22/05/2025
𝐋𝐈𝐁𝐑𝐈 𝐀𝐍𝐂𝐇𝐄 𝐑𝐀𝐑𝐈
𝐈𝐍 𝐏𝐑𝐎𝐍𝐓𝐀 𝐂𝐎𝐍𝐒𝐄𝐆𝐍𝐀 𝐍𝐄𝐋𝐋𝐀 𝐋𝐈𝐁𝐑𝐄𝐑𝐈𝐀 𝐄𝐃𝐈𝐓𝐑𝐈𝐂𝐄 𝐔𝐑𝐒O
Giuseppe Aloisi, “Emozioni di un navigante”, Libreria Editrice Urso, Avola 2010, cm 15 x 20, pp. 152, € 13,00 – ISBN 9788896071359
Nel libro di Giuseppe Aloisi la storia di un uomo che alla fine della sua carriera di professore ripensa alla precedente esperienza di navigante in giro per il mondo.
[...]Riparto da zero, dal primo giorno in cui lasciai Avola per iniziare la grande avventura del mare; ora dopo ora ripercorro i miei quindici anni di navigazione, compresi i mesi del servizio militare effettuato a bordo del naviglio da guerra e, come per il primo imbarco, mi scappa qualche lacrima ma non è la stessa di quando a vent'anni iniziai la mia vita di navigante, lasciando casa, la ragazza, i genitori; quelle di oggi sono le lacrime di un deluso, di chi vorrebbe tornare indietro, di chi vorrebbe rivivere tutto il suo passato, compresi i giorni neri, quelli nei quali bisognava stringere i denti e ba***re il forte desiderio di tornarsene a casa e piantare tutto. Ahimè! Non è più possibile. Posso, però, consolarmi ripassando la mia vita passata della quale non rinnego un solo minuto, ripartendo proprio dall'inizio quando, dopo il servizio militare, il mare mi chiamò per farmi uomo, per regalarmi le più belle emozioni e soddisfazioni della mia vita, per mettere a dura prova la mia volontà e la mia perseveranza, con grandi sacrifici, sofferenze e, spesso, momenti di disperazione...
Nella prima settimana di aprile giunse il tanto atteso telegramma. Emozionato, lo guardai con le mani tremanti e vidi che proveniva dalla Società di Navigazione Helios, appartenente al gruppo Lauro, con sede a Palermo. Lo aprii e lessi la mia convocazione per imbarcare sulla moto cisterna Raffaele Cafiero.
Ricordo mia madre: la gioia di tale evento fu offuscata dalle sue lacrime di mamma; il suo unico figlio stava per lasciarla e stava per affrontare l’ignoto; il suo “bambino” stava per entrare in un mondo sconosciuto del quale ella ne ignorava tutti gli aspetti.
Il 13 di aprile del 1966 iniziò la grande avventura. Mi dovevo trovare a Palermo, secondo le istruzioni del telegramma, presso l’agenzia marittima di via Roma, alle ore nove del 14 aprile. Le vie di comunicazione, all’epoca, non è che fossero brillanti; da Avola a Palermo ci sono meno di trecento chilometri e, in auto, il percorso si completa, oggi, in meno di tre ore. Invece, per poter essere a Palermo alle nove del mattino, sono partito da Avola, la sera precedente, alle ore ventitré con una automotrice che, via Ragusa e Caltanissetta, arrivava alle ore otto del mattino a Palermo.
Dopo una nottata insonne, la prima della serie, giunsi nel capoluogo siciliano e, per mia fortuna, via Roma si trovava proprio di fronte alla stazione ferroviaria. Bisogna considerare che, pur avendo prestato servizio militare, rimanevo comunque un ragazzino sotto i venti anni, in cerca di lavoro, alla scoperta di un mondo completamente nuovo e con tanti punti interrogativi sul mio futuro.
