Rivista Orizzonti

«Orizzonti - Una rivista per tutti gli artisti» è edita da Aletti - www.alettieditore.it Pagina ufficiale www.facebook.com/alettieditore
Questa pagina si propone di pubblicare informazioni sulle nostre iniziative editoriali, e dare la possibilità di un fondamentale approfondimento intellettuale sul mondo dei libri e della cultura. Conterrà tutti i concorsi di poesia e narrativa inedita indetti dal

la casa editrice, e gli oltre mille articoli apparsi sulla rivista «Orizzonti», dove sono passati tutti i più importanti poeti, scrittori, musicisti, registi, pittori e artisti in genere, italiani e stranieri.

👉Bollettino Poetico: [-1] Devi scrivergli.Buongiorno :)È domenica, lo so.Probabilmente stai sistemando casa, o magari se...
14/12/2025

👉Bollettino Poetico: [-1] Devi scrivergli.

Buongiorno :)
È domenica, lo so.
Probabilmente stai sistemando casa, o magari sei uscito a fare colazione, giusto per concederti un momento tuo.

Anch’io, ogni domenica, ho il mio piccolo rito: mi prendo un cornetto e un caffè nel bar più popolato di Tivoli. Ci vado perché è uno dei pochi posti che fanno ancora quei cornetti di pasticceria che sanno di infanzia, di mani sporche di zucchero, di mattine lente che non vogliono correre.
E mentre sto lì, con il caffè caldo tra le mani, mi lascio cullare da quel rumore da bar che solo la domenica ha: il tintinnio dei piattini, le posate che battono piano, le voci impastate di sonno.
È un caos gentile, quasi affettuoso, che paradossalmente riesce a rilassarmi più del silenzio.
Poi, mentre mi avvio verso casa con quella calma morbida mi è venuto in mente di scriverti.

E devo dirti la verità: mi ha fatto un effetto un po’ strano.

Perché la domenica, di solito, ci si lascia vivere, senza impegni, senza richieste.
E invece oggi qualcosa dentro mi ha detto: “Devi scrivergli.”

E domani, come sai, scade la VI Edizione del Premio Dostoevskij.

E non è solo una data sul calendario, non è soltanto “un concorso”.
È un modo per avvicinarsi a un’eredità letteraria che ha cambiato il mondo, a una voce che continua a parlarci anche quando pensiamo di non aver più niente da dire.

Così, in questa domenica così quieta e un po’ sospesa, prendo la palla a balzo per raccontarti di qualcosa che forse non conosci.
La storia di un giovane uomo che viveva più nelle parole che nella realtà. Uno che ascoltava tutto, anche i silenzi.
E che con un romanzo minuscolo, delicato, ha dato voce proprio a chi non l’aveva.
Prima che ti ci accompagni, però ti lascio qui tutte le informazioni sul bando del VI Premio Letterario Internazionale Dostoevskij e su come partecipare.
📍Qui il bando: https://rivistaorizzonti.net/premio-internazionale-dostoevskij-r
Così, se ti va, puoi già dare un’occhiata.

E visto che ci sono ti ricordo un dettaglio che per qualcuno potrebbe non essere un dettaglio: tra i riconoscimenti c’è una possibilità reale, concreta, di ottenere una pubblicazione monografica completamente gratuita e di portarla con noi al Salone del Libro 2026.

Immagina solo per un attimo quel momento: vedere il tuo libro lì, tra le mani di chi ama la poesia.

Ora Immagina Dostoevskij agli inizi, non l’autore famoso che abbiamo imparato ad amare, ma un ragazzo che scrive in una stanza piccola, dove la luce entra come può, tagliando l’aria come una lama gentile.

È inverno, fuori San Pietroburgo ha quel colore grigio che non perdona.
Dentro, invece, c’è una calma inquieta: un tavolo traballante, poche monete, molti pensieri e una solitudine che non giudica ma accompagna.
È da lì che comincia a nascere Povera gente, quasi come un sussurro.
Non è un romanzo pensato per stupire, non pretende di essere grande. È una storia piccola, minuscola, che entra nella vita di Dostoevskij come entrano certi ricordi: piano, ma senza più andarsene.
Il romanzo cresce dalle strade umide, dai visi segnati dei quartieri poveri, dalle conversazioni ascoltate per caso.

Dostoevskij osserva gli “invisibili”, quelli che nessuno guarda due volte, e sente che lì, proprio lì, c’è una verità che merita di essere raccontata.
Così immagina due stanze lontane, entrambe fragili, entrambe povere di tutto tranne che di umanità.
In una c’è Makar Devuškin: mani arrossate, occhiaie profonde, quell’andatura timida di chi non vuole disturbare il mondo.
Nell’altra c’è Varvara: giovane, delicata, sospesa tra i ricordi e la necessità di sopravvivere.
Le loro lettere attraversano il vuoto come piccole lanterne: illuminano poco, pochissimo, ma quel poco basta a non farsi inghiottire dal buio.

