ASPPI Frosinone

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AsppiFrosinone rappresenta gli interessi dei proprietari immobiliari presso le Istituzioni centrali e locali ed è firmataria degli accordi territoriali nei Comuni della intera provincia di Frosinone.

26/06/2025

Bonus casa pieno anche per condomini e pertinenze

a cura di Giovanni Parente e Giuseppe Latour

A quasi sei mesi dall’entrata in vigore della manovra 2025, il Fisco chiarisce con la circolare 8/E del 19 giugno quando si può avere la versione maggiorata dei bonus casa riservata a chi fa lavori sull’abitazione principale: detrazione del 50% anziché 36% nel 2025 e del 36% anziché 30% nel 2026-27.
Il tema si pone per il bonus ristrutturazioni (articolo 16-bis del Tuir), per il sismabonus ordinario e per l’ecobonus ordinario: tutte agevolazioni per le quali, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2025, l’entità dell’agevolazione dipende dall’utilizzo dell’immobile.

Casa adibita ad abitazione principale a fine lavori
Il chiarimento più importante è la possibilità di adibire la casa ad abitazione principale alla fine dei lavori di ristrutturazione o miglioramento energetico o antisismico. Le Entrate confermano l’orientamento già espresso con la circolare 13/E/2023 a proposito del superbonus per le villette, tesi sostenuta tra l’altro sull’Esperto risponde.
Non viene precisato esattamente “quando” la casa debba essere adibita ad abitazione principale. La circolare dice «alla fine dei lavori»: affermazione che - per gli interventi in edilizia libera o per quelli privi una “fine lavori” formale - può non essere semplice da verificare. Uno spiraglio per arrivare a un’interpretazione razionale, già suggerita in passato sul Sole 24 Ore, è in quella parte della circolare in cui si parla dei bonus acquisti e si dice che la destinazione ad abitazione principale può avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno in cui si fruisce per la prima volta della detrazione: sarebbe una buona soluzione da usare anche in questo caso.

Via libera alle parti comuni
Disco verde alla possibilità applicare, in caso di interventi sulle parti comuni, la detrazione maggiorata alla quota di spese imputata al singolo condominio che rispetta i requisiti di legge (cioè titolarità del diritto reale di godimento e immobile adibito ad abitazione principale alla fine dei lavori). Lo stesso vale anche per:
edifici di un unico proprietario composti da più unità immobiliari;
condomìni minimi (come la classica villetta bifamiliare).
Andrà poi chiarito se gli amministratori di condominio dovranno raccogliere le informazioni sulla detrazione effettivamente spettante al singolo condomino o se invece dovranno comunicare la detrazione “base”, lasciando al contribuente il compito di indicare eventualmente la detrazione più ricca nella dichiarazione dei redditi. Questa seconda soluzione sarebbe senz’altro più semplice da gestire per gli amministratori, ma renderebbe impossibile per il Fisco precaricare i dati nella dichiarazione dei redditi.

Ammesse le pertinenze
Importante anche la conferma che la detrazione maggiorata spetta anche sui lavori effettuati su pertinenze o aree pertinenziali di abitazioni principali. Devono essere «già dotate» del vincolo di pertinenzialità, dice l’Agenzia, perciò si ritiene al momento di avvio dei lavori o di pagamento delle prime spese.
Ammessi anche i lavori che riguardano solo le pertinenze.

Familiari, inquilini e comodatari esclusi
Il beneficiario deve essere titolare della proprietà o di un diritto reale di godimento sulla casa nel momento di avvio dei lavori o, se precedente, nel momento in cui sostiene le prime spese.
Niente bonus maggiorato, come previsto, per tutti i soggetti che hanno un “titolo idoneo” a detrarre, ma non hanno un diritto reale di godimento sull’immobile: devono perciò accontentarsi del 36% nel 2025 i familiari conviventi, il comodatario e l’inquilino.

Off-limits il promissario acquirente
Il fatto che la circolare chieda un diritto reale di godimento già al momento di avvio dei lavori o di sostenimento delle prime spese esclude coloro che acquistano una casa e tendono a giocare d’anticipo ottenenendo l’immissione nel possesso dopo il preliminare di compravendita (compromesso).
In questi casi, la possibilità di beneficiare delle detrazioni non è in dubbio, per prassi costante delle Entrate, ma l’acquirente non avrà la maggiorazione. Da capire se non avrà la maggiorazione su nessuna delle spese (come sembra dal testo della circolare) o solo sulle spese pagate prima del rogito (come sarebbe logico).

