24/07/2025
QUESTA STORIA È STATA TRATTA DALLA PAGINA FB NATURA FANPAGE.
IO IN TUTTO QUELLO CHE È STATO SCRITTO, AGGIUNGEREI: " METTETE IN SICUREZZA BALCONI, VERANDE, TERRAZZI E FINESTRE!"
I GATTI CADONO DAL BALCONE!
I GATTI NON SONO EQUILIBRISTI!
È caduto dal quinto piano.
Il mio gatto. Il mio compagno silenzioso.
Ha guardato la morte negli occhi… e lei, per qualche motivo, ha distolto lo sguardo.
L’impatto gli ha lasciato ferite profonde: un’emorragia interna, una frattura all’avambraccio, una lussazione alla spalla.
A volte gemeva. Spesso piangeva. Il resto del tempo lo passava in silenzio, a soffrire.
Mi fissava. A lungo. Come se volesse raccontarmi qualcosa che solo lui poteva capire.
Il vuoto, la caduta, la paura… il dolore sordo e costante.
E io?
Io ho chiesto un congedo.
Non potevo lasciarlo solo.
Non riusciva a mangiare, a bere, a muoversi. Nemmeno a usare la lettiera.
Prima, era un piccolo universo: miagolii buffi, zampate curiose, morsi affettuosi.
Poi, il silenzio.
Ma nei suoi occhi c’era ancora vita.
Così abbiamo imparato a capirci di nuovo. Con lo sguardo.
Ci parlavamo senza parole.
Io lo nutrivo, lo pulivo, lo cullavo.
E lui si addormentava accanto a me, il cuore un po’ più sereno.
Io non dormivo. Vivevo seguendo il battito del suo respiro e il tempo delle sue medicine.
Le persone parlavano.
“È solo un gatto, esageri.”
“Beato lui, vorrei essere al suo posto.”
“O poverino, avresti dovuto sopprimerlo.”
Ma chi sono loro per decidere?
Perché facciamo fatica ad accettare che un animale possa diventare parte della nostra anima?
Chi è capace di amare un animale… sa amare davvero.
Poi un giorno… un miagolio.
Un richiamo.
Un piccolo passo.
Un altro.
Un mattino l’ho trovato in piedi, barcollante come un ubriaco tenerissimo.
Poi ha camminato.
Poi ha corso.
Poi ha saltato.
Era tornato. Alla vita.
E io ho pensato:
Se avessi ascoltato chi mi diceva di lasciarlo andare?
Se gli avessi tolto il respiro proprio mentre stava tornando?
Finché nei suoi occhi c’era quella scintilla, io sono rimasta.
L’ho vegliato.
L’ho amato.
Lui mi ha capita.
Perché a volte, non è un farmaco che salva.
Ma l’amore, la pazienza, la presenza.
E io c’ero.
E lui è tornato.
Perché in fondo, restare… è l’atto d’amore più potente che esista.