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Leonardo da Vinci, La Dama con L'ermellino 1490, olio su tela , è al National Gallery di Cracovia La straordinaria immag...
22/08/2025

Leonardo da Vinci, La Dama con L'ermellino 1490, olio su tela , è al National Gallery di Cracovia
La straordinaria immagine che state guardando non rappresenta soltanto una delle più alte vette pittoriche raggiunte da Leonardo da Vinci, la celebre Dama con Ermellino che nel 1998, per la prima volta dopo centinaia d'anni, venne ammirata dal pubblico italiano, grazie ad un breve prestito da parte del Museo Czartoryski di Cracovia.
La tela è anche il ritratto di una bellissima ragazza milanese, realmente esistita: Cecilia Gallerani, nata a Milano nel 1473, celebre per essere stata l'amante di Ludovico il Moro e la madre di uno dei suoi numerosi figli maschi, Cesare Sforza.
Del tutto evidente che quando Leonardo arrivò a Milano nel 1482 per offrire i suoi servigi alla corte del Moro, non si lasciò sfuggire la possibilità di ritrarre una ragazza così giovane e bella e di inserire una raffinata traccia della sua reale identità: l'ermellino, simbolo di purezza, si chiama in greco galḗ (γαλή), che alluderebbe al cognome della fanciulla.
Fonte: Milanoguida

Il violinista del diavolo...Così venne definito Niccolo' Paganini.Nato il  27 Ottobre 1782, in un tipico caruggio di Gen...
22/08/2025

Il violinista del diavolo...
Così venne definito Niccolo' Paganini.
Nato il 27 Ottobre 1782, in un tipico caruggio di Genova, all'età di 6 anni a causa di un attacco di morbillo fu ritenuto morto , ma durante il servizio funebre fece un movimento che gli permise di non essere sepolto vivo.
Si gridò al miracolo e la sua figura per tutta la vita fu accompagnata da una fama diabolica.
Sta di fatto che anche il suo aspetto non smentiva la nomea...
Aveva i capelli lunghi e scarmigliati, gli mancavano dei denti, l’imponente naso aquilino spiccava sul viso pallido e ossuto.
Magrissimo e cupo, si vestiva sempre di nero e portava occhiali dalle lenti blu, perché sapeva che parte della sua fama era dovuta all’aura di mistero che lo circondava.
L’aspetto tenebroso, però, nulla toglieva alle sue qualità di musicista.
Le sue magistrali esecuzioni incantarono i colleghi dell’epoca: «Ho sentito cantare un angelo», disse di lui Franz Schubert e il commento di Gioacchino Rossini fu : «Solo due volte ho pianto in vita mia: quando un tacchino infarcito di tartufi mi cadde accidentalmente nell’acqua e quando sentii suonare Paganini. "
Il musicista, terzo di sei figli, non ebbe un'infanzia molto felice a causa di numerose patologie e per la severità del padre.
Il genitore, infatti, obbligava Niccolò ad esercitarsi con il violino chiudendolo a chiave in una stanza anche per dodici ore consecutive perché studiasse.
La sua bravura , però ,era tale che presto si diffusero dicerie su un presunto patto con il diavolo per favorire simile bravura.
In effetti, pare che soffrisse della "Sindrome di Marfan", una malattia rara che gli permetteva movimenti in torsione delle dita raggiungendo un virtuosismo senza pari con il suo strumento. Ben presto, divenne famosissimo e molto ricco
«Non sono bello , ma quando mi ascoltano le donne cadono tutte ai miei piedi», diceva Niccolò e al suo fascino cedette anche la cantante Antonia Bianchi che gli procurò una delle più grandi gioie della vita: il figlio Achille, venuto alla luce nel 1825.
Tre anni dopo , però , il piccolo venne abbandonato dalla madre e Paganini si occupò di lui con dedizione e amore incondizionati.
Le sue condizioni di salute erano , però, precarie e le tournée a cui si sottoponeva in Italia e in Europa lo spossavano oltre ogni misura.
Come se non bastasse, assumeva mercurio per “curare” la sifilide, una terapia che oggi sappiamo essere velenosa.
Nei suoi ultimi anni diventò completamente afono e fu costretto a comunicare con il mondo per iscritto.
Morì a Nizza il 27 maggio 1840, a 58 anni.
Da sempre inviso alla Chiesa , per le intemperanze e gli scandali, malgrado non fosse ateo gli vennero negati i funerali e la sepoltura in terra consacrata.
Il corpo finì imbalsamato ed esibito a pagamento in un macabro tour.
Furono alcuni amici a strapparlo da questo triste destino e dal 1876 riposa nel Cimitero della Villetta, a Parma.
Sulla sua tomba è incisa un'aquila che vola stringendo nel becco un violino...
È rimasta celebre la sua frase «Paganini non ripete» che non era affatto, come si pensa, una sua altezzosità.
La disse soltanto una volta al Teatro Carignano di Torino in risposta al Re Carlo Felice di Savoia che gli aveva chiesto un bis.
Lui improvvisava, perciò ogni sua esibizione risultava unica e irripetibile e suonava con tale ardore che spesso finiva stremato con i polpastrelli doloranti.
La sfacciataggine , ad ogni modo , gli costò cara : venne infatti espulso per due anni da Torino , il che gli diede modo di coniare il suo famoso motto :
" I grandi non temo, gli umili non sdegno!"
* * * * *
Niccolò Paganini

