Caterina Giordano Psicologa

Caterina Giordano Psicologa Mi chiamo Caterina, sono una psicologa e scrittrice, e da qualche anno accompagno le persone in percorsi di crescita personale e trasformazione interiore.
(1)

Unisco psicologia del profondo e terapia breve strategica per accompagnare ogni anima a comprendere il proprio mondo interiore e a trasformarlo in un cammino di libertà e benessere psicofisico. ✨
📍Agropoli-Roma e ovunque tu sia ! Il mio cammino è iniziato molto tempo fa con la psicologia del profondo:
ho incontrato Jung, Carotenuto e altri autori che fanno parte di quella corrente che dà valore a

i simboli, ai sogni e all’inconscio come linguaggio dell’anima. Da loro ho imparato che tutto ciò che viviamo all’esterno è lo specchio di ciò che accade dentro di noi, e che anche il dolore, se ascoltato con consapevolezza, può diventare un ponte verso la guarigione. Col tempo, questa ricerca mi ha portata ad avvicinarmi anche alla Cabala, che considero una forma di psicologia spirituale: una mappa simbolica dell’anima che insegna a leggere le dinamiche interiori attraverso i principi universali e le leggi della vita. Nella Cabala ho ritrovato ciò che Jung intuiva nei suoi studi sull’alchimia: la trasformazione come processo naturale dell’essere umano, un dialogo continuo tra luce e ombra, spirito e materia. Parallelamente, ho scelto di formarmi nella psicoterapia breve strategica, un approccio concreto, centrato sull’azione e sulla risoluzione dei blocchi emotivi. Ho scoperto così che i due percorsi — quello simbolico e quello strategico — non si escludono, ma si nutrono a vicenda. La psicologia del profondo ci mostra perché soffriamo. La terapia breve strategica ci insegna come smettere di farlo. E in mezzo, la spiritualità ci restituisce il senso del nostro cammino. Quando non lavoro, mi piace camminare nella natura, osservare il mare, ascoltare il silenzio. Sono momenti in cui ritrovo la mia natura introversa e contemplativa, da cui nascono spesso le mie riflessioni e le mie scritture. Credo che ognuno di noi porti dentro di sé una conoscenza antica: la capacità di guarire, evolvere e ritrovare il proprio centro. Il mio lavoro è aiutare a riconnettersi a quella parte autentica, con delicatezza, metodo e rispetto dei tempi interiori.

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24/11/2025

Molte persone arrivano da me dicendo: “C’è qualcosa in me che non va.”
E ogni volta rispondo allo stesso modo: non può esserci cambiamento senza riconoscimento.

Perché ciò che senti non è un difetto.
Non è un fallimento.
È un messaggio che chiede di essere visto, nominato e compreso.

Nei percorsi psicologici individuali e di gruppo ti accompagno proprio in questo:
a dare un nome alle tue emozioni,
a capire cosa accade dentro di te,
e a trasformare quella sensazione confusa in un punto di svolta.

Quando smetti di giudicarti e inizi a comprendere le tue reazioni,
tutto cambia prospettiva:
non è più “c’è qualcosa che non va”…
ma “questa reazione ha un senso, e posso imparare a leggerlo”.

Se senti che è arrivato il momento di fare chiarezza, questo è il posto giusto per iniziare.
📩 Scrivimi in privato per informazioni sui percorsi individuali e di gruppo (online e dal vivo).

“𝙄𝙤 𝙞𝙢𝙥𝙖𝙧𝙤 𝙖 𝙫𝙚𝙙𝙚𝙧𝙚. 𝙉𝙤𝙣 𝙨𝙤 𝙥𝙚𝙧𝙘𝙝𝙚́ 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙤 𝙥𝙚𝙣𝙚𝙩𝙧𝙖 𝙞𝙣 𝙢𝙚 𝙥𝙞𝙪̀ 𝙥𝙧𝙤𝙛𝙤𝙣𝙙𝙤 𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙧𝙞𝙢𝙖𝙣𝙚 𝙡𝙖̀ 𝙙𝙤𝙫𝙚, 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙖, 𝙨𝙚𝙢𝙥𝙧𝙚 𝙖𝙫𝙚𝙫𝙖 𝙛𝙞𝙣𝙚 𝙚 ...
24/11/2025