Una sola abitazione principale del familiare
L’abitazione principale è quella definita come tale del comma 3-bis dell’articolo 10 del Tuir, cioè «quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente». Perciò, il proprietario (o titolare di diritto reale di godimento) può avere la detrazione maggiorata anche se i lavori avvengono sull’abitazione in cui non dimora lui, ma un suo familiare. Questa apertura del Fisco, però, è molto più limitata di quanto può sembrare, perché il proprietario - per poterne beneficiare - non deve essere nella condizione di poter scegliere tra due abitazioni principali, cioè quella in cui dimora lui e quella in cui dimora il familiare. Detto diversamente, per poter agevolare come abitazione principale la casa in cui dimora un familiare, il beneficiario deve avere la dimora in un’altra casa (ad esempio detenuta in locazione o di proprietà di un altro familiare).
Come “familiare” si intende quello definito dall’articolo 5 del Tuir: coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado.

I bonus che transitano nel rogito
La circolare 8/E sblocca le detrazioni maggiorate per i tre bonus che sono legati all’acquisto di un’unità immobiliare e, per così dire, transitano nel rogito:
• il sismabonus acquisti (articolo 16, comma 1-septies, Dl 63/2013);
• il bonus su alloggi in case inserite in fabbricati integralmente ristrutturati da imprese (comma 3 dell’articolo 16-bis del Tuir;
• il bonus sull’acquisto di box auto pertinenziali (comma 1, lettera d dell’articolo 16-bis del Tuir.
In tutti questi casi, l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno in cui si fruisce per la prima volta della detrazione. Se si acquista il box auto, ci si riferisce naturalmente alla casa di cui il garage è pertinenza.

La perdita del requisito
Le Entrate precisano poi che il venir meno della destinazione ad abitazione principale nei periodi d’imposta successivi non farà venir meno la detrazione maggiorata.
La circolare non si spinge a dirlo, ma questa impostazione “oggettiva” fa sì che la detrazione maggiorata rimanga invariata anche in caso di vendita dell’immobile.
Logico aspettarsi, insomma, che chi acquista la casa e ottiene la detrazione, la otterrà nella versione maggiorata se il primo beneficiario aveva destinato la casa ad abitazione principale.

19/06/2025

FISCO
Bonus colonnine elettriche e bonus condizionatori, le ultime novità

a cura di Ivan Meo

Riparte il bonus colonnine per gli utenti domestici

Dal 29 aprile al 27 maggio 2025 sarà possibile presentare domanda sulla piattaforma Invitalia per ottenere l’incentivo destinato all’acquisto e installazione di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici.
Rivolto a persone fisiche residenti in Italia e ai condomìni rappresentati dall’amministratore o da un condomino delegato, il bonus copre l’80% delle spese sostenute, con un tetto massimo di 1.500 euro per i privati e fino a 8.000 euro per interventi sulle parti comuni degli edifici.
L’accesso alla procedura avviene mediante autenticazione tramite SPID, CIE o CNS, garantendo così la sicurezza dell’iter amministrativo. La misura, che si inserisce nell’attuazione del D.P.C.M. 4 agosto 2022 (art. 1, comma 2), conferma l’impegno del Governo verso la promozione della mobilità elettrica e la riduzione delle emissioni inquinanti. Dopo il successo riscontrato nel 2024, quando a fronte di uno stanziamento di 20 milioni di euro furono superate le 5.000 domande in pochi mesi, l’obiettivo è replicare e ampliare la platea dei beneficiari, sostenendo concretamente la transizione energetica. Possono usufruire del contributo anche i condomìni che intendano dotarsi di infrastrutture comuni di ricarica, semplificando l’accesso alla mobilità elettrica anche per chi vive in contesti residenziali multipli. L’agevolazione riguarda sia l’acquisto sia l’effettiva installazione delle colonnine o wall box, rendendo più conveniente la realizzazione di sistemi domestici di ricarica all’avanguardia.
Va ricordato che il bonus non copre eventuali spese accessorie non strettamente collegate all’installazione (come opere murarie straordinarie o potenziamenti della rete elettrica). Il MIMIT (Ministero delle Imprese e del Made in Italy) ha chiarito che i contributi sono erogati previa verifica della documentazione e che le spese devono essere tracciabili e sostenute con sistemi di pagamento elettronici.

