19/07/2025
GAZA - LA RESPONSABIITA’ GIURIDICA DEL GOVERNO ITALIANO
Roberto Roggero - L’Aula della Camera ha respinto con 142 voti contrari e 102 a favore la mozione presentata da PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra, che chiedeva di sospendere il memorandum in materia di cooperazione militare fra Italia e Israele, firmato nel 2003 e ratificato nel 2005, il cui rinnovo automatico è previsto ad aprile 2026.
Prove alla mano, il governo italiano è in condizione di palese violazione della legge internazionale sulla prevenzione del genocidio, in quanto Paese fondatore e firmatario della Convenzione di Roma che ha istituito la Corte Penale Internazionale di Giustizia.
La violazione, oltre che dell’Art.11 della Costituzione della Repubblica Italiana, consiste nella complicità in atti di genicidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, per il fatto di continuare, nonostante le retoriche dichiarazioni di condanna, la compravendita di armamenti con Israele.
Con il governo, la complicità riguarda anche membri dell’esecutivo, dirigenti e capi delle aziende che mantengono tale commercio, e che in altri Paesi come la Russia, sono stati sottoposti a sanzioni dirette per lo stesso reato. Evidente dimostrazione dell’adozione dei due pesi due misure, il che non è comunque una novità dell’ultima ora, ma purtroppo pratica ormai abituale.
L’Italia sta continuando a fornire armi, munizioni, materiali a duplice uso, nonché attività di supporto logistico per velivoli da addestramento anche dopo il 7 ottobre. Tutto questo mentre la Corte Internazionale di Giustizia aveva già sentenziato, in tre diverse occasioni, che Israele stesse commettendo atti di genocidio a Gaza.
La prevenzione del genicidio è contemplata nell’Art.1 della Convenzione Internazionale del 1948, ed è considerato obbligo internazionale dei Paesi aderenti.
Come dimostrato nel 2007, con la guerra in Bosnia e nella ex Jugoslavia, la legge internazionale si applica non solo se il genocidio è in corso, ma anche e soprattutto quando un qualsiasi Stato firmatario viene a conoscenza del rischio che tali atti si possano verificare, quindi appunto nel senso della prevenzione. In tal caso l’obbligo consiste nel prendere immediati provvedimenti per evitare che tale crimine si compia, pur se le misure adottate non garantiscono risultati.
Per quanto riguarda il conflitto di Gaza e della Cisgiordania, alla fine del gennaio 2024 la Corte Internazionale di Giustizia ha emesso la prima ufficiale sentenza per l’adozione di tre misure cautelari, su richiesta del governo del Sud Africa, riconoscendo a Israele la responsabilità in imminente atto di genocidio, e ha imposto al governo Netanyahu di attuare immediate misure per prevenire crimini contro la popolazione civile palestinese, garantendo l’accesso di aiuti umanitari. Tali misure riguardavano non solo direttamente il governo israeliano, ma anche gli Stati che con Israele mantengono rapporti bilaterali di genere diplomatico o commerciale, quindi Italia compresa, ufficialmente informata della situazione e obbligata ad agire sotto l’aspetto giuridico internazionale. Ciò comprende la sospensione di qualsiasi compravendita di materiale che può esser utilizzato in un conflitto.
Come indicato dalla giurisprudenza della Corte Internazionale non è necessario che l’assistenza sia determinante per configurare la violazione dell’obbligo, ma è sufficiente che lo Stato non abbia adottato le misure a disposizione per evitarla.
Il governo italiano era quindi tenuto a sospendere, tramite embargo, i traffici di armamenti con Israele, ma anziché attuare quanto previsto, ha invece giustificato la prosecuzione delle forniture con il fatto che si trattava di licenze rilasciate prima del 7 ottobre. Argomentazione totalmente irrilevante, secondo il diritto internazionale, in quanto l’obbligo di prevenzione richiede che ogni fornitura sia bloccata alla luce del plausibile atto di genocidio.
Si prospetta, inoltre, la ulteriore evidente violazione del cosiddetto Advisory Opinion Act del luglio 2019, relativo ai Territori Palestinesi, emesso sempre dalla Corte Internazionale di Giustizia, che ha ufficialmente riconosciuto lo stato di occupazione illegale, da oltre 50 anni, con dichiarazione unilaterale di annessione e sistematica violazione dei diritti fondamentali.
La Corte Internazionale ha sentenziato che gli Stati membri hanno l’obbligo di non riconoscere tale condizione di occupazione e annessione, e di non contribuire in alcun modo al suo mantenimento, sospendendo ogni genere di cooperazione che possa in alcun modo favorire tale condizione. Divieto che non riguarda solo le relazioni bilaterali a livello diplomatico, ma anche i rapporti fra imprese e aziende private o a partecipazione/giurisdizione statale, nonché la validità di accordi e contratti in essere, a maggior ragione quando tecnologia e materiali sono usati in operazioni militari nei Territori Occupati, come Gaza o Cisgiordania.
Per quanto riguarda la complicità in genicidio (Art.16: Responsabilità Internazionale degli Stati in atti illeciti), uno governo è considerato responsabile se fornisce aiuto o assistenza a un altro Stato nella commissione di un atto illecito internazionale, qualora lo Stato in questione sia consapevole delle circostanze che rendono l’atto illecito, oppure se l’atto è illecito anche se commesso dal governo che fornisce assistenza.
Secondo lo Statuto della Corte Internazionale, la complicità comporta l’esistenza di un atto di assistenza materiale che faciliti la commissione del crimine, e la conoscenza dell’intento genocidario.
Non è necessario che il governo presumibilmente complice condivida l’intento genocidario, ma è sufficiente che sia consapevole del rischio che il genocidio venga commesso e fornisca un contributo, anche indiretto, che faciliti il crimine in oggetto.
La conoscenza da parte del governo italiano è accertata, e da quel momento, l’Italia non può più nascondersi dietro l’incertezza o ignoranza dei fatti, in quanto a conoscenza dell’esistenza del concreto rischio di genocidio.
Secondo tale concetto, la continuità nei rapporti commerciali e di compravendita di materiale bellico contribuisce a rafforzare la capacità operativa dello Stato responsabile di atti plausibilmente genocidari.
Il governo italiano aveva il preciso obbligo di fermare la vendita di armi e di interrompere qualsiasi attività di supporto logistico.
Non avendo fatto niente di tutto questo, il governo italiano può essere ritenuto responsabile per complicità in genocidio, a causa delle continue relazioni bilaterali, di tipo militare, tecnologico e industriale con Israele.
Il caso Nicaragua contro Germania conferma la eventuale applicazione dell’accusa di complicità in genocidio anche nei confronti dell’Italia, per responsabilità penale individuale secondo l’Art. 25 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, e responsabilità penale individuale di funzionari pubblici e privati, qualora abbiano contribuito alla commissione di crimini internazionali.
L’Italia si trova oggi in una posizione giuridica chiara: la continuazione dell’esportazione di armamenti e materiali verso Israele, a fronte di decisioni della Corte Internazionale di Giustizia e in un contesto di crimini internazionali sistematici, configura una molteplice responsabilità: violazione dell’obbligo di prevenzione del genocidio; violazione del dovere di non assistenza imposto dall’Advisory Opinion del luglio 2024; complicità dello Stato in atti di genocidio; responsabilità penale individuale di decisori politici, funzionari pubblici e leader di aziende, per favoreggiamento di crimini internazionali.