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20/12/2025

Da oggi finalmente c’è una novità sugli autovelox: le multe emesse con l’utilizzo di autovelox non registrati sul sito del ministero delle infrastrutture e dei Trasporti possono essere contestate. Si è concluso infatti il censimento nazionale degli autovelox per registrare tutti i dispositivi sulla piattaforma del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e ne abbiamo parlato, nella puntata del 12 dicembre del podcast Closer, con Stefano Fabrizio Riazzola, il Capo Dipartimento Trasporti e Navigazione e Vice Capo di Gabinetto del ministero, che ha risposto a tutte le nostre domande.

Dopo questa mappatura, quindi, la regola è più chiara: se un autovelox non è presente nel database del ministero, non può essere utilizzato per una multa. Senza entrare nei dettagli tecnici tra omologazione e approvazione. Chi riceve una multa potrà quindi verificare se il dispositivo è regolarmente registrato: in caso negativo, la sanzione potrà essere considerata nulla e contestata.

Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per riclassificare la ma*****na come "meno pericolosa". Trump ha spiegato ch...
19/12/2025

Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per riclassificare la ma*****na come "meno pericolosa". Trump ha spiegato che questo ordine esecutivo "renderà più semplice condurre ricerche mediche sulla ma*****na, consentendoci di studiarne i benefici".

Nel 1971 la ma*****na era stata classificata come narcotico di Tabella I (insieme ad altri stupefacenti, come l’eroina): ciò significava che non avrebbe potuto avere alcun uso medico riconosciuto a causa di un elevato potenziale di abuso. In base all’ordine esecutivo, verrà spostata alla Tabella III, che comprende sostanze con "un potenziale da moderato a basso di dipendenza fisica e psicologica", tra cui la ketamina.

L’ordine prevede anche un programma pilota che rimborsa i pazienti Medicare per i prodotti contenenti CBD, un composto derivato dalla cannabis che non provoca effetti psicoattivi. La misura alleggerirà inoltre gli oneri per le aziende che operano legalmente nel settore della cannabis, riducendo le sanzioni fiscali federali e migliorando l’accesso ai servizi bancari.

La legislazione in materia di legalizzazione della ma*****na rimane prerogativa dei singoli Stati degli Stati Uniti: 24 su 50 l’hanno legalizzata a uso ricreativo e altri 16 solo a uso medico. La decisione di Trump non rende la ma*****na legale a livello federale, ma segna il cambiamento più significativo nella politica statunitense in materia di stupefacenti degli ultimi decenni.

Trump ha spiegato che la misura risponde ai cittadini che hanno "implorato" il cambiamento, in particolare coloro che soffrono di malattie come tumori e disturbi convulsivi.

La decisione di Trump ha sorpreso parte del suo stesso partito: un gruppo di 22 senatori repubblicani ha inviato una lettera aperta al presidente per segnalare le preoccupazioni riguardo alla sicurezza dell’uso della cannabis. La mossa di Trump è vista da alcuni analisti come un modo per risollevare la sua scarsa popolarità.

Secondo un sondaggio Gallup di novembre il 64% degli statunitensi ritiene che la ma*****na dovrebbe essere legalizzata, ma il sostegno è leggermente diminuito rispetto agli anni precedenti a causa di un calo di consenso del 13% tra gli elettori repubblicani

La “mobility poverty” (povertà di mobilità) è la condizione in cui una persona non riesce ad accedere a trasporti pubbli...
19/12/2025

La “mobility poverty” (povertà di mobilità) è la condizione in cui una persona non riesce ad accedere a trasporti pubblici adeguati per raggiungere il posto di lavoro, i luoghi di cura e altri servizi essenziali come le scuole o le università. Le motivazioni possono essere diverse: dalle difficoltà economiche dei cittadini alla scarsa offerta di mezzi pubblici all’interno di un determinato territorio.

Secondo i dati di uno studio di Legambiente e Ipsos, riportati nel nuovo report "Pendolaria", nel 2023 circa tre italiani su dieci sono stati costretti a rinunciare a opportunità di lavoro (28%), di studio (17%), a visite mediche (19%) o a spostamenti per piacere e/o relazioni (25%) a causa delle difficoltà negli spostamenti. Parliamo, nello specifico, dell’inaccessibilità economica dei mezzi pubblici, dei tempi di percorrenza troppo lunghi o della scarsa diffusione dei servizi di trasporto, sia pubblici sia in condivisione.