Quando è possibile ottenere il bonus condizionatori senza ristrutturazione?
Con l’arrivo della primavera e l’aumento delle temperature, cambia il focus dei consumatori sui bonus fiscali. Messo da parte il “bonus riscaldamento”, l’attenzione si sposta ora sul bonus condizionatori, una misura pensata per agevolare chi vuole migliorare il comfort estivo riducendo i consumi. Una domanda posta a Fisco Oggi, la rivista dell’Agenzia delle entrate, ha chiarito un punto importante: è possibile beneficiare dell’agevolazione anche senza realizzare lavori di ristrutturazione.
L’acquisto e l’installazione di un condizionatore a basso consumo energetico, infatti, danno diritto alla detrazione, a condizione che siano rispettate precise modalità di pagamento.
Il fondamento normativo si trova nell’art. 14 del D.L. 63/2013 e nell’art. 16-bis, lett. h), del TUIR, integrati dalla legge di Bilancio 2025 che ha confermato la misura, escludendo però impianti alimentati esclusivamente da combustibili fossili. La misura della detrazione varia: in generale è pari al 36% della spesa sostenuta, ma sale al 50% se l’immobile è destinato ad abitazione principale e il contribuente ha un diritto reale (proprietà, usufrutto, uso o abitazione).
Fondamentale è eseguire il pagamento tramite bonifico parlante: questo deve contenere la causale con riferimento normativo, il codice fiscale del beneficiario, la partita IVA o il codice fiscale dell’azienda installatrice e gli estremi della fattura.
Pagamenti tramite carte, assegni o altri strumenti non consentono di accedere al beneficio fiscale. Il bonifico parlante serve a garantire la tracciabilità e il corretto utilizzo del bonus, facilitando i controlli dell’Agenzia delle entrate.
Infine, diversamente da altri bonus edilizi, non è richiesta la comunicazione preventiva all’ENEA, a meno che l’intervento non rientri tra quelli di riqualificazione energetica tradizionale. Un’opportunità, quindi, semplice e immediata per rinfrescare la casa e risparmiare in bolletta.

19/06/2025

FONDO SPECIALE
Lavori straordinari e fondo speciale: la mancata costituzione rende nulla la delibera condominiale