Filippino Lippi, Apparizione della Vergine a San Bernardo, 1482-1486 circa, olio su tavola, 210x195 cm, Badia Fiorentina...
22/08/2025

Filippino Lippi, Apparizione della Vergine a San Bernardo, 1482-1486 circa, olio su tavola, 210x195 cm, Badia Fiorentina, Firenze. Sullo sfondo di una roccia stratificata vivamente scheggiata, Bernardo di Chiaravalle, allo studio su un rudimentale leggio assemblato con assi e tronchi, riceve l'apparizione della Vergine Maria, accerchiata da quattro angeli, dalle espressioni vivamente animate. Ella sfoglia il libro su cui san Bernardo sta scrivendo omelie in suo onore. La fonte di meditazione del santo è il Vangelo che narra l’annuncio dell’Angelo a Maria. Attributo iconografico di Bernardo è il demonio incatenato, simbolo della vittoria sulle tentazioni. Rintanato in un anfratto del terreno, colto nel mordere rabbioso le sue catene è un'allegoria dell'inno medioevale che celebrava la Vergine come liberatrice dell'umanità dalle catene del peccato. L’austerità della vita del santo, oltre che dalla rustica ambientazione, si rivela da un codice dell’abbigliamento: la cocolla che riveste la sua figura non nasconde le maniche di sacco. Substine et Abstine [soffri e rinuncia]: nel motto riportato sul cartellino, opportunamente posizionato sopra la testa del santo, si condensa l’opera riformatrice di Bernardo. Lo si rintraccia in Epitteto, stoico del III secolo. Il dipinto venne commissionato per la ca****la di Francesco del Pugliese, già priore di Firenze e seguace del Savonarola, dal suo ultimogenito Piero che è raffigurato nell'angolo inferiore destro in atteggiamento di preghiera. La tavola è una delle opere più importanti del maestro, in funzione della potenza espressiva, del cromatismo acceso, e dell'attenzione ai dettagli, ispirati alla pittura fiamminga. Si notino i moduli allungati delle figure e lo scenario di rocce e tronchi fantasmagorici e quasi antropomorfi. Filippino, all'apice della carriera dopo l'apprendistato nella bottega di Botticelli e dopo il primo soggiorno romano, iniziò in questo periodo a caratterizzare le sue opere con un nuovo senso di movimento e un'inquietudine sempre maggiore, aspetti che raggiungeranno il culmine degli affreschi nella ca****la Carafa a Roma e nella Ca****la di Filippo Strozzi a Firenze.

* Museo Nazionale degli Azulejos, Lisbona Portogallo
22/08/2025

* Museo Nazionale degli Azulejos, Lisbona Portogallo

Evocatium DeorumOggi Il Grimorio vi propone un antico rito romano, che può essere di ispirazione per alcuni rituali magi...
22/08/2025