La situazione cambia a seconda delle grandi città analizzate dallo studio, realizzato su un campione di più di tremila persone. A Milano, ad esempio, il 54% dei cittadini costretti a rifiutare un lavoro a causa delle difficoltà di spostamento lo ha fatto per il costo del biglietto (o dell’abbonamento) troppo elevato. A Napoli e Torino, invece, il problema più comune è legato ai tempi di percorrenza (53% e 56%), mentre a Bologna ha pesato maggiormente l’assenza di servizi di trasporto adeguati (38%).

L’inefficienza dei trasporti pubblici o in condivisione impatta direttamente sulla vita delle persone, soprattutto nelle fasce di reddito più basse. Il valore medio di spesa familiare nella voce “trasporti”, secondo la Commissione europea, è di 262 euro mensili: 6 famiglie su 10 non riescono a sostenere questa spesa. L’auto, sottolinea Legambiente, rimane più costosa (334 euro al mese per famiglia), ma spesso è l’unica alternativa per chi vive fuori dalle zone centrali e semi-centrali delle grandi città.

18/12/2025

Il volto dell’inverno nella Striscia di Gaza è tragico: negli ultimi giorni forte vento e piogge torrenziali hanno allagato i campi profughi dove vivono centinaia di migliaia di sfollati interni palestinesi, che vivono lì perché negli ultimi due anni Israele ha distrutto o danneggiato oltre il 80% degli edifici di Gaza. Questa situazione che non fa altro che aggravare la già critica crisi umanitaria. Come se non bastasse, l’esercito israeliano continua a violare il cessate il fuoco, lanciando attacchi sulla Striscia e limitando l’ingresso di aiuti umanitari. Tutti fattori che gettano molti dubbi sul futuro del cessate il fuoco. Ce ne parla

Guardando il rapporto tra il salario medio degli individui under-24 e quello dell’intera popolazione nazionale in cinque...
18/12/2025

Guardando il rapporto tra il salario medio degli individui under-24 e quello dell’intera popolazione nazionale in cinque Paesi europei nel 2024, emerge chiaramente la difficoltà del mercato del lavoro giovanile italiano.

Spagna e Francia presentano valori simili: in entrambi i Paesi il salario degli under-24 equivale rispettivamente al 57,7% e al 57,6% della media nazionale. Ma mentre la Spagna segna una crescita significativa rispetto al 2014 (+9,1 punti percentuali), la Francia mostra un aumento quasi nullo (+0,4 punti percentuali), confermandosi stabile nel tempo. La Germania si posiziona leggermente più in basso, al 54%, ma è il Paese che cresce di più nell’arco decennale (+10,2 punti percentuali), segnando un miglioramento rilevante dell’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. Il Regno Unito presenta un livello analogo, 53,6%, con un incremento più modesto (+3,6 punti percentuali).

L’Italia rappresenta l’eccezione negativa: con un rapporto del 55,7% si colloca in linea con gli altri Paesi, ma registra una variazione profondamente sfavorevole a danno dei giovani: un crollo di 12,3 punti percentuali rispetto al 2014. È l’unico Paese in cui il divario salariale dei giovani rispetto alla media nazionale si è ampliato anziché ridursi.

Le ragioni di questo arretramento sono molteplici. Il mercato del lavoro italiano continua a caratterizzarsi per una forte presenza di contratti temporanei e part-time involontari tra i giovani, che comprimono le retribuzioni e impediscono progressioni rapide. La produttività, stagnante da decenni, frena l’aumento salariale complessivo e penalizza soprattutto chi entra oggi nel mercato. Inoltre, la struttura industriale con alta presenza di piccole imprese, spesso meno capaci di offrire percorsi di carriera, limita l’accelerazione dei salari iniziali.

17/12/2025

Lo sponsor di questo video è Beewise: https://beewiseapp.com/?utm_source=YouTube&utm_medium=cpc&utm_campaign=BeewiseApp&utm_content=Hostread3

Come funziona l'elusione fiscale? Chi la fa e perché continua a sottrarre risorse agli Stati nonostante decenni di riforme? Vediamo i meccanismi più diffusi, dalle sedi spostate nei paradisi fiscali al transfer pricing delle multinazionali, fino alle holding familiari, e il ruolo dei Paesi europei che competono al ribasso sulle tasse. Mettiamo insieme strategie, numeri e conseguenze, fino all’ultimo tentativo di risposta globale: la minimum global tax dell’OCSE, oggi bloccata da pressioni politiche e interessi nazionali.