Povera gente non parla di grandi eventi, parla di piccole sopravvivenze.
Parla del pudore dei sentimenti quando si vive ai margini; dell’amore trattenuto, quasi vergognoso; della povertà che non è solo mancanza di denaro ma anche mancanza di ascolto, di sguardo, di futuro.

Ed è proprio in questa delicatezza che il romanzo diventa rivoluzionario: ci ricorda che la dignità non ha prezzo, e che anche la vita più umile può contenere una bellezza capace di toccarci ancora oggi.

Quando il manoscritto arriva nelle mani del grande critico Belinskij, succede l’inimmaginabile. Belinskij lo legge d’un fiato, si commuove, piange, e proclama Dostoevskij un genio.
Quella notte nasce uno scrittore.

Non un gigante, non ancora, ma un’anima che ha finalmente trovato la sua voce.
Una voce che non si sarebbe più spenta.

Ed è questa la parte che mi emoziona sempre: il primo Dostoevskij è un giovane che crede nelle persone comuni. Che guarda la povertà senza pietismo e senza vergogna.
Che racconta due esseri fragili per mostrarci quanto siamo fragili anche noi.

E forse è proprio per questo che oggi, a distanza di quasi due secoli, Povera gente ci parla ancora: perché è un libro che sa guardare dentro chi non ha niente e scoprire che quel niente, in realtà, è pieno di vita.

Ecco perché oggi, in questa domenica quieta, sentivo il bisogno di scriverti.

Domani scade il Premio Dostoevskij, sì. Ma oggi… oggi è il giorno giusto per entrare nella sua storia, per respirarla un po’, e magari ritrovare un pezzo della tua.

Quando hai il materiale pronto inviami un tuo racconto o la tua raccolta di poesie (anche una soltanto va bene) insieme ai tuoi dati, scrivendomi a:

[email protected]

Nell’email dovrai solo specificare se il tuo testo è edito o inedito e inserire come oggetto:
"Partecipazione Premio Internazionale Fëdor Dostoevskij"

«Терпение и труд всё перетрут.»
“La pazienza e il lavoro macinano ogni cosa.”

🗣️Il tuo Bollettino Poetico

Treno di Giorno. Scopri Qui.
https://www.youtube.com/shorts/cyzqheWVHKs
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📌Bollettino Poetico: Ti ha lasciato un messaggio il Prof. Haidar Buongiorno :)giovedì mattina sono rientrato in redazion...
13/12/2025

📌Bollettino Poetico: Ti ha lasciato un messaggio il Prof. Haidar

Buongiorno :)

giovedì mattina sono rientrato in redazione dopo tre giorni di ponte, l’8 per l’Immacolata e il 10 per il patrono di Guidonia Montecelio, e devo dirti che quei giorni di pausa, quando si chiudono, lasciano sempre addosso una sensazione strana.
Un po’ sospesa, un po’ incompiuta, come quando qualcuno ti sveglia un minuto prima della fine di un sogno che stava per diventare interessante.
Non sei del tutto riposato, non sei del tutto pronto a ricominciare: sei lì, in quell’attimo di transizione in cui il corpo è tornato alla routine, ma la testa è ancora un passo indietro.

Appena ho aperto la porta, ho sentito subito quell’odore familiare di carta, inchiostro e silenzio concentrato che solo una redazione sa avere. La mia postazione era esattamente come l’avevo lasciata anzi, forse anche un po’ più piena.
La scrivania era sommersa di fogli accumulati nei giorni in cui siamo rimasti a casa: appunti, bozze, segnalazioni, richieste, tutto quel piccolo caos che però, alla fine, fa parte del gioco.
Mi sono seduto, e la prima cosa che ho fatto era rispondere alle email in arretrato.
È stato lì che dopo qualche ora, nel mezzo delle solite comunicazioni, ho trovato un messaggio che mi ha fatto fermare del tutto.

Un’email che sono sicuro farà piacere anche a te leggere.
A scriverla è stato il Maestro Hafez Haidar, candidato due volte al Premio Nobel e presidente di giuria, insieme al Maestro Giuseppe Aletti, della VI Edizione del Premio Dostoevskij.
Devo dirti la verità: non capita spesso di ricevere una comunicazione diretta da lui.
E proprio per questo mi ha colpito ancora di più scoprire che non era indirizzata alla redazione… ma a te.

A te che leggi con costanza questo Bollettino Poetico.
A te che, da autore o amante della poesia, fai parte della nostra piccola comunità.

Prima di riportarti le sue parole, però, voglio ricordarti una cosa importante: mancano solo due giorni alla chiusura delle candidature per il Premio dedicato a Fëdor Dostoevskij.

