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16/09/2025

Israele ha invaso la città di G4za

La Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui territori palestinesi occupati, istituita nel 2021 dal Consig...
16/09/2025

La Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui territori palestinesi occupati, istituita nel 2021 dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, ha pubblicato un rapporto in cui sostiene di avere fondati motivi per concludere che Israele abbia commesso nei confronti dei cittadini della Striscia di Gaza quattro dei cinque atti riconducibili al crimine di genocidio (così come definito dal diritto internazionale) dal 7 ottobre 2023 a oggi.

Secondo il rapporto, i quattro atti genocidari commessi da Israele sarebbero: uccidere membri di un gruppo, causare loro gravi danni fisici e mentali, infliggere deliberatamente condizioni di vita volte a distruggere il gruppo e impedire nuove nascite.

Il documento cita come prove le azioni dell’esercito israeliano a Gaza e le dichiarazioni di esponenti politici israeliani. La Commissione sostiene che l’esercito israeliano abbia portato avanti l’uccisione intenzionale e il ferimento di un numero senza precedenti di cittadini palestinesi attraverso l’uso di munizioni pesanti; attacchi sistematici e diffusi a siti religiosi, culturali ed educativi; l’imposizione di un assedio alla Striscia di Gaza e l’uso della fame come arma contro i civili.
Inoltre, la Commissione riporta di aver analizzato le dichiarazioni rilasciate dai leader israeliani e sostiene che il presidente israeliano Isaac Herzog, il primo ministro Benjamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant abbiano “incitato alla commissione di un genocidio”. Il ministero degli Esteri israeliano ha respinto i contenuti del rapporto, definendolo “distorto e falso”.
La Commissione ha sottolineato che tutti gli altri Paesi hanno l’obbligo immediato, ai sensi della Convenzione sul genocidio, di “prevenire e punire il crimine di genocidio”, adottando tutte le misure a loro disposizione.

La Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sui territori palestinesi occupati è composta da tre membri ed è presieduta da Navi Pillay, ex Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, giudice della Corte penale internazionale e presidente del Tribunale penale internazionale per il Ruanda.

Ogni anno si parla di lotta all’evasione fiscale come una priorità. Ma se andiamo a vedere cosa succede davvero, la situ...
16/09/2025

Ogni anno si parla di lotta all’evasione fiscale come una priorità. Ma se andiamo a vedere cosa succede davvero, la situazione è tutt’altro che incoraggiante. Secondo l’ultima relazione della Corte dei Conti, nel 2024 il Fisco ha fatto controlli sostanziali su appena l’1,4% dei contribuenti. Per il resto, si va sulla fiducia, o sulla speranza che non evadano.

E il problema non è solo che i controlli sono pochi. È che anche quando vengono fatti, recuperano molto meno di quanto si spera. Su 100 euro evasi, lo Stato riesce a recuperarne appena 3. Il resto si perde per strada.

Dipende. Se sei un’impresa nel settore dei rifiuti, le probabilità di ricevere un controllo sono le più alte, ma comunque bassissime: solo il 2,9%. Se sei un agricoltore o un pescatore, puoi stare tranquillo: le verifiche arrivano in 3 casi ogni mille. E chi ha una colf o una badante? Anche qui, controlli quasi nulli: 0,5%.

Insomma, per la stragrande maggioranza dei contribuenti, il rischio di essere scoperti è praticamente zero. Questo è un bel problema, perché lo sappiamo: l’evasione prospera dove non ci sono regole o dove nessuno le fa rispettare.

Nel 2024 i controlli sostanziali (cioè quelli veri, non quelli automatici sulle dichiarazioni) hanno portato in cassa circa 7,6 miliardi di euro. Meno dell’anno precedente. Certo, arrivano altri soldi dai controlli automatizzati e dalle cosiddette “lettere di compliance”, con cui il Fisco avvisa i contribuenti di anomalie e li invita a correggerle. Ma anche qui, se poi il contribuente ignora l’avviso, il sistema di riscossione è lentissimo e spesso inefficace.

