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Un'inchiesta di Middle East Eye rivela un'intensa campagna di intimidazione contro il procuratore capo della Corte Penal...
06/08/2025

Un'inchiesta di Middle East Eye rivela un'intensa campagna di intimidazione contro il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, per aver richiesto mandati d'arresto contro Netanyahu e altri funzionari israeliani.

Minacce, pressioni politiche da parte di USA, Regno Unito e Israele, e accuse di violenza sessuale – giudicate sospette da molte fonti – stanno mettendo a rischio la credibilità della Corte. Khan è ora in congedo mentre l'indagine ONU prosegue.

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Un'inchiesta di Middle East Eye rivela un'intensa campagna di intimidazione contro il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Karim Khan, per aver richiesto mandati d'arresto contro Netanyahu e altri funzionari israeliani.

03/08/2025

Ho assistito a crimini di guerra a Gaza»: ex operatore del GHF racconta

Un ex ufficiale delle forze speciali statunitensi, Anthony Aguilar, ha raccontato i motivi che lo hanno spinto a dimettersi dal suo incarico nei centri di distribuzione umanitaria della Gaza Humanitarian Foundation (GHF), organizzazione sostenuta da Stati Uniti e Israele.

«Ho visto l'esercito israeliano sparare contro la folla di civili palestinesi», ha dichiarato Aguilar, aggiungendo che, in tutta la sua carriera militare, non ha mai assistito a un tale livello di brutalità e di uso indiscriminato e ingiustificato della forza contro una popolazione civile disarmata e affamata.

La sua testimonianza, rilanciata anche da Tucker Carlson e altri media internazionali, è diventata virale, sollevando un’ondata di indignazione globale. Aguilar ha definito la situazione sul terreno a Gaza come lo specchio di una realtà genocida e ha descritto la GHF non come un’organizzazione umanitaria, ma come una trappola mortale per la popolazione palestinese, usata per coprire o facilitare violenze sistematiche.

Nel cuore del XXI secolo, in un contesto internazionale che di fatto dichiara la salvaguardia dei diritti umani, la Stri...
03/08/2025

Nel cuore del XXI secolo, in un contesto internazionale che di fatto dichiara la salvaguardia dei diritti umani, la Striscia di Gaza vive una delle peggiori catastrofi umanitarie moderne: l’uso della fame come arma di guerra.

Il dramma non si limita alla carenza di cibo, ma si estende a una politica sistematica che colpisce infrastrutture, distrugge l’agricoltura e impedisce l’accesso agli aiuti, con l’obiettivo di soggiogare un’intera popolazione mediante uno strumento ben più letale delle bombe: la carestia.

Esaminando gli schemi degli attacchi—distruzione di campi coltivati, pozzi d’acqua, forni, infrastrutture essenziali—emerge chiaramente che non si tratta di danni collaterali. È una strategia deliberata di assoggettamento, finalizzata a indebolire la resistenza popolare e a costringere la popolazione alla resa o all’esodo.

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Di Samir Khaldi

Nel cuore del XXI secolo, in un contesto internazionale che di fatto dichiara la salvaguardia dei diritti umani, la Striscia di Gaza vive una delle peggiori catastrofi umanitarie moderne: l’uso della fame come arma di guerra.

"Insegno nei corsi sul genocidio da un quarto di secolo. So riconoscerne uno quando lo vedo."Abbiamo tradotto per intero...
30/07/2025

"Insegno nei corsi sul genocidio da un quarto di secolo. So riconoscerne uno quando lo vedo."

Abbiamo tradotto per intero questo articolo pubblicato originariamente dal New York Times, firmato da Omer Bartov, uno dei massimi studiosi dell’Olocausto e dei genocidi, professore alla Brown University.

Nel testo, Bartov – nato e cresciuto in Israele, ex ufficiale dell’IDF e accademico di fama internazionale – arriva a una conclusione drammatica e dolorosa: Israele sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza. Attraverso una rigorosa analisi delle dichiarazioni pubbliche dei leader israeliani, delle operazioni militari condotte dal 7 ottobre 2023 e delle conseguenze documentate sul campo, Bartov sostiene che siano stati superati i limiti della guerra, entrando nel territorio del crimine di genocidio, così come definito dalla Convenzione ONU del 1948.

Questo articolo rappresenta una voce autorevole e interna al mondo accademico ebraico che rompe il silenzio e sollecita una riflessione morale, politica e legale su ciò che sta avvenendo a Gaza.