“𝙄𝙤 𝙞𝙢𝙥𝙖𝙧𝙤 𝙖 𝙫𝙚𝙙𝙚𝙧𝙚. 𝙉𝙤𝙣 𝙨𝙤 𝙥𝙚𝙧𝙘𝙝𝙚́ 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙤 𝙥𝙚𝙣𝙚𝙩𝙧𝙖 𝙞𝙣 𝙢𝙚 𝙥𝙞𝙪̀ 𝙥𝙧𝙤𝙛𝙤𝙣𝙙𝙤 𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙧𝙞𝙢𝙖𝙣𝙚 𝙡𝙖̀ 𝙙𝙤𝙫𝙚, 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙖, 𝙨𝙚𝙢𝙥𝙧𝙚 𝙖𝙫𝙚𝙫𝙖 𝙛𝙞𝙣𝙚 𝙚 𝙨𝙫𝙖𝙣𝙞𝙫𝙖. 𝙃𝙤 𝙪𝙣 𝙡𝙪𝙤𝙜𝙤 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙣𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙘𝙤𝙣𝙤𝙨𝙘𝙚𝙫𝙤. 𝙊𝙧𝙖 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙤 𝙫𝙖 𝙖 𝙛𝙞𝙣𝙞𝙧𝙚 𝙡𝙖̀. 𝙉𝙤𝙣 𝙨𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙘𝙤𝙨𝙖 𝙫𝙞 𝙖𝙘𝙘𝙖𝙙𝙖.”

𝙍𝘼𝙄𝙉𝙀𝙍 𝙈𝘼𝙍𝙄𝘼 𝙍𝙄𝙇𝙆𝙀

𝗖𝗶 𝗮𝗿𝗿𝗶𝘃𝗮 𝘂𝗻 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼, 𝗽𝗿𝗶𝗺𝗮 𝗼 𝗽𝗼𝗶, 𝗶𝗻 𝗰𝘂𝗶 𝗰𝗲 𝗻𝗲 𝗮𝗰𝗰𝗼𝗿𝗴𝗶𝗮𝗺𝗼.

Non stiamo più vivendo le cose “di passaggio”.
Gli eventi non scorrono via come acqua tra le dita.
Non evaporano appena cambiamo stanza o pensiero.

Qualcosa, improvvisamente, rimane.

Ed è lì che inizia il vero cambiamento:
quando la vita non si limita a toccarci… ma ci attraversa.

⭐ È il momento in cui iniziamo davvero a vedere.
A non reagire soltanto, ma a percepire.
A non scappare più da ciò che ci fa paura, ma a lasciarlo parlare.
A scoprire che dentro abbiamo un luogo che prima non conoscevamo:
un punto fermo, un pozzo profondo, una stanza interiore dove tutto arriva, si appoggia e comincia a trasformarci.

Forse non sappiamo dargli un nome, ma lo sentiamo:
quello spazio è nostro.
E quello che entra lì non se ne va più.
Diventa materia viva per capire chi siamo e dove stiamo andando.

Gurdjieff lo chiamava centro di gravità permanente:
quel punto interiore che non dipende dall’esterno,
non si sposta a ogni vento emotivo,
non si sgretola davanti alle pressioni,
ma resta lì… come un nucleo stabile da cui cominciamo a vivere davvero.

⭐ È lo spazio in cui ciò che viviamo non si perde, ma prende forma.
È lo spazio in cui i dolori non si dissolvono, ma diventano comprensione.
È lo spazio in cui gli eventi ci modellano senza travolgerci.

È così che nasce la consapevolezza:
non da un pensiero brillante,
ma da un’esperienza che finalmente ci abita.

Quando qualcosa “arriva e rimane dentro”, come accade nei momenti di grande consapevolezza, quello è il segnale evidente che un centro interiore sta nascendo.

Un luogo nuovo, che prima non percepivamo:
una stanza stabile, profonda, capace di contenere tutto senza farci cadere a pezzi.

E quando inizia questo processo, nulla rimane come prima.
Le relazioni cambiano, le scelte diventano più chiare, le emozioni trovano un ordine diverso.
Smettiamo di essere superficie e cominciamo ad avere radici.

E questo cambia la vita:
ci rende meno reattivi, più presenti,
più in contatto con ciò che sentiamo davvero.
Iniziamo a vedere anziché soltanto reagire.
A sentire anziché solo difenderci.
A sceglierci, finalmente.

E tu?
Hai mai sentito dentro un cambiamento così profondo da creare un “centro” nuovo?
Cosa hai scoperto di te? Raccontamelo nei commenti.

𝗦𝗘𝗡𝗭𝗔 𝗨𝗡𝗔 𝗥𝗘𝗔𝗟𝗘 𝗖𝗢𝗡𝗢𝗦𝗖𝗘𝗡𝗭𝗔 𝗗𝗜 𝗡𝗢𝗜 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗜, 𝗢𝗚𝗡𝗜 𝗥𝗘𝗟𝗔𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘 𝗗’𝗔𝗠𝗢𝗥𝗘 𝗣𝗨𝗢̀ 𝗗𝗜𝗩𝗘𝗡𝗧𝗔𝗥𝗘 𝗧𝗢𝗦𝗦𝗜𝗖𝗔Non perché l’altro sia sbagliato,...
23/11/2025