Il   rientrerà nel programma  + a partire dal 2027, in seguito a un accordo raggiunto con l’ . L’intesa punta a ripristi...
17/12/2025

Il rientrerà nel programma + a partire dal 2027, in seguito a un accordo raggiunto con l’ . L’intesa punta a ripristinare la partecipazione del Paese alle iniziative di mobilità educativa e formativa, interrotta dopo la Brexit nel 2020.

Erasmus+, istituito nel 1987 e ampliato nel 2014, è un programma dell’UE che supporta scambi studenteschi, tirocini e progetti di cooperazione tra istituzioni educative in oltre 30 Paesi. Prima dell’uscita dall’Unione, il Regno Unito era tra i principali partecipanti, con migliaia di studenti coinvolti annualmente. In sostituzione, era stato introdotto il Turing Scheme, un piano nazionale che ha tuttavia ricevuto critiche per la sua portata limitata e i fondi ridotti rispetto al programma europeo.

L’accordo prevede un contributo finanziario da parte del governo britannico pari a circa 570 milioni di sterline per coprire i costi di adesione. Si stima che oltre 100.000 studenti, ricercatori e professionisti del Regno Unito potranno beneficiare di opportunità di studio e lavoro all’estero, mentre gli istituti europei riapriranno le porte a partecipanti britannici.

Il primo ministro UK Starmer ha descritto l’iniziativa come parte di un “reset” nelle relazioni post-Brexit, enfatizzando l’importanza della collaborazione educativa. La presidente della commissione europea von der Leyen ha parlato di “ulteriori passi nella nostra rinnovata partnership strategica Ue-Regno Unito. Riportando Erasmus+ per i nostri giovani, apriamo la porta a nuove esperienze condivise e amicizie durature”.

L’annuncio arriva in un contesto di sforzi per rafforzare i legami tra il Regno Unito e l’UE, con focus su settori come l’istruzione e la ricerca. Ulteriori dettagli sull’implementazione saranno definiti nei prossimi mesi, inclusi i criteri per le borse di studio e le procedure di candidatura.

Il passaggio da novità ad abitudine può essere relativamente breve, ma servono investimenti, volontà politica e cultura....
17/12/2025

Il passaggio da novità ad abitudine può essere relativamente breve, ma servono investimenti, volontà politica e cultura. Nel 2001, in Italia differenziavamo circa il 10-15% dei nostri rifiuti urbani, mentre nel 2024 il tasso è cresciuto al 67,7% a livello nazionale: un aumento dell’1,1% rispetto al 2023.

Le Regioni più virtuose, secondo i nuovi dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), sono Emilia-Romagna (78,9%), Veneto (78,2%), Sardegna (76,6%), Trentino-Alto Adige (75,8%), Lombardia (74,3%) e Friuli-Venezia Giulia (72,7%). In generale, oltre il 72% dei Comuni italiani ha separato più del 65% dei propri rifiuti.

Ma gli aspetti su cui migliorare sono ancora tanti. Tra questi c’è il gap territoriale: mentre al Nord il tasso di raccolta differenziata è del 74,2%, al Centro è del 63,2% e al Sud del 60,2%. Grandi città come Palermo, Reggio Calabria, Genova, Napoli, Roma e Catania hanno un tasso ancora inferiore al 60%.

Fare la raccolta differenziata non si traduce automaticamente nel riciclo dei rifiuti all’interno degli impianti che, dopo il trattamento, li trasformano in nuovi materiali. In Italia ci sono 625 impianti per la gestione dei rifiuti urbani – oltre la metà dedicati alla frazione organica (il cosiddetto “umido”) – ma in molte Regioni le strutture restano inadeguate: alcune hanno raggiunto i limiti di stoccaggio, altre sono obsolete e hanno bisogno di interventi di manutenzione.

Non a caso, rischiamo di fallire l’obiettivo europeo del tasso di riciclaggio dei rifiuti urbani al 55%: alla fine del 2024, secondo l’Ispra, abbiamo raggiunto quota 52,3% (in crescita rispetto al 50,8% del 2023) e serve quindi un’accelerazione per allinearci alle richieste dell’UE.

Di economia circolare e ambiente parliamo in Mezzo Pieno, il podcast di Will in collaborazione con .ecoeridania che racconta la sostenibilità oltre le polarizzazioni.

A partire dal 2026, la Spagna introdurrà un unico abbonamento per i trasporti pubblici del Paese. Il pass costerà 60 eur...
16/12/2025

A partire dal 2026, la Spagna introdurrà un unico abbonamento per i trasporti pubblici del Paese. Il pass costerà 60 euro al mese, ma le persone con meno di 26 anni avranno una tariffa ridotta: 30 euro al mese.

