13/03/2025
“Ma sapete, la felicità la si trova anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce”.
Daniele Venturi è un instancabile lavoratore. Una persona umana. Un morso al cuore. Siamo totalmente scevri da conflitti d’interessi mentre lo scriviamo, sapete? Non ci può ascoltare né leggere, benché abbia fondato questo settimanale. Come mai, vi chiederete.
L’ultima volta l’abbiamo sentito un giovedì. Mandati tutti gli articoli, noi, gli autori, avevamo posato la penna e ci eravamo sollazzati nell’abitualità della nostra settimana, poi giovedì esce il Pensiero e arriva anche l’ultimo messaggio da Daniele.
La didascalia del numero è il solito frammento che pretende di raccontare tutto in quattro parole, come spirito toscano raccomanda. Fa: “La perfezione è vita? Ecco il numero 8 del Pensiero 😎 Buona lettura!”.
Noi non lo sapevamo ma in quel momento c’era già qualcosa che non andava nel nostro fondatore. Chissà che quella scelta di marketing per divulgare il numero non gli fosse venuta in mente anche pensando a questo.
Venerdì un silenzio che sa di fine settimana. Sabato ci preoccupiamo.
Domenica diventa innaturale.
Poi lunedì eccolo che scrive.
“Dani, vogliamo rallentare visto come stai?”, “Andiamo avanti. Avanti avanti!”.
Farvi capire anche solo una sfumatura del nostro fondatore sarebbe missione ardua per qualunque scrittore. Ma ci proviamo. Alcuni di noi per esempio si sono chiesti da subito come fosse possibile uno così. Parliamo di una di quelle persone che all’inizio ti fa pensare che non sia vero, “è troppo vero per essere autentico”. Poi c’è una fase in cui cerchi la fregatura. Infine ti lasci quasi convincere che quella serietà, quell’amicizia e quella simpatia con cui abbordava per strada chiunque gli andasse a genio per una chiacchierata terapeutica, siano proprio come appaiono. Reali.
Lunedì ci salutiamo, poi le comunicazioni saltano di nuovo. Non ne perverranno più se non da una stanza d’ospedale.
Poi, mercoledì notte, prima della nuova uscita che abbiamo curato in autonomia, Daniele ha posato la penna e consegnato il foglio che ci ha messo più di cinquant’anni a scrivere. Noi, gli autori, ci troveremo di nuovo al solito posto di Piazza Mazzini. Rideremo, piangeremo, parleremo di come non si ragiona mai abbastanza di quanto siano preziose certe cose. Quelle che passano sotto traccia e che entrano a far parte in pianta stabile della nostra routine, tanto da non considerarne più la preziosità. Come Daniele, che negli attimi più tenebrosi ci ha sempre ricordato di accendere la luce.
Alessio De Paolis