𝗦𝗘𝗡𝗭𝗔 𝗨𝗡𝗔 𝗥𝗘𝗔𝗟𝗘 𝗖𝗢𝗡𝗢𝗦𝗖𝗘𝗡𝗭𝗔 𝗗𝗜 𝗡𝗢𝗜 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗜, 𝗢𝗚𝗡𝗜 𝗥𝗘𝗟𝗔𝗭𝗜𝗢𝗡𝗘 𝗗’𝗔𝗠𝗢𝗥𝗘 𝗣𝗨𝗢̀ 𝗗𝗜𝗩𝗘𝗡𝗧𝗔𝗥𝗘 𝗧𝗢𝗦𝗦𝗜𝗖𝗔

Non perché l’altro sia sbagliato, ma perché quando non sappiamo davvero chi siamo, entriamo nelle relazioni portando le nostre ferite invece della nostra parte adulta…

E allora l’amore non è più un incontro, diventa un tentativo: quello di riempire un vuoto, di sentirci importanti, di farci scegliere da qualcuno per non dover scegliere noi stessi.

Quando non ci conosciamo, rischiamo di confondere l’intensità per amore, la paura per attaccamento, la mancanza per destino.

E quel che dovrebbe nutrire, finisce per consumarci.

Simona aveva 31 anni quando iniziò la terapia.
Era stanca di sentirsi sempre “troppo” all’inizio e “non abbastanza” alla fine della relazione.

Ogni volta era sempre la stessa storia : s’innamorava in fretta, con tutto il cuore, e ancora più velocemente si ritrovava da sola, confusa, con la sensazione di aver investito tutto per niente.

Quando accadono queste cose è un pócome cercare di coltivare un giardino al buio: tocchi la terra, semini, annaffi… ma non sai davvero dove stai mettendo le mani. E quando non vedi, rischi di calpestare i fiori proprio mentre cerchi di farli crescere.

La consapevolezza è quella luce che permette di distinguere i semi dalle erbacce, il bisogno dall’amore, il passato dal presente. Senza quella luce, anche l’amore più bello può diventare un terreno fragile.

All’inizio era convinta che il problema fossero gli uomini incapaci di impegnarsi.
Poi, passo dopo passo, cominciò a guardarsi dentro con sincerità: si accorse che quell’urgenza che provava all’inizio non era amore, ma il bisogno profondo di sentirsi scelta, vista, rassicurata.

Era una bambina interiore che bussava, chiedendo a ogni partner di darle ciò che non aveva mai ricevuto.

Quando Simona riconobbe questa parte fragile e imparò a starle accanto, qualcosa dentro di lei cambiò.
Non ebbe più bisogno di rincorrere nessuno.
Non viveva più nell’ansia di essere abbandonata.
E per la prima volta riuscì a stare nel silenzio senza paura.

Ricordo bene quando mi disse:
“È come se ora vedessi il mio giardino per la prima volta: so cosa curare, cosa potare, cosa lasciare andare. E soprattutto… so cosa voglio far crescere.”

E così anche la visione dell’amore è cambiata :
non era più un incastro doloroso, ma uno spazio possibile tra due persone .

L’amore si trasforma quando cambiamo il modo in cui ci guardiamo.
E quando accade, le relazioni non nascono più dalle ferite, ma dalle parti più autentiche di noi.



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𝗖𝗮𝘁𝗲𝗿𝗶𝗻𝗮 𝗚𝗶𝗼𝗿𝗱𝗮𝗻𝗼 – Psicologa & Scrittrice

𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘃𝗶𝘃𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘂𝗻 𝗮𝗯𝗯𝗮𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼, 𝗹𝗮 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗶𝗰𝗶𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗿𝗶𝗺𝗮𝗻𝗲 𝗻𝗲𝗶 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝘇𝗶.Si muove, costruisce spiegazioni, inventa colpe.N...
22/11/2025

𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝘃𝗶𝘃𝗶𝗮𝗺𝗼 𝘂𝗻 𝗮𝗯𝗯𝗮𝗻𝗱𝗼𝗻𝗼, 𝗹𝗮 𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗶𝗰𝗶𝗹𝗺𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗿𝗶𝗺𝗮𝗻𝗲 𝗻𝗲𝗶 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝘇𝗶.
Si muove, costruisce spiegazioni, inventa colpe.
Non lo fa per cattiveria o per debolezza, ma per sopravvivere al dolore.

La colpa è un’illusione di controllo:
se penso che è colpa mia, allora posso pensare che avrei potuto evitarlo.
E questo è paradossalmente rassicurante, perché ci protegge dalla sensazione più temuta:
𝗹’𝗶𝗺𝗽𝗼𝘁𝗲𝗻𝘇𝗮.

Per questo, dopo una perdita affettiva, molte persone cadono in pensieri come:
“Se avessi fatto di più…”
“Se fossi stato diverso…”
“Se avessi capito prima…”

Sono frasi che sembrano autocritiche, ma in realtà sono un modo per non guardare l’abisso che si apre quando capiamo che non tutto dipende da noi.

Il punto non è diventare invulnerabili.
Il punto è riconoscere che non è la colpa che ci tiene al sicuro, ma la capacità di stare in ciò che proviamo, un po’ alla volta, senza giudicarci.

