14/11/2025
Il Tagliamento, ultimo grande fiume libero delle Alpi, è da sempre simbolo di forza e instabilità. Nato nelle Dolomiti del Cadore, scorre impetuoso verso la pianura friulana, dove si apre in una distesa d’acqua e ghiaia larga chilometri. Nel corso dei secoli, le sue piene hanno modellato il paesaggio e la memoria collettiva.
Le cronache medievali narrano di esondazioni che devastarono la pianura, cancellando ponti e villaggi, mentre gli abitanti cercavano rifugio sulle alture. Solo nell’Ottocento, con la costruzione dei primi argini, si tentò di contenere il fiume, ma nel 1882 una piena disastrosa ruppe le difese tra Madrisio e Ronchis, sommergendo le campagne.
La piena più drammatica, però, arrivò nel novembre 1966, quando l’Italia intera fu travolta da eventi meteorologici eccezionali: mentre l’Arno inondava Firenze e l’acqua alta sommergeva Venezia, il Friuli visse la sua catastrofe.
Piogge incessanti, spinte da uno Scirocco caldo e umido, caddero per giorni interi. Lo scioglimento della neve in montagna aumentò la portata dei fiumi, mentre l’Adriatico in tempesta impediva il deflusso delle acque. Il Tagliamento ruppe gli argini e inondò Latisana; i bacini montani di Barcis, Redona, Selva e Ciul furono saturi, incapaci di contenere l’enorme massa d’acqua.
Nella Destra Tagliamento, la situazione precipitò: Morsano, Sesto al Reghena, Prata, Pasiano e Pordenone furono tra i centri più colpiti. A Pordenone il Noncello uscì dagli argini, invadendo Borgomeduna, Vallenoncello e Villanova.
L’acqua raggiunse piazzetta San Marco, bloccò la statale Pontebbana e paralizzò i collegamenti. Le campagne si trasformarono in un lago: a Morsano un argine cedette per ottanta metri, sommergendo Mussons e Carbona; il Meduna allagò Zoppola e Cordenons, mentre il Livenza invase Sacile.
Il bilancio fu tragico: due giovani vigili del fuoco persero la vita, centinaia di case divennero inagibili, decine di fabbriche subirono danni enormi e migliaia di persone rimasero senza lavoro. In alcuni punti l’acqua raggiunse i quattro metri di altezza.
Quando il cielo si schiarì, il paesaggio era irriconoscibile: fango, rovine e silenzio. Solo nel circondario di Pordenone i danni superarono i quaranta miliardi di lire, pari a oltre 400 milioni di euro attuali.
L’alluvione del 1966 spinse a progettare i bacini di Ravedis e Colle per contenere future piene, con i lavori che si trascinarono per decenni.
Ne parliamo qui 👉 https://www.loppure.it/alluvione-destra-tagliamento/