Evocatium Deorum
Oggi Il Grimorio vi propone un antico rito romano, che può essere di ispirazione per alcuni rituali magici se attualizzato, e che ci permette di ammansire ad esempio Guardiani e Protettori prima di sferrare attacchi.
Stiamo parlando dell'Evocatio Deorum, che ci accingiamo a descrivere.
Durante gli assedi di città nemiche i Romani erano soliti utilizzare particolari rituali, al fine di corteggiare e ammansire la divinità protettrice la città nemica , affinché accettasse di abbandonare il suo tempio e dì trasferirsi a Roma dove avrebbe ottenuto un tempio, alti onori e lauti sacrifici.
La decisione di adottare una divinità straniera prima della battaglia decisiva che si auspicava vincente spettava al Senato, che conferiva un nulla osta esclusivo al generale "cum imperio " affinché celebrasse il rito, coadiuvato dai sacerdoti che seguivano le truppe.
I Romani non avrebbero mai sferrato un duro attacco ad una città senza prima procurarsi il favore della sua divinità tutelare, poiché gli dèi nella loro concezione religiosa erano quelli che permettevano, incentivano, facilitavano, ma anche si opponevano, scoraggiavano, approntavano trappole e tranelli, e cosi facendo determinavano il futuro di ogni singolo cittadino, ma anche dell'intero popolo e dell'Impero.
Gli dei per i Romani erano entità da tenere buone, perché per natura vendicativi ed iracondi, e per ottenere i loro favori erano necessari continui sacrifici e rituali per onorarli e per non meritare la loro ira.
Anche per questo i Romani erano solitamente magnanimi con le città assoggettate, non le distruggevano né ne torturavano i vinti.
Spesso i rituali comprendevano lauti banchetti pagati dallo stato romano a base di carni cotte e a cui partecipavano tutti i presenti. Il fumo profumato che si alzava dalle pire era l'offerta alla divinità.
La cerimonia serviva anche per tranquillizzare l'esercito che così non temeva la collera divina degli Dei della città conquistata.
Molti Dei Romani sono entrati nel loro Pantheon attraverso l'importazione dai popoli stranieri sottomessi, e prendersi cura di loro sin dal momento dell'assedio era importante tanto quanto curare le truppe o addestrarle. Ogni Nuova Divinità accolta in Roma ne accresceva la grandezza.
Il Mos Maiorum ammetteva e anzi auspicava questa importazione di dei tutelari, sia in tempo di guerra che in tempo di pace, e le effigi delle divinità che erano prese e trasferite a Roma dopo l'evocatium deorum venivano chiamate "Peregrina sacre".
Descriviamo a grandi linee il rituale.
Il sacerdote e il generale dotato di imperium , da fuori le mura e il più possibile vicino al tempio della divinità da evocare, di cui conoscevano il Nome e gli attributi, la chiamavano attraverso un "Carmen Evocationis", pregandola che abbandonasse la sua dimora templare e i suoi protetti, per accettare di unirsi a Roma, promettendole un culto ancora più grandiiso dentro le mura della Città Eterna.
Le si chiedeva che sposasse la causa di Roma, permettendo la conquista della città protetta, così evitando il sacrilegio provocato dall'affronto al Dio e la profanazione del suo tempio, che avrebbero impedito la conquista con ogni mezzo.
Davanti alle mura si chiedeva in pratica il permesso di attaccare la città senza scatenare le ire del Dio, e quello di portarne con sé le effigi sino a Roma.
Il rito proseguiva davanti al tempio, e infine davanti alla statua di culto, e solo alla fine si poteva poi rimuovere l'idolo, avendo ottenuto il consenso.
Al tempio si poteva prendere solo la statua, e solo dopo aver avuto il consenso della divinità: è la statua ad essere catturata, ma la divinità a lei collegata segue sempre i Romani di sua iniziativa.
Le divinità evocate erano così portate a Roma, dove ricevevano, come promesso dal sacerdote e dal generale con un "votum solemne" pronunciato nel "carmen evocazionis" , sia un culto pubblico che un proprio tempio, fuori dal Pomerio.
Spesso in questi rituali si chiedeva a Giunone di intercedere nell'Invocatium. Questo tratto rimarrà nel Cristianesimo, in cui la Madonna è la figura materna che si fa intermediaria e che porta le richieste a Dio.
Un particolare interessante da aggiungere è che i Romani, per paura che anche i nemici utilizzassero l'Evocatium Deorum, tenevano nascosta a tutti la vera divinità tutelare di Roma e il suo nome.

