Federazione Montanari

Federazione Montanari La Fiamma dell'Alpinista non si spegne a pochi tiri dalla Cima, anche se il tempo peggiora.

In questa fotografia rara e storica :un uomo con una gerla piena di corde, si accinge a salire sul Campanile di Val Mont...
09/08/2025

In questa fotografia rara e storica :
un uomo con una gerla piena di corde, si accinge a salire sul Campanile di Val Montanaia, e una volta in cima effettuare una calata a corda doppia di 40 metri nel vuoto.
L' uomo è Tita Piaz il " Diavolo delle Dolomiti".
Anno 1906.

Bibliografia: "Il Diavolo delle Dolomiti Tita Piaz",
A. Tanesini, Editrice L’Eroica, Milano.

🏴Le vie dei monti sono seminate di croci; ma noi, pietosi pellegrini dell'alpe, ci prostriamo ad esse che sono costate s...
08/08/2025

🏴Le vie dei monti sono seminate di croci; ma noi, pietosi pellegrini dell'alpe, ci prostriamo ad esse che sono costate sangue e lacrime, come ne costa una fede, e se mai ci arrendessimo, allora si potrebbe dire che non siamo uomini di cuore.
[Guido Rey]

In foto il versante settentrionale del Montasio, da Cima Cacciatori 2071 metri , Friuli.
©️Bruno Contin

L' 8 agosto 1786 alle ore 18 e 12 minuti Jacques Balmat, cristalliere di Chamonix e il dottor Michel Gabriel Paccard com...
08/08/2025

L' 8 agosto 1786 alle ore 18 e 12 minuti Jacques Balmat, cristalliere di Chamonix e il dottor Michel Gabriel Paccard compiono la prima SALITA sul Monte Bianco lungo il versante di Chamonix.
Fu un avvenimento importante per la nascita dell' ALPINISMO, favorito dallo scienziato ginevrino Horace Bénedict de Saussure, che sali comunque alla massima vetta delle Alpi l'anno successivo con un grande apparato di guide e portatori.

Fotografia:
Questa cartolina pubblicata intorno al 1900 da Julien Frères a Ginevra mostra un monumento molto fotografato a Chamonix: la statua commemorativa dell'ascesa al Monte Bianco di Horace Bénédict de Saussure.

Eretta nel 1887 in occasione del centenario dell'evento, questa statua rappresenta lo studioso ginevrino accompagnato da una delle sue guide, Jacques Balmat, primo vincitore del Monte Bianco, che gli indica la vetta da raggiungere.

Sullo sfondo, il ghiacciaio dei Bossons si estendeva quasi a valle e sono visibili le cime dell'Aiguille du Gouter, del Dôme du Gouter e del Monte Bianco.

8 agosto 1956, ore 8:15 Marcinelle, Belgio🇧🇪.La storia non è un lontano angolo polveroso, ma è anche quelo che è accadut...
08/08/2025

8 agosto 1956, ore 8:15 Marcinelle, Belgio🇧🇪.
La storia non è un lontano angolo polveroso, ma è anche quelo che è accaduto solo ieri, nel passato più recente, e che rischia di essere dimenticato o distorto più facilmente, e non deve esserlo.

Sono le 8.15. Un incendio scoppia a 975 metri di profondità nella miniera di carbone del Bois du Cazier, nel bacino carbonifero di Charleroi, nei pressi della cittadina belga di Marcinelle.

In quel momento nelle viscere della terra lavorano 275 uomini. Un addetto ai carrelli fa risalire nel momento sbagliato un montacarichi, che sbatte contro una trave metallica che va a squarciare un cavo elettrico, una conduttura dell’olio e un tubo dell’aria compressa. Poco dopo si scatena l’inferno. L’incendio è immediato e micidiale, non lascia scampo.

Le fiamme si sviluppano rapidamente, favorite da vecchie strutture in legno, da centinaia di litri di olio e dalle ventole di areazione. Non ci sono vie di fuga, le sicurezze obsolete. Manca la dotazione delle maschere con l’ossigeno.

