Mechane

Mechane Mechane è la prima rivista italiana espressamente dedicata alla filosofia della tecnica

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"Aldo Pisano, "Does the AI need a genealogy? The 'PAIA' model and the question co...
15/09/2025

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"

Aldo Pisano, "Does the AI need a genealogy? The 'PAIA' model and the question concerning technology for the AI regulation"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5365/4147

Abstract: This paper explores AI’s role through the lens of philosophical anthropology, examining its impact on cultural spaces and values. Technology, as Arnold Gehlen argues, is integral to human evolution, shaping culture as a ‘second nature’. Ivan Illich’s concept of the critical threshold warns that beyond certain limits, technology distorts rather than supports human and cultural systems. To avoid alarmism, AI should be understood within this continuum of technological development, familiarizing society with its potential without overlooking risks. The PAIA model (Pervasiveness, Auton-omy, Invisibility, Adaptivity) provides a framework to assess these risks, ensuring AI does not replace human agency but enhances cultural resilience. The paper will try to provide an example on how intelligent technologies could generate a culture of Distrust in Generative AI Era. Nevertheless, the main objective of this paper remains to show a possible non-catastrophic perspective of a coliving culture between humans and AI.

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"Alberto Giovanni Biuso, Tecnica e transumanesimo nel capitalismo dello spettacol...
11/09/2025

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"

Alberto Giovanni Biuso, Tecnica e transumanesimo nel capitalismo dello spettacolo

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5364/4146

Abstract: The paper outlines, in the first part, the constant presence of technique and technologies from the Homeric Iliad to the society of the spectacle. It then shows the never neutral but always political dimension of this development up to the contemporary dominion of the digital, the virtual and the transhuman. Finally, it discusses the latter, starting from the phylogenetic and at the same time historical archaism of prostheses, of their consubstantial nature with respect to that of the body, of the fact that from the beginning human corporeality is an inseparable whole of nature, culture and technique. The dreams of the transhumanist visionaries must therefore be understood, explained and deconstructed starting from a materialistic and temporal metaphysics.

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"Marco Russo, Allevare uomini. Sulla "seconda natura" in Kant https://mimesisjour...
08/09/2025

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"

Marco Russo, Allevare uomini. Sulla "seconda natura" in Kant

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5363/4145

Abstract: The “second nature” formula indicates the distancing from nature through culture, which “raises men” by means of artifices. We compare Sloterdijk’s thesis, according to which culture is exclusively anthropotechnics, with the humanistic thesis, according to which education should use technique also for non-technical purposes. An influential modern humanistic model can be found in the training of the Renaissance courtier outlined by Castiglione. Through various steps, the model flows into the process of civilization that for Kant leads to second nature. The article discusses how this completely artificial second nature is to be interpreted and shows that its Endzweck (final end) is moral life, which is irreducible to the technical-practical reason acting in civil society and in the epistemic rationalization of nature.

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"Gianluca Solla, "Scrivere per immagini. La tecnica del segno tra preistoria e ci...
04/09/2025

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"

Gianluca Solla, "Scrivere per immagini. La tecnica del segno tra preistoria e cinema"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5362/4144

Abstract: The paper explores the hypothesis of images as foundation of human culture, starting from the analysis of Palaeolithic cave paintings. Far from being mere decorations, these figurative representations could be interpreted as primary forms of inscription of reality, grounded in a symbolic technology capable of transforming natural experience into a shared system of meanings. From this perspective, culture is understood as the faculty of generating signs and images endowed with semantic and communicative value, thus constituting an original matrix of collective memory.