Nella pratica psicologica questo passa attraverso un lavoro delicato:
• dare un nome alle emozioni,
• distinguere ciò che è responsabilità personale da ciò che non lo è,
• recuperare un senso di valore che non dipende dagli altri,
• rimettere al proprio posto il dolore, senza farlo diventare identità.

È un cammino che non toglie la ferita, ma toglie l’illusione che la colpa possa guarirla.

E forse, proprio lì, in quella verità più semplice e più nuda, inizia la possibilità di un nuovo modo di amare — prima se stessi, poi l’altro.

𝗖𝗮𝘁𝗲𝗿𝗶𝗻𝗮 𝗚𝗶𝗼𝗿𝗱𝗮𝗻𝗼
Psicologa& scrittrice

𝗩𝘂𝗼𝗶 𝗿𝗲𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗻 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗺𝗶𝗼 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼?
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𝗢𝗴𝗻𝗶 𝗰𝗹𝗶𝗰𝗸 𝗲̀ 𝘂𝗻 𝗽𝗮𝘀𝘀𝗼 𝘃𝗲𝗿𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝘁𝗲.

21/11/2025

In ambito psicologico esiste la possibilità di prevedere, quando necessario, forme di tariffa sociale per favorire l’accesso al sostegno psicologico anche a chi attraversa momenti di particolare fragilità economica.

In alcuni casi i professionisti possono decidere di riservare un numero limitato di posti a tariffa agevolata, con l’obiettivo di garantire continuità e tutela a chi sente il bisogno di affrontare un periodo complesso, ma potrebbe incontrare difficoltà nel sostenere una tariffa ordinaria.

Si tratta di una scelta etica e non promozionale, pensata per rispondere a esigenze reali e per mantenere la qualità del percorso.

Queste agevolazioni vengono valutate caso per caso e sempre precedute da un colloquio conoscitivo, utile a comprendere i bisogni della persona e verificare se il tipo di supporto richiesto è adeguato.

Non è una promozione, né un invito a intraprendere un percorso: è un’informazione utile affinché nessuno rinunci ad ascoltarsi per paura o scoraggiamento.

Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma un gesto di cura verso di sé.

𝗛𝗢 𝗣𝗔𝗨𝗥𝗔 𝗗𝗜 𝗘𝗦𝗦𝗘𝗥𝗘 𝗠𝗘 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗢A volte la paura non nasce da ciò che siamo davvero, ma da ciò che crediamo di dover essere ...
21/11/2025

𝗛𝗢 𝗣𝗔𝗨𝗥𝗔 𝗗𝗜 𝗘𝗦𝗦𝗘𝗥𝗘 𝗠𝗘 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗢

A volte la paura non nasce da ciò che siamo davvero, ma da ciò che crediamo di dover essere per non perdere nessuno.

Tutta quella fatica a “piacere”, a essere perfetti, a non disturbare… non è libertà.
È una gabbia psicologica che si costruisce lentamente, un mattone alla volta, finché un giorno ti ritrovi a vivere con il fiato corto.

Per essere liberi – liberi dentro – c’è un passaggio inevitabile: smettere di dipendere dallo sguardo degli altri.

Lasciare andare il bisogno di essere visti, approvati, applauditi.
E allo stesso tempo, accettare che il giudizio, il biasimo o l’indifferenza fanno parte del mondo, ma non definiscono chi sei.

Finché resti attaccato a questi fili invisibili, diventa facile sentirsi manipolabili, confusi, fuori posto.
È come indossare una maschera così a lungo da dimenticare il tuo volto.

La verità?
Essere una persona “vera” non significa essere perfetti.
Significa essere coscienti di sé, dei propri limiti e dei propri talenti; significa imparare a muoversi nella complessità senza farsi schiacciare dalla paura di deludere qualcuno.

E quando inizi a togliere le maschere, una alla volta, succede sempre la stessa cosa:
torni ad amare in modo autentico e permetti agli altri di amare te.

È un lavoro interiore, profondo, graduale.
E sì, è trasformativo.









A tutti può accadere di subire un torto. Non importa quanti anni hai, dove lavori, quanto sei forte: basta una frase det...
20/11/2025

A tutti può accadere di subire un torto.
Non importa quanti anni hai, dove lavori, quanto sei forte: basta una frase detta male, una mancanza di rispetto, un comportamento ingiusto...

E spesso, la prima reazione è quella di chiudersi nel rancore o nella lamentazione.
È umano, ma non è evolutivo.

Francesco, 46 anni, impiegato, è arrivato in studio in quello stato.

La sua domanda iniziale era un fiume:
“Sono stanco di essere ignorato”,
“Non mi considerano”,
"È tutto inutile”.