Il 22 agosto, dopo giorni di ricerche, mentre una fumata nera e acre continua a uscire dalla miniera, uno dei soccorritori che torna in superficie lancia un grido di orrore: “Tutti cadaveri”. Morirono 262 persone, quasi tutti soffocati dall’ossido di carbonio, avvolti dalle fiamme.

Persero la vita 136 italiani, 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 3 algerini, 2 francesi, 3 ungheresi, un inglese, un olandese, un russo e un ucraino. Dodici i sopravvissuti.

Trattati come cani, o quasi (agli italiani erano vietato entrare nei bar), usati come merce di scambio, ai minatori italiani non restava che il riscatto della fatica e della morte. Le operazioni di salvataggio si protrassero fino al 23 agosto, quando uno dei soccorritori diede l’annuncio, in italiano: «Tutti cadaveri».

In Italia, in quegli anni, le risorse di carbone erano agli sgoccioli, le potenze vincitrici le lesinavano agli sconfitti e la nostra produzione era pressoché nulla. Nel ‘46 i belgi, ricchi di carbone, non volevano fare il lavoro del minatore, coscienti dei pericoli delle miniere. Il governo belga decise quindi di importare manodopera dall’estero, e molti furono gli italiani a partire in cerca di fortuna: «Imparate le lingue e andate all’estero», diceva De Gasperi quando gli veniva prospettato il problema della disoccupazione. L’emigrazione era anche un modo per «esportare» i poveri. Il 23 giugno del 1946 viene siglato un protocollo d’intesa tra il governo italiano e quello belga che prevede il trasferimento di cinquantamila minatori italiani in Belgio, in cambio di duemilacinquecento tonnellate di carbone ogni mille minatori. Non era facile la vita lassù, anche perché i problemi continuavano anche dopo il lavoro. Gli operai italiani, infatti, non venivano visti bene dalla popolazione belga e venivano chiamati «fascisti», «sporchi maccaroni».
Vale la pena ricordare queste amarezze!!!

🐐"Wo Sind Meine Berge?"⛰️(Dove sono le mie Montagne).Così chiede la piccola Heide quando arriva nella ricca casa del con...
07/08/2025

🐐"Wo Sind Meine Berge?"⛰️
(Dove sono le mie Montagne).
Così chiede la piccola Heide quando arriva nella ricca casa del consigliere Sesemann a Francoforte.
In queste SEMPLICI, scarne parole che hanno commosso il mondo, c'è l' amore per la libertà, c'è l' amore per la natura , c'è il rispetto per l' ambiente, c'è la profonda nostalgia per un microcosmo sociale in cui ognuno ha un ruolo riconosciuto, certamente umile e ristretto, ma forte di una chiara DIGNITÀ umana.

In poco più di 140 anni Heidi è diventata un MITO planetario, rendendo universali quei valori e quegli stereotipi originariamente propri della gelosa e autarchica CIVILTÀ alpina Svizzera🇨🇭.

Heide è uscita dalla penna di JOHANNA SPYRI al tramonto dell'Ottocento nell'alveo culturale della Svizzera tedesca.

Dalla storia di Heide si evince un inequivocabile MESSAGGIO ambientalista, che deriva dal conflitto stridente tra il modello di vita della società occidentale industrializzata e il modello contrapposto, che impone lo stretto contatto con la natura e il rispetto totale dei suoi equilibri, GARANZIA di sopravvivenza per l' intera umanità.

La bimba svizzera nella sua semplicità, sembra saper già tutto, ama l'aria pulita, i prati verdi, gli animali liberi, invita a non sprecare il cibo e le risorse che la natura regala, dimostra che la vera felicità e il benessere fisico possono essere facilmente trovati o RITROVATI, nella vita spartana di una BAITA, dove per TRADIZIONE ( o per povertà) vengono BANDITI gli sprechi e il superfluo.