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"Valeria Pinto, "Quel genere di macchine che possono esplodere". Apocalissi della...
18/08/2025

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura"

Valeria Pinto, "Quel genere di macchine che possono esplodere". Apocalissi della tecnica e integrazione della cultura

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5361/4143

Abstract: These essay takes its cue from Umberto Eco’s formula ‘Apocalyptic and Integrated’, which he proposed over half a century ago, highlighting its conceptual weakness despite its undoubted ideological effectiveness, and the thoroughly conservative idea of culture as ‘objective spirit’ (Hegel) that underlies it. Through Nietzsche and a genealogy of Heidegger’s critique of the concept of culture – from his early writings to The Age of the World Picture, the Black Notebooks and beyond – the technical-conservative nature of Kultur and cybernetics as its operational culmination is clarified. Furthermore, a reading of the central tenets of Gotthard Günther’s ‘metaphysics of cybernetics’ confirms the origin of cybernetics in Hegel’s doctrine of spirit. Finally, drawing on Reiner Schürmann’s insights, the anarchic nature of Heidegger’s critique of technical thought and its debt to Nietzschean criticism are emphasised.

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura" - Editoriale https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/536...
12/08/2025

Mechane n. 9 (2025), "Tecnica e cultura" - Editoriale

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5360/4142

Se si può assumere la relazione reciproca tecnica e cultura come coestensiva alla dimensione umana (dalla preistoria dell’uomo alla sua attuale stabilizzazione, fino al limite del suo possibile superamento), sorprende come la riflessione teorica su questa relazione sia stranamente tardiva. E come essa diventi invero più consistente e decisiva via via che tale relazione viene perdendo la sua connotazione di endiadi o quasi endiadi, presentandosi all’opposto nei termini di un’aperta tensione o anche di vero e proprio contrasto. Nella modernità capitalista, in virtù dell’espansione del dominio della macchina, la tecnica appare legata anzitutto, se non esclusivamente, alla civilizzazione. Solo in questa forma molto diversa, dimidiata, se non anche proprio rovesciata sopravvive qualcosa dell’antica endiadi in cui la cultura figura come potenza di un agire volto a modificare una realtà, un oggetto, accrescendone il valore, là dove però il potenziamento e l’accrescimento di valore riguardava anche sempre l’altro versante coinvolto nel movimento di trasformazione: il soggetto. Il colere, il coltivare, se da un lato si riferisce alla natura, alla sua trasformazione e cura, volta a renderla luogo abitabile dall’uomo, un coltivare che accompagna al dissodamento della terra anche (e non secondariamente!) il “culto” reso agli dèi, dall’altro si riferisce alla “coltivazione dell’anima”, cultura animi con Cicerone, vale a dire una condizione del soggetto – cultura personale resa però possibile a sua volta dalla trasformazione spirituale dell’ambiente, in definitiva formazione personale e realizzazione di sé attraverso una cultura oggettiva (beni e valori culturali). In ogni caso, che riguardi l’oggetto o il soggetto, la trasformazione è tesa ad assecondarne la natura, a portare a compimento le potenzialità prefigurate nella sua disposizione, non a imporre forze e finalità estranee (propriamente si coltiva una pianta al fine di ottenerne un frutto commestibile, migliore di quello che produrrebbe naturalmente lasciata a sé stessa, ma non si coltiva un albero per ricavarne il pennone di una nave). Ora, proprio la divaricazione tra cultura oggettiva e cultura soggettiva, fino a una frattura tale che l’accrescersi dell’una non solo non corrisponde all’accrescimento dell’altra ma opera anzi in una direzione tale da impedirne il dispiegamento, caratterizza quella che è stata definita la moderna crisi