Marisa Paola Fontana

Marisa Paola Fontana Non dipingo cose, dipingo le differenze tra le cose Nessuna abile invenzione può rimpiazzare un elemento fondamentale come l’immaginazione. Fontana Marisa Paola

Nella grafica e nella pittura nella fotografia amo strutturare via via un figurativo molto personale, che si fonda su spunti suggeriti dalla realta’. Particolare spazio nelle mie opere trovano le figure femminili. Cariche di significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo fisso perduto nel vuoto a dare un senso di solitudine alle intere scene, quasi a dimostrazione di come il ben

essere materiale ci renda più soli e non porti a nessun dialogo
la mia composizione e ciò che vi rappresenta rimane senza dubbio reale, ma a guardar meglio la sensazione di irrealtà, o meglio interiorità, fa perdere le redini della temporalità e della gravità. Amo evocare nei miei quadri gli infiniti scenari possibili che si aprono nel immaginario dello spettatore sulle vicende dei personaggi. Nelle mie immagini desidero seminare indizi. Non vi e’ volutamente alcuna risposta nelle scene raffigurate a cio’ che puo’ indurre lo spettatore a perdersi nell’ immaginazione per completare la narrazione, sono un fotogramma di una scena in divenire.

Sembra incredibile, ma è tutto vero: un piccolo verme, rimasto congelato nel ghiaccio siberiano per oltre 46. 000 anni, ...
26/10/2025

Sembra incredibile, ma è tutto vero: un piccolo verme, rimasto congelato nel ghiaccio siberiano per oltre 46. 000 anni, è tornato in vita dopo essere stato riscaldato in laboratorio.

Questo organismo, che gli scienziati hanno chiamato Panagrolaimus kolymaensis, non solo si è risvegliato ma ha anche ripreso a nutrirsi normalmente. Non è solo una curiosità: questa scoperta può insegnarci molto, dalla medicina alla biodiversità.

Il verme è stato trovato in una tana fossile vicino al fiume Kolyma, in Siberia nord-orientale. Analizzando i frammenti vegetali intorno, i ricercatori hanno stabilito che risalgono a circa 46. 000 anni fa.

Studiando il suo DNA, è emerso che si tratta di una specie mai vista prima. Dopo lunghe analisi, è stata riconosciuta ufficialmente come nuova specie.

Un dettaglio interessante: questo verme si riproduce senza maschi, grazie alla partenogenesi. Ha tre copie di ogni cromosoma, una caratteristica che sembra averlo aiutato a sopravvivere così a lungo.

Come ha fatto a resistere nel ghiaccio per così tanto tempo? Il segreto è la criptobiosi, un processo che blocca tutte le funzioni vitali. È come premere “pausa” sulla vita, aspettando il momento giusto per ripartire.

Il freddo intenso, l’assenza di ossigeno e la secchezza del permafrost hanno creato le condizioni perfette perché il verme rimanesse conservato per millenni.

Gli scienziati hanno confrontato il suo genoma con quello di un altro verme da laboratorio, Caenorhabditis elegans. I risultati hanno mostrato che condividono i geni responsabili della criptobiosi, fondamentali per sopravvivere a condizioni estreme.

Perché questa scoperta ci riguarda? Capire come Panagrolaimus kolymaensis protegge le sue cellule potrebbe migliorare la conservazione di organi e tessuti in medicina, riducendo il ricorso a metodi rischiosi.

I ricercatori hanno provato ad applicare lo stesso metodo su C. Elegans: dopo averlo asciugato prima del congelamento, è sopravvissuto per oltre 480 giorni a -80°C, risultato impensabile fino a poco tempo fa.

La chiave è la preparazione prima del congelamento: il verme accumula zuccheri come il trealosio, che proteggono le cellule e le rendono stabili anche per migliaia di anni.