Se fai parte di quegli autori che stanno ancora attraversando l’ultimo dubbio,
qui trovi tutte le informazioni sul Premio👇
VI Premio Letterario Internazionale Dostoevskij
https://rivistaorizzonti.net/premio-internazionale-dostoevskij-r

E adesso, proprio come l’ho ricevuta io, ti riporto la comunicazione del Maestro Haidar, scritta per gli autori che seguono il Bollettino Poetico.

Ecco cosa ha da dirti:

“Carissimi letterati, amiche ed amici,

Mi rivolgo a voi per invitarvi a partecipare al Premio Internazionale Dostoevskij, organizzato dal Gruppo Aletti Editore.

Vi ricordo che sono previste le seguenti sezioni: Narrativa, Poesia, Teatro, Musica, Saggistica e che potrete inviare opere sia edite che inedite.

Fëdor Michajlovič è unanimemente riconosciuto come uno dei più grandi romanzieri e pensatori russi.
Nel 1849 venne catturato e ingiustamente condannato dal regime dispotico alla pena capitale.
L’esecuzione venne sospesa quando si trovava già sul patibolo e venne poi commutata in quattro anni di lavori forzati in Siberia.
Dalle sbarre della sua buia cella si sollevò alto il monito ad apprezzare ogni minuto della nostra vita:

«A chi sa di dover morire, gli ultimi cinque minuti di vita sembrano interminabili, una ricchezza enorme.
In quel momento nulla è più penoso del pensiero incessante: se potessi non morire, se potessi far tornare indietro la vita, quale infinità!
E tutto questo sarebbe mio! Io allora trasformerei ogni minuto in un secolo intero, non perderei nulla, terrei conto di ogni minuto, non ne sprecherei nessuno!»

ebbe una vita ricca di eventi, cadute e riprese, gioie e dolori.

Fermamente convinto che attraverso l’amore terreno si possa giungere a quello divino, scrisse romanzi che ci consentono di svelare i segreti dell’animo umano e in cui i personaggi sono spinti da un desiderio di riscatto e da un’inestinguibile sete di vivere.

Carissimi letterati, tocca ora a voi mettervi in gioco e condividere versi indimenticabili che ci facciano sognare e riflettere!”

📧 Quando hai pronto il materiale, inviami un tuo romanzo o la tua raccolta di poesie (anche una soltanto va bene) edite o inedite insieme ai tuoi dati, scrivendomi a:
[email protected]

Nell’email dovrai solo specificare se il tuo testo è edito o inedito e inserire come oggetto:
"Partecipazione Premio Internazionale Fëdor Dostoevskij"


"Без труда не вытащишь и рыбку из пруда.”
“Senza fatica non tiri fuori nemmeno un pesce dallo stagno.”

🗣️ Il tuo Bollettino Poetico

La tua storia parlerà per te. Scopri Qui
https://youtube.com/shorts/lIoU4vlWnMw?si=2mAsTzFYsAJzRZRW
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Bollettino Poetico: 👉[-3] Hai un'opera edita?Buongiorno,in questi giorni mi sorprendo spesso a tornare con il pensiero a...
12/12/2025

Bollettino Poetico:
👉[-3] Hai un'opera edita?

Buongiorno,
in questi giorni mi sorprendo spesso a tornare con il pensiero a Fëdor Michajlovič .
Non so nemmeno perché succeda così di frequente… forse perché la sua storia continua a toccarmi in un punto che non cambia mai.

Per lui scrivere non era un esercizio, non era un vezzo da artista.
Era il suo modo di restare in piedi.
Il suo modo di respirare quando l’aria, intorno, sembrava mancare.
Viveva senza appigli, senza sicurezze.

E spesso non aveva nemmeno un tavolo dove appoggiare la pagina.
Si adattava come poteva: scriveva sulle ginocchia, sul bordo di un letto duro, persino in piedi, pur di non interrompere quel filo sottile che lo teneva legato alla vita.

E le parole arrivavano comunque. Caparbie, necessarie.
Arrivavano come piccoli punti di sutura su una crepa invisibile, come se fossero loro e solo loro a impedirgli di andare in frantumi.
La scrittura era la sua colla segreta: non si vedeva, ma era ciò che davvero lo reggeva quando tutto il resto non bastava.

Ieri sera erano quasi le otto.
Quell’ora sospesa in cui la casa cambia ritmo: in cucina qualcosa sobbolle piano, le luci si abbassano senza che nessuno lo decida, e la giornata smette di farsi sentire sulle spalle come un peso.

Mi sono seduto un momento sul divano, ancora con addosso la stanchezza che non sai dove finisce, ho preso il telefono così, per gesto automatico, come quando apri una finestra solo per respirare un attimo.
Sai quei minuti prima di cena?
Non sei più nel lavoro, ma non sei ancora nel riposo. Stai in mezzo, come in un piccolo corridoio fatto di respiro e silenzio.

Ecco, ero lì.