Per mesi infatti,si è sentito ignorato da tutti, svalutato, come se attorno a lui ci fosse un copione già scritto nel quale non aveva voce.
Rimuginava spesso, si chiudeva in se stesso , evitatava accuratamente ogni occasione sociale ed ogni giorno sembrava sempre più una conferma della sua impotenza.
Continuava a ripetersi le stesse frasi...come un disco che si incanta proprio nel punto più doloroso.

Abbiamo iniziato a parlarne analizzando le basi di questa lamentazione...in pratica abbiamo cercato di capire cosa gli succedeva dentro quando si ritrovava in certe situazioni.
Non analizzando più il comportamento degli altri, ma ascoltando i suoi bisogni interiori.

La terapia, quando fatta con continuità e presenza, può fare proprio questo:
creare uno spazio sicuro in cui osservare ciò che accade dentro di noi mentre la vita accade fuori.

E già questo è un passaggio fondamentale: quando sposti lo sguardo dal mondo esterno al tuo mondo interno, si apre uno spazio nuovo.

Uno spazio più vero.
Più tuo.

Quando Francesco ha iniziato a vedere le sue dinamiche interne, abbiamo potuto lavorare sugli strumenti concreti: come comunicare in modo più chiaro, come porre limiti nelle relazioni con gli altri, come uscire dal ruolo di spettatore passivo.

La restituzione psicologica – cioè il modo in cui lo psicologo riorganizza e restituisce ciò che vede – ha avuto un peso enorme: Francesco ha finalmente visto che non era lui quello“sbagliato”, ma semplicemente era intrappolato in strategie di protezione ormai obsolete.

Francesco ha quindi cominciato a chiedersi:
“Cosa succede a me quando vivo queste cose?”
“Perché reagisco sempre allo stesso modo?”
“Cosa sento davvero, al di là della rabbia?”

È in questo tipo di sguardo che prende forma la vera crescita.
Quando si smette, anche solo per un secondo, di vedere la situazione come un muro e si inizia a guardarla come uno specchio.

La terapia fa questo:ti restituisce lo spazio per fermarti e ascoltarti.
Ti permette di vedere le dinamiche nascoste sotto la superficie.
Ti aiuta a tradurre emozioni confuse in parole chiare.

Francesco non ha cambiato azienda, collega o capo… ma ha cambiato postura interiore .

In pratica, Francesco ha iniziato a distinguere emozioni che prima sembravano un blocco unico: la frustrazione, la paura di non essere all’altezza, la tendenza a trattenere tutto fino a scoppiare.
Progressivamente ha smesso di reagire in modo reattivo e automatico ,ha iniziato a rispondere ai veri stimoli esterni.
Ha smesso di vedersi come la persona che sta sempre a subire e ha iniziato a scegliere di osservare ciò che lo circonda .
Ha smesso di raccontarsi come vittima e ha iniziato a riconoscere la propria forza interiore .

Da lì è cambiato anche il modo di parlare, di porsi, di stare nelle conversazioni difficili...
Non con più quindi con la solita aggressività, ma con più presenza.

E così il cambiamento è arrivato in modo naturale.

Questo, nell’essenza, è il cuore del lavoro psicologico: accompagnare la persona a ritrovare la direzione dentro se stessa, restituire ordine dove c’è confusione, e insegnare a rispondere alla vita da un posto più stabile, più adulto, più libero.

Nel suo percorso, Francesco ha scoperto una cosa semplice ma potentissima:
che non può controllare ciò che fanno gli altri,ma può cambiare il modo in cui egli risponde, il modo in cui si percepisce, il modo in cui si muove nel mondo.

Ha imparato a distinguere ciò che meritava il suo coinvolgimento da ciò che invece stava solo drenando la sua energia.

Il lavoro non è stato facile: crescere non lo è mai.

Ma la terapia gli ha dato una lente nuova, più pulita, per vedere se stesso e la sua vita.

E questa è la parte più interessante:
spesso non possiamo decidere come gli altri ci trattano,
ma possiamo decidere come rispondere,come proteggerci,
come restare fedeli a noi stessi anche quando fuori regna il caos.

La crescita personale è proprio questo:
non eliminare gli ostacoli,ma imparare a non farsi più travolgere da ciò che accade.
E quando cambia il modo in cui stai dentro alle situazioni, cambia anche il modo in cui le situazioni ti toccano.

Per questo la terapia può essere un’occasione preziosa:
come aprire una finestra in una stanza dove l’aria era diventata troppo pesante.

Un luogo dove non devi fingere, dove puoi fermarti, ascoltarti, riorganizzare, fare spazio.
E scoprire che dentro di te c’è molto più margine di quanto pensavi.

Caterina Giordano – Psicologa & Scrittrice 🌙✨

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Cos’é davvero 𝗨𝗡 𝗣𝗘𝗥𝗖𝗢𝗥𝗦𝗢 𝗣𝗦𝗜𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗖𝗢 Ci tengo a chiarire un aspetto che spesso viene interpretato male e viene spesso c...
19/11/2025

Cos’é davvero 𝗨𝗡 𝗣𝗘𝗥𝗖𝗢𝗥𝗦𝗢 𝗣𝗦𝗜𝗖𝗢𝗟𝗢𝗚𝗜𝗖𝗢

Ci tengo a chiarire un aspetto che spesso viene interpretato male e viene spesso confuso con il coaching, aspetto di secondaria importanza nel lavoro psicologico .