Bartov, sottolinea come l’obiettivo implicito e dichiarato di rendere Gaza invivibile e spingere alla rimozione forzata della popolazione corrisponda alla definizione legale di genocidio. Cita sistematiche distruzioni, uccisioni di massa (oltre 60.000 morti, tra cui 17.000 bambini), fame forzata, e un piano strategico di "concentramento" in zone costiere senza risorse vitali.

Il professore denuncia anche l’ipocrisia e il silenzio di molti storici dell’Olocausto e istituzioni della memoria, accusandoli di complicità morale e di tradire i valori fondanti della frase "Mai più". Bartov avverte che ignorare o giustificare le azioni israeliane a Gaza non solo minaccia la popolazione palestinese, ma compromette l’intero sistema di diritto internazionale costruito dopo l’Olocausto.

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"La conclusione ineluttabile alla quale sono arrivato è quindi che Israele sta commettendo un genocidio contro il popolo palestinese. Giungere a questa conclusione è stato doloroso per me, si tratta di una conclusione alla quale ho cercato di resistere finché ho potuto. Ma insegno nei corsi sul g...

Il suo nome è Osama al-Raqab, da Gaza. Ha cinque anni. Soffre di fibrosi cistica, una malattia genetica cronica che rich...
27/07/2025

Il suo nome è Osama al-Raqab, da Gaza. Ha cinque anni. Soffre di fibrosi cistica, una malattia genetica cronica che richiede cure specialistiche, una dieta ipercalorica e continui trattamenti per mantenere in vita chi ne è colpito. La sua immagine è finita sulle prime pagine di vari media di estrema destra e filosionisti in Italia perché racconta, con il solo peso del suo corpo martoriato, ciò che i numeri e i report internazionali faticano a comunicare: a Gaza si muore. Bambini, neonati, malati. Si muore di fame, si muore senza medicine, si muore senza umanità.

Alcuni giornali, come Open di Enrico Mentana, Libero, e persino il canale X ufficiale di Fratelli d'Italia, si sono affrettati a pubblicare articoli apparentemente “neutrali”, che confermano l'identità e la malattia di Osama, ma cercano sottilmente di neutralizzarne l’impatto emotivo e politico. “Sta bene”, titolano. Come se questo bastasse a cancellare l’inferno che ha vissuto. Come se il fatto che oggi sia curato in Italia smentisse ciò che le sue ossa gridavano solo poche settimane fa. Questo tipo di debunking non è giornalismo: è copertura morale del crimine, è maquillage della sofferenza. Non si può prendere atto della malattia genetica di un bambino e fingere che Gaza non sia una trappola letale per tutti i malati cronici. Non si può fingere che basti dire “fibrosi cistica” per assolvere chi ne ha affamato il corpo. Questo non è fact-checking. È complicità intellettuale.

Chi oggi grida alla "bufala" è lo stesso che tace sulle decine di migliaia di bambini uccisi o mutilati, sulle madri senza parto sicuro, sui neonati morti nei reparti intensivi rimasti senza elettricità. Le stime dell’anno scorso parlavano di oltre 100.000 morti dirette e indirette. Quelle stime oggi sono molto conservative. Quando finirà, conteremo centinaia di migliaia di vite spezzate, molte delle quali – come Osama – avrebbero potuto essere salvate.

Di Sabri Ben Rommane

Osama, 5 anni, malato e denutrito a Gaza, curato oggi in Italia. I media italiani e Fratelli d'Italia tentano di sminuire: ma la sua immagine svela il genocidio in corso e confermano tutto: i più fragili, i malati, i piccoli con patologie gravi, in una Gaza sotto assedio non hanno alcuna possibilit...

Oggi, 23 luglio 2025 la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato una mozione che chiede l’estensione della sovran...
23/07/2025

Oggi, 23 luglio 2025 la Knesset, il parlamento israeliano, ha approvato una mozione che chiede l’estensione della sovranità israeliana all’intera Cisgiordania occupata, di fatto aprendo la strada a una futura annessione formale dei territori palestinesi conquistati nel 1967. Sebbene priva di valore legislativo immediato, la mozione rappresenta il passo parlamentare più esplicito mai compiuto verso la legalizzazione dell’occupazione, in aperta violazione delle risoluzioni ONU 242, 338, 2334 e della IV Convenzione di Ginevra.

La proposta è stata promossa da esponenti della destra nazional-religiosa e del Likud, con l’appoggio di due ministri chiave: Yariv Levin (Giustizia) ed Eli Cohen (Energia). Il governo israeliano considera ormai la Cisgiordania parte integrante dello Stato, ignorando la comunità internazionale e il diritto internazionale. La Knesset aveva già bocciato in passato la creazione di uno Stato palestinese, e ora spinge per normalizzare la presenza di oltre mezzo milione di coloni israeliani nei territori occupati.