Questa scoperta è anche un avvertimento. Con il permafrost che si scioglie, potrebbero riemergere altri organismi antichi. Alcuni potrebbero essere innocui, altri no. Ma portano con sé strategie evolutive che possono cambiare la nostra idea di vita.

Questo piccolo verme ci mostra che la vita può rallentare, adattarsi, resistere e ripartire anche dopo millenni. Un promemoria che oggi fa riflettere.

🧠 Nel 2007, in un ospedale francese, un uomo di 44 anni entrò per un semplice fastidio alla gamba. Nessuno poteva immagi...
20/10/2025

🧠 Nel 2007, in un ospedale francese, un uomo di 44 anni entrò per un semplice fastidio alla gamba. Nessuno poteva immaginare che quella visita di routine avrebbe rivelato uno dei casi più sconcertanti della storia della medicina.

Gli esami mostrarono qualcosa di apparentemente impossibile:
il suo cervello si era ridotto a un sottile strato di tessuto, compresso contro le pareti del cranio.
Si stimava che ne fosse rimasto appena il 10%.

Eppure, quell’uomo viveva una vita del tutto normale.
Era sposato, aveva due figli, un lavoro stabile, parlava, ragionava, ricordava.
Nessun segno di deficit cognitivo, nessun sintomo evidente.

Il caso, pubblicato sulla rivista The Lancet, lasciò perplessa la comunità scientifica.
Come poteva una mente pensare, amare, ricordare… con così poco cervello funzionante?

La risposta arrivò dal neurologo Axel Cleeremans, che definì l’uomo la prova vivente della plasticità cerebrale: la capacità straordinaria del cervello umano di riorganizzarsi, adattarsi e riscrivere se stesso.
Nel suo caso, una lenta idrocefalia infantile aveva compresso il cervello per decenni, ma invece di cedere, il tessuto nervoso aveva ridefinito le proprie connessioni, imparando a funzionare in modo nuovo.

Il cervello non si era arreso. Aveva ricreato se stesso.

Una storia che ci ricorda che la grandezza dell’essere umano non risiede nella quantità di materia che possiede,
ma nella forza con cui la trasforma...adattabilità

Rapina al Museo del Louvre di Parigi, che resterà chiuso per tutta la giornata di domenica. Lo ha reso noto il ministero...
19/10/2025

Rapina al Museo del Louvre di Parigi, che resterà chiuso per tutta la giornata di domenica. Lo ha reso noto il ministero della Cultura francese. «Questa mattina si è verificata una rapina all'apertura - afferma in un tweet la ministra, Rachida Dati - Non si sono registrati feriti. Io sono presente sul posto insieme al personale del museo e alla polizia. Le indagini sono in corso».

I malviventi avrebbero usato un montacarichi all'interno del museo, scrive Le Parisien: erano in tre, incappucciati, uno è rimasto di guardia. Hanno portato via nove pezzi della collezione di gioielli di Napoleone e dell’imperatrice e sono fuggiti in scooter lungo la Senna. 👉 L'articolo prosegue nel primo commento

++ Le strane morti di Adriano Olivetti e Mario Tchou che spensero il sogno italiano del Pc ++Tra il 1960 e il 1962 l’Ita...
16/10/2025

++ Le strane morti di Adriano Olivetti e Mario Tchou che spensero il sogno italiano del Pc ++
Tra il 1960 e il 1962 l’Italia p***e in rapida successione tre figure decisive: Adriano Olivetti, Mario Tchou ed Enrico Mattei. Le loro morti — nel 1960, 1961 e 1962 — segnarono la fine di due grandi sogni nazionali: l’autonomia tecnologica e quella energetica. Olivetti aveva costruito a Ivrea, in provincia di Torino, un polo industriale d’avanguardia che avrebbe potuto trasformare l’area torinese in un centro europeo dell’innovazione elettronica.