Quando nei miei post parlo di “lavoro su di sé”, non mi riferisco di certo a qualche esercizio improvvisato o a un insieme di consigli motivazionali.
Non è questo il mio il mio metodo di lavoro.
Quelli che leggete sulla pagina sono esercizi e spunti che servono a guidare il lavoro introspettivo ma non si sostituiscono affatto ad un lavoro terapeutico. #

In psicologia, il lavoro interiore è un processo strutturato, progressivo e guidato, che si avvale dell’utilizzo clinico delle tecniche psicologiche ( mi preme ricordare che questa attività è regolamentata legalmente come di pertinenza degli psicologi e degli psicoterapeuti ) che generalmente hanno una validazione scientifica e che consentono di comprendere meglio i meccanismi psicologici che guidano pensieri, azioni , emozioni…

Ovviamente questo è un tema molto delicato che cerco di semplificare per esigenze da social e per rendere più facile la comprensione del testo .

Con questo post , infatti, voglio indicare quali sono i pilastri necessari per un lavoro psicologico vero e proprio e aiutare l’utente a distinguerlo da altri tipi di percorsi che sembrano essere simili perché utilizzano il linguaggio , ma che in realtà sono fondamentalmente molto differenti sia per metodo che per obiettivi.

Ora però riprendo il filo del discorso.

Prima di parlare di qualsiasi esercizio pratico, in psicologia , serve inqua il problema in una una cornice teorica.

Non perché “il paziente deve studiare” ciò che gli accade, ma perché senza comprensione rischia di fraintendere ciò che prova.

La psicoeducazione è proprio questo: la base teorica che permette a una persona di orientarsi dentro ciò che sente, senza confondersi e senza colpevolizzarsi inutilmente .

In un percorso psicologico serio, la psicoeducazione non è un “di più”: è la prima fase del cambiamento e parte integrante del percorso clinico.
Mi spiego meglio : quando una persona entra in terapia, spesso arriva con un grande carico di domande : “Perché reagisco così?”, “Perché non riesco a fermarmi?”, “Perché continuo a ripetere gli stessi schemi?”, “Perché mi sento sempre sbagliato?”.

Il lavoro dello psicologo in questa fase è quello di analizzare la domanda terapeutica e individuare quello che è il vero problema che si nasconde dietro tutta questa confusione.

La psicoeducazione diventa così parte integrante del processo perché serve a dare un significato coerente a ciò che vivi.

In pratica, questo intervento mostra come funzionano i meccanismi di difesa, come si muovono le emozioni, perché certe ferite si riattivano, e come le esperienze di attaccamento continuano a influenzare il presente.

E quando si inizia a comprendere queste dinamiche, qualcosa dentro comincia a smuoversi. e si allenta: ma non perché il problema è risolto, ma perché smette di essere un nemico incomprensibile.

È difficile lavorare su qualcosa che non sai riconoscere o nominare.
È come accendere la luce in una stanza in cui per anni ti sei mosso a tentoni: le cose non spariscono, ma finalmente le vedi.
E quando le vedi, diventano gestibili.

In terapia, questa prima fase è fondamentale perché trasforma il vissuto emotivo da “sono fatto male” a “ha senso che io reagisca così”.

La comprensione però non risolve tutto, ma crea il terreno su cui poi possono funzionare davvero gli esercizi, le tecniche di regolazione, l’auto-osservazione…

Gli strumenti pratici che sono la parte in cui il lavoro psicologico diventa reale, concreto, radicato nel corpo e nella quotidianità.

In terapia utilizziamo tecniche specifiche che non sono scelte a caso: esercizi di auto-osservazione che aiutano a vedere i propri automatismi mentre si manifestano, pratiche di regolazione emotiva per non essere travolti da ciò che si sente, protocolli strategici pensati proprio per interrompere quei comportamenti che rendono la vita più faticosa, meditazioni guidate che non sono semplici “rilassamenti” ma veri e propri strumenti per riorientare l’attenzione, e momenti di grounding per tornare nel corpo quando la mente corre troppo in fretta.

Sono strumenti efficaci che possono essere effettuati anche autonomamente ma che per funzionare ,richiedono una guida.

A questo punto diventa fondamentale l’ordine terapeutico.

Ripeto e insisto molto su questo aspetto: il psicologico non è un insieme di tecniche da alternare a seconda dell’umore del giorno.
È una sequenza ben precisa ,una progressione.
Ed è qui che la presenza di una guida professionale fa tutta la differenza.