a cura di Alberto Mascia

La delibera assembleare, che approva lavori di manutenzione straordinaria, è nulla se non dispone la costituzione del fondo speciale ex art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., quale requisito inderogabile di validità, da rapportarsi all’intero ammontare dei lavori o ai singoli pagamenti previsti contrattualmente, trattandosi di una garanzia per la corretta gestione condominiale e per i singoli condomini, la cui mancanza può essere rilevata dal giudice anche in sede di impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c.. (Trib. Genova, sentenza 11 febbraio 2025, n. 382) Due condomini citavano in giudizio il proprio Condominio sito in Genova per ottenere la declaratoria di nullità – o, in subordine, l’annullabilità o invalidità – delle delibere relative all’assemblea straordinaria del 13 dicembre 2022. Tale assemblea aveva adottato lavori di restauro conservativo dei prospetti condominiali, già approvati con altra delibera del 13 maggio 2021 (sebbene non vi fosse corrispondenza tra la ditta scelta in quella occasione per effettuare i lavori e quella successivamente indicata), con ripartizione millesimale in 12 rate mensili e decorrenza dal 1 gennaio 2023. In particolare, gli attori lamentavano l’assenza di approvazione contestuale, da parte dell’assemblea, del fondo speciale previsto dall’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c..
Trattasi di un fondo che sarebbe dovuto essere approvato obbligatoriamente, di pari importo rispetto all’ammontare dei lavori, che però non veniva menzionato, neppure indirettamente, né nella suddetta delibera impugnata, ma nemmeno nelle precedenti delibere.
Gli stessi lamentavano, inoltre, insieme ad altri profili, che non fossero state inviate, unitamente all’avviso di convocazione, anche le tabelle riassuntive, legate a bilanci spese straordinarie bonus, esaminate e votate, al fine di consentire una corretta preparazione all’assemblea. Sottolineavano inoltre la mancata comparazione tra offerte professionali per gli incarichi tecnici e legali deliberati e, infine, la totale assenza di preventivi dettagliati, in violazione della legge annuale per il mercato e la concorrenza (l. 124/2017), che impone ai professionisti l’obbligo di formulare preventivi scritti.
Si costituiva in giudizio il Condominio, evidenziando, nella ricostruzione delle precedenti delibere già adottate (in particolare, quelle del 13 maggio e del 26 luglio 2021), che l’assemblea straordinaria del 13 dicembre 2022 aveva semplicemente confermato le stesse, mai impugnate o contestate dagli attori. Rilevava che l’obbligatoria costituzione del ‘fondo speciale’ era prevista solo in caso di deliberazione di opere di manutenzione straordinaria o di innovazioni, mentre nel caso di specie gli interventi deliberati dall’assemblea erano qualificabili come manutenzione ordinaria, riguardando solo il risanamento conservativo dei prospetti comuni dell’edificio. Il convenuto affermava che, comunque, l’adozione di un pagamento rateizzato costituiva un’implementazione sufficiente a ritenere pienamente osservate tutte le cautele connesse all’obbligo di fondo speciale, di cui al citato art. 1135, comma 1, n. 4), c.c..
Sottolineava, inoltre, che una nuova delibera, assunta il 31 maggio 2023 (alla presenza degli attori), aveva provveduto a ratificare e/o confermare ogni delibera assembleare precedente relativa ai lavori di restauro conservativo dei prospetti dell’edificio. Concludeva, perché venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere.
Il Tribunale di Genova evidenzia come gli attori abbiano ritenuto necessario esaminare tutte le delibere che si sono susseguite nel tempo, precedenti all’assemblea del 13 dicembre 2022, aventi ad oggetto i lavori ai prospetti. Da tale esame, risulta che il quadro era tutt’altro che delineato prima della suddetta assemblea e che i profili di invalidità sollevati dagli attori trovavano implicito riscontro nell’assemblea del 31 maggio 2023.
La dichiarazione di cessazione della materia del contendere, porta il Tribunale adito a valutare tutta una serie di profili legati all’onere della spesa, disciplinato dal principio della soccombenza virtuale.
Innanzitutto, il giudice rileva che una pronuncia che dichiari tale cessazione della materia del contendere richieda la sopravvenienza, nel corso del giudizio, di fatti tali da eliminare in modo completo le ragioni di contrasto esistenti tra le parti, e quindi l’interesse ad agire e contraddire - su cui il giudice deve pronunciarsi - soddisfacendo in modo pieno il diritto esercitato (vedi Cass., n. 6909/2009). Tale cessazione della materia del contendere, secondo la Suprema Corte, si verifica, in tema di impugnazione delle delibere assembleari, quando l’assemblea abbia deliberato sugli stessi argomenti che erano stato oggetto di impugnazione, sostituendo quindi l’atto impugnato (sul punto vedi Cass., n. 12439/1997; vedi anche Cass., n. 8622/1998).