Mario Tchou, brillante ingegnere elettronico di origine cinese, fu il principale artefice del supercalcolatore Elea, uno dei più avanzati al mondo. Dopo la sua morte improvvisa in un incidente d’auto — mai del tutto chiarito — la divisione elettronica fu venduta alla General Electric, consegnando di fatto all’IBM la leadership del settore. Tchou aveva riunito i migliori talenti italiani e credeva nella possibilità di competere con Stati Uniti e Gran Bretagna, pur senza il sostegno pubblico garantito altrove.

Un anno prima era scomparso Adriano Olivetti, il visionario che aveva creduto nell’elettronica a Ivrea; poco dopo morì Enrico Mattei, simbolo di un’Italia energeticamente autonoma. La loro assenza lasciò spazio al predominio statunitense nell’informatica e delle “Sette Sorelle” nel petrolio.

Nel 2013 Carlo De Benedetti ha rilanciato l’ipotesi — mai provata — di un intervento dei servizi americani nella morte di Tchou, per proteggere l’IBM. Quella stagione resta un’occasione mancata per Torino e per il Paese

🐇 Omaggio al SilvilagoDa tanti anni ormai i Silvilaghi vivono accanto a me.Ne ho accolti a centinaia: microscopici, appe...
15/10/2025

🐇 Omaggio al Silvilago

Da tanti anni ormai i Silvilaghi vivono accanto a me.
Ne ho accolti a centinaia: microscopici, appena nati, o adulti già temprati dal mondo; arrivati da strade, giardini, campi e destini diversi.
Li ho pesati, nutriti, curati, consolati.
Eppure, dopo tutto questo tempo, non riesco ancora ad abituarmi a loro.
C’è qualcosa, in queste piccole creature del Nuovo Mondo, che sfugge a ogni abitudine.
Un modo tutto loro di guardarti, con quella spocchia sottile e quello sguardo da aristocratici dell’erba alta…
giudicanti già da neonati, come se sapessero da sempre di essere nati per la fuga e non per la dipendenza.
Il silvilago non chiede: constata.
Non supplica: osserva, valuta, decide.
E se ti concede un frammento di fiducia, è sempre come un regalo dato per sbaglio e subito ritratto con grazia.
Sono esseri di confine: minuscoli, ma fieri come Dèi in miniatura.
Ogni volta che ne tengo uno tra le mani, penso che la natura, in un momento di particolare ispirazione, deve aver deciso di concentrare in pochi grammi tutta la dignità del mondo selvatico.
E sì, dopo tutti questi anni, dopo notti, allattamenti, corse, fughe e addii, non riesco a smettere di stupirmi davanti alla loro bellezza impudente. Alla loro sfrontata libertà.
A quella meraviglia che non vuole essere addomesticata.

Il granchio blu diventa un prodotto dell'industra petfood, paté per gatti per l'esattezza. Un modo per evitare che il cr...
13/10/2025

Il granchio blu diventa un prodotto dell'industra petfood, paté per gatti per l'esattezza. Un modo per evitare che il crostaceo diventi solo un rifiuto da smaltire, visto che solo nel 2024 delle 1.894 tonnellate cattutate in Veneto, appena il 38% è stato venduto per le tavole.

A farlo sapere è Confcooperative Fedagripesca, nell'evidenziare la lotta senza quartiere al crostaceo, che in poco più di tre anni ha annientato la filiera delle vongole italiane da 200 milioni di euro, escluso l'indotto. Che l'invasione possa trasformarsi in un ritorno economico certo, ci ha pensato il consorzio 'Fil Blu', con le Università di Milano e Padova, il Consorzio delle cooperative dei pescatori del Polesine aderente a Confcooperative, la startup Feed from Food, l'azienda veneta di petfood Sanypet e una catena di negozi specializzati. I ricercatori hanno messo a punto una macchina in grado di lavorare il crostaceo per ricavarne una farina proteica utilizzata per una special edition di paté umido per gatti presso lo stabilimento di Bagnoli di Sopra, nel Padovano; i felini, infatti, a differenza dei cani, sono i più esigenti e saranno loro a decretarne il sucesso. Il nuovo alimento, 1,75 euro a confezione, già testato, è pronto a sbarcare sul mercato.