Il pass coprirà tutto il territorio nazionale e potrà essere utilizzato sui mezzi gestiti dallo Stato: treni suburbani e a media percorrenza (gestiti dalla compagnia ferroviaria Renfe), autobus statali a lunga percorrenza. L’abbonamento non sarà valido sui treni ad alta velocità e sui trasporti pubblici cittadini: tram, metropolitane, autobus urbani, metrotranvie.

Ad annunciarlo è stato Pedro Sánchez, primo ministro spagnolo. L’introduzione dell’abbonamento unico per i trasporti dovrà essere approvata dall’ultimo Consiglio dei Ministri e dal Parlamento. Salvo stravolgimenti, entrerà in vigore nella seconda metà del mese di gennaio. Secondo il governo spagnolo, l’abbonamento coinvolgerà circa due milioni di persone e garantirà risparmi fino al 60% rispetto alle tariffe attuali. Sánchez ha esortato le amministrazioni locali a introdurre prezzi agevolati anche per il trasporto pubblico cittadino. Un unico abbonamento nazionale per i trasporti statali, da solo, non basta per rendere i mezzi pubblici più accessibili per tutti.

La misura introdotta dalla Spagna è in linea con altri esempi virtuosi a livello europeo. In Germania, per esempio, dal 2023 esiste un abbonamento da 58 euro (si chiama D-Ticket) che può essere utilizzato sui trasporti statali (ma non sui treni a lunga percorrenza e/o gestiti da compagnie private) e locali, come i tram e le metropolitane. Il prezzo dell’abbonamento tedesco salirà a 63 euro a partire dal 1 gennaio 2026.

C’è stato un periodo, tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90, in cui le notizie sugli sversamenti di petrolio in mare erano una...
16/12/2025

C’è stato un periodo, tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90, in cui le notizie sugli sversamenti di petrolio in mare erano una costante. Oggi questi incidenti sono una rarità e sono diventati sempre meno impattanti sull’ecosistema e sull’economia, anche se l’inefficienza del petrolio - e del modo in cui lo trasportiamo - non permette di risolvere completamente il problema.

Guardando il database dell’organizzazione non profit Topf, notiamo che dal 2020 a oggi ci sono stati 37 eventi che hanno portato alla fuoriuscita di 38.000 tonnellate di petrolio. Si tratta di una cifra problematica, ma comunque molto più bassa rispetto a quella degli anni Novanta, contraddistinti da 358 sversamenti e 1.134.000 tonnellate di greggio rilasciate nei nostri oceani.

Le ragioni dietro questa riduzione sono diverse. Il merito non è solo delle nuove tecnologie di monitoraggio che aiutano a rilevare rapidamente ogni fuoriuscita, facilitando gli interventi. L’Organizzazione marittima internazionale (Imo) è stata fondamentale per stabilire linee guida vincolanti in grado di superare le divergenze tra Paesi. Il trattato più importante nella storia è la Convenzione per la prevenzione dell’inquinamento da navi (Marpol 73/78), adottata nel 1973 in seguito a gravi disastri petroliferi come il naufragio della nave Torrey Canyon nel canale della Manica (1967).

I Paesi aderenti alla Convenzione (più di 150) sono obbligati ad approvare leggi nazionali per applicare il trattato. Quest’ultimo ha introdotto diversi vincoli che oggi ci sembrano scontati, ma che in passato non lo erano affatto. Un paio di esempi? I divieti di lavare le cisterne in mare e di scaricare petrolio puro (e i suoi derivati) direttamente in mare, anche quando le navi sono ancorate. Alla fine degli anni ‘90, l’Organizzazione marittima internazionale ha introdotto l’obbligo del doppio scafo, essenziale per minimizzare le perdite di petrolio in caso di scontri o incagli.

Quando si parla di sostenibilità, è importante guardare il bicchiere mezzo pieno: quello dei tanti progressi che abbiamo fatto negli anni, insieme alle sfide da affrontare. Lo facciamo in Mezzo Pieno, il podcast in collaborazione con .ecoeridania.

Segui , lo spazio per i curiosi del mondoLa tredicesima è un mese di stipendio che viene pagato alla fine dell’anno e si...
15/12/2025

Segui , lo spazio per i curiosi del mondo

La tredicesima è un mese di stipendio che viene pagato alla fine dell’anno e si aggiunge alla mensilità di dicembre. La ricevono tutti i lavoratori dipendenti, anche chi ha un contratto part-time o a termine, e i pensionati. Non la ricevono, invece, i lavoratori autonomi e chi ha un contratto di lavoro “ibrido”, cioè un contratto che combina lavoro dipendente e autonomo, come nel caso dei lavoratori “parasubordinati” (ad esempio i CoCoCo, ossia collaboratori coordinati continuativi).

