Spondasud Rivista di Politica Internazionale

Spondasud Rivista di Politica Internazionale Rivista italiana di politica internazionale
Trasmissione radiofonica su VisiOnAir Radio (Ogni lunedi e mercoledi live alle ore 11). Direttore: Alessandro Aramu

SpondaSud è una rivista italiana di geopolitica edita dal Centro italo Arabo e del Mediterraneo. La testata, con una forte vocazione per il Medio Oriente e il mondo arabo, prende spunto dall'esperienza giornalistica in Libano e Siria, paesi le cui vicende politiche sono state raccontate in due importanti saggi-reportage scritti a più mani da reporter italiani e stranieri. La rivista di geopolitica

nasce dopo gli eventi che hanno cambiato gli equilibri politici nel Nord Africa (le cosiddette “primavere arabe”) e nel corso della guerra in Siria, un periodo della storia caratterizzato da straordinari cambiamenti dal punto di vista geopolitico. SpondSud è uno sguardo sul mondo che cambia e si occupa, in particolare, di politica, economia e cultura dei paesi arabi e del Mediterraneo. IL CENTRO ITALO ARABO E DEL MEDITERRANEO ONLUS

Il Centro Italo-Arabo e del Mediterraneo Onlus è un’associazione italo-araba senza fini di lucro. Nasce come frutto dell’impegno di lotta per l’amicizia e la solidarietà Italo-Araba di un gruppo di italiani e di arabi che, anche in periodi difficilissimi, non avevano mai smesso di credere e di operare per lo sviluppo dei rapporti fra l’Italia (e suo tramite l’Europa) e il mondo arabo-islamico. Fanno parte del Centro giornalisti arabi e mediterranei, accademici ed intellettuali italiani, parlamentari ed esponenti politici di tutto l’arco costituzionale italiano, giovani e cittadini italiani e degli altri paesi. L’utilizzo dei nuovi media – segnatamente Internet – ha consentito di avviare relazioni con l’Unione Europea e di proporsi come strumento per sensibilizzare le comunità mediterranee sulle iniziative comunitarie e come rete di specialisti al servizio del dialogo euro-mediterraneo. Inoltre, la consapevolezza dell’importanza cruciale delle nuove generazioni nel processo di integrazione spinge verso l’avvio di attività di formazione nelle scuole e di sensibilizzazione degli studenti universitari. Un maggior interscambio con il mondo accademico consente di essere veicolo di divulgazione delle acquisizioni in campo culturale e dei progressi in campo scientifico. Una maggiore interazione con le rappresentanze diplomatiche arabe in Italia può dare maggiore spessore alle iniziative culturali realizzate e, nel contempo, fornire sostegno agli eventi organizzati dalle ambasciate e dai centri culturali arabi. IL CENTRO ITALO ARABO E DEL MEDITERRANEO - SARDEGNA

Nasce per promuovere la cooperazione allo sviluppo, alla pace e alla stabilità nei paesi arabi attraverso scambi culturali, politici ed economici tra la Sardegna e i paesi arabi e del Mediterraneo. Per perseguire gli scopi sociali, l’Associazione si propone di promuovere, sostenere, sviluppare e coordinare iniziative di carattere sociale, culturale, economico e scientifico al fine di accrescere l’apprezzamento, la diffusione, di ogni attività fra i Paesi mediterranei ed arabi. Il Centro italo arabo organizza convegni, studi, ricerche, occasioni d’incontro, di relazioni, d’interscambi, viaggi sociali, culturali e specialistici che rafforzano un clima di reciproco rispetto e di pace su cui costruire un nuovo rinascimento sociale, culturale ed economico del Mediterraneo.

Damasco e Ankara tornano a parlarsi con un’agenda ampia e ambiziosa, che segna un ulteriore passo nel riavvicinamento tr...
23/12/2025

Damasco e Ankara tornano a parlarsi con un’agenda ampia e ambiziosa, che segna un ulteriore passo nel riavvicinamento tra i due Paesi dopo anni di gelo. I colloqui svoltisi nella capitale siriana hanno messo al centro il rilancio della cooperazione economica, il coordinamento in materia di sicurezza e il futuro del nord-est della Siria, in un contesto regionale ancora fragile.