A scuola ci hanno insegnato che Newton scoprì la gravità, che Darwin spiegò l’evoluzione, che Einstein rivoluzionò il te...
10/10/2025

A scuola ci hanno insegnato che Newton scoprì la gravità, che Darwin spiegò l’evoluzione, che Einstein rivoluzionò il tempo.

Ma quando apriamo un libro e leggiamo che l’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’universo… nessuno si ferma a chiedersi chi l’abbia scoperto.

Spoiler: non fu un uomo.

Fu Cecilia Payne.

Nata nel 1900, Cecilia dovette combattere fin dall’inizio. Sua madre, convinta che l’istruzione superiore fosse superflua per una donna, si rifiutò di pagare l’università. Così Cecilia vinse una borsa di studio per studiare a Cambridge.

Completò con brillanti risultati tutti gli esami… ma Cambridge non assegnava titoli alle donne. Nonostante tutto, lei non si arrese. Attraversò l’oceano e arrivò a Harvard, dove divenne la prima persona in assoluto a conseguire un dottorato in astronomia al Radcliffe College.

La sua tesi fu così rivoluzionaria che Otto Struve, uno dei massimi esperti del tempo, la definì:

“La più brillante tesi di dottorato mai scritta in astronomia.”

Il suo scoperta? Niente di meno che la composizione dell’universo.

Cecilia dimostrò che il Sole —e quindi la maggior parte delle stelle— è fatto quasi esclusivamente di idrogeno ed elio. Fu la prima. Nessuno prima di lei l’aveva mai intuito. Ma un collega, Henry Norris Russell, la convinse a non pubblicare quelle conclusioni. Disse che era troppo audace.

Quattro anni dopo, Russell pubblicò lo stesso risultato. A suo nome. E la storia si ricordò di lui.

Ma fu Cecilia a scoprire tutto ciò su cui oggi si basa l’astrofisica moderna. Fu lei ad aprire la strada allo studio delle stelle variabili. Tutto parte dal suo lavoro.

Eppure, nei suoi necrologi, nessuno menzionò la sua più grande scoperta. Nessuna targa. Nessun monumento. Nessun riconoscimento davvero all’altezza.

Ma Cecilia spaccò muri. Fu la prima donna ad ottenere una cattedra a Harvard. Fu mentore, ispirazione, esempio. Entrò a forza in un mondo che non la voleva. E ci rimase.

Cecilia Payne ha scoperto di cosa è fatto l’universo.

E quasi nessuno sa il suo nome.

È ora di cambiare le cose.

Pensavi che i truffatori professionisti esistessero solo tra gli esseri umani. Ti presento il cuculo, l'impostore più sp...
06/10/2025

Pensavi che i truffatori professionisti esistessero solo tra gli esseri umani. Ti presento il cuculo, l'impostore più spietato del regno animale.
Questo uc***lo ha una strategia che farebbe impallidire qualsiasi truffatore. La femmina cerca il nido perfetto quando i proprietari non ci sono, lascia il suo uovo e se ne va. Fino a qui, potresti pensare che sia solo una madre pigra che non vuole costruire il proprio nido.
Ma qui arriva la parte veramente inquietante.
Quando quell'uovo si schiude, nasce un gigante rispetto alle altre creature. E questo "bebè" ha un istinto agghiacciante: spinge uno per uno via dal nido le uova e i pulcini legittimi. Li elimina senza pietà.
La cosa più crudele di tutte è che i genitori adottivi continuano ad alimentare amorevolmente l'assassino dei propri figli, senza mai conoscere la verità.
È puro istinto evolutivo, documentato sin dai tempi di Aristotele. La natura a volte è più brutale di quanto immaginiamo, e questo piccolo impostore è la prova perfetta che la sopravvivenza non conosce moralità.

