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31/01/2025

Se volete andare alle brevi, potete partire da pagina 3. In ogni caso, da leggere: chiaro e ben scritto: un'analisi a fuoco sulla crescita e i cambiamenti di MIlano.

Tanta roba.

Milano è tra le città con più cani in circolazione.Pare che dipenda dal fatto che gli Sforza siano stati i primi nobili ...
28/01/2025

Milano è tra le città con più cani in circolazione.

Pare che dipenda dal fatto che gli Sforza siano stati i primi nobili a riconoscerli come animali da compagnia; chissà, Il fatto è che ce ne sono una marea.

Sono di ogni tipo (esclusi i randagi. Non si capisce come sia possibile che in una metropoli, di decine di migliaia di cani, non se ne veda più uno solo a vagare per la monnezza) e hanno padroni di ogni foggia, come è giusto.

Ci sono i vecchietti. Quelli che – poverini – hanno solo il cagnolino. Il quale è piccolo ma, come natura impone, deposita qua e là i suoi escrementi. Quelli il vecchietto non riesce a raccogliere per via della sciatica. Quelli sui quali scivolate mentre andate di fretta sul marciapiede.

I vegliardi non sono i soli a non raccattar cacche: in realtà moltissimi bipedi si occupano delle deiezioni solo quando qualcuno potrebbe vederli abbandonare la mercanzia. Così, è la mattina che le vostre Nike diventano un modello con la zeppa se attraversate i giardinetti.

Poi ci sono quei fenomeni che sostengono di preferire decisamente i cani agli umani, dimenticando che forse sono stati molto fortunati negli incontri coi primi e sfortunati coi secondi. Mi pare abbastanza ovvio che si preferisca un peluche animato e amorevole a un tizio che non vuole ve**re a pranzo dai tuoi la domenica. C’è un dettaglio, però: l’amore di Bubi non è una libera scelta. Se lui fosse cresciuto accanto a Hi**er, gli avrebbe dato la stessa devozione che ha per voi, a differenza del suddetto tizio, al quale a volte non basta un biscottino per mettersi seduto.

Lo stesso vale per quelli che “vieni dalla mamma”, Ma che roba da Stephen King è visualizzare il tuo cane come un bambino? Mentre porto a spasso lui, i miei figli sono a casa che dormono, signora, e non averne (di figli) non mi autorizza a una proiezione così mostruosa.

Ci sono quelli del “migliore amico”, poverini. Non sono riusciti a farsene uno vero, così ne creano uno immaginario col quale intrattengono lunghi discorsi, ché “lui sì che capisce”… Ma per l’amor di dio: è un cane, si siede sia se gli dici seduto che se gli dai del co***to. Cosa pensi capisca del tuo capufficio?

In generale, i padroni dei cani sono molto distratti: amano controllare email e messaggi mentre sono al pascolo, il che crea spaventi quando succedono le cose più banali: un abbaio, uno strattone, e tutto quello che è assolutamente normale nel mondo delle quattro zampe. Allo spavento, si sa, seguono urla isteriche e minacce di forza pubblica.

In sostanza, sono convinti che l’unico cane a Milano sia il loro: sono quei fenomeni che portano la pallina in area cani (a volte aizzati da educatori dissennati) e scatenano effetti-branco tipo tsunami di cani, avete presente?

I padroni dei cani di Milano hanno spesso bestie infelici, che stanno da sole tutto il giorno e vengono amorevolmente affidate allo “zio” dogsitter che gli regala mezz’ora d’aria al giorno alla modica cifra di 15 euro/ora (quasi sempre in nero), il che mette in pace gli animi dei titolari.

Abbiamo una concentrazione surreale di negozi per animali che vendono pappe miliardarie (ma chi può dare al cane una scatoletta da cinque euro due volte al giorno? Chi?), giochini, cucce, GPS. Abbiamo veterinari che costano come le Maldive (e infatti ci vanno, loro), toelettature da red carpet, servizi taxi. Tutto, pur di avere un cane che assomiglia a qualcosa che non sia un cane. D’altra parte, la bestia dev’essere una nostra emanazione, no? Al canile si va di rado perché se sei un tamarro devi avere un cane combattente, se sei solitario prenderai un lupo cecoslovacco, e via così per tutte le razze di moda che, come tutte le mode, cambiano, mai come a Milano.

E pensare che alla fine loro, i cani, vogliono davvero poco: stare con noi, qualcosa (qualunque cosa, checché ne dica il suo nutrizionista, da mangiare, giocare con noi, fare delle belle corse ogni tanto.

Tutte cose facili per chi il proprio cane lo ama in quanto cane, consapevole che è un cane.