Secondo quanto emerso al termine degli incontri, le due delegazioni hanno concordato sulla necessità di rafforzare i legami commerciali e finanziari, considerati una leva fondamentale per la ripresa siriana, soprattutto alla luce dell’allentamento delle sanzioni internazionali. Il rilancio economico viene visto come un tassello imprescindibile per stabilizzare il Paese e favorire il ritorno graduale dei rifugiati.

Ampio spazio è stato dedicato anche ai dossier della difesa e dell’intelligence. Le parti hanno discusso di un maggiore coordinamento contro le minacce alla sicurezza, a partire dal rischio di una riorganizzazione dei gruppi jihadisti, e hanno ribadito l’obiettivo comune di prevenire nuove escalation che possano compromettere la ricostruzione.

Un capitolo delicato ha riguardato il nord-est siriano. Damasco ha riaffermato l’unità territoriale del Paese e la centralità di un processo di integrazione delle forze locali nelle strutture statali, avvertendo che ritardi o ambiguità potrebbero avere ricadute negative sulla stabilità dell’area. Da parte turca, è stata espressa preoccupazione per la mancata piena attuazione degli accordi già raggiunti, considerata un ostacolo alla normalizzazione.

Nel corso dei colloqui è stato affrontato anche il quadro regionale più ampio, comprese le recenti operazioni militari israeliane in Siria, giudicate destabilizzanti. Ankara ha invitato a un cambio di approccio che favorisca la de-escalation e contribuisca a un equilibrio più duraturo in Medio Oriente.

La visita, non annunciata in anticipo, conferma il nuovo dinamismo delle relazioni bilaterali avviato dopo il cambio politico a Damasco alla fine del 2024. Da allora, contatti frequenti e visite di alto livello hanno segnato un progressivo riavvicinamento, con l’obiettivo dichiarato di trasformare il dialogo politico in una cooperazione strutturata capace di incidere sulla sicurezza e sullo sviluppo dell’intera regione.

23/12/2025

OSSERVATORIO CISGIORDANIA/ Raba, località situata a sud di Jenin, torna al centro delle tensioni nei Territori occupati. Secondo quanto riferito da residenti e testimoni locali, soldati delle forze di occupazione hanno impedito ai proprietari terrieri palestinesi di raggiungere e lavorare le proprie terre agricole, senza fornire spiegazioni chiare o ordini scritti che giustificassero il divieto.

L’episodio si inserisce in un contesto più ampio di restrizioni alla libertà di movimento e di accesso alle risorse fondamentali per la popolazione locale. I terreni interessati rappresentano una fonte essenziale di sostentamento per numerose famiglie di Raba, che basano la propria economia sulla coltivazione e sull’allevamento.

I proprietari riferiscono di essere stati respinti ai posti di blocco o direttamente sul posto, nonostante fossero in possesso dei documenti che attestano la proprietà delle terre. La chiusura improvvisa delle aree agricole, sottolineano, rischia di compromettere l’intera stagione produttiva, con gravi conseguenze economiche e sociali.

L’accaduto alimenta ulteriormente le tensioni nella zona di Jenin, già segnata da frequenti operazioni militari e da un clima di instabilità. Le comunità locali chiedono il rispetto del diritto di accesso alle proprie terre e la fine di pratiche che, a loro avviso, incidono direttamente sulla vita quotidiana e sulla dignità dei residenti.

23/12/2025

A Tel Aviv e nei dintorni si sono nuovamente registrate tensioni tra forze dell’ordine e manifestanti della comunità ultra-ortodossa, esplose nell’ambito delle proteste contro l’estensione del servizio militare obbligatorio alla popolazione haredi. Decine di manifestanti hanno bloccato un’importante arteria stradale nell’area di Gush Dan per esprimere il loro rifiuto alla coscrizione, che Israele sta cercando di rendere pienamente applicabile anche ai giovani di questa comunità. 

Secondo i media israeliani, la protesta è stata innescata dall’arresto di un uomo accusato di essersi rifiutato di presentarsi per la leva, episodio che ha fatto precipitare la mobilitazione e portato alcuni manifestanti a impedire il transito sulla Highway 4, una delle principali strade che collegano il centro al nord del Paese. Le autorità hanno definito l’occupazione stradale un’assemblea illegale e la polizia è intervenuta per ripristinare la circolazione e la sicurezza pubblica. 