Apro Facebook.

E ormai mi sembra quasi che l’algoritmo conosca i miei gusti meglio di chi mi incontra per strada: un fiume di poesie, libri, canzoni, citazioni… un mondo che riconosco al primo sguardo, come volti familiari intravisti passando davanti a un bar.

Scorro piano, senza fretta.
Lascio che le immagini mi vengano incontro da sole.

Tra un post e l’altro compaiono i soliti bandi letterari.
Li apro di tanto in tanto, non per necessità, ma per quella curiosità leggera che ti prende quando rientri a casa tardi e, passando sotto una finestra illuminata, ti chiedi che vita stia scorrendo lì dentro.

Così apro un bando.
Poi un altro.
E poi un altro ancora.

Ed è lì che ritorna quella sensazione che conosco fin troppo bene: leggo le parole, riga dopo riga, e non trovo un motivo vero per immaginare i miei testi dentro quelle pagine.
Niente che ti faccia dire: “Sì, vorrei far parte di questo.”

Solo istruzioni.
Solo regole.
Solo schemi.

Nessun soffio, nessuna visione, nessuna mano tesa che dica:
“So cosa stai provando a dire, vieni, raccontamelo.”

E allora mi prende una piccola malinconia, quella che ti punge quando capisci che manca proprio ciò che dovrebbe essere indispensabile: un cuore. Una direzione. Una domanda vera.
Perché io non riesco a vedere i miei testi come semplici file da allegare.
Sono pezzi di me, tentativi goffi o luminosi di dare forma a ciò che non saprei dire guardando qualcuno negli occhi.
E immagino che anche tu, quando scrivi, senta qualcosa di molto simile.

Le parole hanno bisogno di un luogo che le accolga con delicatezza.
Con intenzione.
Con un calore umano che non va spiegato: si percepisce e basta.

È così che è nata la VI Edizione del Premio Internazionale Dostoevskij.
Non da una strategia, non da un tavolo pieno di scartoffie, ma da qualcosa di molto più semplice: il bisogno di offrire a chi scrive una Casa dove non sentirsi fuori posto.
Un luogo dove entrare senza stringere la pancia, senza chiedersi se si è “abbastanza”.

E Dostoevskij… uno come lui non avrebbe tollerato per un solo istante il web dei concorsi tutti uguali, con le loro etichette lucide e i loro confini precisi.
Lui era un uomo fatto di brandelli di notte, di tempeste che non aspettavano il bel tempo per arrivare, di parole che gli salivano addosso come febbre.
Era un essere umano irregolare: scomodo, vivo, ferito, autentico.

Lo immagini seduto su una sedia traballante, il volto scavato dalla stanchezza, una candela mezza consumata sul tavolo?
Davanti a lui una pagina. E quello che scrive non ha mai chiesto se fosse “edito” o “inedito”.
Lui posava sulla carta ciò che gli tremava dentro.

Qui non ti chiediamo di cambiare pelle.
Non costruiamo gabbie né scaffali per dividere i testi come barattoli identici.

Che tu abbia un libro consumato che ti segue come un vecchio amico, oppure un foglio appena nato che ha ancora l’odore dell’inizio, qui trova spazio.

Fino al 15 dicembre, puoi unirti alla VI Edizione del Premio.

Tra i riconoscimenti previsti, c’è anche qualcosa che somiglia a un varco inatteso: la possibilità che uno dei testi venga scelto per una pubblicazione monografica gratuita.

Un cammino che non è solo un premio, ma un sentiero che si apre piano, come una porta che non pensavi fosse per te, e che può condurre fino al Salone del Libro di Torino 2026.

E la parte più bella è questa: non ci si arriva da spettatori, seduti in fondo a una sala troppo grande.
Ci si arriva da autori, con il proprio nome sulla copertina e la consapevolezza silenziosa di aver dato fiducia alla propria voce.

È una sensazione che non fa rumore, ma che cambia qualcosa dentro.
Strade che cominciano con un file sul desktop e finiscono in una città piena di luce, tra pagine che profumano di futuro.

Qui trovi tutte le sezioni disponibili del Premio:
VI Premio Letterario Internazionale Dostoevskij
https://rivistaorizzonti.net/premio-internazionale-dostoevskij-r

Quando sei pronto, inviami un tuo racconto o la tua raccolta di poesie (anche una soltanto va bene) insieme ai tuoi dati, scrivendo a:

[email protected]

Nell’email dovrai solo specificare se il tuo testo è edito o inedito e inserire come oggetto:
"Partecipazione Premio Internazionale Fëdor Dostoevskij"


«Dove c’è verità, non c’è bisogno di alzare la voce.»
(Где правда, там и крик не нужен.)

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L’importanza della formazione. Scopri Qui
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Bollettino Poetico: ✔️La bellezza salverà il mondo..Buongiorno :)ci sono frasi che sembrano fatte per essere scritte sui...
10/12/2025

Bollettino Poetico:
✔️La bellezza salverà il mondo..