Perché ridurlo ad essere il migliore amico, il figlio, il fidanzato o quel che l’è è solo una mancanza di rispetto per un essere che da milioni di anni trova il suo senso nello stare con noi senza fronzoli.

Tra i molti commerci in impennata, a Milano (e non solo) ce n'è uno trainante, del quale però nessuno parla volentieri: ...
21/01/2025

Tra i molti commerci in impennata, a Milano (e non solo) ce n'è uno trainante, del quale però nessuno parla volentieri: è il Credito su Pegno (le maiuscole sono omaggio, per oggi, dai).

Già, lo spazzino è operatore ecologico, quindi il Monte di Pietà si chiama Credito su Pegno.
Insomma, è il posto dove si va ad impegnare gli oggetti.
Il vecchio Monte (quello della via omonima) non c'è più; è stato sostituito da banche e strutture private.
Come funziona lo sappiamo: si portano oggetti (gioielli o orologi di lusso, principalmente), viene fatta una valutazione, si fa una polizza. L'oggetto rimane lì, voi uscite coi contanti.
Dopo sei mesi (e ogni sei mesi), dovete andare a versare gli interessi, fino a che non siete così fortunati da riscattare il vostro beneamato braccialetto restituendo il debito.
Con un mercato che cresce del 15% all'anno (eh già...), è ovvio che sia il far west: si va da ProntoPegno, (on line e - ehi! - anche con app!) ai pawnshop su strada, all'americana, fino ad Acantus, nome elegante e togato per il prestituccio targato Intesa San Paolo.

Abbiamo visitato proprio Acantus, in via Biondi, zona Sempione.
Chi c'era? Di tutto, era pieno senza troppe distinzioni: svariati belli di notte urlacchianti che prendevano e lasciavano sacchettate di monili, anzian* pensionat* imbarazzatissimi, gente in giacca e cravatta, il tuo vicino di casa.
C'è chi considera questo posto un servizio al pari di una cassetta di sicurezza, è evidente.
Altri (quasi tutti gli altri) sono lì per disperazione.
Molti sanno perfettamente che non lo vedranno mai più quell'anello al quale tengono così tanto.
Dietro a un vetro, gli impiegati sono - ovvio - distaccati. Professionali e composti come becchini: d'altra parte, per loro è normale vedere gente che chiede "ma come, così poco?" con un filo di voce.
E' normale vedere madri accompagnate dal figlio, mamma tremante, pargolo frettoloso di intascare e uscire.
E' normale vedere il ludopatico che si sfila la fede e chissà stasera cosa le dico.
Ed è normale l'inutile, agghiacciante domanda che i commessi fanno a tutti i clienti: "quanto pensa di realizzare?"...
Ne ho chiesta ragione e mi è stato risposto vagamente che "è solo una domanda".
Ma che c***o vuol dire è-solo-una-domanda? E' una crudeltà. Peggio: è una crudeltà inutile, perché la cifra sperata non sarà mai quella della stima, ma va? E' una domanda da carogne perché per moltissimi di quegli oggetti non c'è nemmeno, un valore economico: c'è quello incalcolabile degli affetti, dei ricordi, di una vita che ha fatto testa coda per chissà quali ragioni.

Ecco come, nella Milano che brilla, anche un'operazione umiliante viene messa davanti ai cristalli lucidi, la guardia giurata, il neon, gli interfono, che almeno la vergogna non debba essere urlata e la pratica sia tinta di normalità.

Poi, se proprio vi rendete conto che non ce la farete, perché è domani che scade la polizza e tutto è andato all'incontrario, non vi preoccupate: sulle vetrine dei ComproOro, nelle zone dei suddetti sportelli, potrete notare una scritta singolare: "acquisto polizze".
Sapete cosa vuol dire? Ve lo spiego io: non avete i soldi per riscattare, portate la polizza a questi sciacalli e loro VI ACCOMPAGNANO agli sportelli dove, coi loro soldi, ritirate l'oggetto che, ovviamente, resta a loro in cambio di un pugno di euro che vi danno - appunto - per l'acquisto della vostra polizza.

E' tutto legale.
Va tutto bene.

Immagine (ovviamente): A.I.

20/01/2025

Sono nato a San Siro e sono milanese fino al midollo, quello del risotto.
Mio malgtrado, da un pezzo vivo in un eremo nel fondo di una valle a 1800 metri di quota.
Ho il privilegio di guardare la mia città con gli occhi di un turista, sempre in bilico tra l'incanto e il nervo.
Questa pagina parla di voi e di quanto lavoro e fatica ci mettiamo per stare il passo con la città che, da industria, diventa ogni minuto vetrina.

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