della cultura – la moderna “tragedia della cultura”, per dirla con Simmel, che rappresenta nel modo più acuto l’opposi-zione tutta moderna tra tecnica e cultura. Si tratta di un’opposizione che coinvolge in modo particolare, ossia con una penetrazione che non trova uguali, la riflessione filosofica – ma anche sociologica, storica, artistica e letteraria, in breve l’intera cultura tedesca – negli anni tra “Bismark e Weimar”, per riprendere qui il sottotitolo di una raccolta di saggi dedicati appunto al rapporto tra tecnica e cultura, la quale ben restituisce la ricchezza di un dibattito destinato a segnare nella forma di un’insuperabile dicotomia (ma anche dell’opposizione ad essa) la riflessione a ve**re, ben oltre la Germania e la stessa Europa e per tutto il Novecento, o almeno senz’altro fino alla fine della guerra fredda e all’“unificazione dell’intero mondo sotto il Capitale”. Le coppie di opposti in cui la dicotomia “tecnica e cultura” si viene a specificare in questo dibattito, del quale “nessun confronto serio su questa problematica potrà fare a meno di tenere conto” (Tecnica e cultura, 1975), sono ampiamente note: “Zivilisation/Kultur”, “Mechanisierung/Kultur”, “Spirito/Anima” (o anche “Spirito/Vita”) sono solo alcune di un lungo elenco, che insieme a parole chiave quali per esempio “Intellettualizzazione” “Disincanto” “Relativismo” (e loro contrari) scandiscono la disintegrazione della Cultura o anche il pieno compimento dell’essenza nichilistica di questa, se si intende la cultura con Heidegger “come la realizzazione dei supremi valori, mediante l’impegno a favore dei più alti beni dell’uomo” accompagnato da “analogo impegno nei riguardi di se stessa, divenendo così politica della cultura” (L’epoca dell’immagine del mondo, 1977).Questa vicenda, che segna in maniera decisiva la relazione “tecnica e cultura” e affonda parte significativa delle proprie radici nella critica nietzscheana alla moderna fabbrica scientifica della cultura (ben compendiata nella formula “cultura interna per barbari esterni”), trova la sua più potente neutralizzazione e disfatta nella stigmatizzazione di tale opposizione in termini di critica reattiva e reazionaria di ceti borghesi intellettuali in declino, mandarinismo aristocratico complice postumo della follia nazista, quando non direttamente alto fascismo intellettuale e difesa piccolo borghese e provinciale. Un potente congegno di revisione e riabilitazione della cultura di massa, della società dell’informazione, del suo carattere progressista e democratico (inclusivo diremmo oggi), si è affermato nel tempo a diverse latitudini, divenendo discorso pubblico egemonico. Pur mostrando di non ignorare (anzitutto al fine di disinnesca-re in anticipo ogni obiezione) la fascinazione per la tecnica propria di certa destra rivoluzionaria e nazionalista, come pure il carattere potenzialmente totalitario oltre che di sfruttamento della mega-macchina capitalista (o capi di accusa meno roboanti ma non privi di presa, come quelli di conformismo, omologazione e persuasione più o meno occulta propri dell’industria culturale) tale congegno asseconda convintamente e abdicando da ogni atteggiamento critico i progressi e le nuove evoluzioni delle tecnologie di massa, ultima quella del digitale e delle sue culture. La domanda cui questo numero di “Mechane” vuole provare a rispondere è allora fino a che punto debba ritenersi obsoleto e prigioniero di superate grandi narrazioni, nella nostra epoca di “tecnica coltivata” (kultivierte Technik) oltre che di “cultura tecnica” pienamente dispiegata, il paradigma della contrapposizione “tecnica e cultura” distintivo della passata critica al capitalismo avanzato. Alla luce del “nuovo spirito del capitalismo” (lo si chiami come si vuole: “platform-capitalism”, “data capitalism“, “surveillance capitalism”...) esiste ancora una tensione non interamente risolta tra tecnica e cultura? E se c’è, in quale forma e seguendo – o non seguendo – quali tradizioni filosofiche e/o “teorie critiche”?

