualcosa di diverso e autentico.Perché ho...
09/09/2025

Faccio il DJ non solo perché amo la musica, ma perché ho sempre voluto portare qualcosa di diverso e autentico.
Perché ho visto troppe volte persone annoiarsi in discoteca, come se si fosse perso il vero senso del divertimento.

La pista non si muove con i tecnicismi o con le mode passeggere.
Certo, saper mixare bene è fondamentale (e io ci ho lavorato tanto), ma non basta: serve empatia.
Serve la capacità di capire il pubblico, leggere le sue energie e trasformarle in un’esperienza che resta impressa.

Quando la gente è felice, la serata cambia faccia:
– un ragazzo che balla e sorride non ha bisogno di importunare nessuno per sentirsi “arrivato”;
– una ragazza, in un contesto sano e positivo, è più libera di divertirsi e, se vuole, di approfondire con chi le trasmette la stessa energia;
– tutti vivono un’atmosfera in cui nascono ricordi, flirt, amicizie e storie da raccontare.

E questo è il punto: la musica giusta mette in moto un circolo virtuoso che rende la serata davvero indimenticabile.

Il problema è che spesso chi gestisce i locali si concentra su logiche sbagliate, preferendo il “fuoco di paglia” al percorso a lungo termine.
Pochi hanno capito davvero quanto un DJ capace di far divertire e di distinguersi dai soliti cliché possa trasformare un locale in un punto di riferimento stabile.

Io sono uno di quei DJ che porta valore, che costruisce esperienze e non serate fotocopia.
Perché il mio obiettivo non è solo far ballare: è fare in modo che chi torna a casa dopo una notte in pista abbia voglia di rivivere quella sensazione, e di tornare di nuovo.

I DJ della “vecchia scuola” che oggi dicono:“si dovrebbe tornare ai vinili e poi vediamo quanti sarebbero DJ”,sono spess...
08/09/2025

I DJ della “vecchia scuola” che oggi dicono:
“si dovrebbe tornare ai vinili e poi vediamo quanti sarebbero DJ”,
sono spesso gli stessi che, per anni, hanno accettato di suonare nelle serate con tronisti e personaggi televisivi, o hanno portato gente pur di avere uno slot.

Quel sistema non è nato da solo: lo hanno creato loro.
E come in ogni ambito, le generazioni successive si trovano a raccogliere i frutti (amari) delle scelte fatte da chi c’era prima.

Il clubbing non è diverso.
Prima si è normalizzato il “chi porta più gente suona” o “mettiamo l’ospite famoso per riempire il locale”. Oggi ci ritroviamo con un mercato che premia i numeri più della musica.

Inoltre, quando nasceva una nuova leva, avevano paura di essere sorclassati e, quindi, invece di fungere da "filtro" per capire chi mandare avanti della generazione successiva che avrebbe lasciato ai posteri una cultura tramandata, agli inizi degli anni 2000, chi aveva un giro di eventi creato con questi sistemi fatti di favoritismi e lecchinaggio, tagliava i ponti a tutti.

Me compreso.

Immagino che come me, qualsiasi DJ della mia generazione si sia trovato a dover risolvere il problema del come cominciare a fare eventi per farsi conoscere.

Quindi, mentre da un lato c'erano gli storici che facevano i fighi e si spacciavano per veri DJ, dall'altra c'erano quelli che per loro erano i reietti, quelli come me che avevano grinta, non si perdevano d'animo e andavano avanti lo stesso.

Ma purtroppo, senza quel filtro che venendo a mancare ha fatto in modo che anche chi con la musica non ci azzeccava una strada la trovava lo stesso, perché pensavano che comunque una strada per fare il DJ c'era lo stesso e che non era quella di affiancarsi a DJ che c'erano da prima, come accadeva fino alla fine degli anni '90. Filtro che per fortuna io mi sono auto imposto prendendo spunto non solo dai DJ, ma anche da chi la musica la faceva davvero, come i musicisti tradizionali e chi produceva a prescindere se faceva anche il DJ o meno.

