13/11/2025
Quando morì nell'agosto dei 1994, a 91 anni, un giornale intitolava: E morto Demetz mitica guida alpina.
Effettivamente, Giovanni Demetz era conosciuto ben aldilà della sua Val Gardena, per i suoi talenti di scalatore, per la sua umanità e i rapporti cordiali che intratteneva con i clienti, ed infine per il suo straordinario coraggio in salvataggi al limite dell'impossibile.
Giovanni Demetz da Iman nacque il 14 febbraio 1903 a Santa Cristina in Val Gardena ed è là che trascorse tutta la sua vita. Demetz fu nominato portatore nel 1925 e guida alpina nel 1928. Occasionalmente si poteva far ricorso a delle guide per delle richieste di portatore.
Sembra che in occasione di una tale missione G. Demetz abbia fatto nel 1932 la conoscenza di Re Alberto I del Belgio durante una ascensione della parete nord-est del Sassolungo, ascensione ritardata dalla pioggia e che terminò nell'oscurità più completa.
Demetz era uno scalatore nato che eccelleva nella scalata libera. Tra gli alpinisti famosi che egli ebbe come compagni di cordata possiamo citare Demuth, Detassis, Gliick e così pure Luis Trenker un po' più vecchio di lui.
Giovanni Demetz ha aperto numerose
vie nuove anche con i suoi clienti soprattutto nella Val Gardena, ma poiché egli non ha mai tenuto un diario, è estremamente difficile stabilire un quadro completo. Qualche indicazione a questo proposito è stata raccolta in allegato. Il più famoso dei suoi primati fu senza dubbio la scalata della parete nord-ovest del Piz Gralba, alta 800 metri e raggiunta in
dieci ore il 29 dicembre 1933, insieme a Ferdinand Gliick e Toni Schranzhofer.
La via Demetz invece sullo spigolo sud-est del Grande Cir viene ripetuta ed è
diventata una classica.
Come rocciatore, Demetznon fu forse l'uguale di un Steger, di un Gliick, di un
Vinatzer, e tanto meno di un Comici, tuttavia grazie alla sua umanità, egli ha esercitato un fascino incomparabile sui suoi numerosi clienti. Era un eccezionale narratore di
storie di montagna ed aveva una dote speciale per renderle interessanti e per
attirare l'attenzione degli ascoltatori.
Giovanni non era soltanto il professionista che incanta per la sua arte di scalatore, ma si sforzava di essere il montanaro che fa
condividere il suo amore per la montagna, l'amico che rassicura e aiuta a superare
la paura. Sulla cima teneva in riserva una sorpresa, soprattutto quando il cliente era impressionato dal vuoto. Sul bordo del precipizio la guida si posizionava a testa
in giù e gambe in su.
Nell'ambiente delle guide alpine della Val Gardena si racconta di una grande capacità di condurre in montagna clienti non sempre all'altezza del percorso o addirittura con
handicap. Con arte ed esperienza faceva superare loro le difficoltà e realizzava i loro sogni con delle indimenticabili ascensioni.
Era raro fino agli anni cinquanta, che una guida possedesse un'auto. Disponeva tutt'al più di una motocicletta sulla quale il cliente occupava il posto dietro e portava lo zaino
contenente corda, moschettoni, martello e
chiodi. Se si faceva un'escursione alle Torri del Vajolet, non ci si spostava così facilmente come al giorno d'oggi. Il suo terreno privilegiato delle scalate era costituito dalle torri del Sella, il Cir, il trinità
Sassolungo, le Cinque Dita, la Punta Grohmann ed il Sciliar. Quale primocontatto con le Dolomiti, Demetz mi condusse al
camino Adang, vicino al Passo Gardena. Era un'attrazione famosa, ahimè scomparsa nel frattempo a causa di una gigantesca
frana rocciosa.
Situato all'angolo est del grande Piz da Cir, non lontano dalla via Cameron, la via iniziava con un camino molto largo con alla base uno strapiombo. Era consuetudine mo***re sulle spalle del compagno per
raggiungere una fessura, strettoia del camino da cui sicontinuava in spaccata.
Questo passaggio è rimasto una curiosità da cartolina postale, così come la
traversata aerea della Guglia de Amicis. Demetz amava anche condurre il suo cliente nella fessura Kene alla Punta delle cinque Dita. Questo camino obliquo ed
esposto lo si vede anche da lontano dal Passo Sella.