Al fine di identificare la parte soccombente, occorre avere riguardo, sottolinea il Tribunale, al comportamento che ha dato causa al processo, a prescindere dal fatto che, convenuta in giudizio, sia rimasta contumace o abbia riconosciuto fondata la pretesa insoddisfatta (così Cass., n. 6722/1988; Cass., n. 9929/2000). Tale individuazione si fonda, come sottolineato da altra giurisprudenza di legittimità, su una ricognizione, basata su criteri di verosimiglianza, della probabilità che la pretesa sia accolta (vedi Cass. n. 24714/2022; Cass. n. 24234/2016).
Il giudice evidenzia come il Condominio abbia assunto altra delibera nell’assemblea del 31 maggio 2023, avente ad oggetto proprio i lavori, oggetto di contestazione, e richiama il verbale della predetta assemblea, nel quale veniva specificato espressamente che la rateizzazione delle spese indicate nel preventivo lavori approvato del 12 dicembre 2022 era da intendersi anche «formazione progressiva di un “fondo speciale”», con riferimento agli stati di avanzamento previsti nel contratto d’appalto.
E allora, il Tribunale valuta la fondatezza o meno della pretesa attorea, al fine di giungere, cessata la materia del contendere, alla determinazione sulle spese.
Lo stesso affronta il profilo del fondo speciale di cui all’art. 1135, comma 1, n. 4 c.c. (un tempo solo eventuale, per poi divenire obbligatorio, a seguito delle modifiche di cui alla L. n. 220/2012 e al D.L. n. 145 del 2013, convertito nella L. n. 9/2014). La previsione di un fondo speciale – pari all’intero importo dei lavori oppure costituibile in forma progressiva in base a stati di avanzamento – non è facoltativa, né rimessa alla discrezionalità assembleare, ma rappresenta una condizione di validità della delibera che approva opere di manutenzione straordinaria. Il fondo speciale, infatti, assolve a funzioni di tutela sia dell’interesse collettivo al corretto funzionamento della gestione condominiale, sia dell’interesse dei singoli condomini, i quali – in mancanza – rischiano di essere solidalmente esposti per il pagamento delle quote dei morosi (in dottrina, vedi, con riferimento alle spese di manutenzione straordinaria e al fondo speciale, SCALETTARIS, Gli effetti sulla contabilità condominiale del distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento, Immobili & proprietà, n. 2/2024, 77; vedi anche SCALETTARIS, Deducibilità ed effetti della mancata costituzione del fondo speciale nel caso di opere straordinarie, Immobili & proprietà, n. 7/2023, 429; vedi altresì MONEGAT, Il fondo speciale per la manutenzione straordinaria e le innovazioni, Immobili & proprietà, n. 11/2019, 633).
Una delibera condominiale, che abbia un contenuto contrario a tale disposizione, è da considerarsi nulla. Infatti, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimità, la sussistenza del fondo speciale deve essere verificata dal giudice in sede di impugnazione, trattandosi di una condizione ulteriore di validità della delibera di approvazione delle opere in essa indicate (così, Cass., n. 9388/2023, secondo cui una deliberazione assembleare che, anche con il consenso dell’appaltatore, escluda o modifichi la costituzione del fondo di cui all’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., è nulla in quanto contraria alla legge, lesiva degli interessi dei singoli condomini e pregiudizievole per la gestione condominiale; in dottrina, in commento alla predetta sentenza della Suprema Corte n. 9388/2023, vedi MASINI, Condominio - Il fondo speciale per le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni: una rilettura dell’art. 1135, comma 1°, n. 4, cod. civ. La Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, n. 6/2023, 1222; vedi anche Cass. n. 16953/2022, secondo cui l’art. 1135, comma 1, n. 4, c.c. richiede che la delibera assembleare, di approvazione dei lavori straordinari, indichi il relativo costo e preveda un fondo speciale di pari importo, pena la nullità, che il giudice deve verificare in caso di impugnazione ex art. 1137 c.c.).
Dalla lettura del verbale di assemblea del 13 dicembre 2022 non risulta alcuna deliberazione in merito alla costituzione di un fondo speciale di cui all’art. 1135 c.c., né con riferimento all’ammontare complessivo della spesa, né dei pagamenti progressivi. E, dunque, tale delibera, lungi dall’essere considerata confermativa di precedenti delibere non impugnate, va considerata come un’autonoma e nuova espressione della volontà dei condomini, essendo stata, fino alla stessa, la situazione in continua ed incerta evoluzione e tutt’altro che definita.
Le opere in oggetto non sono, infine, qualificabili come manutenzione ordinaria, bensì come manutenzione straordinaria, in considerazione della particolare complessità tecnica (si tratta di un edificio storico vincolato), del costo deliberato (oltre 640.000 euro) e dell’assenza di una cadenza periodica.
In applicazione del principio della soccombenza virtuale, il Tribunale condanna il Condominio resistente al rimborso delle spese di lite.