Gli organizzatori e i titolari dei club dal 2000 in poi non ci hanno mai capito nulla di musica.
Per loro era solo guadagnare da un numero consistente di persone che pagava l'ingresso e consumava alcol. Meglio ancora se l'ingresso lo pagava senza che gli venisse dato il drink incluso.
Quindi hanno pensato che non era la fidelizzazione, quindi la qualità ad importare, ma attirare quante più persone possibili. Cosa attirava le persone? Vedere il loro idolo, a prescindere da quale tipologia di idolo fosse, quindi andavano bene anche i tronisti. Che poi attiravano femmine in calore che attiravano maschi allupati.

Hanno completamente ignorato che questo sistema ti porta clienti non in target.

Chi usa questo sistema magari fa 2000 persone il primo sabato. Ma poi il sabato successivo ne ritrova 200.
E così, mentre prima avevi un pubblico fidelizzato da 500 persone che tornavano ogni settimana per la musica, adesso li hai persi.
Il risultato? In un sabato fai il quadruplo di presenze, ma spendi otto volte di più per personale, sicurezza e ospiti, guadagnando alla fine meno della metà.

Quindi ha poco senso fare la morale sui vinili: i problemi veri non stanno nei supporti, bensì nel modo in cui la scena è stata gestita. Sta a noi – nuova generazione – decidere se subire o riscrivere le regole.

La verità è semplice: non è questione di formato.
La tecnologia non ha mai rovinato la scena: lo hanno fatto i compromessi, i favoritismi e i criteri di booking sbagliati.

Il vinile è cultura, è storia, ma non è la soluzione magica.
Anzi, pure quando c’erano solo i vinili c’era chi faceva schifo e pietà invece di fare una performance strabiliante, capace di restare nella storia.
Ed infatti, allora come oggi, sono pochi i nomi degni di rispetto e ancor meno quelli che spiccano e sono rispettati da tutti.

La scena si salva solo cambiando gli incentivi: scegliendo i DJ per la qualità e la professionalità, non per i follower; valorizzando i locali che puntano sulla musica, non sul personaggio da reality di turno; pretendendo trasparenza e rispetto.

Perché sì, ogni generazione eredita i problemi della precedente.
Ma sta a noi decidere se subirli o riscrivere le regole.

To be continued…

NON BASTA ESSERE BELLI PER ESSERE DJ… MA PROVATE A DIRLO ALLE AGENZIEIl problema oggi non sono i DJ scarsi.Il problema s...
03/09/2025

NON BASTA ESSERE BELLI PER ESSERE DJ… MA PROVATE A DIRLO ALLE AGENZIE

Il problema oggi non sono i DJ scarsi.
Il problema sono le agenzie di booking che invece di puntare su chi ha passato anni a suonare nei club, a studiare musica e a farsi il mazzo, preferiscono mettere in console tronisti, influencer, modelli e perfino p***o star.

Ormai conta solo avere la faccia giusta e i follower, non saper far ballare la gente.
Conta più il set fotografico che il DJ set.
Conta l’immagine, non la musica.

E intanto, quelli che hanno fatto serate su serate, chilometri e nottate, che hanno suonato anche in condizioni assurde pur di portare la musica, vengono ignorati.

La scena non è morta.
La scena è stata venduta al miglior offerente.

OLLY È IL MIGLIOR CANTANTE ITALIANO - MA PER FAVORE!(SOLO SULLA CARTA).Vi prego: basta con ‘sta favola del “miglior cant...
01/09/2025

OLLY È IL MIGLIOR CANTANTE ITALIANO - MA PER FAVORE!
(SOLO SULLA CARTA).