Buongiorno :)

ci sono frasi che sembrano fatte per essere scritte sui muri, ripetute come slogan, usate a metà, senza sapere da dove vengono davvero.

“La bellezza salverà il mondo” è una di queste.

Ma se la guardi da vicino, con un po’ di delicatezza, ti accorgi che in realtà è una frase piena di ferite.
Per capirla davvero, bisogna tornare a Dostoevskij e al suo Id**ta,

non è un insulto è il titolo di un suo Romanzo.

Un romanzo che non è solo un libro: è un tentativo disperato di capire cosa resta dell’uomo quando tutto il resto crolla.

Immagina il principe Myškin.
Non un santo, non un ingenuo: un uomo buono in un modo che quasi spiazza, perché non è la bontà “perfetta” dei libri, ma quella fragile e luminosa delle persone che non sanno proteggersi davvero.
Come quando incontri qualcuno che ti guarda senza barriere, e per un attimo ti senti n**o anche tu.
Myškin è così: un’innocenza che stona, che appare fuori posto, come una candela accesa nel pieno di una tempesta.
Eppure è proprio quella candela che Dostoevskij vuole difendere, forse perché dentro di lui, in quel periodo, non ne era rimasta molta.

Per capire quanto sia straordinario questo personaggio, bisogna guardare il momento in cui è nato.
Dostoevskij aveva già attraversato l’inferno, la condanna a morte annunciata e revocata all’ultimo istante, gli anni in Siberia tra catene, gelo e silenzi che ti mangiano l’anima, le notti violentissime dell’epilessia, la povertà che non fa rumore ma ti toglie il fiato un pezzo alla volta.

Eppure in mezzo a tutto quel buio, lui continua a cercare una scintilla.
Non la grande redenzione, non la gloria, non il lieto fine.
Una scintilla, piccola, ostinata.
E allora nasce Myškin.
Un uomo che non giudica, non calcola, non finge mai di essere ciò che non è.
Uno che, per quanto fragile, sceglie comunque la trasparenza.
Uno che sa vedere negli altri non ciò che mostrano, ma ciò che cercano disperatamente di proteggere.

È quasi impossibile incontrare Myškin senza sentire che Dostoevskij ci ha messo dentro qualcosa di sé, forse la parte che voleva salvare, o quella che aveva paura di perdere per sempre.
Ed è questo che rende L’Id**ta così vivo:

non è la storia di un personaggio,

è la storia di un uomo che ha visto l’abisso e ha deciso, contro ogni logica, di continuare a credere nella luce.

Uno che guarda le persone con un’attenzione che spiazza, perché non siamo abituati a essere visti così da vicino.

Quando, nel romanzo, qualcuno gli chiede se davvero la bellezza potrà salvare il mondo, Myškin non risponde con certezza.
Non dice “sì”, non dice “no”.

Rimane in quella sospensione che solo gli innocenti conoscono, come se la bellezza fosse qualcosa che non si può afferrare del tutto, ma solo intuire.

E la bellezza di cui parla Dostoevskij non è quella delle forme perfette, né degli oggetti raffinati, che sgorga dal dolore purificato, dalla compassione, dalla capacità di restare umani anche quando il mondo ci spinge a indurirci.

E forse Dostoevskij, mentre scriveva quella frase, stava parlando soprattutto a sé stesso.
A quel ragazzo condotto al patibolo, a quell’uomo tremante nella neve siberiana, a chi, come lui, aveva bisogno di credere che da qualche parte, in mezzo alla crudezza del mondo, esistesse una luce capace di salvarci.
Nel suo cuore la bellezza non era un’estetica. Era una promessa. Una tenerezza ostinata. Una possibilità minuscola e enorme allo stesso tempo: che l’anima, nonostante tutto, possa ancora scegliere il bene.

Per questo L’Id**ta non è un romanzo da capire: è un romanzo da sentire, come quando si tiene in mano qualcosa di fragile e si ha paura di romperlo.

E quando oggi ripetiamo “La bellezza salverà il mondo”, se ascoltiamo bene, dietro quella frase si sente ancora il battito di Dostoevskij: un uomo che aveva visto l’abisso eppure continuava a credere nella luce.

E forse è anche per questo che, ogni anno, quando apriamo le porte della nuova edizione del Premio Internazionale Dostoevskij, mi torna in mente proprio quella sua frase: “La bellezza salverà il mondo.”
Ed è questo, in fondo, il senso più intimo della VI Edizione del Premio:
dare spazio a chi, come il principe Myškin, ha ancora il coraggio di vedere il mondo con occhi che non hanno smesso di credere.