Sul terreno, la situazione è drammatica: dal 7 ottobre 2023, circa mille palestinesi sono stati uccisi in Cisgiordania da forze israeliane e coloni armati. La mozione odierna non annette formalmente la Cisgiordania, ma segna un punto di non ritorno: l’annessione, promossa come “opportunità storica”, potrebbe diventare legge già in autunno e segnare - assieme ai piani di occupazione di Gaza - la fine dello Stato della Palestina.

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Nel primo pomeriggio di oggi la Knesset si è pronunciata su una mozione votando a favore (71 voti favorevoli e 13 contrari) chiedendo di estendere la “sovranità israeliana” all’intera Cisgiordania occupata. Il testo, tecnicamente una proposta d’ordine del giorno e momentaneamente privo di ...

In una presa di posizione diplomatica senza precedenti, 28 Paesi – tra cui Italia, Francia, Giappone, Regno Unito e Cana...
22/07/2025

In una presa di posizione diplomatica senza precedenti, 28 Paesi – tra cui Italia, Francia, Giappone, Regno Unito e Canada – hanno chiesto la fine immediata della guerra a Gaza.

La dichiarazione congiunta accusa Israele di provocare una crisi umanitaria e di impedire volutamente l’arrivo degli aiuti, con oltre 800 palestinesi uccisi mentre cercavano cibo e acqua.

Si condanna anche Hamas per la detenzione degli ostaggi israeliani, chiedendone il rilascio immediato. I ministri rifiutano ogni proposta di trasferimento forzato dei palestinesi, condannano il piano israeliano E1 e la costruzione di nuovi insediamenti.

Invocano un cessate il fuoco negoziato, sostegno agli sforzi diplomatici e misure concrete per una pace duratura nella regione.

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In un gesto diplomatico senza precedenti dall’inizio del conflitto, i ministri degli Esteri di 28 Paesi, inclusi l’Italia, la Francia, il Giappone, il Regno Unito e il Canada, hanno diffuso una dichiarazione congiunta per chiedere la fine immediata della guerra in corso nella Striscia di Gaza. ....

Un'inchiesta bomba del New York Times svela che, Benjamin Netanyahu ha deliberatamente prolungato la guerra a Gaza per r...
21/07/2025

Un'inchiesta bomba del New York Times svela che, Benjamin Netanyahu ha deliberatamente prolungato la guerra a Gaza per restare al potere, ignorando occasioni concrete di tregua e sacrificando vite umane - inclusi gli ostaggi israeliani - per calcolo politico.

Attraverso oltre 110 interviste a funzionari israeliani, statunitensi e arabi, e l’analisi di verbali di gabinetto, piani militari riservati e comunicazioni diplomatiche, l’indagine del New York Times ricostruisce come occasioni concrete per porre fine al conflitto siano state sistematicamente ignorate o posticipate. Il risultato è un quadro inquietante: un conflitto prolungato ben oltre quanto giudicato necessario dallo stesso apparato militare israeliano, con costi umani devastanti, soprattutto per la popolazione palestinese, e implicazioni politiche internazionali di vasta portata.

Nel momento in cui Hamas era pronta a negoziare una tregua dopo soli sei mesi dall'inizio dell'escalation (aprile 2024), il premier israeliano ha fatto fallire l’accordo per non perdere il sostegno della sua fragile coalizione di estrema destra.

Il conflitto, secondo fonti militari e diplomatiche, era già privo di reali obiettivi strategici, ma Netanyahu ha preferito continuare l’offensiva pur di evitare elezioni e processi.

Il prezzo? Oltre 100.000 morti palestinesi, ostaggi israeliani deceduti in prigionia, credibilità internazionale crollata e una società israeliana sempre più divisa.

Il risultato? Netanyahu ancora saldo al potere.

La denuncia? Una sola: questa non è stata una guerra per la sicurezza. È stata una guerra per il potere.

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In un’inchiesta monumentale pubblicata l’11 luglio 2025, il New York Times getta nuova luce sulle dinamiche interne alla guerra in corso nella Striscia di Gaza, portando alla ribalta una tesi tanto delicata quanto documentata: le decisioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non son...

Netanyahu è di nuovo assente in tribunale per il suo processo per corruzione. Motivo? Un improvviso malore per una intos...
20/07/2025

Netanyahu è di nuovo assente in tribunale per il suo processo per corruzione. Motivo? Un improvviso malore per una intossicazione alimentare.

Il paragone con lo studente che si finge malato per saltare l’esame è fin troppo facile.

