26/12/2025
Qualche settimana fa, a Parigi, il cielo era pieno di polvere e di luce. Un artista cinese, Cai Guo-Qiang, ha “esplodere” la facciata di un edificio con la grazia di un gesto rituale, con quella polvere da sparo che non distrugge ma disegna nello spazio l’idea che tutto — anche l’architettura — è destinata a dissolversi. Il Centre Pompidou, da quando è nato, non è mai stato soltanto un edificio: è sempre stato un’idea in movimento, una macchina del respiro urbano, una scatola trasparente piena di sogni, di cavi, di persone che salgono e scendono come molecole di un organismo luminoso.
Renzo Piano e Richard Rogers, con la partecipazione di Gianfranco Franchini, lo fecero costruire come si costruisce una promessa. C’era anche un certo Cedric Price nella giuria del concorso, e forse nel momento della sua scelta pensò che il suo Fun Palace, avesse finalmente trovato un corpo – quel progetto non si era mai concretizzato, ma viveva come un fantasma dentro la testa di chi crede che l’architettura sia un processo, non un semplice oggetto, e che per dare vita a un’idea basta disegnarla, perché poi, chissà, qualcuno la realizzerà. Così nacque il Pompidou [continua sul sito]