10/10/2025
The year is 1889.
We seem to feel that emanation, yet almost 140 years have passed since this shot.
An Italian Pointer, sitting composedly with his muzzle raised toward the air, seems to capture something that still eludes us today, but which he, in that moment, perceived with absolute clarity. It's not a matter of pose, but of natural disposition: the collected posture, the gaze directed beyond, the flared nostrils, reveal an innate attitude, one that needs no artifice to express what it is.
In that attitude there is a quiet dignity, an ability to exist in time without being overwhelmed by it. It is the Italian Pointer in its most essential form: attentive, present, perfectly integrated into the landscape even if the landscape around us is out of sight. He alone, in his apparent immobility, suggests an entire scene made of silences, scents, and waiting.
We don't know the name of that dog, nor his genealogy, but we recognize the essence. That composed sitting is the fruit of a selection process that has always favored balance, temperament, and naturalness. And there's also, perhaps, a sense of time that we've lost today: the ability to pause, to listen, to read the air.
Nearly 140 years later, this shot doesn't just give us an image. It gives us a presence. That of a dog who isn't just a witness to the past, but an ambassador of an idea of functional elegance, silent intelligence, and faithfulness to his nature.
This is how the Italian Pointer has navigated history: sitting, yes, but ready to move. Listening. In touch. Alive.
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Anno 1889.
Quell'emanazione ci sembra di sentirla, eppure sono passati quasi 140 anni da questo scatto.
Un bracco italiano, seduto con compostezza e il muso sollevato verso l’aria, pare catturare qualcosa che ancora oggi ci sfugge, ma che lui, in quell’istante, percepiva con assoluta chiarezza. Non si tratta di posa, ma di disposizione naturale: la postura raccolta, lo sguardo rivolto oltre, l’apertura delle narici, raccontano un’attitudine innata, che non ha bisogno di artifici per esprimere ciò che è.
In quell’atteggiamento c’è una dignità quieta, una capacità di essere nel tempo senza esserne travolto. È il bracco italiano nella sua forma più essenziale: attento, presente, perfettamente inserito nel paesaggio anche se il paesaggio, attorno, non si vede. Basta lui, nella sua immobilità apparente, a suggerire una scena intera fatta di silenzi, odori, attese.
Non conosciamo il nome di quel cane, né la sua genealogia, ma riconosciamo la sostanza. In quel sedersi composto c’è il frutto di una selezione che ha sempre privilegiato equilibrio, temperamento e naturalezza. E c’è anche, forse, un senso del tempo che oggi abbiamo smarrito: la capacità di fermarsi, di ascoltare, di leggere l’aria.
Quasi 140 anni dopo, questo scatto non ci restituisce solo un’immagine. Ci restituisce una presenza. Quella di un cane che non è solo testimone del passato, ma ambasciatore di un’idea di eleganza funzionale, di intelligenza silenziosa e di fedeltà alla propria natura.
È così che il bracco italiano attraversa la storia: seduto, sì, ma pronto a muoversi. In ascolto. In contatto. Vivo.
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