25/10/2025
Oggi vi mostro alcune opere nate nei nostri laboratori artistici, dove il linguaggio non verbale trova la sua forma più autentica.
Questi volti - alcuni inquietanti, altri giocosi, tutti intensamente presenti - nascono da un percorso dove ho imparato, ancora una volta, che il mio ruolo non è insegnare “come si fa”, ma creare lo spazio dove ogni ragazzo può scoprire come lui fa.
La matericità che vedete non è casuale. Abbiamo lavorato con strati spessi di colore, texture che si possono toccare, superfici che cambiano sotto la luce. Per alcuni dei nostri artisti, questo approccio tattile ha aperto una porta: il gesto di spalmare, premere, graffiare diventa un modo di dire “io esisto, io sento, io creo”.
Guardate l’opera con il viola intenso su sfondo arancio: quegli occhi concentrici sono nati dopo che abbiamo parlato di sguardi, di come ci si sente guardati e di come si vuole guardare il mondo. O quella maschera bianca punteggiata: è emersa da un dialogo silenzioso con materiali di recupero, dove un semplice cartone è diventato volto.
Quello che più mi riempie di gratitudine è vedere come, attraverso questi linguaggi espressivi, emergano personalità nitide, senza filtri, senza la necessità di “fare bene” secondo standard esterni.
Ogni opera qui racconta una storia di coraggio: il coraggio di mettere le mani nel colore, di sporcarsi, di lasciare un segno che prima non c’era.
Questo è il cuore del nostro lavoro a Erranza: creare ponti dove le parole non bastano, valorizzare intelligenze che si esprimono attraverso forme, colori, gesti.
Se queste opere vi toccano, vi invito a condividere quale sensazione vi hanno lasciato.