12/11/2025
Orbit Orbit” è il nuovo album di Caparezza, il nono della sua carriera, e arriva insieme a un fumetto che porta lo stesso titolo. Il progetto nasce come una vera esplorazione personale: Caparezza lo definisce il concept album più completo che abbia mai realizzato. Racconta di come abbia superato una crisi profonda, accettato il passare degli anni e ritrovato la voglia di stare sul palco, dopo aver pensato di non poter più fare musica.
Il fumetto è stato il suo punto di partenza, una boccata d’aria quando tutto sembrava troppo pesante. “L’acufene è ormai il mio compagno di vita a cui si è aggiunta ipoacusia. ‘Stai perdendo l’udito’, mi ha detto tempo fa l’otorino. Dopo l’acufene è arrivata anche questa. Un altro stop, doloroso. Non mi rendeva più felice ascoltare e fare musica perché pensavo: ‘posso peggiorare’. Dopo ‘Exuvia’ mi sono sentito totalmente perso. Ma la compassione non mi interessa”, confessa Caparezza. Ha iniziato a scrivere una sceneggiatura e si è buttato nel mondo delle nuvole parlanti, la sua passione di sempre. Da lì è nata l’idea del disco, che si è riempito di riferimenti a fumetti, un modo per ringraziare una passione che lo ha aiutato a risalire la corrente. “Questo è il mio primo disco con apparecchi acustici. E li consiglierei a tutti quelli che fanno musica e hanno il mio problema, ma non lo vogliono affrontare. Gli occhiali sono accettati, gli apparecchi acustici no, ma portarli non vuol dire essere sordi, come portare gli occhiali non significa essere ciechi. Ho fatto pace con tutto questo”.
“Orbit Orbit” si muove tra fantasia e realtà, ma nonostante parli di difficoltà e tempeste personali, lascia spazio anche alla speranza. Caparezza parla di libertà vera, quella dell’immaginazione, e di come nessuno possa portarcela via. Il disco parte da dove finiva “Exuvia”: lui che esce dal bosco e si trova in una situazione surreale, tra backstage e camerini, dove tutti sanno chi è tranne lui. Da qui si intrecciano due storie: una realistica e una che lo vede astronauta e viaggiatore nello spazio.
Ogni brano è collegato a un capitolo del fumetto e segue un percorso preciso, tra temi come il disincanto adulto e il trascorrere del tempo. Nel viaggio incontra idee e fantasmi, attraversa mondi e pianeti, fino a ritrovare la scintilla per creare e la voglia di fare. Alla fine, si riappropria della libertà e trova un nuovo equilibrio.
Sul piano musicale, l’album si ispira fortemente alla musica elettronica e spaziale degli anni ’70: Kraftwerk, Rockets, Ganymed, Space, sono i punti di riferimento principali. Caparezza ha scelto di dare al disco una coerenza sonora, cosa che non era mai successa così in modo netto nei suoi lavori precedenti. C’è anche un omaggio a Moroder, mentre in alcuni pezzi si sentono influenze drum and bass e rap, ma questa volta con uno stile adulto, senza imitare i giovani. “Sì, c’è il rap, ma non volevo fare il giovanilista, volevo fare il rap da cinquantenne, non da ragazzino. Quando ascoltavo Battiato da giovane lui mi parlava dall’alto della sua età, non faceva il ragazzino. Qui io ho messo più in luce un’intimità che per tanti anni è stata nascosta da una coltre di giochi di parole, giochi che non ho più voluto utilizzare”.
Tra i brani spicca “Comic book saved my life”, che racconta come i fumetti lo abbiano salvato in più fasi della vita, e “Il banditore”, la prima cover ufficiale di Caparezza, in omaggio a Enzo Del Re e al suo modo unico di fare musica. In “Gli occhi della mente” c’è un campionamento di Morandi e il tema ruota attorno al confine sottile tra fantasia e realtà.
La realtà non manca: Caparezza riflette su un mondo segnato dalla violenza e dalla perdita di empatia. “Pathosfera” sottolinea l’importanza di riscoprire l’empatia, di vedere sia il bello sia il brutto. Il disco però non si chiude con toni cupi, anzi: il messaggio finale è che l’umanità ha dentro di sé sia il male che il bene, e la creatività è una via per salvarsi. L’ultima canzone, “Perlificat”, è un invito a creare, a non fermarsi.
Sul rapporto con lo streaming, Caparezza tiene il punto: “Il piano della fruizione è un altro campo, campo in cui non gioco. Osservo. La spiegazione dà più valore alle cose, è vero. Ma io sono vecchio, la fruizione non riesco a capirla oggi. Vengo da un mondo in cui i dischi si compravano senza sapere nulla di prima. Quando acquistai il disco dei Run DMC a Molfetta lo ascoltai con i miei amici e condividemmo qualche cosa, un’esperienza. La fruizione scattante non mi rappresenta, io vado per la mia strada. Chi mi ascolta vuole il disco fisico, vuole l’approfondimento. Le piattaforme di streaming dovevano darci la possibilità di trovare tutto, darci ‘la libertà’, ma oggi sono le playlist preconfezionate il faro. Preferisco essere fuori da queste dinamiche”.