Un minuscolo verme ha appena distrutto tutto quello che pensavamo di sapere sui limiti della vita. Scoperto nel profondo...
06/10/2025

Un minuscolo verme ha appena distrutto tutto quello che pensavamo di sapere sui limiti della vita. Scoperto nel profondo del permafrost della Siberia, questo antico nematode, Panagrolaimus kolymaensis, è stato congelato nel tempo per 46.000 anni incredibili. E poi si è svegliato, ha iniziato a muoversi, si è nutrito di batteri e si è persino riprodotto prima di trasmettere la sua eredità ad una nuova generazione.

Ciò che rende straordinaria questa storia è come il verme è sopravvissuto. Come il suo relativo C. elegans, probabilmente è entrato in uno stato di criptobiosi essenzialmente asciugandosi e utilizzando molecole protettive come il trealosio per resistere alle devastazioni del tempo, del freddo e delle radiazioni. Questo trucco di sopravvivenza è così efficace che potrebbe persino ridefinire ciò che riteniamo possibile per la vita sulla Terra e oltre.

Gli scienziati credono che questo antico revival possa rimodellare la biologia spaziale e la criogenia. Se un verme ghiacciato può risvegliarsi dopo 46 millenni, cosa si nasconde sotto il suolo marziano o la crosta ghiacciata di Europa? Una cosa è certa: i confini della biologia si sono allungati molto di più.
Credito: PLOS Genetics / Università di Colonia / Accademia Russa delle Scienze

Cary Grant aveva 62 anni quando la sua vita cambiò per sempre. Era il 1966, e al mondo arrivò Jennifer, la sua unica fig...
05/10/2025

Cary Grant aveva 62 anni quando la sua vita cambiò per sempre. Era il 1966, e al mondo arrivò Jennifer, la sua unica figlia.
Per decenni Cary era stato l’uomo che tutti ammiravano ma che pochi conoscevano davvero: impeccabile sullo schermo, elegante, icona di fascino e stile. Una leggenda vivente. Ma dietro quell’immagine di perfezione, c’era un uomo che aveva cercato a lungo qualcosa che gli desse senso, oltre le luci del cinema.

E quella risposta arrivò tra le sue braccia, piccola e fragile, con il nome di Jennifer.

Fu allora che prese una decisione che lasciò Hollywood interdetta: smise di recitare. Non perché fosse stanco, non perché avesse esaurito ruoli o successo. Anzi, la sua carriera era ancora all’apice. Ma quando gli chiesero il motivo, rispose con la sincerità di chi non ha più nulla da dimostrare:
«Ho avuto il mio momento sotto i riflettori. Ora voglio vedere mia figlia crescere.»

Non era una frase ad effetto. Era una promessa.
E la mantenne.

Da quel giorno, Cary Grant non fu più la star inarrivabile, ma un padre presente. Ogni mattina si alzava per preparare la colazione, ogni giorno la accompagnava a scuola, ogni volta si sedeva accanto agli insegnanti per sapere come andava. Non più set e copioni, ma zaini da riempire, giochi da condividere, risate da custodire.

Gli amici lo dicevano spesso: sembrava incantato da quel ruolo nuovo, quasi sorpreso dal modo in cui la paternità lo trasformava. «Mi ha reso un uomo migliore», ammise lui stesso.

Jennifer, anni dopo, lo ha raccontato nel suo libro Good Stuff. Non un padre che la soffocava con il peso della fama, ma un uomo che la lasciava libera di crescere, che le insegnava valori semplici e profondi: la gentilezza, la curiosità, la fiducia in sé stessa.
Le infilava bigliettini nello zaino con frasi ironiche o parole di incoraggiamento. Le faceva scoprire la poesia, le pellicole del passato, il buon gusto per le piccole cose. «Per me non era Cary Grant», scrive. «Era semplicemente il mio papà. Protettivo, divertente, a volte buffo fino all’assurdo.»