19/06/2025

B&B
Non è generico il divieto di destinare le unità immobiliari a “casa alloggio”

a cura di Mario Piselli

La Suprema corte di cassazione con l’ordinanza n. 2770/2025 è tornata a occuparsi degli immobili locati a Bed & Breakfast, attività che si riscontra sempre più di frequente nei nostri condomini, dove i proprietari di seconde case, soprattutto nelle grandi città, hanno convertito i propri immobili per far fronte alle richieste del turismo, suscitando, però, spesso all’interno degli edifici condominiali delle situazioni conflittuali.

La fattispecie ora decisa dalla Corte Nella fattispecie ora decisa dalla Corte era accaduto, infatti, che un condominio contestasse, sia al proprietario di un immobile che al suo conduttore, l’esercizio di una tale attività in quanto espressamente vietata dal regolamento condominiale contrattuale, trascritto nei pubblici registri, che, tra le varie imposizioni, prevedeva proprio il divieto di destinare gli appartamenti a “casa di alloggio”.
Poiché i giudici di merito riconoscevano nello specifico la violazione del regolamento condominiale, la decisione del giudice del gravame veniva impugnata davanti la Suprema Corte da parte del conduttore il quale, preliminarmente, eccepiva l’inopponibilità nei suoi confronti della clausola limitativa del regolamento condominiale, stante la sua genericità.
Il giudice di legittimità, preliminarmente, ha osservato che l’azione del condominio si doveva inquadrare come confessoria servitutis che vede come legittimato passivamente chi, oltre a contestare l’esistenza della servitù, abbia un rapporto attuale con il fondo servente (proprietario del bene o titolare di un diritto reale sul fondo), mentre gli autori della lesione del diritto possono essere chiamati in giudizio quali destinatari dell’azione ex articolo 1079 del codice civile.
Legittimato all’azione è, dunque, l’amministratore il quale, indipendentemente dal conferimento di uno specifico incarico da parte dell’assemblea condominiale, ha, ai sensi dell’articolo 1130 del Cc, il potere di far cessare il relativo abuso. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza (Cassazione n. 1900/2025), ha quindi affermato che il giudicato che si forma sull’azione confessoria attiene al solo riconoscimento dell’esistenza della servitù a carico della proprietà del condomino convenuto, cosicché non esiste la necessità del litisconsorzio di tutti i partecipanti al condominio medesimo.
Di conseguenza, il condominio può chiedere, anche nei diretti confronti del conduttore di una porzione di fabbricato condominiale, la cessazione della destinazione abusiva, giacché il conduttore non ha una posizione diversa da quella del suo locatore che, contrattualmente, deve imporre al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti nel regolamento, giungendo a sanzionare le relative violazione anche con la cessazione del rapporto locativo (Cassazione n. 24188/2021, n. 4920/2006).

Sulla mancata o irregolare trascrizione nella nota di una clausola del regolamento condominiale
In ordine, poi, alla mancata o irregolare trascrizione nella nota di una clausola del regolamento condominiale, la Corte ha osservato che assume un rilievo dirimente l’impegno assunto dal conduttore di un immobile sito in condominio di rispettare il regolamento esistente.
Il fatto che la nota di trascrizione possa essere inesatta diviene irrilevante in quanto tale pubblicità ha soprattutto la funzione di dirimere il possibile conflitto tra più soggetti che abbiano acquistato dal medesimo titolare lo stesso diritto sull’immobile o sul bene mobile registrato.
Nello specifico, poi, risalendo il regolamento agli anni 30 e, quindi sotto la vigenza dell’articolo 1940 del codice del 1865, era ritenuto sufficiente ai fini dell’efficacia della trascrizione che fossero individuati nella nota sia la natura della servitù che i fondi cui essa ineriva (Cassazione n. 587/1971). La clausola contenente tale divieto
doveva, pertanto, essere opponibile sia al condomino che al suo conduttore.
Altra contestazione formulata dal conduttore era quella che il regolamento non vietava espressamente l’attività di B&B, ma si limitasse alla descrizione di “casa alloggio”. I Supremi giudici, al riguardo, hanno osservato che poiché le restrizioni nel godimento delle proprietà esclusive debbono considerarsi delle servitù reciproche, è necessario che dall’atto scritto si desuma la volontà specifica delle parti di costituire un vantaggio a favore di un fondo mediante l’imposizione di limitazioni su altro fondo di diverso proprietario.
Occorre, cioè, che i limiti e i divieti siano interpretati sulla base delle espressioni letterali usate; che il divieto di destinare le unità immobiliari a “casa alloggio” dovesse ricomprendere anche l’attività di B&B non contrasta né con le espressioni letterali usate né con le intenzioni dei condomini, essendo pacifico che i bed and breakfast siano delle strutture ricettive a condizione e organizzazione familiare, gestite da privati in forma non imprenditoriale, che sono dirette a fornire agli utenti l’alloggio e la prima colazione, utilizzando parti della stessa unità immobiliare.
La Corte, nel confermare, quindi, le decisioni dei giudici di merito, ha ribadito che i divieti di destinazione degli immobili rappresentano delle servitù negative, il cui esercizio non si esplica mediante un comportamento positivo sul fondo servente, ma assume rilievo soltanto ove la violazione perduri per un periodo di oltre venti anni, comportando in tal caso l’estinzione della servitù per prescrizione ex art. 1073 del codice civile.