Termopili, GreciaLuogo della leggendaria battaglia che ebbe luogo durante la seconda invasione persiana della Grecia, av...
21/08/2025

Termopili, Grecia
Luogo della leggendaria battaglia che ebbe luogo durante la seconda invasione persiana della Grecia, avvenuta nell'agosto (o settembre) del 480 a.C.
Il moderno Memoriale delle Termopili e Monumento a Leonida sorge di fronte alla storica collina di Kolonos e rappresenta Leonida in armatura completa. Progettato da B. Phalereus, fu eretto negli anni '50 a spese della diaspora greco-americana.
Il monumento fu costruito per commemorare la battaglia delle Termopili e si trova al centro del passo, dove si svolse la fase finale della battaglia, come attesta l'accumulo ai piedi della collina di punte di lancia in ferro e bronzo risalenti al V secolo a.C.
La sintesi scultorea è costituita dalla statua in ottone di Leonida con lancia e scudo al centro, mentre a destra e a sinistra, e a un'altezza inferiore, si trovano le figure in marmo del Taigeto personificato, la montagna più alta del Peloponneso, e dell'Evrota personificato, un fiume che scorre attraverso l'intero distretto di Laconia/Sparta. La figura di re Leonida si ispira a un antico guerriero rinvenuto durante gli scavi condotti dalla British Archaeological School nel 1920 e identificato con Leonida.
Il sacrificio di Leonida, insieme ai suoi 300 compagni e ai 4.000 Greci (o 7.000), è diventato un simbolo senza tempo di resistenza contro un nemico molto più grande (gli storici moderni suggeriscono 130.000 Persiani. Erodoto e altri autori greci antichi menzionarono milioni di Persiani come parte dell'esercito achemenide, il che oggi è considerato un'esagerazione), una lotta contro ogni previsione. Nel luogo in cui morirono Leonida e i suoi compagni, gli antichi greci eressero un monumento recante il noto epigramma: Ὦ ξεῖν’, ἀγγέλλειν Λακεδαιμονίοις ὅτι τῇδε
κείμεθα, τοῖς κείνων ῥήμασι πειθόμενοι... che può essere tradotto in "Va' a dire agli Spartani, straniero che passa,
Che qui, obbedienti alle loro leggi, mentiamo".
Dopo la battaglia delle Termopili, fu eretto un leone di pietra affinché tutti ricordassero il nome del re morto in quel luogo. Il suo corpo fu inviato a Sparta per essere sepolto nel 440 a.C.
Oggi non si sono salvati né il leone di pietra né l'iscrizione dell'epigramma. Una copia dell'epigramma è stata posta sulla cima del colle di Colombo, di fronte all'Heroon, dove ebbe luogo l'ultima scena della battaglia.

Il   originale venne danneggiato e infine distrutto da due incendi. Fu allora che   decise di ricostruirlo, affidando l’...
21/08/2025

Il originale venne danneggiato e infine distrutto da due incendi. Fu allora che decise di ricostruirlo, affidando l’opera ad Apollodoro di Damasco. E’ possibile che i ritardi di costruzione siano stati dovuti alle difficoltà del progetto: non solo la cupola era la più grande in calcestruzzo mai realizzata, ma perfino le colonne del pronao erano troppo grandi, tanto che ancora è possibile vedere la riduzione di grandezza di quest’ultime da 50 a 40 piedi e l’abbassamento del frontone.
Il Pantheon di Adriano prevedeva dunque un edificio a pianta quadrata con una cupola enorme, posto sullo stesso asse del tempio precedente ma con l’entrata dal lato opposto e un pronao molto più pronunciato per sopperire alla forma non più rettangolare; il tempio era preceduto da una piazza porticata su tre lati e pavimentata con lastre di travertino. Il pronao è ottastilo (16 colonne, di cui 8 di granito grigio dell’Isola d’Elba e 8 colonne di Granito da Mons Claudianus in Egitto) e misura 34,2m x 15,62m, preceduto da 5 gradini. E’ alto 14,15m e i fusti delle colonne misurano 1,48m di diametro alla base. Sulla facciata il fregio riporta ancora l’antica iscrizione di Agrippa in lettere in bronzo, recuperata dal tempio precedente, mentre sotto di questa, sull’architrave, è visibile l’iscrizione del restauro compiuto nel 202 da Settimio Severo.
Ma la parte più affascinante e famosa del tempio è la , dal raggio di 21,72m, mentre l’altezza massima è 43,44m, esattamente il doppio: ciò significa che il tempio conteneva virtualmente una sfera perfetta. Decorata all’interno a cassettoni e ricoperta completamente in bronzo sul tetto, presenta un foro circolare al centro, un oculo di 9 metri, che illumina il tempio; i raggi solari, il 21 aprile, giorno di fondazione di Roma, colpiscono perfettamente il portone di entrata, ancora presente. Pesante 5.000 tonnellate, fu realizzata con una tecnica particolare. Per fare in modo che non crollasse per il suo stesso peso, mano a mano che i romani progredivano verso l’alto, usavano materiali più leggeri.