Il rifiuto della leva da parte di parte della comunità haredi, che costituisce circa il 13 % della popolazione israeliana, è un tema di lunga data e fonte di crescenti tensioni politiche e sociali. Per decenni, molti giovani ultra-ortodossi avevano ottenuto esenzioni sulla base di motivi religiosi, dedicandosi allo studio della Torah piuttosto che al servizio nelle Forze di Difesa israeliane. Tuttavia, una sentenza della Corte Suprema del 2024 ha reso più stringente l’obbligo di arruolamento per tutti i cittadini, suscitando reazioni forti nella comunità e fra i suoi leader religiosi. 

Le proteste di questi ultimi mesi non si limitano a blocchi stradali isolati: gruppi più ampi di ultra-ortodossi hanno già organizzato grandi manifestazioni in altre città del Paese, tra cui Gerusalemme, dove migliaia hanno marciato contro la coscrizione, seguendo appelli di rabbini a opporsi alle nuove regole. 

Il governo israeliano, dal canto suo, sostiene che la piena applicazione della leva obbligatoria sia necessaria per garantire equità e rafforzare le capacità dell’esercito in un periodo di forte pressione sulla sicurezza nazionale. Tuttavia, il tema resta uno degli snodi più spinosi della politica interna, con un impatto significativo anche sulla tenuta delle maggioranze parlamentari e sui rapporti tra Stato e comunità religiose.‎

A quindici anni dall’evento che diede avvio alle rivolte, la città da cui tutto partì appare immobile e disillusa. Lonta...
23/12/2025

A quindici anni dall’evento che diede avvio alle rivolte, la città da cui tutto partì appare immobile e disillusa. Lontana dai circuiti turistici e dallo sviluppo, mostra ancora i segni di una marginalità profonda: strade larghe ma spente, caffè popolati da uomini in attesa, un tempo che sembra essersi fermato. Il gesto che incendiò il mondo arabo resta impresso nei muri e nella memoria collettiva, ma non ha prodotto il cambiamento sperato.

La vita quotidiana è segnata dagli stessi problemi di allora: il potere d’acquisto in calo, il costo della vita in aumento, poche opportunità di lavoro e un clima di controlli e sospetti. Anche chi è diventato simbolo di quella stagione ha visto la propria famiglia scegliere l’emigrazione, percependo il Paese come sempre meno vivibile. Il peso del debito, la corruzione diffusa e l’assenza di prospettive alimentano un senso di soffocamento economico e sociale.

Tra venditori ambulanti e piccoli commercianti emerge una frustrazione costante: restrizioni arbitrarie, difficoltà a lavorare, promesse mai mantenute. Le rivendicazioni che avevano animato la rivolta – dignità, lavoro, diritti sociali – restano insoddisfatte. Anche chi ha cercato di reagire studiando o reinventandosi parla di una realtà più dura di prima, mitigata solo da una speranza flebile nel futuro.

Nel confronto con il passato, qualcuno arriva persino a rimpiangere l’ordine precedente, giudicando il presente più insicuro e meno equo. La “primavera” che aveva acceso le aspettative si è trasformata così, per molti, in una lunga stagione di attesa e disillusione.

22/12/2025

La città di Aleppo è tornata al centro della scena siriana dopo una giornata di violenti scontri tra le Forze Democratiche Siriane (Sdf), legate all’Amministrazione Autonoma del Nord-Est della Siria a guida curda, e le unità fedeli al governo di Ahmad al-Sharaa. Le violenze si inseriscono in un momento particolarmente delicato, mentre sono in corso negoziati difficili sull’eventuale integrazione delle Sdf nell’esercito nazionale.

Secondo le prime informazioni, gli scontri hanno causato almeno una vittima e undici feriti. Le operazioni militari si sono concentrate nei quartieri settentrionali di Sheikh Maqsoud e Ashrafieh, aree storicamente sensibili per la presenza curda e spesso teatro di tensioni con le autorità centrali.

Un’autobomba è esplosa all’alba di lunedì a Mosca, uccidendo il generale Fanil Sarvarov, capo del Dipartimento di addest...
22/12/2025

Un’autobomba è esplosa all’alba di lunedì a Mosca, uccidendo il generale Fanil Sarvarov, capo del Dipartimento di addestramento operativo dello Stato maggiore russo. L’attentato è avvenuto intorno alle 7 in via Yasenevaya: un ordigno collocato sotto la sua auto è detonatato quando il conducente ha azionato il freno.