Quando si lavora su di sé e si toccano temi profondi, inevitabilmente emergono resistenze, difese, paure, vecchi schemi che provano a riportarti dove sei sempre stato.
È umano: la psiche tende a proteggere ciò che conosce, anche quando ci fa soffrire.

Avere accanto qualcuno di esperto che sappia gestire queste situazioni , che sappia leggere quei movimenti, che ti aiuti a vedere ciò che da solo non riusciresti a riconoscere, che ti contenga quando il processo diventa più intenso, significa procedere con maggiore sicurezza.

Un percorso strutturato è quindi necessario perché il cambiamento psicologico non è mai improvvisazione.

Senza costanza, metodo, continuità e un lavoro emotivo progressivo, si rimane intrappolati nel ciclo del “ci provo per una settimana e poi smetto” o peggio, di ritrovarsi da solo a gestire un dolore che non si sa affrontare.

La terapia psicologica funziona perché dà ordine, direzione e senso a tutto ciò che emerge, e perché ti permette di non attraversare questo cammino da solo ma guidato da un’alleanza(terapeutica in questo caso) efficace.

Alla fine, ciò che serve davvero per trasformarsi in profondità è una combinazione precisa:

comprensione psicologica
strumenti concreti
un metodo chiaro e la presenza di una guida competente.

È da lì che il cambiamento smette di essere un desiderio e comincia a diventare qualcosa di tangibile.

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Caterina Giordano – Psicologa & Scrittrice 🕊️✨

18/11/2025

✨ A volte bisogna perdersi per ritrovarsi davvero.
Nella mia vita non avrei mai immaginato di poter arrivare fin qui…
e invece la psicologia mi ha insegnato a fare la cosa più difficile:
riprendere in mano me stessa.

La psicologia del profondo mi ha mostrato chi sono davvero.
La terapia strategica mi ha dato gli strumenti per tornare a me.

Ho imparato a riconoscere i miei bisogni.
A osservare le emozioni senza farmi travolgere.
A smettere di ripetere gli stessi schemi e iniziare a scegliere.

📍Questo è stato il mio vero punto di svolta:
un dialogo autentico tra mente e anima.
Una vita che non sopravvive… ma vive.

Se senti che è arrivato anche per te il momento di cambiare direzione,
io sono qui. 💜

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𝗗𝗜𝗦𝗢𝗕𝗕𝗘𝗗𝗜𝗥𝗘 𝗣𝗘𝗥 𝗧𝗥𝗢𝗩𝗔𝗥𝗘 𝗧𝗘 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗢“Io insegno la disobbedienza.L’obbedienza non ha bisogno di intelligenza, non ci vuole ...
18/11/2025

𝗗𝗜𝗦𝗢𝗕𝗕𝗘𝗗𝗜𝗥𝗘 𝗣𝗘𝗥 𝗧𝗥𝗢𝗩𝗔𝗥𝗘 𝗧𝗘 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗢

“Io insegno la disobbedienza.
L’obbedienza non ha bisogno di intelligenza, non ci vuole coraggio per obbedire.
Per disobbedire si, perché in questo caso camminerai da solo.
Ma solo stando in piedi sulle tue gambe arriverai a capire chi sei.”
— Osho

Quante volte hai detto “sì” per paura di deludere qualcuno?
Quante volte hai taciuto perché la tua voce avrebbe messo in discussione una regola non scritta?

Obbedire ci fa sentire protetti.
Qualcun altro sceglie la direzione e noi ci limitiamo a seguirla.

Ma è quando osiamo disobbedire che accade qualcosa di importante:
iniziamo a distinguerci, a sentire cosa davvero vogliamo, a camminare con le nostre gambe.

La disobbedienza di cui parlo non è rabbia o protesta vuota.
È ascolto profondo, è dare priorità alla tua verità interiore, anche quando non è comoda, anche quando nessuno la capisce.

Richiede coraggio, certo.
Ma è proprio lì che nasce la libertà:
quando smetti di essere ciò che gli altri si aspettano e inizi ad essere chi sei davvero.

✨ Oggi prova a chiederti:
“Qual è una piccola cosa che posso fare per onorare la mia vera direzione?”

📌 Immagine consigliata: una persona che cammina in un sentiero tutto suo, luce e natura attorno, logo Profondamente e firma Caterina Giordano.



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Firmato,
Caterina Giordano – Psicologa & Scrittrice

Ciao, sono Caterina Giordano, psicologa e appassionata di crescita personale, psicologia clinica, simbolismo e spiritualità. Creo contenuti che uniscono introspezione e strumenti concreti per aiutarti a ritrovare equilibrio, benessere e la tua direzione. 🎙️ Se ami il viaggio dentro te stesso ,...

Marcella non è una che si accontenta.Tempo di lettura stimato : 5 minutiMarcella era una donna come tante: forte all’est...
17/11/2025

Marcella non è una che si accontenta.

Tempo di lettura stimato : 5 minuti

Marcella era una donna come tante: forte all’esterno, sensibile dentro.
Aveva imparato a cavarsela sempre, a non disturbare, a essere quella che regge tutti gli equilibri .

