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( ) “Sto bene al mare” è una frase che suona come una scusa, e forse lo è. Mengoni la canta con quella leggerezza che si...
13/06/2025

( ) “Sto bene al mare” è una frase che suona come una scusa, e forse lo è. Mengoni la canta con quella leggerezza che si conquista col tempo, quando impari a non voler dire tutto ma a lasciare il giusto in sospeso.

Il pezzo ondeggia tra chill-pop e malinconia di fondo:  Sayf aggiunge la sincerità istintiva delle prime volte, Rkomi gioca col ritmo più che col senso, e Mengoni tiene insieme tutto con una voce che non ha bisogno di spiegarsi. L’atmosfera è piacevole, la scrittura è visiva, la produzione è morbida. A tratti, anche troppo. Perché sì, la canzone scorre bene. Forse fin troppo bene. Ci si sta comodi dentro, ma non lascia segni. Ti passa vicino senza sfiorarti davvero.

E da Mengoni, uno che sa affondare quando vuole, ti aspetti sempre qualcosa che ti scuota un po’ di più. Funziona. Ma resta in superficie.

Il testo alterna immagini evocative a frasi più generiche che non sempre reggono l’impatto emotivo.

L’arrangiamento è pulito, coerente, ma gioca in difesa: synth vellutati, beat rilassato, niente che disturbi e niente che lasci il segno.

Una canzone da ascoltare in panchina, al tramonto, senza aspettarsi una rivelazione.






Nel nostro spazio   di questa settimana c'è anche    di   in onda a rotazione ogni ora al minuto '15 tutti i giorni per ...
13/06/2025

Nel nostro spazio   di questa settimana c'è anche   di   in onda a rotazione ogni ora al minuto '15 tutti i giorni per 7 giorni 

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13/06/2025

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13/06/2025

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13/06/2025

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( ) Elisa canta la parola “debole” come se volesse spezzarla in due. E in effetti, lo fa.“Sesso Debole” è una dichiarazi...
13/06/2025

( ) Elisa canta la parola “debole” come se volesse spezzarla in due. E in effetti, lo fa.

“Sesso Debole” è una dichiarazione d’intenti, un grido pensato e stratificato che mette al centro il corpo, il ruolo, la rabbia e il controllo — ma lo fa con la voce di chi ha imparato a trasformare la tensione in melodia, non in slogan.

 

Il brano è elettronico ma nervoso, pop ma spigoloso. Non cerca l’effetto, cerca un equilibrio tra forza e vulnerabilità, tra femminile e feroce. La voce è potente, ma non imposta. La produzione è elegante, ma questa volta si sente il bisogno che ha dentro, più che il vestito fuori.

 Certo, a tratti la scrittura gira un po’ su sé stessa: alcune frasi sembrano cucite per essere citate su Instagram, più che vissute nella carne.

Ma quando la canzone esplode (perché lo fa) ti rimette al tuo posto.

E ti ricorda che la debolezza, quella vera, è solo quella che si nasconde.

 Un pezzo che non consola, ma chiarisce.

E se qualcuno pensa ancora che sia solo “una voce bella”, qui Elisa risponde facendola tremare apposta.




“Bella Madonnina” è un atto d’amore laico verso Milano, ma scritto con la malinconia di chi sa che certi luoghi si amano...
12/06/2025

“Bella Madonnina” è un atto d’amore laico verso Milano, ma scritto con la malinconia di chi sa che certi luoghi si amano proprio perché ti respingono un po’. Tananai la canta piano, con voce bassa e sincera, lasciando spazio a quel tipo di emozione che arriva senza chiedere troppo permesso.

Il pezzo è essenziale, più vicino a un sussurro che a una hit. Dentro c’è nostalgia, identità, provincia e città nella stessa frase. Nessuna voglia di stupire, solo quella di rimanere fedele a una sensazione. Il suono è minimale, ma giusto. La produzione non lo copre, lo accompagna.

Certo, non è una canzone che ti cambia la giornata ma ha quel pregio raro di non volerti piacere per forza, e per questo ti conquista un po’ di più ogni volta che la riascolti.

Avrebbe potuto osare qualcosa in più, forse sì.

Ma in un panorama che grida sempre, una canzone che sussurra Milano con pudore vale già parecchio.

E poi, alla fine, ti resta negli occhi. Come una luce di traverso sul naviglio.