Secondo il Comitato investigativo russo, l’esplosivo — fissato magneticamente al sottoscocca della Kia Sorento — aveva una potenza pari a circa 300 grammi di tritolo. Sarvarov è morto per le ferite riportate. Le indagini sono in corso e le autorità russe ipotizzano il coinvolgimento dei servizi segreti ucraini, richiamando precedenti attentati mirati contro figure legate all’apparato militare e politico di Mosca, come l’uccisione di Darya Dugina nel 2022, episodio che segnò un salto di qualità del conflitto anche sul territorio russo.

** Chi era Fanil Sarvarov **

Nato nel 1969 nella regione di Perm, sugli Urali, Sarvarov si era formato nelle accademie delle forze corazzate e dello Stato maggiore. Nel 2024 era stato promosso generale luogotenente dal presidente Vladimir Putin e guidava la Direzione per l’addestramento operativo del ministero della Difesa.

Veterano di diversi teatri di guerra, aveva partecipato al conflitto osseto-inguscio, alle operazioni in Cecenia, all’intervento militare russo in Siria tra il 2015 e il 2016 e, più recentemente, all’operazione militare in Ucraina. Per questo era stato inserito nel database ucraino Mirotvorets, che elenca presunti criminali di guerra. Nel corso della carriera aveva ricevuto numerose onorificenze, tra cui l’Ordine del Coraggio e l’Ordine al Merito Militare.

22/12/2025

Nulla sembra frenare l’avanzata delle politiche di espansione israeliane in Cisgiordania. Non sono bastati il monito lanciato da Donald Trump lo scorso ottobre, né le prese di posizione di vari governi — incluso quello italiano — contro le violenze dei coloni, né tantomeno l’ultimo avvertimento delle Nazioni Unite sull’aumento continuo delle confische di terre, ritenute una minaccia concreta alla possibilità di uno Stato palestinese. La componente più intransigente dell’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu prosegue senza deviazioni e annuncia il via libera a 19 nuovi insediamenti nell’area, portando a 69 il numero delle colonie autorizzate negli ultimi tre anni.

A rivendicare la decisione è stato Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze ed esponente dell’estrema destra, che ha parlato di un’espansione a ritmi mai visti prima. Secondo Smotrich, la scelta risponde a due obiettivi fondamentali: favorire il ritorno del “popolo di Israele” su quella che viene definita la propria terra e impedire la nascita di uno Stato palestinese descritto come ostile. Il progetto, come evidenzia il quotidiano Haaretz, include anche quattro insediamenti smantellati nel 2005 in seguito alla cosiddetta legge sul “disimpegno”, che l’attuale governo intende ora ricostituire.

Il quadro politico israeliano sta cambiando rapidamente. L’ultimo sondaggio settimanale firmato da Menachem Lazar per Ma...
22/12/2025

Il quadro politico israeliano sta cambiando rapidamente. L’ultimo sondaggio settimanale firmato da Menachem Lazar per Maariv fotografa un netto arretramento della coalizione guidata da Benjamin Netanyahu e una crescita costante delle forze di opposizione sioniste.

Il Likud, oggi perno del governo, perderebbe terreno scendendo a 25 seggi rispetto ai 32 attuali. Ancora più pesante il dato su Sionismo Religioso di Bezalel Smotrich, che secondo le proiezioni non supererebbe la soglia di sbarramento e resterebbe fuori dalla Knesset. Alla base del calo, secondo l’analisi, pesano le recenti iniziative legislative considerate divisive e penalizzanti per l’immagine dell’esecutivo.

Sul versante opposto, l’opposizione guadagna slancio: i partiti sionisti contrari a Netanyahu arriverebbero complessivamente a 60 seggi. In testa Naftali Bennett con 22, seguito da Gadi Eisenkot (10), Yair Golan (10), Yair Lapid (9) e Avigdor Liberman (9).

Elemento chiave è il rapporto con i partiti arabi non sionisti. Nonostante le polemiche, il 61% dell’elettorato dell’opposizione si dice favorevole a un appoggio esterno o diretto di Ra’am pur di archiviare l’era Netanyahu. Con questo contributo, la maggioranza salirebbe a 65 seggi.