Ma qui le assenze non riguardano solo un’aula giudiziaria: negli ultimi anni, tra guerre prolungate e attacchi militari su Gaza, Libano, Iran e Siria, Netanyahu ha più volte alimentato l’instabilità regionale.

Tutto mentre cercava di rinviare l’inevitabile resa dei conti con la giustizia.

Satira a parte, i danni umani e politici restano reali.

17/07/2025

🎥 Un video promozionale pubblicato dall’azienda militare israeliana Rafael ha mostrato l’uccisione reale di un civile disarmato a Gaza durante un’operazione con il drone Spike FireFly.

📍Il filmato, diffuso brevemente sui canali ufficiali, è stato rimosso poco dopo, ma ha già fatto il giro della rete.

🇪🇺 Rafael, controllata dallo Stato israeliano, è coinvolta in progetti finanziati dall’UE tramite il programma Horizon, anche con partner italiani.

⚠️ La relatrice ONU Francesca Albanese ha chiesto la sospensione immediata di ogni collaborazione con aziende coinvolte in episodi simili.

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Ultima ora: Rafael, colosso israeliano dell’industria bellica, ha pubblicato – e poi rimosso in fretta – un video promoz...
16/07/2025

Ultima ora: Rafael, colosso israeliano dell’industria bellica, ha pubblicato – e poi rimosso in fretta – un video promozionale in cui mostra l’uccisione reale di un civile palestinese disarmato da parte di un suo drone.

Le immagini, riprese durante un’operazione a Gaza, sono state usate come “vetrina” delle capacità del drone Spike FireFly. Il video ha scatenato un’ondata di indignazione globale e ha riacceso i riflettori sulla collaborazione dell’UE con aziende accusate di crimini di guerra.

Rafael riceve fondi europei tramite il programma Horizon, in progetti che coinvolgono anche enti pubblici italiani, come l’Autorità Portuale di Ravenna.

La Relatrice ONU Francesca Albanese ha chiesto l’interruzione immediata di ogni collaborazione. La domanda è chiara: l’Europa continuerà a finanziare chi trasforma la morte di civili in materiale pubblicitario?

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L’azienda militare israeliana Rafael ha usato in un video promozionale l’uccisione reale di un civile a Gaza da parte di un suo drone. Il video è stato poi rimosso. Rafael riceve fondi UE: cresce l’indignazione.

Nel cuore dell’Italia istituzionale, donne palestinesi ferite, arrivate da Gaza per ricevere cure mediche, si trovano di...
13/07/2025

Nel cuore dell’Italia istituzionale, donne palestinesi ferite, arrivate da Gaza per ricevere cure mediche, si trovano di fronte a nuove forme di violenza: la richiesta forzata di togliere il velo per completare le pratiche di asilo o soggiorno. In almeno tre episodi documentati, agenti e funzionari hanno imposto la rimozione del velo, anche contro la volontà delle donne, con il ricatto implicito – e talvolta esplicito – che senza quel gesto non avrebbero ottenuto documenti, cure o protezione. In un caso, un’agente ha dichiarato che se la donna non avesse tolto il velo, avrebbe perso il diritto all’asilo. In un altro, una funzionaria ha riconosciuto l’umiliazione subita, ma ha insistito che “è la procedura”. Tutto questo accade nonostante la normativa ufficiale – pubblicata sul sito del Ministero dell’Interno – ammetta esplicitamente l’uso del velo per motivi religiosi, purché il volto, inclusi i lobi, sia visibile.

Di fronte a queste pressioni, una delle donne – stremata psicologicamente – ha pronunciato una frase drammatica: “Se questo è il requisito, allora non voglio fare domanda di asilo. Preferisco tornare a Gaza dopo le cure per mio nipote.” Le minacce si sono estese anche ai volontari che le accompagnano: uno di loro, Amir Abdaljawwad, è stato intimidito da un agente che ha fotografato la sua carta d’identità e gli ha fatto recapitare un messaggio: “Se non esce, gli faremo del male.” Questi episodi non sono errori isolati, ma pratiche sistemiche e ripetute, avvenute in ambienti pubblici, alla presenza di polizia, traduttori e funzionari del Comune, in piena contraddizione con le stesse regole dello Stato italiano.

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Donne palestinesi fuggite dal genocidio a Gaza, arrivate in Italia per curarsi, si trovano davanti a nuove minacce: togli il velo o perdi il diritto all’asilo e alle cure. Una testimonianza diretta svela gli abusi istituzionali nascosti nei nostri uffici pubblici.

Indirizzo

Piazza Duca D'Aosta
Milan

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