19/11/2025
Cos’é davvero 𝗨𝗡 𝗣𝗘𝗥𝗖𝗢𝗥𝗦𝗢 𝗣𝗦𝗜𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗖𝗢
Ci tengo a chiarire un aspetto che spesso viene interpretato male e viene spesso confuso con il coaching, aspetto di secondaria importanza nel lavoro psicologico .
Quando nei miei post parlo di “lavoro su di sé”, non mi riferisco di certo a qualche esercizio improvvisato o a un insieme di consigli motivazionali.
Non è questo il mio il mio metodo di lavoro.
Quelli che leggete sulla pagina sono esercizi e spunti che servono a guidare il lavoro introspettivo ma non si sostituiscono affatto ad un lavoro terapeutico. #
In psicologia, il lavoro interiore è un processo strutturato, progressivo e guidato, che si avvale dell’utilizzo clinico delle tecniche psicologiche ( mi preme ricordare che questa attività è regolamentata legalmente come di pertinenza degli psicologi e degli psicoterapeuti ) che generalmente hanno una validazione scientifica e che consentono di comprendere meglio i meccanismi psicologici che guidano pensieri, azioni , emozioni…
Ovviamente questo è un tema molto delicato che cerco di semplificare per esigenze da social e per rendere più facile la comprensione del testo .
Con questo post , infatti, voglio indicare quali sono i pilastri necessari per un lavoro psicologico vero e proprio e aiutare l’utente a distinguerlo da altri tipi di percorsi che sembrano essere simili perché utilizzano il linguaggio , ma che in realtà sono fondamentalmente molto differenti sia per metodo che per obiettivi.
Ora però riprendo il filo del discorso.
Prima di parlare di qualsiasi esercizio pratico, in psicologia , serve inqua il problema in una una cornice teorica.
Non perché “il paziente deve studiare” ciò che gli accade, ma perché senza comprensione rischia di fraintendere ciò che prova.
La psicoeducazione è proprio questo: la base teorica che permette a una persona di orientarsi dentro ciò che sente, senza confondersi e senza colpevolizzarsi inutilmente .
In un percorso psicologico serio, la psicoeducazione non è un “di più”: è la prima fase del cambiamento e parte integrante del percorso clinico.
Mi spiego meglio : quando una persona entra in terapia, spesso arriva con un grande carico di domande : “Perché reagisco così?”, “Perché non riesco a fermarmi?”, “Perché continuo a ripetere gli stessi schemi?”, “Perché mi sento sempre sbagliato?”.
Il lavoro dello psicologo in questa fase è quello di analizzare la domanda terapeutica e individuare quello che è il vero problema che si nasconde dietro tutta questa confusione.
La psicoeducazione diventa così parte integrante del processo perché serve a dare un significato coerente a ciò che vivi.
In pratica, questo intervento mostra come funzionano i meccanismi di difesa, come si muovono le emozioni, perché certe ferite si riattivano, e come le esperienze di attaccamento continuano a influenzare il presente.
E quando si inizia a comprendere queste dinamiche, qualcosa dentro comincia a smuoversi. e si allenta: ma non perché il problema è risolto, ma perché smette di essere un nemico incomprensibile.
È difficile lavorare su qualcosa che non sai riconoscere o nominare.
È come accendere la luce in una stanza in cui per anni ti sei mosso a tentoni: le cose non spariscono, ma finalmente le vedi.
E quando le vedi, diventano gestibili.
In terapia, questa prima fase è fondamentale perché trasforma il vissuto emotivo da “sono fatto male” a “ha senso che io reagisca così”.
La comprensione però non risolve tutto, ma crea il terreno su cui poi possono funzionare davvero gli esercizi, le tecniche di regolazione, l’auto-osservazione…
Gli strumenti pratici che sono la parte in cui il lavoro psicologico diventa reale, concreto, radicato nel corpo e nella quotidianità.
In terapia utilizziamo tecniche specifiche che non sono scelte a caso: esercizi di auto-osservazione che aiutano a vedere i propri automatismi mentre si manifestano, pratiche di regolazione emotiva per non essere travolti da ciò che si sente, protocolli strategici pensati proprio per interrompere quei comportamenti che rendono la vita più faticosa, meditazioni guidate che non sono semplici “rilassamenti” ma veri e propri strumenti per riorientare l’attenzione, e momenti di grounding per tornare nel corpo quando la mente corre troppo in fretta.
Sono strumenti efficaci che possono essere effettuati anche autonomamente ma che per funzionare ,richiedono una guida.
A questo punto diventa fondamentale l’ordine terapeutico.
Ripeto e insisto molto su questo aspetto: il psicologico non è un insieme di tecniche da alternare a seconda dell’umore del giorno.
È una sequenza ben precisa ,una progressione.
Ed è qui che la presenza di una guida professionale fa tutta la differenza.
Quando si lavora su di sé e si toccano temi profondi, inevitabilmente emergono resistenze, difese, paure, vecchi schemi che provano a riportarti dove sei sempre stato.
È umano: la psiche tende a proteggere ciò che conosce, anche quando ci fa soffrire.
Avere accanto qualcuno di esperto che sappia gestire queste situazioni , che sappia leggere quei movimenti, che ti aiuti a vedere ciò che da solo non riusciresti a riconoscere, che ti contenga quando il processo diventa più intenso, significa procedere con maggiore sicurezza.
Un percorso strutturato è quindi necessario perché il cambiamento psicologico non è mai improvvisazione.
Senza costanza, metodo, continuità e un lavoro emotivo progressivo, si rimane intrappolati nel ciclo del “ci provo per una settimana e poi smetto” o peggio, di ritrovarsi da solo a gestire un dolore che non si sa affrontare.
La terapia psicologica funziona perché dà ordine, direzione e senso a tutto ciò che emerge, e perché ti permette di non attraversare questo cammino da solo ma guidato da un’alleanza(terapeutica in questo caso) efficace.
Alla fine, ciò che serve davvero per trasformarsi in profondità è una combinazione precisa:
comprensione psicologica
strumenti concreti
un metodo chiaro e la presenza di una guida competente.
È da lì che il cambiamento smette di essere un desiderio e comincia a diventare qualcosa di tangibile.
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Caterina Giordano – Psicologa & Scrittrice 🕊️✨