Heidi è stata protagonista di quindici film, in foto alcune locandine.

Tratto dalle letture di "Heidi"di SPYRI G. 1955 e "Heidi viaggia e impara"
di SPYRI G.1974.

Julie Tullis: tra Sogno e DestinoNella notte del 7 agosto Julie Tullis si spegne per edema cerebrale e viene messa nella...
07/08/2025

Julie Tullis: tra Sogno e Destino
Nella notte del 7 agosto Julie Tullis si spegne per edema cerebrale e viene messa nella tenda precedentemente abbandonata. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Nel 1976 incontrò l'alpinista austriaco Kurt Diemberger e dal 1980 i due lavorarono insieme, tenendo conferenze. Nel 1981 Diemberger assunse Julie come tecnico di ripresa per una spedizione al Nanga Parbat: fu in questa occasione che iniziò la loro carriera di documentaristi d'alta quota. Nel corso di questa attività, tra le altre, organizzarono spedizioni allo sperone nord del K2 e all'allora inviolato sperone nord-est dell'Everest.

I due organizzarono una spedizione al K2 per il 1986.
Tullis e Diemberger riuscirono a raggiungere la vetta il 4 agosto 1986, a tarda ora. Julie Tullis diventò così la prima donna britannica a raggiungere la vetta del K2. Poco dopo aver iniziato la discesa, Julie cadde trascinando con sé Kurt; i due riuscirono fortunosamente a fermarsi. Dopo questo incidente, però, preferirono non continuare a scendere al buio e bivaccano in quota, in una buca nella neve.

Il giorno seguente Tullis mostrava segni di congelamento al naso e alle dita delle mani, ed evidenziava problemi di vista: un comune sintomo di edema cerebrale. I due arrivarono al campo IV verso mezzogiorno, ma rimasero bloccati insieme ad altri cinque alpinisti fermi a causa dello scatenarsi di una tempesta che sarebbe durata per giorni. La tenda di Kurt e Julie collassó a causa della neve e i due dovettero dividersi e trovare rifugio nelle tende dei compagni.

Julie Tullis morì nella notte tra il 6 e il 7 agosto 1986 e il suo corpo venne adagiato nella tenda precedentemente abbandonata. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.

Il suo nome è stato aggiunto al memorial Gilkey ai piedi della montagna. Nel 2005 fu ritrovata sul ghiacciaio sottostante il K2 un'audiocassetta contenente un diario di Julie Tullis, registrato nel 1982.

Julie Tullis:
britannica del Surrey nata il 15 marzo 1939 segnata da un'infanzia tormentata a causa della seconda guerra mondiale, nel 1956 incontra e poi sposa Terry Tullis ed insieme si dedicano alla gestione di una scuola di roccia dalle parti di Tunbridge Wells, con particolare attenzione ai ragazzi portatori di handicap. All'arrampicata di alto livello si avvicina tardi intorno ai 40 anni accolta da commenti maschilisti sprezzanti ma Julie, per nulla intimidita, possiede un'incredibile tenacia e una preparazione fisica notevole: era cintura nera di karate. E nel 1978 sale la vetta andina di Huascaran con Norman Croucher, scalatore disabile. Ma è l'incontro con la leggenda Kurt Diemberger che si rivela decisivo nella sua carriera di alpinista di alta quota, partecipando come direttore della fotografia alla spedizione del Nanga Parbat. Nel 1984 sopravvive insieme a Kurt ad una valanga nella discesa dal Broad Peak dopo aver conquistato la vetta, prima donna britannica. L'anno successivo documenta una spedizione inglese sulla cresta nord-est dell'Everest. All'inizio dell'86 scrive la sua autobiografia "Nubi da entrambi i lati" che verrà pubblicata postuma dopo quel tragico agosto...

In fotografia da sinistra Renato Casarotto, Mari Abrego, Kurt Diemberger e Julia Tullis.
Al campo base del K2 a circa
5000 m, ci si scambia "visite di cortesia" in attesa del momento più favorevole per la salita.
Foto ©️ Kurt Diemberger.
Luglio 1986.