La Corte dei Conti lo dice chiaramente: con questi numeri non si va da nessuna parte. Serve un cambio di passo. Servono più controlli, ma anche un uso serio dei dati che il Fisco già ha (tipo le fatture elettroniche o le informazioni bancarie). E serve farli bene, mirati, sulle categorie più a rischio.

In Italia l’81% delle persone vorrebbe un’etichetta ecologica chiara sugli alimenti. La ricerca basata su un sondaggio c...
15/09/2025

In Italia l’81% delle persone vorrebbe un’etichetta ecologica chiara sugli alimenti. La ricerca basata su un sondaggio condotto su circa 10.000 consumatori di 18 Paesi europei, dimostra che il 67% delle persone utilizzerebbe questa etichetta. Sapere, per esempio, che un litro di latte di mandorla consuma meno acqua rispetto a quello vaccino ma più di quello di soia, può orientare le nostre scelte alimentari. I dati sono chiari: il latte di mucca ha un impatto ambientale superiore rispetto a tutte le alternative vegetali, anche se gli impatti di quelle vegetali non sono tutti uguali.

Anche per questo negli ultimi anni si sta sviluppando una tendenza che mira a comunicare l’impatto ambientale degli alimenti tramite etichette ambientali semplificate, posizionate in evidenza sul packaging. Questi schemi, basati su metodologie standardizzate per valutare gli impatti aggregati, sono ancora in fase di sperimentazione e ad oggi non c'è un’armonizzazione globale. In Francia, per esempio, alcuni prodotti alimentari hanno delle etichette " a semaforo" che indicano l’impatto ambientale complessivo. In altri Paesi come Regno Unito e in Spagna, invece, esiste l’etichetta che va da A+ (molto sostenibile) a G (poco sostenibile), basata su diversi indicatori tra cui emissioni, uso del suolo, e tossicità per l’uomo.

Misurare l'impatto ambientale di un singolo prodotto, però, non è facile poiché le catene produttive sono molto complesse e ogni produzione è influenzata da fattori esteri (es siccità, inondazione). Quello che aiuta in questi casi, però, è l'innovazione tecnologica. Alcune aziende, infatti, stanno lavorando alla raccolta dati su grossi database da cui poi sviluppare delle etichette chiare.

Voi sareste favorevoli ad un'etichetta simile?

15/09/2025

La storia che devi conoscere oggi, 15 settembre 2025: da oggi è possibile fare richiesta per il bonus psicologo 2025. Ce ne parla Camilla Ferrario

Per poter accedere al bonus è necessario essere in possesso di un'attestazione ISEE in corso di validità (quindi riferit...
15/09/2025

Per poter accedere al bonus è necessario essere in possesso di un'attestazione ISEE in corso di validità (quindi riferita al 2023) con un valore non superiore a 50 mila euro. L'importo del bonus varia in base alla fascia ISEE di appartenenza, con un massimo di 50 euro per ogni seduta. Con ISEE inferiore a 15 mila euro si potrà ricevere un contributo fino a 1.500 euro; per chi ha un’attestazione compresa tra i 15 e i 30 mila euro, l'importo massimo del bonus è di mille euro; infine, per chi ha fino a 50 mila di ISEE sarà possibile chiedere un contributo fino a 500 euro.

La domanda può essere presentata online sul portale INPS: il servizio è “Contributo sessioni psicoterapia" con le credenziali SPID, con la carta d’identità elettronica o con la carta nazionale dei servizi. Dopo la scadenza delle richieste, l’INPS stilerà delle graduatorie regionali tenendo conto del valore ISEE più basso e, a parità di ISEE, dell'ordine cronologico di presentazione della domanda.

Se la richiesta è stata accettata sarà l'INPS a comunicare al beneficiario l’esito e l’importo assegnato, insieme a un codice univoco da comunicato al professionista scelto tra coloro che hanno aderito all'iniziativa (il pagamento, grazie al codice, sarà erogato direttamente dall'INPS al professionista). I beneficiari avranno 270 giorni di tempo dalla data di accoglimento della domanda per utilizzare il bonus e la prima seduta va fissata entro 60 giorni dalla ricezione del codice.