Avevo lasciato ad Avola una madre distrutta dal dolore nel vedere il suo unico figlio lasciare la casa natia. Va considerato che non solo ero l’unico figlio in assoluto, per i miei genitori, ma che ero nato ben diciotto anni dopo il matrimonio, quando oramai i miei non ci credevano più. È chiaro che, bisognosi o meno, avevano fatto di tutto per farmi contento, a costo di grandi sacrifici. E poi, c’era anche la fidanzatina che avevo lasciato in stazione ad Avola, con qualche lacrima, una recente conquista dopo lunghi anni di corteggiamento; un amore nato sul treno per Siracusa, fra studenti, ed una fatica, per me, lunga almeno quattro anni. Alle nove in punto ero all’interno dell’agenzia marittima. Dopo avermi controllato il libretto di navigazione, la visita medica aggiornata in data recente e i documenti personali, l’impiegato mi consegnò quelli di destinazione, biglietto del treno compreso, mi augurò buon viaggio e mi comunicò la città da raggiungere: Amburgo, Germania. Nel pomeriggio dello stesso giorno, dalla stazione di Palermo, dopo aver ritirato il bagaglio dal deposito, ripartivo alla volta di Roma, con destinazione Amburgo.
Il mattino successivo, dopo la seconda nottata passata in bianco, arrivai a Roma, e dopo aver trasbordato i bagagli su un altro convoglio, dopo qualche ora, partii alla volta della Germania.
Durante la terza nottata di viaggio, oramai esausto, la stanchezza ebbe il sopravvento sulle preoccupazioni e sull’ansia e, con i piedi e le caviglie indolenzite, mi addormentai dopo aver espletato i controlli alla frontiera italiana. Cominciava ad albeggiare, quando aprii gli occhi. Con uno stupore incredibile, vidi un paesaggio tutto bianco, natalizio, di un bianco che non avevo mai visto in vita mia. Da piccolo, ero stato una sola volta sull’Etna a vedere il suo manto nevoso ma non aveva nulla a che vedere con le immagini che mi scorrevano davanti ad alta velocità: la campagna, gli alberi e persino il cielo erano bianchi e sul finestrino del treno fiocchi di neve si attaccavano per poi dissolversi in pochi secondi. Un senso di terrore mi assalì guardandomi: ero partito dalla Sicilia, a metà aprile, con un clima molto mite, da primavera avanzata, e vicino ai valori termici dell’estate; quindi, il mio abbigliamento pesante stava compresso nella valigia mentre io sfoggiavo una camicia a maniche corte. Non me la sentii di aprire la valigia per cambiarmi gli abiti, anche perché c’erano altre persone nello scompartimento, e aspettai di arrivare alla stazione di Amburgo. Nella tarda mattinata il treno fermò la sua corsa sui binari della città tedesca. Scesi a terra e notai che si stava bene perché la stazione era riscaldata ma notai anche, con terrore, che nessuno mi stava aspettando e che non sapevo cosa fare.
Decisi di uscire dalla stazione anche se mi pentii immediatamente del mio gesto: fuori faceva un freddo polare, almeno per il sottoscritto che non aveva mai visto scendere il termometro, di giorno, sotto i quindici gradi, e la mia presenza con le maniche corte destava ilarità in tutti i passanti che sicuramente mi giudicavano un f***e.
Cambiai le poche lire italiane che avevo in tasca in marchi, presso il più vicino sportello cambi, mi comprai un panino con i wurstel e mi avvicinai al primo taxi mostrandogli la lettera di accompagnamento che dovevo presentare all’agenzia sulla busta della quale c’era segnato l’indirizzo ed il nome dell’Agenzia. Il tassista mi guardò con aria di compassione e prendendo un calendario, indicandomi la data, mi fece chiaramente capire che il sabato, era segnato in rosso e che ciò significava la chiusura di tutti gli uffici, agenzia compresa.
Ero incredulo, non sapevo cosa fare, volevo piangere ed ero privo anche di sufficiente denaro per intraprendere una qualsiasi iniziativa. Poi mi convinsi che l’agenzia non aveva potuto non sapere del mio arrivo e dissi all’autista di portarmi lo stesso all’indirizzo segnato sulla busta, sicuro di trovare aperto.
Giuseppe Aloisi
Giuseppe Aloisi, “Emozioni di un navigante”, Libreria Editrice Urso
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