Fino al 15 dicembre hai la possibilità di partecipare, un piccolo spazio in cui puoi decidere di far entrare ciò che hai scritto, ciò che custodisci da tempo, o ciò che è nato da poco, quando la mente non voleva spegnersi e il cuore ha iniziato a dire la sua.
Puoi scegliere la poesia o la narrativa, senza alcun obbligo: puoi inviare pagine già pubblicate, o parole che non hai mai mostrato a nessuno.

Non ci sono limiti di lunghezza, nessuna cornice che stringe.
Solo un orizzonte aperto, dove le tue parole possono respirare ed essere davvero come le hai pensate.

E tutto comincia da un gesto semplice: scegliere la sezione in cui senti che i tuoi testi trovano casa.

Il resto verrà da sé, con la naturalezza delle cose che erano già pronte a farsi avanti.


Trovi le sezioni qui:

VI Premio Letterario Internazionale Dostoevskij ®
https://rivistaorizzonti.net/premio-internazionale-dostoevskij-r

Poi inviami i tuoi testi e i tuoi dati a:
[email protected]

Dovrai indicare all'interno dell'email se la tua opera è edita o inedita e inserire come oggetto:
"Partecipazione Premio Internazionale Fëdor Dostoevskij"


«Утро вечера мудренее.»
Utro vechera mudrenee.
“Il mattino è più saggio della sera.”



🗣️ Il tuo Bollettino Poetico



La nostra Fortuna. Scopri Qui
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✔️Bollettino Poetico:Hai mai avuto una Notte Bianca?Buongiorno :)l’altro giorno, mentre spolveravo la mia libreria, mi è...
09/12/2025

✔️Bollettino Poetico:
Hai mai avuto una Notte Bianca?

Buongiorno :)

l’altro giorno, mentre spolveravo la mia libreria, mi è capitato tra le mani Le Notti Bianche di Dostoevskij.

Non lo avevo letto tutto d’un fiato anzi, l’ho finito dopo qualche settimana di letture sparse, tra impegni di lavoro, cose da fare, e quelle poche ore che riesco a ritagliarmi la sera, quando finalmente si abbassa il rumore del giorno.

E ogni volta che ci ripenso, c’è una sensazione che ritorna sempre uguale: quella sospensione strana, quasi magica, che si prova quando la città dorme e tu no.
Quando tutto sembra immobile, ma dentro di te qualcosa si muove, si allarga, prende posto.

Le Notti Bianche ha quella stessa luce: una storia piccola, delicata, che però ti resta addosso come l’odore dell’aria dopo la pioggia.

E Dostoevskij, questa sospensione, l’ha catturata come pochi.

La storia nasce in un periodo particolare della sua vita: non è ancora il Dostoevskij “monumento”, quello delle grandi crisi morali e dei romanzi-fiume.
È un uomo giovane, ancora pieno di una certa malinconia tenera, quella che appartiene a chi guarda il mondo da un angolo un po’ appartato.
E Le Notti Bianche sono proprio questo: un angolo appartato del suo cuore.

Immagina Pietroburgo. Non la città monumentale, ma quella liquida, che in estate rimane sveglia per ore e ore, in cui il buio non arriva mai del tutto.
È lì che Dostoevskij fa incontrare due anime fragili: un sognatore solitario e una ragazza che sembra avere addosso la timidezza dei desideri appena nati.
E la magia è che in quelle notti non succede quasi niente.
Eppure succede tutto.

La loro è una storia piccola, breve, quasi un soffio.

Però dentro quel soffio Dostoevskij riesce a farci sentire il peso e la leggerezza dell’illusione, della speranza, dell’amore che arriva tardi o troppo presto. È una storia di attese, di parole sussurrate, di possibilità che restano lì, appena oltre la punta delle dita.
E questo, nella letteratura dell’Ottocento, è stato rivoluzionario.

Prima di allora il sentimento doveva essere epico, tragico, grandioso.

Dostoevskij invece ti dice:
“Guarda. Anche una singola notte può cambiare un’esistenza intera.”
Ha portato in letteratura il romanticismo fragile, quello che non trionfa ma scolpisce comunque un segno nell’anima.
Ha dato dignità alle emozioni minute le mezze confessioni, i tremiti, gli innamoramenti che non arrivano da nessuna parte ma ti accompagnano per anni come cicatrici luminose.

E pensa alla cosa più incredibile: quel testo, così breve, così “umile”, è stato uno dei più tradotti di sempre. C’è chi lo considera il primo vero racconto psicologico moderno. C’è chi lo vede come l’antenato delle storie intime di Čechov. E molti autori del Novecento lo citavano come una delle prove più perfette di narrativa sentimentale. Eppure Dostoevskij, mentre lo scriveva, non immaginava tutto questo.

Oggi quel racconto continua a funzionare perché parla a chiunque abbia vissuto, almeno una volta, un amore che ha sfiorato la vita senza prenderla del tutto.
Un amore “bianco”, come quelle notti che non diventano mai buie e non diventano mai giorno.