Il bonus psicologo è diventato una misura strutturale a partire dal 2024 con uno stanziamento base a cui possono essere aggiunti dei finanziamenti annuali. Per il 2025, lo stanziamento è di 9 milioni di euro, con cui sarà possibile soddisfare fino a 6.300 richieste del bonus. I cittadini in possesso dei requisiti potranno presentare la domanda a partire dal 15 settembre 2025 e fino al 14 novembre 2025.

👉 Segui  per scoprire come cambiano le nostre cittàQuando si parla di grattacieli, il pensiero va immediatamente agli St...
13/09/2025

👉 Segui per scoprire come cambiano le nostre città

Quando si parla di grattacieli, il pensiero va immediatamente agli Stati Uniti. Non a caso, è a Chicago che alla fine del XIX secolo nasce questa nuova forma architettonica, sviluppatasi in risposta al grande incendio che distrusse la città.

L’architettura verticale fu resa possibile dalle innovazioni tecnologiche e industriali del tempo: l’introduzione dell’ascensore elettrico e l’impiego di materiali come l’acciaio, il ferro e il vetro aprirono la strada a edifici sempre più alti. Ma fu anche la crescita delle città e l’aumento della pressione demografica che affermarono l’esigenza di costruire in verticale. Il grattacielo divenne così un simbolo della modernità americana, riflesso della sua ascesa economica, politica e culturale.

In Italia, tuttavia, l’adozione di questa tipologia edilizia fu inizialmente ostacolata da un forte attaccamento al patrimonio storico. L’idea di costruire edifici più alti del Duomo di Milano, della Torre di Pisa o della Mole Antonelliana appariva inaccettabile.

Nonostante queste resistenze, l’Italia ha visto crescere il numero di grattacieli, in particolare nel Nord, ma con esempi significativi distribuiti in tutto il Paese.

Dal 17 al 22 settembre ci vediamo a Firenze per parlare del futuro della mobilità a “Si muove la città” con
Dal 26 al 28 settembre vi aspettiamo a Torino per immaginare insieme il futuro delle città alla terza edizione di , con .collective e

Tutti gli appuntamenti sono gratuiti, info e iscrizioni su future4cities.

12/09/2025

Negli ultimi giorni ha iniziato a farsi strada una proposta di riforma delle pensioni per il prossimo anno.

È una proposta che circola da diverso tempo ma in generale non si smette mai di parlare di riforma delle pensioni. Ne parlano tutti: chi dice che le pensioni sono il problema dell’Italia, chi dice “non possiamo andare avanti così perchè sta saltando tutto”, chi - quelli come noi - dice “non avremo mai una pensione”, insomma riguarda tutti e ci sono tanti racconti nell’aria.

Allora proviamo a capire se è vero che siamo a un passo dalla catastrofe, se il sistema attuale è così problematico da aver bisogno di riforme e quali possono essere le soluzioni.

Tornare alla routine dopo le vacanze può farci sentire stanchi, tristi, nervosi, un po’ giù di corda. Non è solo pigrizi...
12/09/2025

Tornare alla routine dopo le vacanze può farci sentire stanchi, tristi, nervosi, un po’ giù di corda. Non è solo pigrizia o capriccio: si chiama sindrome da rientro, anche se il nome più usato in ambito scientifico è post vacation blues o holiday blues.

Non è un disturbo mentale vero e proprio, non è inserita nei manuali diagnostici, ma è una condizione piuttosto comune. Secondo alcune stime, colpisce in forma lieve circa un terzo degli italiani. Quindi no, non sei strano se al ritorno dalle ferie ti senti a terra: sei semplicemente umano.

Durante le vacanze succede una cosa importante, che spesso sottovalutiamo: ci allontaniamo, anche solo per qualche giorno, dalle responsabilità, dai problemi, dalle pressioni quotidiane. È come se entrassimo in una parentesi sospesa, dove il tempo si dilata e possiamo finalmente decidere come usarlo davvero. Quel senso di libertà ci fa bene.