Prima di conoscere lui aveva promesso a se stessa di non rivivere le storie tossiche del passato.
E quando lui è arrivato nella sua vita… sembrava proprio il segno che l’universo l’avesse ascoltata.

E infatti un giorno, come in tutte le favole che si rispettino, incontrò un giovane dall’aria affascinante: si chiamava Luca.

Era gentile, premuroso e, soprattutto, la guardava come se fosse un tesoro raro.
Marcella pensò:
«Ecco! L’ho trovato. L’Amore vero!»

E per un po’ fu proprio così.

Luca la colmava di fiori, di parole dolci e di promesse splendenti come stelle.

Marcella, tutta felice, iniziò a credere che il mondo fosse fatto solo di luce .

Una sera però lei esce con le amiche e lì cominciano ad emergere le prime ombre.

Lui la chiama in continuazione :
«Mi preoccupo perché ti amo»
…e poi si arrabbia perché lei non risponde subito.

Marcella sospira e pensa: «Che carino, ci tiene».
Ma pian piano inizia a cambiare il suo modo di vivere.

Dover mandare quel messaggio, una giustificazione, un “dimmi quando torni”…

Poi arrivarono le critiche travestite da consigli.

«Quella maglia è troppo scollata»
«Quella tua amica non ti vuole bene davvero»
«Se mi ami, perché devi farmi ingelosire?»

Marcella comincia a sentirsi in colpa per essere come è , riconosce che forse Luca ha ragione perché lui la ama davvero e quindi può capire cosa fa bene per lei.
Quindi smette di indossare i vestiti che ama.
Smette di uscire con chi le piace .
Smette di scegliere per sé.
Luca ha sempre l’ultima parola.

Ma questo non basta …

Quando qualcosa non va come deve andare , Luca urla.
Lancia oggetti.
Le dice parole che bruciano per giorni.

Poi però piange.
La abbraccia forte.
Promette mari e monti.

E Marcella pensa:
«Non lo farà più. So chi è davvero. Lui mi ama ma è colpa mia che l’ho fatto arrabbiare ».

Spiega agli altri che lui è stressato, che la ama troppo, che cambierà.
E intanto si sente sempre più sola .

Ma decide di restare lo stesso.

Per rivivere quei momenti in cui lui le promette mari e monti.
Per la speranza che la parte bella sia quella vera.
Perché quando ami davvero dai il meglio delle tue possibilità.

Solo che… a forza di adattarsi,
Marcella non si è più riconosciuta.
Si è ritrovata a controllare ogni sua mossa:
cosa dice, cosa pensa, come guarda, quando esce.
Era diventata una versione silenziosa di sé.

Quella notte in cui ha pianto sotto la doccia per non farsi sentire…
ha capito che stava sparendo.

E non sapeva più come uscirne.

Non è stato un lampo, non è stato coraggio improvviso.
È stato un filo sottile di consapevolezza:
“Se continuo così, mi perderó.”

Fu così che, tremante come una bambina in cerca della mamma,
Marcella bussò alla porta di una terapeuta.

Seduta su quella poltrona accogliente,
Marcella iniziò a ritrovare il proprio nome,
a distinguere l’amore dalla catena,
a capire che anche chi ha un cuore grande
ha diritto di custodirlo.

In terapia, Luca ha smesso di essere il suo mondo ed ha iniziato ad essere un’esperienza .
Un pezzo della sua storia.
Non la sua identità .

Abbiamo lavorato insieme per far tornare la sua voce.
Per rimettere al centro la sua vita, i suoi desideri,
le sue amicizie, la sua libertà.
Passo dopo passo.

In terapia ha finalmente potuto parlare di tutto:
della vergogna che provava , il dubbio sulle sue percezioni , la paura di perdere “l’unica cosa bella” che credeva di avere.

E seduta lì, in uno spazio sicuro,ha ricominciato a ricordarsi di sé.

Ha capito che l’amore vero non ti toglie i vestiti che ami “ per il troppo amore “.

L’amore vero ti fa vivere più serena .

Marcella così ha imparato a distinguere
il bisogno dalla cura,
la dipendenza dall’affetto,
la paura dalla passione.

E quando si è sentita pronta — non un giorno prima, non uno dopo —ha scelto di tornare a casa.
Ma una casa di mattoni…ma la sua casa interiore.

Adesso, quando parla di Luca,non ha piu paura .
Dice semplicemente:
«Da lui ho imparato ciò che non voglio più essere.»

Se nella storia di Marcella hai visto un pezzo del tuo vissuto…
non ignorarlo.

Ogni volta che il corpo ti dice “non sto bene”,
forse sta solo chiedendoti di ascoltare il tuo cuore.
E ricordarti che la tua vita merita spazio.
Merita respiro.
Merita pace.

Io ci sono 💜
Quando vuoi.

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