E mentre pensiamo alla delicatezza delle Notti Bianche, capiamo anche perché un racconto così breve abbia lasciato un segno così profondo nella letteratura mondiale.
Non per i colpi di scena, non per la trama, ma per quella capacità di custodire le emozioni piccole, quelle che quasi nessuno racconta perché sembrano troppo fragili per stare in piedi da sole.
E invece sono proprio quelle che ci salvano. Quelle che ci fanno ricordare che anche uno sguardo, una confessione appena accennata, una notte che non diventa mai del tutto buia… possono cambiare la direzione di una vita.

Ed è un po’ questo il cuore del nostro Premio.

Offre casa a quelle voci che hanno qualcosa da dire anche quando parlano piano.

La VI Edizione è nata per questo: per dare spazio a chi, come lui, sa trasformare un frammento in una rivelazione, una mancanza in un sentimento, un incontro sfiorato in un’opera che resta.

Puoi partecipare fino al 15 dicembre.

Sai, la VI Edizione del Premio assomiglia un po’ a quei luoghi in cui ogni autore trova il proprio angolo preferito, quello in cui la voce si sente più libera.

È davvero aperta a tutto: puoi scegliere la poesia, se è lì che il tuo sentire vibra di più, oppure la narrativa; puoi inviare testi già pubblicati o opere nuove, ancora fresche, nate magari in una notte bianca qualunque.

Non ci sono limiti di lunghezza, nessuna cornice che stringe.
Solo spazio. Libertà. Respiro.

E forse è proprio questo che rende il Premio Speciale: poter lasciare che le parole si muovano senza costrizioni, seguendo il loro ritmo naturale, quello che non si comanda ma si ascolta.

Partecipare non è complicato, e come sempre ci sono io qui accanto a te. Comincia tutto scegliendo la sezione in cui senti che i tuoi testi trovano casa.

Trovi le sezioni qui:
VI Premio Letterario Internazionale Dostoevskij ®
https://rivistaorizzonti.net/premio-internazionale-dostoevskij-r

Il resto verrà da sé, con la stessa semplicità con cui nasce una buona pagina.

Poi inviami i tuoi testi e i tuoi dati a:
[email protected]

Dovrai indicare all'interno dell'email se la tua opera è edita o inedita e inserire come oggetto:
"Partecipazione Premio Internazionale Fëdor Dostoevskij"

Forse ogni autore custodisce una sua notte bianca.

🗣️ Il tuo Bollettino Poetico


Da qualche anno. Scopri Qui:
https://youtube.com/shorts/XFBkvWVbkUg?si=5Lr7zce8U8dhIc7T
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Bollettino Poetico: Quello che non ti ho ancora dettoBuonasera, in questa serata Dostoevskij ci mette a n**o il volto de...
07/12/2025

Bollettino Poetico: Quello che non ti ho ancora detto

Buonasera,

in questa serata Dostoevskij ci mette a n**o il volto della fatica quotidiana.

-Quale giorno migliore della domenica per parlarne.-

Non parliamo del grande gesto eroico, ma il piccolo impegno serale che si trasforma in stanchezza visibile, in vergogna.

Lavorare non basta: la vita chiede dignità, e lo sguardo degli altri può diventare specchio della nostra vulnerabilità.

Forse è proprio per questo che, a volte, nella storia della letteratura, arriva qualcuno che non si limita a descrivere un personaggio, ma lo apre, lo scardina, ne mostra le fragilità più segrete.

Ci mette dentro un’ombra, una ferita, una voce che trema.

Fëdor Dostoevskij era uno così.

Immaginatelo come un giovane scrittore russo, fragile e inquieto, che guarda il mondo con occhi febbrili.

Non gli basta descrivere ciò che vede.
Vuole capire cosa accade dentro le persone, nei silenzi, nei sensi di colpa, nei momenti in cui il cuore accelera senza un motivo preciso.

È da lì che comincia il suo viaggio.
La sua vita, poi, non gli ha risparmiato nulla.
Un arresto per "idee pericolose".
Una condanna a morte.
Il freddo del patibolo.
E, all’ultimo istante, la grazia.

Quando torni indietro dalla morte, non sei più lo stesso.
E nemmeno ciò che scrivi lo sarà.

Da quel momento Dostoevskij non racconta più semplicemente dei personaggi: racconta esseri umani che combattono con sé stessi.
Persone che potremmo incontrare anche oggi, al supermercato o su un tram affollato, con lo sguardo perso nei loro pensieri.
Sono poveri diavoli che cercano la salvezza, inciampano nei propri desideri, cadono, si rialzano, sbagliano di nuovo.

Come Raskol’nikov, che in Delitto e castigo crede di poter giustificare un crimine con un’idea “superiore”, ma poi viene schiacciato dal peso della propria coscienza.