Resta però l’incertezza legata a nuove forze emergenti, come HaMiluimnikim di Yoaz Hendel, attualmente al limite del quorum. Un suo ingresso in Parlamento potrebbe rimescolare ulteriormente le carte.

Il 20 dicembre 1989 segnò una svolta drammatica nella storia di Panama con l’avvio dell’intervento militare degli Stati ...
20/12/2025

Il 20 dicembre 1989 segnò una svolta drammatica nella storia di Panama con l’avvio dell’intervento militare degli Stati Uniti, noto come Operazione Just Cause. L’azione fu imponente: circa 27.000 soldati statunitensi vennero dispiegati nel Paese, supportati da oltre 300 velivoli militari, in una delle più grandi operazioni armate americane dalla fine della guerra del Vietnam.

Le prime ore dell’offensiva furono caratterizzate da attacchi simultanei contro obiettivi considerati strategici. Tra questi figuravano basi militari, centri di comando e infrastrutture chiave, inclusi alcuni settori dell’aeroporto civile della capitale, Panama City. L’obiettivo dichiarato era neutralizzare le forze fedeli al generale Manuel Noriega e ristabilire un nuovo assetto politico nel Paese.

A poche ore dall’inizio dell’operazione, Guillermo Endara Galimany, vincitore delle elezioni precedentemente annullate dal regime, prestò giuramento come presidente di Panama. La cerimonia avvenne all’interno di una base militare statunitense, un dettaglio che suscitò forti polemiche e contribuì ad alimentare il dibattito internazionale sulla legittimità dell’intervento.

I combattimenti tra le truppe statunitensi e le Forze di Difesa panamensi proseguirono per circa cinque giorni, con un bilancio pesante in termini di distruzioni e vittime civili. Nel frattempo, Noriega riuscì a sottrarsi alla cattura trovando rifugio presso la Nunziatura Apostolica del Vaticano a Panama.

Per evitare un’irruzione armata in un luogo diplomatico, i militari statunitensi optarono per una strategia di pressione psicologica: potenti altoparlanti diffondevano musica rock a volume assordante intorno all’edificio, con l’intento di costringere Noriega ad arrendersi. Questa pratica provocò una protesta formale del Vaticano indirizzata al presidente George H. W. Bush, dopo la quale le trasmissioni sonore vennero interrotte.

Nei giorni successivi, migliaia di cittadini panamensi scesero in piazza chiedendo che Noriega fosse processato per le violazioni dei diritti umani commesse durante il suo regime. Isolato politicamente e senza più vie di fuga, l’ex uomo forte di Panama si arrese il 3 gennaio 1990, consegnandosi alle forze statunitensi e ponendo fine a uno dei capitoli più controversi della storia recente dell’America Centrale.

20/12/2025

Almeno sette palestinesi sono stati uccisi in un attacco israeliano contro una scuola che ospitava sfollati nel quartiere di Al-Tuffah, a est di Gaza City.

Il servizio di emergenza civile palestinese ha dichiarato in una nota che la maggior parte delle vittime sono bambini, aggiungendo che diversi feriti sono stati trasferiti in vari ospedali della Striscia. La Protezione civile ha inoltre precisato che il recupero dei corpi è stato possibile solo dopo un coordinamento tra l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) e le autorità israeliane.

Con questi sette decessi, il numero dei palestinesi uccisi dal fuoco israeliano dall’inizio del cessate il fuoco di ottobre è salito a 400, secondo quanto riportato dal ministero della Salute di Gaza.

19/12/2025

Un video diffuso online mostra un gruppo di coloni ebrei entrare nella Striscia di Gaza, superare una recinzione e piantare una bandiera israeliana, in un gesto che sottintende la rivendicazione del territorio.

L’esercito israeliano ha dichiarato di essere intervenuto per respingere gli infiltrati e prevenire ulteriori incursioni, precisando che l’azione ha ostacolato le operazioni militari in corso.

Indirizzo

Via San Saturnino, 7
Cagliari
09127

Orario di apertura

Lunedì 09:00 - 17:00
Martedì 09:00 - 17:00
Mercoledì 09:00 - 17:00
Giovedì 09:00 - 17:00
Venerdì 09:00 - 17:00

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