"Una mucca senza campanaccio è come una giornata senza sole"La musica che si sprigiona da una mandria munita di campanac...
06/08/2025

"Una mucca senza campanaccio è come una giornata senza sole"

La musica che si sprigiona da una mandria munita di campanacci suscita sentimenti ed emozioni, soprattutto in chi ha abbandonato la vita dell'alpeggio e soffre di nostalgia.
Se si sentono le campane, capita di emozionarsi, soprattutto quando si è abituati ad andare in alpeggio e un anno non si può farlo. Il suono dei campanacci assicura al pastore una specie di compagnia apprezzata in un ambiente solitario.

6 Agosto 1938L' UOMO "RUPE" SU PUNTA WALKER, SPERONE NORD."Abbiamo vinto" !!Le parole di Riccardo Cassin su Punta Walker...
06/08/2025

6 Agosto 1938
L' UOMO "RUPE" SU PUNTA WALKER, SPERONE NORD.

"Abbiamo vinto" !!
Le parole di Riccardo Cassin su Punta Walker appena violata.
"Per compiere la scalata abbiamo impiegato circa trentacinque ore di arrampicata effettiva e siamo rimasti sulla montagna da rifugio a rifugio complessivamente ottantadue ore.
Oltre alle due corde di canapa da dieci millimetri, lunghe cinquanta metri, disponevamo di cinquanta metri di cordino da otto millimetri. Abbiamo utilizzato una cinquantina di chiodi, la metà circa dei quali non è stata recuperata".

Da il libro "Capocordata - La Mia Vita da Alpinista" 2001.
Di Riccardo Cassin.

Le Fotografie prese dal libro fanno parte dell' "Archivio Cassin".

6 agosto1958:prima assoluta sul Gasherbrum IV (7925 m) da parte di Walter Bonatti e Carlo Mauri, componenti della second...
06/08/2025

6 agosto1958:prima assoluta sul Gasherbrum IV (7925 m) da parte di Walter Bonatti e Carlo Mauri, componenti della seconda spedizione organizzata dal Club Alpino Italiano in Karakorum.

Una spedizione di rivincita, per il capo spedizione Riccardo Cassin (escluso dalla spedizione guidata da Ardito Desio al K2) che per il giovane Walter Bonatti.

Oltre a loro del gruppo fanno parte gli alpinisti Giuseppe de Francesch, Carlo Mauri, Toni Gobbi e Giuseppe Oberto; il medico Donato Zeni e l’orientalista Fosco Maraini.

L’impresa è stata di portata mondiale. Sono passati più di sessanta anni dalla prima salita e la via rimane *irripetuta, un dato importante che fa comprendere la portata dell’ascensione.

La salita quasi a quota ottomila fu realizzata senza l’uso di bombole d’ossigeno.

Non per scelta ma per potersi muovere agilmente nei passaggi difficili, poiché una bombola sulle spalle avrebbe reso uno sforzo eccessivo.

*A giugno 2025 una spedizione italiana è partita in direzione Gasherbrum IV 7925m nel Karakorum, per ripetere la storica via aperta nel 1958 da Walter Bonatti e Carlo Mauri. La spedizione è patrocinata dal Club Alpino Italiano.

L'ALPINISMO è la difficile ARTE del rimanere GIOVANI: e sentire ancora l'utilità dell'INUTILE.[Lionel Terray]
05/08/2025

L'ALPINISMO è la difficile ARTE del rimanere GIOVANI: e sentire ancora l'utilità dell'INUTILE.
[Lionel Terray]

A questa fonte si è abbeverato il borgo di generazione in generazione tra giochi di bimbi e parole scambiatestringendo g...
05/08/2025

A questa fonte
si è abbeverato il borgo
di generazione in generazione
tra giochi di bimbi e
parole scambiate
stringendo gli affetti
intorno a questa acqua corrente.