O come il principe Myškin de L’idiota, buono fino all’ingenuità, così puro da sembrare stonato in un mondo che non sa più cosa farsene della bontà.

E forse ci colpiscono proprio per questo: perché ci somigliano.
Non sono eroi, non sono giganti morali, non sono esempi da imitare.
Sono fragili come noi, pieni di slanci che poi tradiscono, di paure che non confessano, di verità che cercano a tentoni.
È qui che Dostoevskij cambia davvero la letteratura mondiale.

Prima di lui i protagonisti erano figure compatte, limpide, quasi scolpite nel marmo.
O totalmente buone, o totalmente tragiche: personaggi che sapevano già da che parte stavano.

Dopo di lui, tutto si incrina.

I personaggi diventano creature piene di contraddizioni, che vivono in bilico tra luce e ombra.
A volte, nello stesso capitolo, amano e odiano, desiderano e fuggono, pregano e bestemmiano.

Così la psicologia entra nei romanzi come un fiume in piena. Non più solo cosa accade, ma perché accade. Non più solo l’azione, ma la mente che trema un attimo prima di compierla.

E quando leggi Dostoevskij oggi, hai quella strana sensazione che ciò che si agita nei suoi personaggi… in fondo si agita anche dentro di te.

Freud, anni dopo, lo ammetterà quasi con stupore:
«Ho imparato più psicologia leggendo Dostoevskij che studiando manuali.»

E poi c’è un’altra cosa:
Dostoevskij non scrive per dare risposte.
Scrive per fare domande.

Per mettere il lettore davanti a un bivio morale e lasciarlo lì, con la coscienza che tira da una parte e dall’altra. È un modo completamente nuovo di raccontare il bene, il male, e tutto quel grigio che ci sta nel mezzo.

Forse è per questo che, anche oggi, aprendo le sue pagine abbiamo l’impressione che ci stia guardando dritti negli occhi.
Che sappia cose di noi che non abbiamo mai detto a nessuno.
Che ci accompagni a capire che il mondo, e noi con lui, siamo molto più complessi di quanto crediamo.

E alla fine, sì, lo capisci davvero:
Dostoevskij non ha influenzato solo la letteratura. Ha influenzato le persone.
Una pagina alla volta.

E forse è anche per questo che, oggi, ci ritroviamo alla sesta edizione del nostro Premio.
Non perché servisse “un altro concorso”, ma perché sentivamo il bisogno di custodire quello sguardo che Dostoevskij ha lasciato al mondo: la capacità di vedere la fragilità umana come un luogo sacro, da ascoltare e da raccontare.

È nato così, quasi con la naturalezza dei gesti che si fanno per affetto: un modo per omaggiare chi, prima di noi, ha avuto il coraggio di spingersi oltre le apparenze e di entrare davvero dentro le persone.
E ogni anno, quando tornano le poesie, le storie, le parole che portano addosso un pezzo di vita, abbiamo la sensazione che quel gesto iniziale continui a muoversi, a crescere, a respirare.

Fino al 15 dicembre c’è tempo per aggiungere anche la tua voce a questo viaggio.

Non c’è fretta, non c’è pressione: solo la possibilità, se ti va, di far parte di qualcosa che esiste proprio perché gli esseri umani come quelli di Dostoevskij hanno ancora bisogno di raccontarsi.

La VI Edizione del Premio è un po’ come quei luoghi in cui ogni autore trova il proprio angolo preferito.
È poliedrica, aperta: puoi partecipare con la poesia, certo, ma anche con la narrativa; puoi scegliere testi già pubblicati o opere inedite nate tra le tue mani da poco.

Non ci sono limiti di lunghezza, nessun recinto: solo spazio, libertà, respiro.

In fondo è questo che rende felici gli autori come te: poter lasciare che la propria voce si esprima senza costrizioni, seguendo il ritmo naturale delle parole.

Partecipare non è complicato, per questo come sempre ci sono io qui accanto a te.

Inizia scegliendo la sezione in cui senti che le tue parole trovano casa.
Poi dai un’occhiata al Bando per vedere a quale categoria corrisponde la tua scelta.

VI Premio Letterario Internazionale Dostoevskij ®
https://rivistaorizzonti.net/premio-internazionale-dostoevskij-r

Quando sei pronto, non devi fare altro che inviarmi i tuoi testi e i tuoi dati in risposta a questa comunicazione o all’indirizzo:

[email protected]

Dovrai indicare all'interno dell'email se la tua opera è edita o inedita e inserire come oggetto:
"Partecipazione Premio Internazionale Fëdor Dostoevskij"

Forse ogni Premio, alla fine, è solo un pretesto.
Un modo gentile per ricordarci che le parole non chiedono altro che essere attraversate.

🗣️ Il tuo Bollettino Poetico

I Sogni. Scopri Qui
https://youtube.com/shorts/_NetpxI66sE?si=f6wjPMUVNZkGutIm
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