25/07/2024
Alcuni erano gentleman drivers, altri erano di nobile famiglia che nelle corse volevano forse ritrovare la sfida degli antichi cavalieri nei tornei rinascimentali. Altri ancora veri e propri professionisti che anticipavano le più severe esigenze dell'era moderna.
Per tutti una domanda: perchè correvano rischi così elevati? Non per i soldi, perché le corse di allora non facevano arricchire né i tecnici, né i piloti. Non per la grande popolarità, perché non c'erano i collegamenti satellitari, le riprese televisive erano modeste e frammentarie e i giornali sportivi non specializzati anteponevano sempre il calcio e il ciclismo alle corse in automobile.
Probabilmente i piloti correvano per se stessi e per lo stretto rapporto con gli appassionati, gli sportivi, gli intenditori. Perchè da loro erano riconosciuti, seguiti, idolatrati e traevano linfa vitale. Oggi non esiste più quell'intreccio di sentimenti fra piloti e pubblico. Chi li vede più, i piloti? Ma allora, trenta o quarant'anni fa, le corse vivevano grazie alla speciale corrispondenza emotiva che legava le tribune ai corridori, purtroppo perduta, neppure immaginabile dalle giovani generazioni. Per di più, i veri appassionati sapevano che la posta in gioco era alta, i rischi elevati e le competizioni una disciplina molto temeraria, anche per il pubblico.
Per lungo tempo cinture di sicurezza e roll-bar vennero trascurati, pali ed alberi a bordo pista erano la consuetudine e i serbatoi erano laterali, talvolta in alluminio. Questo voleva dire che, in caso di impatto, se non divampava un incendio era un miracolo. Due litri di benzina fanno molto fuoco. Ecco, le Formula 1500 degli anni Sessanta imbarcavano 180 litri e le 3000, che vennero introdotte dal 1966, in alcune piste si portavano dietro fino a 230 litri perché i rifornimenti non erano previsti e in quella F1 chi si fermava ai box quasi sempre perdeva la gara. Talvolta, a Spa-Francorchamps o a Monza, aggiungevamo un serbatoio supplementare.
Per giunta, prima del 1964, non esistevano neppure le valvole automatiche per assicurare la chiusura dei tubi che portavano la benzina sotto pressione al motore, ragion per cui, se si tranciavano, il liquido non veniva bloccato. Lascio immaginare con quali possibili conseguenze in caso di impatto.
Dopo il 1964 iniziammo ad introdurre tecniche aeronautiche con serbatoi derivati da elicotteri, che però non erano sufficienti. Successivamente vennero applicati nell'abitacolo sistemi estinguenti, che davano qualche decina di secondi in più di sopravvivenza al pilota. Molto lavoro venne svolto al Centro ricerche Fiat con crash test che sacrificarono alcune F1. Un altro passo avanti venne compiuto dopo l'incidente capitato a Niki Lauda. Altri ancora dopo quelli occorsi a Gilles Villeneuve e Ayrton Senna. Il carburante fu messo fra motore e pilota, in zona più protetta, allungando il passo delle auto e il carbonio aumentò la sicurezza dei piloti in caso di urto.
Ma io resto convinto che, anche senza questi necessari miglioramenti tecnologici che hanno anteposto il valore della vita a quello della vittoria, i "temerari" da corsa, uomini o donne che fossero, avrebbero comunque continuato a cercare un volante e a correre sfidando le curve più ardite e le condizioni più avverse entusiasmando il loro pubblico.
Mauro Forghieri
TEMERARI - RICORDI DA CORSA DEI "CAVALIERI DEL RISCHIO"
Prefazione - pagina 7