22/10/2025
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Qui di seguito una riflessione di Loredana Barillaro sulla mostra "Il tempo della scrittura. Immagini della conoscenza dal Rinascimento a oggi" in corso a La Galleria BPER di Modena.
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Il tempo della scrittura, la scrittura nell’arte | una riflessione sulla mostra de La Galleria BPER di Modena
di Loredana Barillaro
Lo scorso 19 settembre a Modena ha preso avvio, fino all’8 febbraio 2026, la mostra “Il tempo della scrittura. Immagini della conoscenza dal Rinascimento a oggi” negli spazi de La Galleria BPER la quale risulta completamente ripensata - per quanto concerne l’identità visiva - dallo Studio Migliore+Servetto, al fine di fornire un ulteriore e più efficace servizio di fruizione per il variegato pubblico che sempre la galleria richiama e accoglie.
Da un’idea di Francesca Cappelletti, e curato da Stefania De Vincentis, il percorso espositivo - come sempre derivante dal confronto fra le epoche del passato e la contemporaneità - si focalizza sul tema della Paideia, termine derivante dal greco usato per designare un elevato ideale di educazione e formazione dell’uomo.
Il tempo della scrittura, la scrittura del tempo. Per scrivere occorre tempo, e la scrittura si fa narrazione del tempo che scorre, di ciò che accade nel susseguirsi delle epoche all’interno dei luoghi e per effetto dell’agire umano, del suo intelletto e del suo sguardo.
Ogni cosa si fa scrittura, l’inchiostro impresso sulle pagine, le note degli spartiti, il disegno e il colore su tavole e tele. Note che compongono melodie, dipinti che, come finestre, schiudono la visione su scene e accadimenti. Tutto narra, racconta, emana e dona sapere.
Ed è questo che la mostra vuole dirci, la scrittura in quanto trasmissione è un atto d’amore, è un donare libertà mediante essa, la liberà di esistere e agire nel mondo.
E com’è stata narrata la scrittura nelle opere d’arte? Quali esempi ci vengono incontro in questa scoperta?
Sebbene la mostra si apra a partire dal contemporaneo con l’opera di Sabrina Mezzaqui - che dona l’input al percorso - mi piace focalizzare l’attenzione sulla piccola tavola ad olio, di inizio XVII secolo, dipinta da Luigi Amidani, “La Madonna con Bambino”.
L’opera racchiude esattamente quello che qui si vuole sottolineare, la bellezza del sapere e l’importanza della sua trasmissione. In essa vediamo la Vergine che amorevolmente insegna a leggere a suo Figlio Gesù, denotando un aspetto di Maria probabilmente meno eclatante all’interno dell’iconografia mariana: quello di guida intellettuale che si carica anche di un significato laico.
Per la sua naturalezza la scena potrebbe collocarsi in un’epoca qualunque e in un contesto qualunque, un episodio tanto normale quanto rivoluzionario e non scontato, un gesto di cura e di accompagnamento alla vita.
Tornado indietro, il lavoro di Sabrina Mezzaqui, (Lettere, del 2010, facente parte della Collezione BPER) ci mostra lettere dell’alfabeto che, in maniera leggiadra, compongono a loro volta parole e frasi che si diramano su di un ordito, una “ragnatela” dal perfetto equilibrio a trattenere un estratto della conversazione epistolare fra Hannah Arendt e Martin Heidegger “Non domandare il perché e a che scopo ma soltanto essere. E cosa possiamo fare se non unicamente aprirci l’un l’altro e lasciar essere ciò che è. Sereni di essere ciò che siamo” (in Lettere 1925-1975) un passo che l’artista sceglie e decide di consegnarci quale messaggio dal significato universale.
Mutano pertanto i tempi della contemplazione e dell’elaborazione del sapere, e mutano gli strumenti, ed è così che anche il ritratto scultoreo diviene un potente mezzo di conoscenza. Nell’antica tradizione dell’occidente il ritratto incarnava uno scopo altamente educativo, in quanto modello in grado di ispirare atteggiamenti virtuosi. Ed è questo che è chiamata a fare l’opera presente in mostra,;“Ritratto di Alessandro, su busto moderno” è una testa antica di Alessandro Magno montata su un busto seicentesco proveniente dalla galleria Borghese di Roma.
In questo caso si potrebbe forse ricorrere a quella che oggi viene definita “comunicazione non verbale”, siamo chiamati nell’immediatezza a riconoscere un certo valore, non abbiamo bisogno di particolari codici da identificare e codificare, qui è semplicemente l’esempio a narrare, a guidare, a fare luce e dunque a tramandare un messaggio, ad indicare idealmente una strada da percorrere.
E il ritratto, pratica antica, giunge alla contemporaneità - denotando altresì la circolarità del progetto di mostra - quando ci si imbatte nei grandi volti realizzati da Pietro Ruffo. “I Sei Traditori della Libertà”, realizzati fra il 2009 e il 2010, ritraggono sei filosofi del XVIII secolo, Helvetius, Saint Simon, Rousseau, De Maistre, Firche e Hegel, il cui pensiero - ci dice l’artista - benché fosse orientato alla “costruzione di una società libera” si diresse man mano verso un medesimo punto di accordo, in base a cui l’educazione sarebbe stata uno strumento di controllo e talora sottomissione dei popoli.
Pietro Ruffo ci conduce, dunque, a ragionare sulle implicazioni dell’educazione all’interno della libertà, individuale e collettiva. Una libertà che, oggi come ieri, sappiamo non essere scontata. Ci apre ad un ambito di riflessione ampio e complesso che certamente questa mostra può aiutare ad approfondire.
© Loredana Barillaro e SMALL ZINE