Ma il regno di G. Demetz era il Sassolungo, dove passava le notti nella minuscola capanna che aveva costruito con le sue mani nella stretta forcella tra il Sassolungo e le Cinque Dita. Conosceva tutti i meandri ed i segreti di quel labirinto per averlo percorso in tutti i sensi.
La Guida alpina gardenese Mario Senoner ricorda, che alle sue prime puntate sul Sassolungo era solito incontrare la "volpe Juani".
Nell'occasione cercava di stargli dietro per
conoscere meglio la strada, ma era sufficiente perdere di poco terreno, che svaniva nel nulla, per incontrarlo poi più tardi ormai già intento nella discesa. Quante volte in cinquant'anni di guida alpina, Demetz si è eretto sulla punta di questa cattedrale? Giovanni non teneva alcuno conto, ma prendendo come media
annuale una dozzina divolte, ciò farebbe in totale 600 ascensioni. Ma probabilmente non basta.
Un suo carissimo amico Lino Pellegrini ha affermato che dovevano essere almeno 750. Un record, che senza alcun dubbio, non era che suo! Amava particolarmente la parete nord-est (via Pichi), con i suoi mille metri di dislivello. Si partiva alle sei di mattino per poter attaccare la via alle sette e raggiungere la vetta alle dodici, con pic-nic e riposo.
Durante la traversata della vetta gigantesca ci si inginocchiava dinnanzi alla croce di suo figlio Toni, ucciso da un fulmine
qualche anno prima. Ci si fermava un istante al bivacco e poi cominciava la funambolesca discesa fino al Passo Sella (non esisteva ancora la cabinovia), dove si
giungeva dodici ore dopo averlo lasciato.
Giovanni Demetz fu anche famoso per i suoi salvataggi quando il Soccorso Alpino
organizzato ancora non esisteva. Più volte decorato per il suo coraggio segnaliamo la consegna della medaglia d'argento al
valore civile e della Stella del Cardo per i grandi meriti alpini acquisiti.
Nell' agosto 1952, il maggiore dei suoi figli, il portatore Toni, condusse una cordata
composta da due italiani sulla parete nord del Sassolungo, un ascensione molto lunga soggetta ai cambiamenti del tempo. In vetta la cordata fu sorpresa dal temporale, un fulmine investì Toni e uno dei due compagni e li uccise mentre l'altro rimase presso i due. Il padre Demetz rientrato da una uscita alla Punta Grohmann e inquieto per non aver visto rientrare il figlio, partì alla sua ricerca malgrado la neve che nel frattempo era caduta.
Raggiunto il luogo dell'accaduto, prima
condusse il sopravvissuto in valle, quindi salì più volte in vetta per portare sulle sue
spalle i corpi di suo figlio e del'altro compagno. Un anno dopo una messa fu
celebrata a 3150 metri, nel
posto stesso della catastrofe.
Altro memorabile soccorso; accadde quando un giovane tedesco, rocciatore solitario, scomparve su questa immensa montagna e fu inutilmente cercato per giorni. Perfetto conoscitore di tali dedali, Demetz fece il
seguente ragionamento: deve essere caduto in uno stretto corridoio che dalla
vetta finisce diritto sulla forcella e sulla capanna. Ciò che si rivelò esatto. Ancora
una volta trasportò il corpo a valle sulle sue spalle. A Titolo di gratitudine la
madre del giovane regalò a Demetz la sua Volkwagen. Giovanni fu così una delle
prime guide alpine della Val Gardena a possedere una macchina, ciò che gli permise di allargare il suo raggio d'azione. Egli fece parte anche della ricerca e del recupero delle salme della cordata Esposito, Ceschina, Valsecchi, i quali erano intenti nella prima ripetizione della via Comici al Salame del Sassolungo il 24 settembre 1945. La biografia di Ercole Esposito, detto Ruchin, parla di una difficile ricerca di individuazione in condizioni di brutto tempo e con la montagna completamente ricoperta di neve.
Giovanni Demetz esercitò senza interruzioni il mestiere di guida alpina per ben 50 anni esplicando l'attività fino all'etàavanzata di 76 anni. Il figlio Heini rammenta che suo
padre fece per l'ultima volta la Nord del Sassolungo a 72 anni, la fessura Keine alle
Cinque Dita all'età di 75 anni e l'ultima salita lungo la normale del Sassolungo l'anno dopo.
Giovanni sosteneva che si può scalare
fino a 85 anni, ma che bisogna sapersi fermare un giorno. Trascorse la vecchiaia alla Forcella del Sassolungo, nel suo rifugio, circondato dalle sue amate montagne.