18/01/2018
LEGGETE BENE!!! E' Lungo ma vale la pena.
Contattatemi per una consulenza gratuita al 338.3818126 oppure e-mail : [email protected]
PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Rita, come funziona l’alternativa all’Ape per avere la pensione prima
I lavoratori che fanno ricorso a forme di previdenza complementare potranno riscuotere la somma con un anticipo di cinque anni sotto forma di rendita godendo di una tassazione agevolata.
________________________________________
Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (RITA)
La Rendita Integrativa Temporanea Anticipata è uno degli strumenti contenuti nella Riforma previdenziale del 2017 che consente l'erogazione di un reddito in attesa di raggiungere l'età pensionabile. E' uno strumento introdotto con la legge 232/2016 (finanziaria 2017) assieme all'APE agevolato e all'ape volontario per dare una risposta al tema della flessibilità in uscita all'indomani dell'introduzione della Legge Fornero senza gravare sulle casse dello Stato.
A differenza dell'Ape volontario, che consiste in un prestito bancario da restituire con un prelievo ventennale sulla pensione e dall'Ape sociale, una indennità di natura assistenziale erogata dallo Stato destinata però solo ad alcune categorie di lavoratori in condizione di difficoltà, la RITA fa ricorso al capitale accumulato dal lavoratore nei fondi di previdenza complementare durante la sua vita attiva. Questo tesoretto composto dal TFR, dal contributo datoriale e dal contributo aggiuntivo del lavoratore, in sostanza, può essere riscosso in anticipo (sia parzialmente che totalmente a seconda delle esigenze dell'iscritto) sotto forma di rendita mensile in attesa che il lavoratore maturi il diritto alla pensione pubblica obbligatoria.
I rischi per il lavoratore
Si tratta di una forma di anticipo che seppur appetibile va valutata con attenzione perchè mette a rischio la pensione di scorta. Il principio è semplice: se si riscuote in anticipo il capitale accumulato nel fondo integrativo si riduce proporzionalmente la rendita sulla quale il lavoratore può contare al momento del raggiungimento della pensione pubblica che spesso, per effetto delle riforme degli ultimi anni, è già stata duramente messa alla prova. Ed è anche controversa perchè contrasta con le finalità della previdenza integrativa che è volta, per l'appunto ad integrare la pensione pubblica e non a sostituirla colmando un gap tra l'esigenza di andare in pensione e il progressivo innazalmento dell'età pensionabile prevista nel regime pubblico obbligatorio.
Le modifiche dal 1° gennaio 2018
La RITA doveva partire in origine dal 1° maggio 2017 e doveva durare sino al 31 dicembre 2018 assieme al prestito pensionistico e all'Ape sociale ma sfortunatamente non è mai riuscita a decollare. A segnarne le sorti è stato l'aver subordinato la concessione della rendita alla certificazione da parte dell'Inps dei requisiti per l'Ape volontario. La mancata attuazione di quest'ultima misura ha sostanzialmente decretato l'impossibilità di accedere anche alla RITA, una sorta di collo di bottiglia. La legge di bilancio per il 2018 ha, pertanto, provveduto ad un ampio rinnovamento stabilizzando lo strumento anche oltre il 2018, eliminando le strane restrizioni che erano state imposte dalla legge 232/2016 ed inglobando, peraltro, le modifiche apportate dalla legge sulla concorrenza che nel corso del 2017 aveva esteso la rendita temporanea anche ai disoccupati da oltre 24 mesi.
Più specificamente dal 1° gennaio 2018 alla RITA potranno accedere due tipologie di soggetti:
a) lavoratori che cessino l’attività lavorativa e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 5 anni successivi, nonché abbiano maturato alla data di presentazione della domanda di accesso alla RITA un requisito contributivo complessivo di almeno20 anni nei regimi obbligatori di appartenenza;
b) lavoratori che risultino inoccupati per un periodo di tempo superiore a 24 mesi e che maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i 10 anni successivi.
Ad esempio un lavoratore che abbia contribuito a forme di previdenza complementare per quindici anni ed abbia raggiunto 62 anni e 35 anni di contributi nel regime obbligatorio nel 2018 con maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia a 67 anni nel 2023 (tralasciamo per semplicità gli effetti della speranza di vita) potrebbe decidere di cessare il rapporto di lavoro e farsi pagare la rendita dal fondo complementare sino alla pensione di vecchiaia.
Regime fiscale vantaggioso
L'operazione viene, inoltre, incentivata fiscalmente in modo simile alla tassazione delle rendite erogate dalla previdenza complementare, prevedendo che la parte imponibile della RITA – sia che costituisca l’intero importo della prestazione complessivamente maturata presso il fondo pensione che una quota parte dello stesso – sia assoggettata a tassazione con la ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15 per cento ridotta dello 0,3% per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali sino ad abbassare l'aliquota sostitutiva al 9%. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta, saranno computati fino a un massimo di 15 anche gli anni di iscrizione alla previdenza complementare anteriori al 1° gennaio 2007. Viene riconosciuta, inoltre, la facoltà di non avvalersi della predetta tassazione sostitutiva, mediante evidenziazione di tale scelta nella dichiarazione dei redditi, nel qual caso la RITA è assoggettata a tassazione ordinaria.
Alla RITA possono accedere i lavoratori del settore privato nonché i lavoratori del settore pubblico sempreché abbiano aderito a fondi pensione o piani individuali pensionistici. Da tale possibilità resteranno, invece, espressamente esclusi gli aderenti ai fondi preesistenti (istituiti prima del 1993) in regime di prestazione definita, in quanto per tali fondi la previsione di un’anticipazione della prestazione potrebbe determinare effetti negativi sull’equilibrio attuariale delle rispettive gestioni. Gli effetti fiscali dell'operazione, possono essere illustrati con la tavola sottostante elaborata dal Sottosegretario Tommaso Nannicini in occasione della presentazione dello strumento nel novembre 2016.
Il cumulo con gli Anticipi Pensionistici
Anche a seguito della ristrutturazione dello strumento dal 1° gennaio 2018 è lecito ritenere che la Rendita Integrativa Anticipata possa essere cumulata all'ape volontario e all'ape sociale abbassando, soprattutto nell'Ape volontario, il costo dell'anticipo pensionistico. Si pensi ad esempio ad un lavoratore che avrebbe diritto ad una pensione lorda di 2.500 euro al mese. Questi potrebbe decidere di farsi anticipare il 50% del valore netto della pensione tramite l'APE volontario, invece che una percentuale superiore, e chiedere contestualmente l'erogazione anticipata di una parte o l'intera pensione complementare a cui avrebbe diritto attraverso la RITA.
Contattatemi per una consulenza gratuita al 338.3818126 oppure e-mail : [email protected]