È online il nono numero di Mechane, dedicato a Tecnica e cultura: https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/issu...
06/08/2025

È online il nono numero di Mechane, dedicato a Tecnica e cultura:

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/issue/view/302

Essays:

Valeria Pinto, "Quel genere di macchine che possono esplodere". Apocalissi della tecnica e integrazione della cultura;

Gianluca Solla, Scrivere per immagini. La tecnica del segno tra preistoria e cinema;

Marco Russo, Allevare uomini. Sulla "seconda natura" in Kant;

Alberto Giovanni Biuso, Tecnica e transumanesimo nel capitalismo dello spettacolo;

Aldo Pisano, Does the AI need a genealogy? The 'PAIA' model and the question concerning technology for the ai regulation.

Readings:

Fiorella Giaculli, Asservimento e liberazione. Nietzsche e la consacrazione della cultura;

Salvatore Spina, Mito tecnicizzato, macchina mitologica e cultura di destra. Attraversamenti nel pensiero di Furio Jesi;

Roberto Revello, Una tecno-estasi. Tecnicità, magia e simbolismo analogico in Simondon.

È online la call for papers dedicata al tema "Natura e tecnica":https://www.mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/ca...
25/07/2025

È online la call for papers dedicata al tema "Natura e tecnica":

https://www.mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/call-for-papers

Esiste oggi una natura, quando non vi è dimensione non segnata dall’artificio umano, né all'“esterno”, nello spazio circostante, né all’“interno” dell’uomo stesso? Quando l’umanità è da tempo “capace di governare la propria evoluzione”, quando persino pianeti un tempo remoti e intangibili non si sottraggono all’opera umana, sono oggetto di colonizzazione e sfruttamento, risorse al pari degli ultimi elementi della materia? Con il lancio dello Sputnik – salutato con “sollievo” come “il primo passo verso la liberazione degli uomini dalla prigione terrestre”, come si legge in Vita Activa (una liberazione anche per Levinas e Blanchot) – la trasformazione del mondo in immagine non è più solo un’interpretazione filosofica ma un fatto reale, provato dalla “Earthrise” dinanzi agli occhi dell’umanità intera, guardata invece con spavento da Heidegger, come dichiarato nell’intervista a “Der Spiegel”. Un evento epocale – uno dei rarissimi casi in cui quest’espressione è appropriata – che rappresenta un congedo definitivo dalla natura: “il 4 ottobre 1957 (…) lo Sputnik creò un nuovo ambiente per il pianeta. Per la prima volta il mondo naturale è stato completamente racchiuso in un contenitore artificiale. Quando la Terra è entrata in questo nuovo artefatto, è finita la natura ed è nata l’ecologia. La coscienza ecologica è diventata inevitabile non appena il pianeta acquisiva lo stato di opera d’arte” (Marshall McLuhan).
Ma prima invece? È prima mai esistita “per noi” una natura che non fosse già fin dall’inizio segnata dalla mano umana e come tale già sempre perduta, oggetto di nostalgia e mito, una natura al di là dell’umana volontà di ritorno ad essa come a uno stato di immediatezza e innocenza? Non è forse sempre stata la natura, per l’uomo occidentale, solo lo sfondo da cui allontanarsi o a cui tornare, così almeno da quando ha assaporato il frutto della conoscenza del bene e del male?
Per l’umanità occidentale-cristiana la natura come creazione irredenta rappresenta un ostacolo alla vicinanza a Dio: la philia tou kosmou è echthra tou theou; e il superamento del mondo, vuoi come attiva negazione della natura nell’ascesi vuoi come orientamento oltremondano in senso escatologico, è il contrassegno dell’antropoteologia cristiana, nonché, secondo la nota tesi di Karl Loewith, il presupposto per il futuro dominio tecnico della terra. Con l’eccezione di Spinoza - masso erratico della tradizione metafisica - la moderna metafisica è di fatto e in senso ampio antropologia dualistica cristiana, sottomissione della natura all’intelligenza che pensa e vuole, allo spirito che non conosce né kosmos né physis, ma solo il concetto astratto, matematico-sperimentale, di natura e di ordine.