Il loro legame durò intatto fino alla fine. Quando Cary Grant morì, nel 1986, Jennifer aveva solo 20 anni. Troppo giovane per non sentire il vuoto, ma abbastanza grande per capire che suo padre le aveva lasciato un’eredità che nessuna eredità materiale può eguagliare: la certezza che il suo amore era stato totale, incondizionato, pieno.

Hollywood ricorderà Cary Grant per i suoi film immortali, per il fascino che nessuno ha mai saputo replicare.
Ma la sua opera più grande non fu davanti a una cinepresa. Fu accanto a sua figlia, nella quotidianità silenziosa e tenera della vita reale.

Il suo ultimo, vero capolavoro non fu essere ricordato. Fu essere presente.

(Questo è un racconto tratto da episodi veri e ricordi narrati da sua figlia Jennifer.)

Se un giorno, aprendo la porta di casa, vi ritrovate davanti a questa creatura gigantesca attaccata al bidone dell’immon...
03/10/2025

Se un giorno, aprendo la porta di casa, vi ritrovate davanti a questa creatura gigantesca attaccata al bidone dell’immondizia, il primo istinto sarebbe probabilmente quello di urlare e scappare via. Ma fermatevi un attimo. Non è un mostro uscito da un film dell’orrore, né un alieno piovuto dal cielo: è un granchio gigante dei cocchi, detto anche “granchio ladro” (Birgus latro).

Sì, è enorme – può arrivare anche a un metro di apertura delle zampe – e sì, fa impressione. Ma non è aggressivo verso l’uomo. Questo animale vive soprattutto nelle isole dell’Oceano Indiano e Pacifico e, come dice il nome, ama arrampicarsi sugli alberi di cocco e spaccare i frutti con le chele per nutrirsi. È forte, curioso e un po’ “ladro” di cose che trova in giro, ma non rappresenta una minaccia se non viene disturbato.

Immaginate di trovarlo in giardino: sta solo esplorando, magari attirato da un odore di cibo o da qualcosa che gli ricorda i gusci di cocco che trova in natura. Non vuole “attaccare” nessuno. Anzi, se vi avvicinate con calma, probabilmente si allontanerà o rimarrà immobile per difendersi.

La verità è che siamo noi a trovarci nel suo mondo, non il contrario. Questi animali sono preziosi per l’ecosistema delle isole, aiutano a ripulire l’ambiente e sono una delle tante meraviglie strane della natura.

Quindi, se vi capita di incontrarne uno, non scappate. Fermatevi, respirate e guardatelo per quello che è: un piccolo gigante della Terra, un sopravvissuto a milioni di anni di evoluzione. Magari fate anche una foto (da lontano!) e raccontate agli amici di aver incontrato il “granchio ladro”. Sarà un ricordo unico, non una minaccia. 🦀🌴

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Bologna

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Nella grafica e nella pittura nella fotografia amo strutturare via via un figurativo molto personale, che si fonda su spunti suggeriti dalla realta’. Nessuna abile invenzione può rimpiazzare un elemento fondamentale come l’immaginazione.

Particolare spazio nelle mie opere trovano le figure femminili. Cariche di significato simbolico, assorte nei loro pensieri, con lo sguardo fisso perduto nel vuoto a dare un senso di solitudine alle intere scene, quasi a dimostrazione di come il benessere materiale ci renda più soli e non porti a nessun dialogo

la mia composizione e ciò che vi rappresenta rimane senza dubbio reale, ma a guardar meglio la sensazione di irrealtà, o meglio interiorità, fa perdere le redini della temporalità e della gravità. Amo evocare nei miei quadri gli infiniti scenari possibili che si aprono nel immaginario dello spettatore sulle vicende dei personaggi.

Nelle mie immagini desidero seminare indizi. Non vi e’ volutamente alcuna risposta nelle scene raffigurate a cio’ che puo’ indurre lo spettatore a perdersi nell’ immaginazione per completare la narrazione, sono un fotogramma di una scena in divenire.