17 agosto 1571: supplizio di Marcantonio BragadinEra rettore di Famagosta sotto il dominio veneziano. Quando i Turchi pr...
21/08/2025

17 agosto 1571: supplizio di Marcantonio Bragadin
Era rettore di Famagosta sotto il dominio veneziano. Quando i Turchi presero Famagosta stipularono un trattato per cui i superstiti potevano ritirarsi nella vicina Candia. Peccato che non lo abbiano rispettato.
Lala Kara Mustafà Pascià, il comandante ottomano, si comportò da discreto pezzo di materia fecale. Non solo non rispettó i patti ma fece di tutto al povero Bragadin. Lo imprigiona a tradimento e gli fa tagliare orecchie e naso. Poi il povero Bragadin viene imprigionato in una gabbia lasciata al sole per tre giorni senza acqua e cibo. Al quarto giorno chiedono al povero Bragadin di convertirsi all'Islam e lui risponde "manco per il c***o"
Allora lo appendono all'albero della sua nave, gli danno cento frustate, poi lo costringono a portare in spalla per le strade di Famagosta una grande cesta piena di pietre e sabbia, finché non ebbe un collasso. Mi chiedo come facesse a sto punto ad essere ancora vivo.
Infine lo scuoiano vivo e Le sue membra squartate vennero distribuite tra i vari reparti dell'esercito e la pelle, riempita di paglia e ricucita, venne rivestita delle insegne militari e portata a cavallo di un bue in corteo per Famagosta. Poi questo fantoccio, assieme alle teste degli altri generali veneziani ai quali era stato promesso di poter andare a Candia viene issato come trofeo su una galea.
Adesso arriveranno i terzomondisti a dire "Kiesa! Inquisizione! Occidente kattivo!"
A parte il fatto che una roba di una simile crudeltà forse (e sottolineo forse) la troviamo solo ad Auschwitz ma la differenza è che noialtri di cose come queste ci vergogniamo, in Turchia non hanni mai fatto ammenda di simili porcate di cui la Storia turca è ricca, dai massacri a Costantinopoli al genocidio armeno

BUON POMERIGGIO: Sandro Botticelli, Simona Vespucci, nata Cattaneo (Genova o Portovenere), 1453 - Firenze, 1476
21/08/2025

BUON POMERIGGIO: Sandro Botticelli, Simona Vespucci, nata Cattaneo (Genova o Portovenere), 1453 - Firenze, 1476

La conquista della Dacia fu compiuta dall'imperatore Traiano in due campagne militari (101-102 d.C. e 105-106 d.C.) cont...
21/08/2025

La conquista della Dacia fu compiuta dall'imperatore Traiano in due campagne militari (101-102 d.C. e 105-106 d.C.) contro il re Decebalo. L'Impero Romano annesse la Dacia, ricca di miniere d'oro, che divenne una provincia romana e subì un'intensa romanizzazione. Le imprese di Traiano sono celebrate sulla Colonna Traiana a Roma.
Immagine generata e ispirata dalla IA e pertanto soggetta a possibili imprecisioni

"È nel carattere di pochi uomini onorare senza invidia un amico che ha fatto fortuna".EschiloL'invidia nasce  da una bas...
21/08/2025

"È nel carattere di pochi uomini onorare senza invidia un amico che ha fatto fortuna".
Eschilo
L'invidia nasce da una bassa autostima: ci riteniamo pieni di fragilità, carenze e inferiori agli altri. Invece di ammirare le qualità che non possediamo, proviamo risentimento, rancore e, di conseguenza, invidia.
"Guardando bene, si scopre che nel disprezzo c’è un po’ di invidia segreta. Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete, una libertà che non vi concedete, un coraggio, un’abilità, una forza, dei vantaggi che vi mancano, e della cui mancanza vi consolate col disprezzo".
P. Valéry

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