L’attività di Bed & Breakfast
Com’è noto, l’attività di Bed & Breakfast non è, per sua natura, vietata e può essere esercitata anche all’interno di un condominio, sempreché il regolamento non lo vieti, anche senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale; generalmente essa è disciplinata dalla legge n. 92/2001 e da norme regionali che regolano la sua struttura ricettizia extralberghiera, prevedendo le modalità di somministrazione della colazione, la pulizia degli ambienti, la capienza della struttura ricettiva e, infine, la saltuarietà dell’attività prevedendo anche dei periodi di chiusura. Indipendentemente dalle modalità di esercizio dell’attività, la Corte ha ricordato, quindi, che costituisce baluardo insuperabile per chi vuole intraprendere l’attività il divieto contenuto nel regolamento condominiale trascritto.

19/06/2025

CONTENZIOSO
Valore delle liti condominiali, competenza in base all’intero ammontare delle spese

a cura di Fulvio Pironti

La competenza per valore è determinata non solo dall’importo contestato, ma anche dall’intero ammontare delle spese condominiali. E’ quanto precisa il Tribunale di Pavia con l’ordinanza pubblicata il 4 aprile 2025.

Il caso
La vicenda riguarda un procedimento civile nel quale gli attori avevano proposto una domanda in materia di riparto delle spese manutentive del portone carraio condominiale. Il giudice concludeva che essa rientrava nella competenza del giudice di pace ragion per cui dichiarava la propria incompetenza ratione valoris.

La decisione
Il punto focale risiede nella determinazione del valore della causa per stabilire se rientra nella sfera di competenza del giudice di pace o del tribunale. Si critica l’indirizzo più recente della Cassazione secondo il quale deve considerarsi l’intero importo della spesa deliberata (e non solo quello contestato da ciascun condomino).
Tale orientamento crea, ad avviso del decidente, un accesso alla giustizia sproporzionato rispetto all’effettivo interesse economico. Rileva comunque che il valore contestato dagli attori rientra nei limiti di competenza del giudice di pace.
La controversia solleva il problema della competenza giurisdizionale legato al valore della causa.
Il giudice ha esaminato il criterio di determinazione del valore della causa riferendosi all’orientamento consolidato della Cassazione secondo cui in materia condominiale non si deve tener conto solo dell’importo contestato, ma anche dell’intero ammontare della spesa per la quale si contesta il riparto.
Esprime al riguardo una netta critica nei confronti di tale orientamento ritenendo che rischia di creare un ingiustificato ostacolo all’accesso alla giustizia in violazione dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Osserva che l’odierno orientamento può comportare disparità tra il valore della causa e l’entità delle spese legali necessarie per far valere i propri diritti. Infatti, considerando l’intero ammontare delle spese condominiali, il valore della causa potrebbe risultare superiore all’interesse effettivo degli attori, facendo lievitare in modo sproporzionato gli onorari e le spese vive a carico delle parti.
Secondo il tribunale pavese, tale approccio non solo penalizza il singolo utente della giustizia, il quale si troverebbe a sostenere costi legali superiori al valore della controversia, ma potrebbe anche costituire un freno all’accesso alla giustizia in contrasto con i princìpi sanciti dalla CEDU. Osserva altresì che, sebbene l’indirizzo sia stato consolidato dalla Cassazione, sussistono valide ragioni per instradare una revisione tesa ad impedire una esclusione di fatto delle cause cosiddette «minori» dal circuito giurisdizionale.
Il giudice ha comunque applicato il criterio più restrittivo e concluso che, anche accettando il parametro espresso dalla Cassazione, il valore effettivo della lite, calcolato sulla base dell’importo realmente contestato, rientra nei limiti della competenza del giudice di pace.

Conclusioni
L’ordinanza stimola una riflessione sui temi dell’accesso alla giustizia e della competenza giurisdizionale, in particolare riguardo alla divisione delle competenze tra tribunale e giudice di pace.
Il punto innovativo (e potenzialmente controverso) è la censura alla Cassazione sulla determinazione del valore della lite in àmbito condominiale: la proporzionalità delle spese legali rispetto all’interesse sostanziale. In conclusione, il provvedimento si inserisce in un contesto in cui si bilanciano, da un lato, i diritti degli individui all’accesso alla giustizia e, dall’altro, le esigenze di efficienza del sistema giuridico evitando che questioni minori occupino le risorse del tribunale.

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