Vi prego: basta con ‘sta favola del “miglior cantante italiano”. È il 2025, non siamo nati ieri.
Una volta — sì, lo dico — contavano voce, scrittura e arrangiamenti. C’erano canzoni che ti spostavano il diaframma, non solo l’algoritmo. Oggi la filiera è un’altra: hook da 15 secondi, pitch corretto in tempo reale, campagne, playlisting, media strategy. È industria, non (solo) arte. E Olly è il case study perfetto.

Ecco perché “miglior cantante” è un’etichetta vuota:

Live con autotune: ormai non è un segreto, lo si è detto chiaramente anche da voci autorevoli della critica musicale. L’autotune è diventato protagonista, e Olly ne è il simbolo. Possiamo romantizzare quanto vogliamo, ma se il “miglior cantante” ha bisogno della rotellina anche all’Ariston, forse stiamo premiando il prodotto, non l’interpretazione.

Sistema di potere: la narrativa “vince il più bravo” coesiste con un management ultra-performante. La manager di Olly — Marta Donà — è al centro del dibattito perché negli ultimi anni ha seguito una striscia di vincitori: Måneskin, Mengoni, Angelina Mango… e ora Olly. È diventato un meme perfino sulle pagine di costume. Possiamo chiamarlo professionalità, network, ex*****on. Ma non raccontiamoci che non conti.

Sanremo e le “coincidenze”: ogni anno spuntano letture sul televoto, sui numeri “fortunati” e su pesi/contrappesi tra giurie e pubblico. Carlo Conti ha risposto: “Ascolto solo i brani, non guardo management, autori, case discografiche”, e sulle teorie dei numeri ha parlato di coincidenze. Perfetto. Ma se ogni anno dobbiamo spiegare il meccanismo e sminare sospetti… è perché il meccanismo è opaco per definizione. E quando l’opacità incontra una macchina promozionale fortissima, il mito del “miglior cantante” diventa marketing.

Scrittura “a prova di algoritmo”: il brano vincente è costruito con tutti i ganci del pop contemporaneo (intro-hook, payoff immediato, safe nostalgia). Funziona? Sì. È “il migliore”? Calma. È ottimo product-market fit nel 2025, non il metro universale del canto.

Critica divisa: c’è chi celebra, ma non sono mancate penne autorevoli che hanno parlato di vittoria sconcertante, performance ingessata e canzone “di forma più che di sostanza”. Non è odio: è analisi musicale.

Per capirci: zero attacchi personali. Bravo chi lavora, chi studia, chi sa stare nel 2025 con intelligenza. Ma smettiamola di spacciare un risultato ottenuto anche grazie a una macchina perfetta (management, PR, media, format Festival) per una verità assoluta sul “miglior cantante”. È un successo industriale in un ecosistema calibrato sulle metriche, non il ritorno dell’ugola d’oro.

Se amate la musica — davvero — pretendete trasparenza sui processi, performance vocali verificabili e criteri chiari. Poi parliamo di “migliori”. Fino ad allora, sulla carta potete scrivere quello che volete. Sul palco e sul nastro è un’altra storia. Punto.

🎉 26 anni tra consolle e sogni, 13 da professionista in tutta Italia 🎶Con TARANTEIRO ho raggiunto 13 milioni di ascolti,...
01/09/2025

🎉 26 anni tra consolle e sogni, 13 da professionista in tutta Italia 🎶

Con TARANTEIRO ho raggiunto 13 milioni di ascolti, con MUSIC IS YOUR POWER 5 milioni, e con altri brani oltre 1 milione… in totale più di 25 milioni di ascolti 🌟
Su TikTok oltre 30 mila condivisioni, miliardi di visualizzazioni: ogni giorno la musica che produco continua a sorprendere.

Non sono solo numeri: sono passione, dedizione e anni di lavoro. E sì, capita che certi vengano scelti più per conoscenze che per merito… ma chi conosce il mio percorso sa distinguere tra chi costruisce valore e chi no 👀
A chi mi sostiene davvero: grazie di cuore, siete voi la mia vera forza 🙏

⚡️ E adesso uno sguardo a Halloween…
Molti mi chiedono: “Dove suonerai la notte di Halloween?”
La verità è semplice: non dipende solo da me. Spesso chi organizza eventi guarda solo ai numeri, senza considerare il percorso e la musica.

