03/09/2025
Chef Gianfranco Vissani
Il pioniere che ha acceso la cucina italiana
L’inizio: l’Umbria come radice e destino
Civitella del Lago, 1951.
L’Umbria dei colli e del Lago di Corbara, fatta di silenzi e campagne, è la culla di un bambino che diventerà voce roboante della cucina italiana. Gianfranco Vissani nasce in una famiglia che conosce la fatica e il valore delle cose semplici. Da subito dimostra carattere, un temperamento forte, curioso, insofferente alle mezze misure. La sua scelta, quasi predestinata, è quella di iscriversi all’Istituto alberghiero di Spoleto, una fucina severa che forma generazioni di cuochi.
Giovanissimo, inizia la gavetta: Venezia (Excelsior), Cortina (Miramonti Majestic), Firenze (Grand Hotel), Napoli (Zì Teresa). Ogni tappa è un mattone: rigore francese, cura della brigata, disciplina assoluta.
La cucina, per Vissani, non è mai stata un rifugio romantico, ma una palestra di carattere, un campo di battaglia in cui dominano precisione e sacrificio.
Casa Vissani: il palcoscenico
Negli anni Settanta rientra nella sua Umbria e costruisce il suo mondo: Casa Vissani. Non è solo un ristorante: è un laboratorio, un teatro, un luogo dove la tradizione umbra incontra la grande scuola francese. La sua cucina è tecnica, radicata, ma capace di sorprendenti impennate creative. Conquista critici e guide, fino a raggiungere la doppia stella Michelin (1999–2019), un traguardo che certifica la sua grandezza.
Ma Casa Vissani non è mai stata solo un posto dove si mangia: è un’istituzione. Un luogo che racconta la materia prima italiana, che difende la qualità ma non teme l’invenzione.
L’Umbria diventa vetrina mondiale
attraverso i suoi piatti.
La rivoluzione: Vissani in televisione
La cucina italiana, prima di lui, era raccontata solo nei libri o nelle rubriche femminili. Con lui, esplode in televisione. Dagli anni Novanta in poi, Vissani porta la sua voce potente, la sua mimica teatrale, la sua ironia dissacrante in trasmissioni come UnoMattina, Domenica In, Linea Verde, La Prova del Cuoco. Persino l’Iron Chef giapponese lo invita a duello nel 1995: un cuoco italiano sul ring della cucina globale.
Qui sta la sua rivoluzione: è il primo grande cuoco mediatico italiano, il prototipo di quello che diventeranno tutti gli altri a seguire.
Se oggi parliamo di chef-star, lo dobbiamo a lui.
Non solo cucinava: raccontava. Non solo impiattava: teatralizzava. La cucina smetteva di essere retrobottega per diventare narrazione pubblica.
Filosofia del gusto: italianità e rigore francese
Dietro il personaggio, c’è una filosofia precisa. Vissani ha sempre visto la cucina come arte del rigore: niente scorciatoie, solo disciplina, studio e rispetto assoluto della materia prima. La sua formazione classica, intrisa di tecnica francese, non gli ha mai impedito di restare profondamente italiano.
Nelle sue parole e nei suoi piatti, si percepisce la volontà di raccontare un’Italia schietta, verace, orgogliosa, ma con la raffinatezza che solo la grande scuola francese poteva trasmettere. La sua cucina è un equilibrio tra terra e mente: un’Italia resa universale.
Il personaggio: carisma e temperamento
Vissani non è mai stato un cuoco da sfumature tenui. È uomo di forte temperamento: carismatico, travolgente, ironico, ma anche autoritario, spigoloso, capace di suscitare ammirazione e critica. In brigata era maestro severo, ma generoso nel trasmettere sapere.
Questo dualismo — tra dolcezza e durezza, tra sorriso e furore — lo ha reso autentico.
• È stato il padre della mediaticità in cucina, il primo ad aprire la strada agli chef in prima serata.
• È stato difensore della materia prima italiana, trasformandola in linguaggio universale.
• È stato maestro di generazioni, un riferimento per chi ha scelto di fare cucina ad alti livelli.
Più che un semplice cuoco, Vissani è stato un archetipo: l’uomo che ha insegnato che la cucina non è solo mestiere, ma identità, racconto, spettacolo, passione.