La Patty nazionale torna e spara tre colpi secchi: Ra-ta-tan. Non è nostalgia, non è provocazione. È un mantra ritmico s...
12/06/2025

La Patty nazionale torna e spara tre colpi secchi: Ra-ta-tan. Non è nostalgia, non è provocazione. È un mantra ritmico su cui si appoggia una voce che non ha più bisogno di dimostrare nulla, ma ha ancora voglia di giocare con il rischio.

RATATAN è più stile che struttura. Una canzone che sembra nata in passerella e finita in un sogno lucido: elettronica vintage, beat retrò-futurista, e un testo che fa più atmosfera che racconto. Patty fluttua tra sillabe e intenzioni, con quella presenza magnetica che basta da sola a tenere in piedi anche un brano che, se cantato da chiunque altro, sarebbe già scomparso.

Il problema è che l’idea resta idea. Il pezzo ha personalità, ma non carne.

Ti incuriosisce, ti diverte, ma poi ti lascia lì. Come una sfilata vista da dietro una vetrina.

Eppure, anche così, c’è qualcosa di raro: una donna che ha fatto la storia, e che ancora osa mettersi fuori tempo.

E lo fa con la faccia di chi non chiede permesso.

Solo che stavolta, forse, avrebbe giovato anche qualche secondo di silenzio in più tra un RATATAN e l’altro.



Non cerca di stupire, non cerca di piacere. E forse proprio per questo funziona. “Come hai sempre fatto” è una canzone c...
11/06/2025

Non cerca di stupire, non cerca di piacere. E forse proprio per questo funziona. “Come hai sempre fatto” è una canzone che ha il passo lento di chi ha smesso di correre per restare, e il tono calmo di chi non ha più nulla da dimostrare.

È costruita su tre cose semplici: una frase che consola, un suono pulito che non si scorda di essere pop, e una voce che sa ancora dove mettere il dolore, anche quando non lo chiama per nome. I Modà non cambiano pelle, ma cambiano peso: qui lo portano con più leggerezza.

È una canzone che ti parla mentre lavi i piatti, o mentre aspetti qualcosa che non arriva più. E ti dice che puoi stare in piedi, anche quando tremi.Senza far rumore. Come hai sempre fatto.


Lucio Corsi scrive una canzone che ha già nel titolo tutto quello che serve: un malinteso, una realtà sottintesa, e una ...
11/06/2025

Lucio Corsi scrive una canzone che ha già nel titolo tutto quello che serve: un malinteso, una realtà sottintesa, e una certa autoironia che tiene su il palco anche quando nessuno applaude.

Situazione Complicata è un glam-pop italico con i pantaloni a zampa e le scarpe nel fango. Suona come se David Bowie fosse cresciuto in Toscana guardando i cartoni su Rai2, ma con la lucidità da cronaca provinciale del 2030. È melodico, teatrale, eppure mai barocco. L’arrangiamento tiene insieme i cori spaziali e i piedi per terra.

Non è una canzone semplice, ma arriva dritta se accetti il codice: Lucio parla per immagini, per abiti, per segni zodiacali storti.

E alla fine ti resta quella sensazione lì: che stai ballando sopra qualcosa che non hai risolto.E che, in fondo, va bene anche così.

Olly torna con un pezzo che sembra scritto nei dieci minuti tra una br**ta notizia e una birra calda. “Depresso Fortunat...
10/06/2025

Olly torna con un pezzo che sembra scritto nei dieci minuti tra una br**ta notizia e una birra calda. “Depresso Fortunato” è una canzone folk-pop minimalista che si gioca tutta sul titolo (che è bello), su una melodia semplice (che funziona) e su un modo di cantare le cose storte senza volerle sistemare per forza.

Il suono è secco, quasi scarno, come certi pensieri che non si lasciano arrangiare. C’è un equilibrio sincero tra malinconia e gratitudine, e forse è proprio questo che rende la canzone meno patetica di quanto avrebbe potuto essere. Un pezzo che non ti chiede attenzione, ma se gliela dai, qualcosa ti lascia.

E quando lo riascolti, magari in cuffia, ti accorgi che parla anche un po’ di te.

Di quando ti senti fortunato, ma non riesci a sorridere davvero.
Eppure, in mezzo al niente, ti fa sentire vivo.




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