Ma il rientro spezza bruscamente questo incantesimo. Ricominciano le sveglie, le riunioni, le mail a cui rispondere, gli impegni che avevamo lasciato in sospeso e che ora tornano a bussare. E più la vacanza è stata intensa e rigenerante, più è difficile accettare che sia finita. Il contrasto tra quel benessere temporaneo e la quotidianità può generare uno squilibrio emotivo che, in alcune persone, si manifesta con sintomi veri e propri: ansia, malinconia, irritabilità, difficoltà a concentrarsi, stanchezza fisica, disturbi del sonno o dell’appetito.

La buona notizia è che nella maggior parte dei casi questi sintomi durano poco: qualche giorno, al massimo un paio di settimane. Però ci sono modi per rendere il rientro meno traumatico. Uno di questi è non tornare dalle vacanze all’ultimo secondo, ma concedersi un paio di giorni per riprendere i ritmi con calma. Anche evitare di buttarsi subito in giornate strapiene può fare la differenza: meglio riprendere gradualmente, organizzando le attività quotidiane in modo sostenibile.

11/09/2025

Le proteste della Gen Z in Nepal

Siamo il terzo Paese al mondo per riserve ufficiali di oro. Le nostre 2.452 tonnellate ci collocano sul podio dietro sol...
11/09/2025

Siamo il terzo Paese al mondo per riserve ufficiali di oro. Le nostre 2.452 tonnellate ci collocano sul podio dietro solo a Stati Uniti e Germania. C’è però un altra sorpresa per quanto riguarda le riserve auree del nostro Paese, perché circa il 43% (vale a dire €97,1 miliardi) non si trovano sul suolo italiano ma negli Stati Uniti.

La scelta risale al secondo Dopoguerra, quando i Paesi europei accumulavano oro grazie ai surplus commerciali con gli USA. Tenerlo a New York era considerato più sicuro, anche in caso di un eventuale conflitto con l’URSS. Ancora oggi questa collocazione è vista come un modo per diversificare e avere un accesso più rapido ai mercati internazionali dell’oro.

Per le banche centrali, l’oro è un bene rifugio. Non serve a generare interessi, ma conserva valore nel tempo ed è apprezzato in tutto il mondo. Nelle fasi di crisi economica o tensioni geopolitiche, tende anzi ad aumentare di prezzo.

Custodire una parte delle riserve all’estero riduce i rischi in tempi normali. Ma in caso di crisi, i governi potrebbero non avere accesso immediato al proprio oro. È successo al Venezuela nel 2018, quando la Banca d’Inghilterra si rifiutò di restituire parte delle sue riserve: uno scenario raro, ma non impossibile.

Non a caso, negli ultimi anni alcuni Paesi hanno scelto di riportare a casa parte delle riserve. La Germania, tra il 2013 e il 2017, ha trasferito a Francoforte centinaia di tonnellate, pur continuando a considerare New York un luogo sicuro per lo stoccaggio.

Anche in Italia se ne è parlato. Nel 2019 Fratelli d’Italia propose di rimpatriare l’oro, ma oggi il tema non è più all’ordine del giorno, anche per evitare di creare frizioni con Washington. Ex politici ed economisti hanno rilanciato il dibattito, soprattutto alla luce delle posizioni di Donald Trump verso la Federal Reserve. Per ora però né la Banca d’Italia né il governo sembrano intenzionati a cambiare strategia.

11/09/2025

In meno di tre anni la Francia ha cambiato cinque primi ministri, la sua economia è sotto pressione, l’opinione pubblica è polarizzata, e in molti chiedono addirittura le dimissioni di Emmanuel Macron.

Questa instabilità politica ed economica ha fatto sorgere una domanda: non è che la Francia sta diventando "la nuova Italia"? O, addirittura, stanno messi anche peggio di noi?

Alla realizzazione di questo video hanno collaborato Giacomo Maini e Olga Mileva Colombano

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