A seconda di quanto si è lavorato durante l’anno, l’importo della tredicesima varia. Ma chi la paga? Nel caso dei pensionati, la paga l’INPS; nel caso dei lavoratori dipendenti, la paga il datore di lavoro. Infatti, la tredicesima è, di fatto, una retribuzione differita, cioè una somma che ogni mese il datore di lavoro “mette da parte” per il lavoratore e che viene poi pagata alla fine dell’anno.

Se, ad esempio, la retribuzione lorda annuale di un lavoratore è di 25.000 euro e il lavoratore ha diritto alla tredicesima, allora lo stipendio mensile si calcola dividendo 25.000 euro per 13 e non per 12. Nonostante ciò, nella percezione comune, la tredicesima sembra essere un “bonus” che ci viene “regalato” a fine anno, e questo riaccende una riflessione sullo stato del mercato del lavoro italiano oggi.

La tredicesima è uno dei benefici acquisiti dai lavoratori dipendenti a partire dagli anni ‘60. Questi diritti sono intoccabili e non possono essere sottratti al lavoratore. Tuttavia, fa strano vedere un mercato del lavoro diviso a metà tra chi ha una lista di benefici e chi, invece, lavora senza tutele e senza il rispetto dei diritti fondamentali.

Questo fenomeno è definito dagli economisti “dualità del mercato del lavoro”. Il dibattito al riguardo è molto acceso e assume connotazioni politiche diverse: c’è chi sostiene che i diritti dei lavoratori dipendenti siano troppi e ostacolino l’occupazione; e chi, invece, sottolinea che questi diritti siano fondamentali e che bisognerebbe fare di più per riconoscerli a tutti i lavoratori, in qualsiasi forma di lavoro.

Migliorare i mezzi pubblici significa ridurre il numero di auto nelle nostre città e, di conseguenza, abbassare le emiss...
15/12/2025

Migliorare i mezzi pubblici significa ridurre il numero di auto nelle nostre città e, di conseguenza, abbassare le emissioni di inquinanti atmosferici e gas serra. Lo scenario inquadrato dal report “Mind the gap”, realizzato da CleanCities Italia, mostra però un ritardo difficile da colmare anche a causa dello scarso sostegno economico alle realtà locali da parte del governo centrale. Tra il 2009 e il 2025, le risorse disponibili nel Fondo Nazionale Trasporti – lo strumento con cui lo Stato finanzia i mezzi pubblici nelle città – sono calate in termini reali del 37%, tenendo quindi conto dell’inflazione.

Il risultato è che le città europee hanno mediamente il doppio dell’offerta rispetto alle città italiane. L’Italia ha meno di 270 chilometri di metropolitane, a fronte dei 615 chilometri spagnoli, dei 657 chilometri tedeschi e dei 680 chilometri britannici.

Spesso i mezzi pubblici italiani sono inefficienti, sottostaffati e poco capillari, e quindi scarsamente utilizzati: il valore mediano nelle città europee considerate nel report è di 410 passeggeri pro capite, mentre nel centro-nord Italia il dato è inferiore a 300 e nel centro-sud si aggira intorno a quota 70.

La conseguenza concreta di tutto ciò è la dipendenza dall’auto privata, che per molti cittadini – soprattutto nelle periferie e nelle aree interne – resta l’unica alternativa negli spostamenti quotidiani.

Le proposte principali di CleanCities per invertire la tendenza sono tre. Una di queste è l’elettrificazione degli autobus: il costo operativo di un bus elettrico è di 0,48 euro al chilometro contro gli 0,61 euro dei mezzi a metano e gli 0,8 euro di quelli a diesel. Un’altra proposta punta a incrementare le risorse dedicate alle infrastrutture per tram, autobus e metropolitane. Ma la condizione necessaria e sufficiente per migliorare resta un aumento progressivo del Fondo Nazionale Trasporti, fino a raggiungere un livello di risorse simile ai livelli del 2009.

Dell'importanza di ripensare la mobilità per rendere le nostre città più vivibili e sostenibili parliamo in Mezzo Pieno, il podcast di Will in collaborazione con .ecoeridania che racconta la sostenibilità oltre le polarizzazioni

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