Halloween però per me ha un significato speciale (è anche il mio compleanno 🎂), e mi piacerebbe renderlo un momento unico.
Se anche voi volete vedermi dietro la consolle in quella notte, potete darmi una mano: parlatene con amici, locali e promoter della vostra zona. Con il vostro supporto, portiamo davvero un Halloween da paura 🕸️🔥

✨ Questa estate mi sono dovuto fermare per la gioia più grande della mia vita.
Un nuovo inizio che mi ha dato ancora più motivazioni e responsabilità, ma che allo stesso tempo mi spinge a recuperare il tempo perso. Perché io vivo di musica, e ogni evento non è solo intrattenimento: è ciò che mi permette di trasformare passione, sacrificio e amore in futuro.

💬 Fatemi sapere nei commenti chi c’è e chi vorrebbe festeggiare con me: trasformiamo insieme questa energia in realtà!

31/08/2025

VI COMPRATE LE CONSOLE DA 5K € PER FARE ANCORA PIÙ SCHIFO 🤮

31/08/2025
Negli ultimi giorni ho visto girare sui social un post condiviso da diversi DJ. Non era un sostegno, ma un segnale di di...
30/08/2025

Negli ultimi giorni ho visto girare sui social un post condiviso da diversi DJ. Non era un sostegno, ma un segnale di dissenso. E la cosa fa riflettere.

La techno – o “tekno”, come spesso viene chiamata – nasce con uno spirito preciso: unire. I free-party, fin dagli albori, erano spazi liberi da etichette, da barriere, da ruoli imposti. “Free” non significava solo libertà burocratica o distacco dalle istituzioni, ma soprattutto libertà di essere, di ballare, di convivere senza discriminazioni.

Ecco perché mi sembra assurdo vedere eventi che si proclamano inclusivi ma che, nei fatti, pongono divieti ed esclusioni. È una contraddizione palese: si urla all’inclusività, e poi si pratica la separazione. È come costruire muri mentre si dice di volerli abbattere.

Personalmente credo che il rispetto e l’uguaglianza si costruiscano insieme, non con la logica del “noi contro loro”. Perché così non si fa altro che generare nuove divisioni, nuovi rancori, e spesso odio dove prima non c’era.

Viviamo in una società dove il concetto di patriarcato viene spesso gridato a gran voce, ma bisogna anche avere l’onestà di distinguere: quello che una volta era chiamato femminismo era una lotta sacrosanta per i diritti e l’uguaglianza delle donne. Oggi, però, il termine femminismo indica sempre più spesso l’opposto del maschilismo, cioè una forma di sessismo a favore della donna. Quella che invece una volta era la vera essenza del femminismo – la lotta per i diritti e l’uguaglianza senza creare nuovi squilibri – oggi dovrebbe essere chiamata anti-maschilismo, perché è una battaglia contro i maschilisti e le discriminazioni, non un ribaltamento dei ruoli.

La techno, invece, dovrebbe essere il contrario di tutto ciò: un linguaggio universale, un luogo dove donne, uomini, persone trans, q***r, etero, gay, chiunque, possano sentirsi accolti e rispettati senza bisogno di etichette e soprattutto senza esclusioni.

Perché la musica è unione, non separazione.
Ed è proprio questo spirito che dobbiamo difendere: quello di una festa dove ci si incontra davvero, dove la differenza diventa ricchezza, non una scusa per creare nuove barriere.

Eventi del genere non sono accettabili. Usare la parola techno o tekno come richiamo per attirare un pubblico e sfruttarla solo per guadagnare, escludendo una qualsiasi categoria di persone, significa tradire completamente l’essenza stessa della techno: un movimento nato per la libertà, l’inclusione e la condivisione.

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