07/12/2025
Ciao a tutti, sono Bruno Lavoce, speaker e responsabile artisico di Emmerreci Radio, e vi scrivo direttamente dallo studio dove l’unico protagonista è sempre stato il suono.
È ora di mettere la parola fine a una leggenda che gira da troppi anni: quella secondo cui la televisione «ipnotizza» chi la guarda, mentre la radio lascerebbe la mente libera. Dopo decenni passati davanti a un microfono, posso dirvelo con assoluta certezza: né la televisione né la radio ipnotizzano nessuno. L’ipnosi vera richiede collaborazione volontaria, attenzione focalizzata e una guida esperta; nessuna di queste cose accade semplicemente accendendo un apparecchio.
Quello che viene chiamato «effetto ipnotico» della televisione altro non è che un forte coinvolgimento visivo: immagini in movimento, cambi di inquadratura rapidi, luci che catturano lo sguardo. È biologia, non magia. Gli occhi possono concentrarsi su un solo compito visivo alla volta, perciò leggere un libro mentre lo schermo lampeggia risulta oggettivamente difficile per quasi tutti.
La radio opera su un piano completamente diverso. Parla solo alle orecchie, lascia liberi gli occhi e, soprattutto, obbliga il cervello a creare da sé le immagini. Per questo potete leggere, cucinare, guidare o lavorare mentre ascoltate la radio: non c’è conflitto tra i sensi. La voce e la musica diventano la colonna sonora della vostra vita invece di contendersene l’attenzione.
Sia chiaro, però: anche la radio può assorbirvi totalmente quando il contenuto è coinvolgente. Ho visto ascoltatori trattenere il fiato durante un radiodramma in diretta, piangere per una dedica o telefonare nel cuore della notte perché una canzone li aveva colpiti dritti al cuore. Quello è profondo coinvolgimento emotivo, non ipnosi.
E ora veniamo a un confronto che mi sta particolarmente a cuore: la radio di una volta contro la radio in flusso di oggi.
La radio tradizionale, quella con cui sono cresciuto e che continuo a difendere, possiede un vantaggio umano enorme: l’imprevedibilità e il tempo condiviso. Quando accendevi la radio non sapevi mai con esattezza cosa sarebbe arrivato dopo. Una telefonata in diretta, una notizia dell’ultima ora, un brano scelto quella mattina stessa dal conduttore perché rispecchiava l’umore della città… Quella imprevedibilità creava una vera comunione: milioni di persone provavano la stessa sorpresa, la stessa emozione, nello stesso identico momento. Era un rito collettivo che gli algoritmi dei flussi odierni hanno in parte cancellato.
La radio in flusso vi dà controllo totale, scelta infinita e ripetibilità perfetta, ma spesso vi chiude dentro una bolla costruita dai vostri dati. La radio di una volta, invece, vi tirava continuamente fuori dalla bolla: vi costringeva ad ascoltare qualcosa che non avreste scelto, vi faceva scoprire un artista, una storia, un punto di vista che non vi aspettavate. Quella «serendipità forzata» è uno degli strumenti più potenti per tenere la mente aperta, curiosa e davvero viva.
Quindi sì: spegnete gli schermi, ogni tanto. Riscoprite la libertà di un mezzo che parla solo alle vostre orecchie e alla vostra immaginazione. Lasciate che una voce umana – magari proprio la mia – vi accompagni mentre occhi e mani restano liberi di vivere il mondo reale.
Sono Bruno Lavoce, e continuo a credere che lo schermo più rivoluzionario di oggi sia quello che si può semplicemente spegnere, che potete ancora decidere di spegnere voi!
Ci sentiamo sulle onde medie.