Non più visibile attraverso la visione naturale con “gli occhi del corpo”, ma solo con gli “occhi dello spirito” che calcola e mediante strumenti tecnici, prima ancora della rivoluzione copernicana kantiana la rivoluzione astronomica rompe l'antica corrispondenza fra il visibile e il reale, fra occhio e cosmo. È così che per l’illuminismo il cosmo non è più ciò che appare da sé, ma l’universo infinito presente attraverso sofisticate manovre di calcolo sorrette da apparati tecnologici. La rivoluzione kantiana, l’idea di una natura anticipata matematicamente, persiste, se non addirittura si rafforza, persino quando a guidare è l’idea regolativa di fine, nella formula carica di ambiguità di “tecnica della natura” della Prima introduzione: l’idea di una natura come se fosse progettata in vista della sua conoscibilità da parte del Giudizio (e proprio questa idea di natura come organizzazione e sistema sarà assunta e reinterpretata in chiave in cibernetica).
In questo quadro, nel quadro cioè di una filosofia dominata dall’idea trascendentale di soggetto (cui neppure la filosofia romantica della natura e persino Schelling si sottrarrebbero), unicamente Goethe, il grande pagano, da un lato, e Nietzsche, il grande ateo dall’altro - non senza un debito esplicito del secondo verso il primo - sarebbero all’altezza dell’abbraccio spinoziano della natura: un abbraccio dionisiaco per Nietzsche, che non esita a riconoscere in Goethe la fede nel medesimo dio (Crepuscolo degli idoli). Si tratta di una “ritraduzione dell’uomo nella natura” tutt’altro che pacifica, un ritorno esplosivo all’“innocenza del dive**re” affatto opposto all’antecedente rousseauiano: l’invocazione del “Newton del mondo morale” che pure “voleva il ritorno alla natura”, ma appunto di tutt’altra direzione e segno.
L’idea rousseauiana di una “natura normativa” rimanda all’amplissimo versante di riflessioni riguardanti la relazione tra physis e nomos nella moderna civiltà tecnico-industriale, tra difesa di diritti umani universali – ancorati al riconoscimento di un diritto naturale continuamente richiamato rinnovato e ampliato (fino al liminare “diritto naturale digitale” di Stiegler) –, critica materialista dell’economia politica in tutte le sue declinazioni, a partire da Marx ma oltre Marx, e ancora critica genealogica e considerazione biopolitica della natura come “vita normata” e “animalità governabile” attraverso vecchie e nuove tecnologie.
Con la “recente invenzione” del concetto “vita” che si sottrae a ogni visibilità immediata siamo nel pieno della moderna considerazione della natura, impensabile prima dell’astrazione scientifica della natura, e però anche nella direzione del compimento di un concetto naturale e/o naturalistico di natura. La dissoluzione integrale del fenomeno “natura” nella sua rilevazione strumentale e misurazione sperimentale, la sua traduzione in “pittura verbale” o “informazione”, apre infatti, una volta scomparsa anche l’idea stessa di soggetto e soggettività, lo spazio per considerazioni non antropocentriche – o nella maggioranza dei casi presuntamente non antropocentriche – della natura. Senz’altro, come rilevava McLuhan, la natura, morta come tale, vive o meglio sopravvive come ambiente, indifferentemente risorsa da proteggere o da sfruttare, o anche entrambe le cose insieme, com’è ben visibile in tutta la legislazione corrente tesa a preservarne il “valore” (estetico, economico, etico, e anche politico).
Altri tentativi in direzione di un’idea non antropocentrica di natura, come pure distanti da un’idea naturalistica di natura, sono quelli proposti da autori come Descola, Donna Haraway, Bruno Latour, Viveiros de Castro, ecc.
Dinanzi a una questione filosofica così ampia e di così ampia portata come quella al centro di questo numero di Mechane, il quadro tracciato non può ovviamente pretendersi come qualcosa di più e di diverso da una traiettoria indicativa, la quale lascia naturalmente fuori direzioni e prospettive diverse.
Il numero è aperto a contributi che si riconoscono e si muovono entro queste coordinate, ma anche a contributi orientati secondo altre prospettive che affrontino criticamente il concetto di “natura” e si misurino con alcune delle seguenti linee di riflessione:

- Genealogie e crisi del concetto di natura: dalla tradizione filosofica classica e moderna fino alle trasformazioni del paradigma scientifico e tecnico contemporaneo

- Il carattere tecnico della natura umana: il processo di costruzione tecnica dell’ambiente “interno” ed “esterno” dell’essere umano dalle prime fasi dell’ominazione ai nostri giorni

- Tecniche di controllo della natura: indagini sulle forme storiche e contemporanee di governo della vita biologica e politica, in cui le pratiche operative e le definizioni di “natura” si configurano come strumenti di potere, programmazione e normazione.

Sono accolti contributi in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo. Gli autori interessati sono invitati a inviare un breve abstract (max 500 parole) a [email protected] entro il 15 settembre 2025. Gli autori delle proposte accettate dovranno inviare il testo completo (max 40000 caratteri) entro il 15 dicembre 2025. I contributi saranno sottoposti a un processo di peer-review.

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"Christian Vittorio Maria Garavello, "Ribaltare lo sguardo. Forensic architecture ...
10/07/2025

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"

Christian Vittorio Maria Garavello, "Ribaltare lo sguardo. Forensic architecture tra arte, estetica e tecnologia"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5044/3913

Abstract: The essay focuses on the relationship between the practice of investigative agency Forensic Architecture established at Goldsmith College in London in 2010 by architect and theorist Eyal Weizman with artists, architects, journalists, jourists and others, and several artistic practices founded on the social and political impact of technologies. The pivotal concept of agency’s practice is counterforensic, the aim is to turn the forensic gaze, usually oriented from state to citizens, to monitor the states, armies and big companies’ criminal actions. Technology development plays a central role in this context, on the one hand gives power and allow a complete access to sensibile data and images, to states, armies, corporations to control citizens, but on the other hand gives a chance to citizens, ONG, independent researchers like Forenisc Architecture to control their operations. Forenisc Architecture looks at technology tools as a chance to support civil and oppressed people causes. In this context art plays a central role and the essay shows the relationship and the impact of Allan Sekula, Harun Farocki and Lawrence Abu Hamdan’s practices have had on Forenisc Architecture practice.

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"Mirko Daniel Garasic, "Tecnica, potere e sicurezza digitale nelle Smart Cities: a...
09/07/2025

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"

Mirko Daniel Garasic, "Tecnica, potere e sicurezza digitale nelle Smart Cities: alcuni spunti"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5043/3912

Abstract: The concept of algorpolitics, previously developed in other writings, finds crucial application in the context of smart cities, where technology, particularly that based on algorithms and artificial intelligence (AI), plays an increasingly central role in the management of urban infrastructures, public services and citizens’ daily lives. This concept would like to highlight the complexities and ethical risks arising from the increasing automation of city governance and algorithmic control, analysing the link between technology and power. In this paper, I will look into some of the ethical challenges that are ever more present in a specific setting such as that of a smart city.

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"Valerio Specchio, "Estasi e frammentazione dell’io nella governamentalità algorit...
07/07/2025

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"

Valerio Specchio, "Estasi e frammentazione dell’io nella governamentalità algoritmica"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5042/3911

Abstract: This paper explores the relationship between technology and power within the framework of algorithmic governamentality, with a particular focus on the fragmented and ecstatic condition of the user. The hypothesis of the paper suggests that, within algorithmic governamentality, the fragmented-ecstastic condition of the user is used as raw material that fuels the directly proportional relationship between the consumption of user’s transparency and the development of algorithmic opacity in platform society. The paper starts by exploring the relationship between invisibility and opacity in algorithmic governamentality then draws points of contact between: a) the work of Erik Davis on techngnostic philosophies in the informationa age; b) Jean Baudrillard’s concept of the ecstasy of communication; c) Bernard Stiegler’s thoughts on the industry of trace and proletarianization of minds in the automatic society.

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"Luca Mandara, "Instrumental rationality and power on nature. From antisemitism to...
05/07/2025

Mechane n. 8 (2024), "Tecnica e potere"

Luca Mandara, "Instrumental rationality and power on nature. From antisemitism to social networks"

https://mimesisjournals.com/ojs/index.php/mechane/article/view/5041/3910

Abstract: The paper deals with the manifestation of mimetic tendencies within social networks. Retracing the dialectic between “technique” and “nature” outlined by Max Horkheimer and Theodor W. Adorno, the paper argues that such tendencies are not the absolute “irrational” outside, but the other side of the very specific form of rationality embodied by these technologies, which share the same contradictory features of the Western monopoly and financial capitalism. In the end, the paper would also inquiry the possibility of diverging the mimetic impulses from the regressive identification with authoritarian leaders toward progressive politics of emancipation.

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