06/11/2025
LA “VALLIS HEREMITARUM” E L’EREMO-CONVENTO DI SANT’AGOSTINO: CENTRO DELL’EREMITISMO DEL GARGANO OCCIDENTALE.
Molte delle notizie che oggi possediamo sull’eremo di Sant’Agostino le dobbiamo al meticoloso lavoro di Gabriele Tardio, che con ricerche d’archivio e sopralluoghi ha restituito voce a uno dei luoghi più dimenticati della tradizione eremitica garganica. Senza la sua opera di paziente ricostruzione, il piccolo complesso di pietra che ancora resiste nella valle di Stignano sarebbe forse rimasto nascosto tra le pieghe della montagna e della memoria.
Per raggiungerlo bisogna lasciare la strada comunale che collega San Marco in Lamis ad Apricena e inoltrarsi tra gli uliveti, seguendo un percorso che sale dolcemente tra muretti a secco e ciuffi di lentisco. Dopo alcuni chilometri il sentiero diventa più aspro e il paesaggio più silenzioso; a quota 377 metri si apre una radura dove emergono i resti dell’antico romitorio. La struttura, pur ridotta a rudere, mostra ancora l’impianto originario: una chiesa a due navate, vani di servizio, un cortile recintato e le tracce di celle, cisterne e piccole abitazioni.
Fin dal Medioevo la valle di Stignano fu una soglia naturale del Gargano. Vi transitava una diramazione della via Francigena, la strada percorsa da pellegrini e penitenti diretti a Roma o al santuario di San Michele Arcangelo. Quella che oggi appare una valle tranquilla era allora attraversata da viaggiatori, eremiti e monaci itineranti. Nel Cinquecento, con la presenza dei francescani nel vicino convento di Santa Maria di Stignano, la valle divenne una vera “vallis heremitarum”, disseminata di romitori scavati nella roccia o costruiti con pietre locali. L’eremo di Sant’Agostino ne fu il centro principale, luogo di riferimento spirituale e di sepoltura degli eremiti della zona.
La chiesa conserva ancora parte delle volte a botte e delle arcate che collegavano le due navate, costruite in epoche diverse. Sulle pareti si riconoscono resti di pitture murali, offuscate dal tempo e dal fumo dei pastori che vi accesero fuochi quando l’eremo era ormai abbandonato. In alcuni punti, tuttavia, gli affreschi emergono ancora con forza: si distingue San Michele Arcangelo che abbatte un demone, una Eva dalle linee arcaiche, forse una Santa Lucia con la palma del martirio, e un curioso gruppo di tre frati, uno dei quali a cavallo. È possibile che si tratti di San Francesco d’Assisi, che secondo la tradizione passò per la valle di Stignano nel 1216 durante il suo pellegrinaggio a Monte Sant’Angelo? Qualcuno riconosce San Pietro del Morrone, poi papa Celestino V, che nel 1295 fu catturato a Vieste per ordine di Bonifacio VIII.
Solo interpretazioni e ipotesi che meritano approfondimenti.
Queste immagini, pur frammentarie, restituiscono un mosaico di fede e di memoria, in cui la pietra, la calce e i colori sbiaditi raccontano una devozione popolare nutrita di simboli e di storie.
Attorno alla chiesa si dispongono altri vani: piccole celle, un refettorio, due cisterne per la raccolta dell’acqua piovana, un cortile interno e ciò che resta del muro di cinta. Le pietre spietrate dal terreno, riutilizzate come recinzione, testimoniano una vita povera e operosa, in cui ogni gesto aveva un significato concreto e spirituale insieme. La povertà era regola, ma anche libertà: tutto doveva bastare a sé stesso, e ogni oggetto era frutto di lavoro e di preghiera.
Dal punto di vista religioso, l’eremo dipendeva dal convento di Stignano. Gli eremiti, in gran parte terziari francescani, ricevevano dal padre guardiano la patente che autorizzava la loro permanenza e regolava la loro condotta. Vivevano di penitenza e meditazione, ma non in totale isolamento: spesso ospitavano pellegrini, si incontravano per i capitoli e partecipavano ai riti solenni. L’autorità del guardiano assicurava ordine e coerenza in una vita altrimenti destinata all’improvvisazione spirituale.
Le cronache conservano nomi e vicende che oggi sembrano uscite da un racconto antico. Fra Padro Schiavone, un ex schiavo dei turchi, trovò qui rifugio dopo anni di peregrinazioni; fra Alberto, eremita venerato per santità, fu scoperto dopo la morte essere una donna che aveva vissuto per quarant’anni sotto abiti maschili; e la storia di Angioletta Regnanese, bizzoca accusata di stregoneria e condannata per superstizione, mostra quanto labile fosse il confine tra fede e paura.
Questi episodi, tramandati da processi, relazioni e leggende, rivelano un mondo dove la spiritualità conviveva con la fragilità umana, e dove l’eremitismo era tanto ricerca interiore quanto sopravvivenza quotidiana.
Nel Settecento l’eremo era ancora attivo e fungeva da sede del responsabile degli altri romitori della valle. Con la soppressione della Dogana della Mena delle Pecore e la redistribuzione dei feudi, l’area cambiò volto: Sant’Agostino passò al demanio e poi alla famiglia Centola di San Marco in Lamis. Le pareti vennero imbiancate, gli altari demoliti, le volte annerite dal fumo. Fino agli anni Settanta del Novecento il luogo fu ancora abitato saltuariamente.
Oggi la struttura, pur ferita, conserva la sua identità. Le due navate, le volte screpolate, le tracce d’affresco e i resti del cortile raccontano ancora un mondo fatto di silenzio e di preghiera. Quando la luce del pomeriggio entra tra le aperture spezzate, sembra che le pareti respirino: la pietra restituisce un’eco lontana, come se in quelle fenditure sopravvivesse qualcosa della voce degli antichi eremiti.
L’eremo di Sant’Agostino non è un monumento da ammirare, ma un testimone da ascoltare. In esso si intrecciano secoli di solitudine, di fatica e di fede semplice. Ogni rovina reca l’impronta di una scelta: quella di chi cercò Dio lontano dagli uomini, convinto che il silenzio potesse diventare parola.
La valle di Stignano, con i suoi eremi, le sue grotte e i suoi sentieri dimenticati, continua a custodire questa eredità invisibile. Qui il Gargano rivela ancora il suo volto più profondo: non solo montagna o santuario, ma terra di passaggio tra Oriente e Occidente, dove ogni pietra sembra trattenere il respiro di una preghiera interrotta eppure viva.
Fotografie: G. Barrella e A. Grana.
Fonti:
- “L’eremo di Sant’Agostino nel Gargano occidentale”, G. Tardio (Edizioni SMIL).
- “Vite di eremiti solitari nel Gargano occidentale”, G. Tardio (Edizioni SMIL).
- Lavalledeglieremi.it
- “Gli eremi della valle di Stignano nel Gargano: il quadro storico-archeologico”, A. Cardone e L. Centola, (Biblioteca di Archeologia Medievale).
- “Donne eremite, bizzocche e monache di casa nel Gargano occidentale”, G. Tardio (Edizioni SMIL).