11/11/2025
(…)Gli occhi dei bambini levano l’imbarazzo dello stare al mondo perché le cose più grandi di loro non solo le capiscono ma poi non le giudicano. Ed è in quel momento che sento il peso specifico e preciso dell’insufficienza: io, suo padre, non mi sento e non sono abbastanza. (…)Eppure lei, in silenzio, sembra dirmi che lo sa. Che ha già capito che non sarò perfetto, ma che ci sarò. (…) La paternità non è qualcosa che accade per diritto, ma qualcosa che si attribuisce: e in questa generazione — la mia — siamo in debito cronico verso quel gesto. La generazione convinta di poter diventare tutto perché programmata dai padri della religione della fiducia. ‘Al mio piccolo genietto’, mi scriveva la maestra Maria Teresa. Ingegnerizzati per eccellere, istruiti a brillare, abituati a essere speciali. Poi il vero è stato altro, precario, confuso, liquido, forse deprimente. Ci hanno fatto credere di essere infiniti, e invece siamo fragili. Così quando la vita ci chiede, o chiediamo noi ad essa, qualcosa di radicalmente adulto — come diventare padri — ci troviamo col fiato corto e l’angoscia che ti divora. La paternità per noi non arriva come approdo ma come un cortocircuito: da un lato il desiderio feroce di esserci, di proiettare il proprio ego ancor di più, dall’altro l’infantilismo che ci tatua addosso il titolo di eterni figli. (…)Siamo i genitori/figli, dipendenti dal welfare familiare, abituati al disagio continuo dell’inadeguatezza. Così attraverso loro sopravviviamo alle case troppo care, ai lavori incerti ed ai sogni diluiti. (…)Ci hanno detto che potevamo avere tutto: libertà, realizzazione personale e figli felici. Ma diventare padre è rinunciare, sottrarsi, uscire di scena.
(…)Sento che la paternità non è un titolo ma un esercizio, un atto. Che si fa, non lo si è come madri e donne, e che quindi per farlo devi farlo. Consumarlo e viverlo, a pieno. Mi assolgo pensando che i padri si giudicano sul lungo periodo, quando hanno davvero consumato tutte le opportunità non garantite dalla leggi di natura, quelle sovrastrutturali, dialogiche, mentali. Quindi non sono pronto ma lo sarò.
L’articolo integrale lo trovi solo su il nuovo numero “Ciao Maschio” link in bio.