In fotografia la fontana in un borgo della Val di Non,Trentino anni '50.
Foto ©️ Enrico Pedrotti.

PS: Se qualcuno riconosce il nome del borgo lo scriviamo nella descrizione della foto.
Grazie.

Un altro grande "illustre" escluso dal K2"Era il 4 agosto 1954 quando Dino Buzzati, storica penna del Corriera della Ser...
04/08/2025

Un altro grande "illustre" escluso dal K2"
Era il 4 agosto 1954 quando Dino Buzzati, storica penna del Corriera della Sera, racconta la conquista italiana del K2. Un evento di cui avrebbe voluto essere in qualche modo protagonista.

“Hanno vinto! Da parecchi anni gli Italiani non avevano avuto una notizia così bella”.
Così Dino Buzzati raccontava la conquista, come si diceva al tempo, del K2 sulle pagine del Corriere della Sera. Era il 4 agosto 1954 e l’Italia era in festa. E anche Buzzati, che come penna del Corriere trovava sempre piacevole sfogo nella cronaca di montagna. Lui, che scriveva un po’ di tutto, dalle grandi cronache ai piccoli fatti, fino alle salite degli alpinisti, dalle Dolomiti al Monte Bianco, fino al K2.

E al K2 Buzzati avrebbe voluto esserci, in quel 1954. Si era offerto al professor Desio come inviato speciale, e quest’ultimo aveva accettato di buon cuore.
“Ero contento di avere al seguito un giornalista come Buzzati, ma quando andai al Corriere della Sera il direttore mi disse che nessun giornalista avrebbe seguito l’impresa. Quando glielo comunicai Dino rimase muto”. Possiamo ben immaginare lo sconforto negli occhi del 48enne Buzzati.
"Il K2 fu per Buzzati un grande dolore: aveva sempre sognato di scalare una montagna inviolata”. Ed emerge dai suoi scritti questo senso di frustrazione per non aver potuto prendere parte alla conquista nazionale. Mentre si allontana dalle polemiche per quanto accaduto sulla montagna, scrive invece più volte dell’invidia immensa nei confronti di “quei due uomini in cima ala seconda vetta della Terra”.

Appassionato alpinista Buzzati ha prestato la sua penna al racconto delle grandi imprese del Novecento, comprendendo tra le pagine del Corriere anche gli schivi scalatori. Conoscitore dell’ambiente, delle tecniche e dei materiali parlava con coscienza di causa raccontando una montagna spesso vissuta in prima persona, utilizzando termini e tempi capaci di tenere incollati anche i meno interessati all’argomento.

Allo stesso modo ha scritto tanto anche di K2, seguendo passo passo tutte le fasi che hanno portato alla prima ascensione. “Tra le nazioni che hanno grande tradizione alpinistica l’Italia si affaccia all’Himalaya buona ultima. Per fortuna l’impresa che si tenta, la conquista del K2, seconda vetta del mondo, è tale da compensare largamente, in caso di successo” scriveva con l’obiettivo di raccontare la grandezza dell’obiettivo che il professor Desio si era posto. “Il K2, come il Cervino, si innalza al cielo isolatissimo, precipitando da ogni versante con ciclopiche pareti. E il paragone regge anche per quanto riguarda le difficoltà perché non c’è dubbio che il K2 sia più duro dell’Everest”. Buzzati non era solo un giornalista, quando parlava di montagna. A guidarlo nella scrittura era quella passione coltivata tra le crode delle Pale di San Martino.

Tratto da un articolo di Gian Luca Gasca
https://www.facebook.com/share/16tryLoY8T/ scritto per Lo Scarpone.

Indirizzo

Claviere
10050

Telefono

3389748089

Sito Web

Notifiche

Lasciando la tua email puoi essere il primo a sapere quando Federazione Montanari pubblica notizie e promozioni. Il tuo indirizzo email non verrà utilizzato per nessun altro scopo e potrai annullare l'iscrizione in qualsiasi momento.

Condividi