09/10/2025
Nel romanzo ["Um"] vediamo una società della sorveglianza: riconoscimento facciale, impronte ecc. Fra tutto il gran parlare che si fa del corpo delle donne, dell’oggettificazione, del fat shaming, della body positivity e compagnia bella, si parla poco del corpo come insieme di dati biometrici, e invece è una questione delicatissima. Perché ti interessava parlare di questo e quanto pensi che siamo lontani da una società basata sulla sorveglianza biometrica?
"È inquietante pensare al corpo come insieme di dati biometrici – eppure, che comodità poter sbloccare il telefono con un dito! Sono sconcertata da come la nostra privacy viene erosa dalla sorveglianza costante, e quella di tipo biometrico esaspera tutto all’inverosimile. Che effetto rischia di avere sulle nostre vite interiori il fatto di aggirarci con la consapevolezza di poter essere identificati in qualsiasi momento? Come soppesiamo i pro (la facilità con cui sblocchiamo il telefono, appunto – o, ben più importante, la possibilità di identificare un rapitore) e i rischi (per esempio la ritrosia a esporre un’opinione contraria o prendere parte a una protesta per una causa che ci sta a cuore)? A mio parere la sorveglianza biometrica non farà altro che diffondersi in modo sempre più capillare, e con Um volevo esplorare un tipo di società in cui è ormai onnipresente".
👉 Martina Testa ha intervistato per Snaporaz Helen Phillips in occasione della poresentazione di "Um", il suo ultimo romanzo, pubblicato in Italia da Nottetempo edizioni e tradotto da Emilia Benghi.
Si tratta di un’opera distopica che racconta un mondo in cui le persone, per rimediare alle proprie difficoltà economiche, si sottopongono dietro compenso a procedure sperimentali eseguite da robot che stanno rimpiazzando gli umani.
L'intervista completa è sul sito.