10/11/2024
L’ultimo film di Sorrentino è una riflessione due “Grandi Bellezze”: quella di Parthenope e quella della città di cui porta il nome e di cui è personificazione.
“In quanto uomo, penso che non sia mio compito raccontare una donna: è un’ambizione a cui ho rinunciato subito.” Sorrentino ci aveva già avvertito, e in effetti la pellicola restituisce un ritratto di Parthenope che di umano sembra avere poco. Sappiamo che è dotata di rara bellezza, che predilige letture tristi e che è capace di sedurre e ammaliare chiunque incontri. Non conosciamo però i suoi pensieri, ignoriamo le ragioni dietro le scelte più importanti della sua vita. Quelli che le gravitano attorno le chiedono continuamente a cosa stia pensando, un quesito a cui la ragazza risponde sempre con frasi ad effetto, originali sì, ma dal sapore poco autentico.
Parthenope, come l’omonima sirena che diede vita a Neapolis, più che ad una donna vera e propria, assomiglia ad un sogno sensuale plasmato dallo sguardo del cineasta. Anche l’accento napoletano di Celeste dalla Porta è etereo, delicato. [Spoiler: Paradossale come l’unico scorcio di umanità, l’unico momento da donna terrena sia proprio la sua fuga dalla maternità]. Pur essendo la protagonista, non è soggetto della storia, ma oggetto di un desiderio puro e sordido al tempo stesso.
“È impossibile essere felici nel luogo più bello del mondo”. Attraverso efficaci espedienti narrativi (gli studi di antropologia o il discorso pronunciato da Greta Cool/Luisa Ranieri), Sorrentino ci regala una bellissima lettera d’amore, dai toni ora apologetici ora filippici, alla sua città natale.
Menzione d’onore per la fotografia, che attraverso l’estetica distintiva del regista, ci trascina in vicoli bui, locali malfamati, ville decadenti e tra tesori sacri e profani. Preziosa l’interpretazione di Silvio Orlando nei panni del Prof. Marotta.
Il finale sembra smorzare l’amara frase di Raimondo: essere felici nel luogo più bello del mondo è impossibile, eppure succede, è questo forse il vero miracolo di San Gennaro.
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