12/07/2025
C'è una br**ta abitudine a giro, nei social e nei media in genere. Ridurre ad una pletora di slogan il più delle volte conditi di banalità ed autoritarismi, la potenziale riflessione indotta da segnali provenienti dai ragazzi, dai giovani. Come già per altri episodi, alcuni legati al periodo della pandemia, dove centinaia di migliaia di studenti vennero privati -a torto o a ragione- del contatto fisico con il loro istituto, con i loro professori e soprattutto con i loro compagni, adesso i "ribelli dell'orale", (che nulla hanno a che vedere con i protagonisti delle forme di ribellione che da sempre hanno caratterizzato il rapporto studente-scuola in chiave sociale e politica) alzano il velo del conformismo mentale prima ancora che istituzionale sul criterio della valutazione a fine corso. Personalmente sposo in pieno le loro istanze. Perchè (al di là delle modalità utilizzate) sul contenuto, sulla dignità delle loro idee e sul modo con il quale hanno saputo oralmente esprimerle, con coraggio e senza alcuna arroganza, non si può restare né sordi, né ciechi, né inerti.
Questo articolo mi pare vada in una direzione produttiva. A differenza del facile e inutile giudizio sprezzante "da adulti" espresso dai responsabili dei dicasteri, dalla quasi totalità dei media, e dalla stragrande maggioranza dei commentatori.
Buona lettura, per chi ha occhi e menti aperti.
I ragazzi di questa generazione definita a ragione inquieta e ansiosa chiedono ascolto. E liquidare le loro istanze – scomposte finché si vuole, ma sincere – come bravate da str